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SINTESI DELLA GIORNATA FINANZIARIA DEL 9 APRILE 2014



Piazza Affari ha chiuso in rialzo con il Ftse Mib che ha guadagnato lo 0,23% a 21.717 punti, comunque distante dai massimi intraday toccati a 21.887 punti. Questa sera l’attesa è per la pubblicazione dei verbali dell’ultima riunione della Federal Rserve, quando la Banca centrale statunitense ridusse di altri 10 miliardi di dollari il suo piano mensile di acquisto asset portandolo a 55 miliardi di dollari. Piazza Affari si è comunque ripresa dopo un inizio incerto complice lo scivolone di Tokyo, che ha pagato l’apprezzamento dello yen dopo che la Bank of Japan ha deluso le attese di chi si aspettava nuovi stimoli di politica monetaria. Il clima resta comunque improntato alla cautela anche dopo le recenti dichiarazioni di esponenti della Bce che hanno raffreddato l’entusiasmo su un eventuale quantitative easing da parte dell’istituto di Francoforte.

Gli acquisti hanno premiato i titoli del comparto energetico. I colossi pubblici, Eni e Enel, hanno guadagnato rispettivamente lo 0,71% a 18,26 euro e l’1,42% a 4,136 euro. A2A (+1,69% a 0,931 euro) tonica in scia alle parole del direttore generale Renato Ravanelli che in un’intervista a Bloomberg ha dichiarato che il business plan sarà approvato in autunno e prevede un Ebitda 2016 in crescita rispetto a quello previsto per quest’anno. Enel Green Power ha mostrato un progresso dell’1% a 2,016 euro dopo aver terminato la costruzione del terzo ed ultimo impianto del complesso eolico Cristal, nello stato brasiliano di Bahia, nella località di Morro do Chapéu. Sul Ftse Mib ha svettato con decisione Yoox (+6,34% a 24,97 euro) recuperando terreno dopo aver perso nell’ultimo mese oltre 25 punti percentuali. Le banche sono finite sotto la lente di Goldman Sachs. La preferita di Goldman è Intesa SanPaolo (-0,47% a 2,494 euro), promossa a conviction buy dal precedente neutral in scia alla relativa stabilità e alla politica di dividendi annunciata durante la presentazione del piano strategico. Unicredit (-2,43% a 6,405 euro) e Popolare di Milano (-3,47% a 0,723 euro) sono state entrambe bocciate da Goldman Sachs a neutral dal precedente giudizio d’acquisto dopo la recente sovraperformance a Piazza Affari.
Finanza.com

ITALIA: LE RIFORME ACCELERANO, OUTLOOK POSITIVO
Di seguito pubblichiamo un commento a cura di Sam Twidale, Fund Manager, European Equities di Schroders. L'esperto fa notare come dopo una lunga e pesante recessione, l’Italia sia tornata a crescere e come ci siano segnali di una svolta ciclica della domanda interna. A sostenere la nascente ripresa economica, il recente calo dei rendimenti dei Titoli di Stato e la promessa di riforme economiche più rapide del nuovo presidente del Consiglio.

Nell’ultimo trimestre del 2013 la variazione del Pil è tornata finalmente in territorio positivo, ponendo fine a due dolorosi anni di recessione, iniziati nel 2011. Dopo un calo pari al 2,4% nel 2012 e all’1,9% nel 2013, la crescita del Pil reale è stimata a +0,5% nel 2014 e a +1% nel 2015. La ripresa è supportata da un ritorno alla crescita delle esportazioni, grazie all’accelerazione della domanda estera. L’export è infatti una componente importante dell’economia italiana, contando per il 30% del Pil totale.

Gli ultimi dati economici suggeriscono che lo slancio dell’economia molto probabilmente continuerà. Le recenti letture dell’indice Pmi hanno testimoniato un ritorno alla crescita del settore manifatturiero italiano, con un dato risultato pari a 52,4 punti a marzo, portando a tre il numero di trimestri consecutivi in cui l’indicatore ha superato la soglia dei 50 punti (ovvero ha segnalato un’espansione). Tra gli altri dati positivi, la produzione industriale, cresciuta dell’1% m/m a gennaio (tasso più elevato dal 2011) e le immatricolazioni di autoveicoli, tornate in territorio positivo nei primi due mesi del 2014, per la prima volta da inizio 2010. Anche grazie al minor drenaggio fiscale dopo molti anni di austerità, questi fattori fanno pensare che stiamo finalmente vedendo segnali di una ripresa ciclica della domanda interna, dinamica positiva per gli investimenti in titoli azionari italiani.

Il calo dei costi di finanziamento

A inizio 2012 il rendimento dei Titoli di Stato decennali italiani aveva superato il 7%: i mercati temevano le conseguenze di una potenziale disgregazione dell’Eurozona e l’economia italiana era nel mezzo di una profonda recessione. Da quando il presidente della Banca Centrale Europea (Bce), Mario Draghi, ha promesso di fare "qualsiasi cosa necessaria” per mantenere intatta l’area della moneta unica, i Titoli di Stato italiani hanno registrato un forte rally, con il rendimento decennale che si è più che dimezzato, scendendo fino al 3,27%, tasso minimo da molti anni a questa parte.

I costi di finanziamento più bassi sono un chiaro elemento positivo per l’economia italiana, poiché danno luogo a un circolo virtuoso di miglioramento economico. Inoltre, ciò permette all’Italia di avere maggiore flessibilità nel far fronte al proprio debito pubblico, fattore fondamentale data la sua dimensione, pari al 133% del Pil. Un altro fattore importante è che le aziende italiane possono ora rifinanziare debiti più costosi a tassi d’interesse più bassi: ciò dovrebbe a sua volta incoraggiare un aumento degli investimenti, con la fiducia nell’outlook economico che inizia a risalire. Anche la fiducia dei consumatori dovrebbe ricevere un supporto, con l’accesso al credito a costi più bassi, e con l’effetto-ricchezza legato alla propensione degli investitori italiani a comprare Titoli di Stato. La domanda di credito e i consumi interni dovrebbero quindi iniziare a ripartire, grazie anche alla maggiore disponibilità delle banche a erogare prestiti, alla luce delle migliori posizioni di capitali e al nuovo focus sulla crescita dei prestiti.

Le riforme accelerano

Il sentiment dei mercati nei confronti dell’Italia è migliorato a seguito della nomina a presidente del Consiglio di Matteo Renzi, che promette una leadership più dinamica e un processo di riforme più rapido, per imprimere un’accelerazione alla ripresa. La riforma volta a migliorare il tasso di produttività del lavoro è di particolare importanza per l’Italia, con l’economia che nell’ultimo decennio ha registrato performance significativamente inferiori alle controparti europee (la crescita totale del Pil reale italiano è stata pari a zero tra il 2000 e il 2013, contro il 15-20% per Germania, Francia e Spagna).

Le ultime misure annunciate dal nuovo presidente del Consiglio includono una politica fiscale più espansiva, con una riduzione delle tasse in busta paga (0,6% del Pil), un taglio del 10% per l’Irap (0,2% del Pil) e il rimborso entro luglio dei debiti del Governo verso le imprese (4,4% del Pil), che aiuterà a migliorare i livelli di liquidità di queste ultime. Inoltre, sono stati anche annunciati provvedimenti volti a migliorare la flessibilità del mercato del lavoro, con il cosiddetto Jobs Act, così come modifiche ai benefici di disoccupazione.

Tutte queste misure dovrebbero essere finanziate dall’aumento delle tasse su alcune rendite finanziarie e dalla cosiddetta spending review. Sono state inoltre proposte modifiche alla legge elettorale, che dovrebbero aiutare ad accelerare l’implementazione di future riforme. Sebbene ci sia chiaramente il rischio che i cambiamenti siano più graduali che immediati, riteniamo che il programma di riforme di Renzi sia una novità positiva che, se portata a termine con successo, dovrebbe aiutare ad affrontare alcune delle difficoltà strutturali che pesano sulla crescita economica italiana.

L’elevata disoccupazione e il debito pubblico restano i principali rischi

Sebbene si vedano i primi segnali di progresso dell’economia italiana, il Paese è ancora in una posizione vulnerabile in caso di choc macro economici. In particolare, la capacità dell’Italia di aumentare in maniera significativa il tasso di crescita reale del Pil (che è ancora molto modesta rispetto alla ripresa vista in altri Paesi sviluppati) dipende dal successo di Renzi nell’attuare la riforma del mercato del lavoro, in modo da contribuire ad affrontare la debole competitività estera del Paese. In mancanza di questa riforma, la riduzione del tasso di disoccupazione italiano, che al 12,7% è tra i più elevati in Europa, sarà probabilmente lenta.

L’elevato debito pubblico (al 133% del Pil) è un altro fardello per l’economia italiana, sebbene sia interessante far notare che il rapporto tra debito totale (che include cioè debito pubblico e privato) e Pil è in verità comparabile a quello della Francia e inferiore a quello della Spagna: ciò lascerebbe pensare che l’impatto sull’economia del Paese non sia così elevato come molti temono. Anche il tasso d’inflazione, sceso ora allo 0,3%, è fonte di preoccupazione, dato l’alto debito pubblico. Questo elemento, insieme ai bassi tassi d’inflazione in tutta l’Eurozona, sta aumentando la pressione posta sulla Bce affinché allenti ulteriormente la politica monetaria. Tale dinamica suggerisce che in Europa la politica monetaria continuerà ancora per un po’ di tempo a essere di supporto agli investimenti in azioni.

Spazi significativi per una sovraperformance

Nonostante il mercato azionario italiano abbia notevolmente sovraperformato negli ultimi sei mesi, ciò ha permesso di recuperare solo una parte dell’andamento negativo dell’ultimo decennio, con la performance del Ftse Mib che risulta inferiore del 42% a quella dell’Msci Europe negli ultimi dieci anni. Le valutazioni sono allettanti anche rispetto a quelle degli altri mercati sviluppati, soprattutto dato il potenziale di ripresa degli utili. I titoli italiani scambiano su multipli P/E forward pari a 12,5 volte, rispetto al 12,9 volte in Europa e al 14,5 volte negli Stati Uniti. Tuttavia, questo parametro si basa su livelli di utili considerevolmente più bassi; infatti il Roe forward per il mercato italiano è solo al 5,9%, contro il 9,4% in Europa e il 14,8% negli Usa. Infine, il rapporto P/B a 1,2 volte per il mercato italiano rappresenta uno sconto di circa il 35% rispetto all’1,9 volte dell’Europa e del 55% rispetto al 2,6 volte degli Stati Uniti.
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BANKITALIA: A FEBBRAIO CRESCITA SOFFERENZE ANCORA ELEVATA
Il tasso di crescita delle sofferenze delle banche italiane scende leggermente ma resta su livelli elevati. Secondo quanto emerge dagli ultimi di Bankitalia, a febbraio il tasso di crescita delle sofferenze per le banche tricolori è aumentato del 24,3 per cento. A gennaio le sofferenze avevano invece mostrato un progresso del 24,5 per cento. In febbraio, sempre secondo i dati diffusi dalla Banca d’Italia, i depositi del settore privato sono aumentati dell’1,8% (+2,7% a gennaio), mentre la raccolta obbligazionaria ha subito una flessione pari al 9,2% (-9,3% in gennaio).

Prestiti. I prestiti al settore privato in febbraio hanno mostrato una flessione del 3,6% rispetto allo stesso mese dello scorso anno. A gennaio il calo era stato pari al 3,5 per cento. Nel dettaglio i prestiti alle società non finanziarie sono diminuiti del 5,1% (-4,9% a gennaio), mentre quelli alle famiglie hanno subito una contrazione pari all’1,2% (invariato rispetto a gennaio).

Mutui. Sempre secondo quanto emerge dai dati di Bankitalia a febbraio i tassi d’interesse sui mutui erogati alle famiglie per l’acquisto di abitazioni si sono attestati al 3,73%, in calo rispetto al 3,80% del mese precedente. In aumento invece i tassi d’interesse sulle erogazioni di credito al consumo che hanno raggiunto il 9,60% dal 9,46% di gennaio. Più nel dettaglio i tassi sui prestiti alle società finanziarie di importo fino a 1 milione di euro sono rimasti stabili al 4,40%, quelli su importi superiore al milione di euro sono scesi lievemente al 2,79% dal 2,80% di gennaio.

Titoli di Stato. A febbraio le banche operanti in Italia avevano nei loro portafogli titoli di Stato tricolori per un valore complessivo pari a 392,35 miliardi di euro, in lieve aumento rispetto ai 383,39 miliardi di euro del mese precedente.
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USA: REQUISITI PIU’ STRINGENTI PER LE MAGGIORI 8 BANCHE
Nuovi requisiti patrimoniali per le otto maggiori banche americane, che dovranno ora raccogliere circa 68 miliardi di dollari di nuovi capitali. Ieri sera tre autorità americane, la Federal Reserve (Fed), la Federal Deposit Insurance Corporation e l'Office of the Comptroller of the Currency, hanno adottato una nuova misura per imporre ai big della finanza Usa di aumentare ulteriormente il rapporto tra i loro fondi e il loro indebitamento, in altre parole il "leverage ratio". 

Secondo le nuove regole, imposte dalla Fed & Co, le maggiori banche Usa dovranno mantenere il leverage ratio a un livello doppio rispetto all'attuale capitale minimo richiesto a fronte di tutti gli asset in portafoglio. Nel dettaglio, dovranno detenere un capitale minimo per l'assorbimento delle perdite superiore al 5% del loro patrimonio mentre le loro controllate sottoposte alla vigilanza della Fdic dovranno avere un rapporto minimo di leva di almeno il 6%. La misura riguarda quelle banche che dispongono di oltre 700 miliardi di dollari di asset, ossia ben otto istituti: Citigroup, State Street, Bank of America, Morgan Stanley, JP Morgan Chase, Bank of New York Mellon, Wells Fargo e Goldman Sachs. 

La nuova misura comporterà per queste banche americane la raccolta di circa 68 miliardi di dollari di nuovi capitali, secondo alcune stime, ma c'è chi prevede anche un ammontare di 95 miliardi di dollari. La regola, approvata dalle autorità di vigilanza federali, vorrebbe ridurre il rischio di una nuova crisi finanziaria, o meglio garantire che questi colossi resistano a eventuali nuove turbolenze finanziarie senza ricorrere ad aiuti di Stato, cerando di superare il sistema distorto del "too big to fail" (troppo grandi per fallire). I nuovi requisiti dovrebbero entrare in vigore il 1° gennaio 2018.
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GOLDMAN SACHS CONSIGLIA INTESA SAN PAOLO
Le banche italiane finiscono sotto la lente di Goldman Sachs dopo il recente rally che a marzo ha portato l’indice Ftse Italia All Share Banks a guadagnare quasi 25 punti percentuali. "Le valutazioni dei titoli bancari italiani sembrano tese dopo il rally delle ultime sedute. Le banche trattano 14 volte il price/earnings stimato per il 2015 ma sugli utili permane il riflesso di bassi rendimenti”, commentano gli esperti del colosso bancario statunitense.

In generale gli esperti di Goldman Sachs mantengono sul settore del credito tricolore una visione prudente, "enfatizzando le potenzialità di ritorno dell’investimento e stando distanti dalle storie di recupero più aggressive”, spiegano nel report. Tra le banche italiane la preferita di Goldman Sachs è Intesa SanPaolo, promossa a conviction buy dal precedente neutral in scia alla relativa stabilità e alla politica di dividendi annunciata durante la presentazione del piano strategico.

A Piazza Affari il titolo della banca MI-TO sfrutta l’upgrade mostrando un rialzo di circa 1 punto percentuale a 2,53 euro. Andamento di tutt’altro tono per Unicredit (-1,30% a 6,48 euro) e Popolare di Milano (-1,10% a 0,74 euro), entrambe bocciate da Goldman Sachs a neutral dal precedente giudizio d’acquisto dopo la recente sovraperformance a Piazza Affari. Per queste due banche "crediamo che le prospettive di recupero siano già pienamente prezzate”, spiega il broker americano.

Goldman Sachs ha invece ribadito il giudizio di vendere (sell) il titolo Montepaschi: "nonostante abbiamo aumentato le nostre previsioni in scia ad un miglioramento del margine d’interesse e della situazione patrimoniale, nella nostra view il titolo si è spinto troppo in alto e troppo in fretta”.

WALLSTREET ARGINA LE PERDITE
Una boccata d’ossigeno per Wall Street dopo due sedute decisamente negative, per il momento il DJ ha tenuto quota 16.200, ma non si può certo dire che lo storno sui mercati azionari si sia già esaurito. Domani certamente sarà una giornata importante, sia perché cominceranno ad arrivare le prime trimestrali, sia perché verremo a conoscenza delle minute della Fed che non dovrebbero comportare sorprese, ma non è detto.
Un campo di variazione della seduta di 7 decimi di punto a cavallo della parità avrebbe fatto pensare, in altri momenti, ad una giornata noiosa, ma non è così, soprattutto nelle prime ore di contrattazione la tensione era alta.
Poi è vero che col passare delle ore ci si è adagiati intorno alla linea della parità probabilmente gli operatori vogliono vederci chiaro con le trimestrali prima di prendere posizione sul mercato.
Ha recuperato in particolare l’indice tecnologico Nasdaq, ma occorre rilevare che era stato quello che aveva più sofferto nei giorni scorsi, quindi il tutto rientra nella normalità.
Notizie importanti sul fronte valutario, il dollaro si indebolisce nuovamente e torna a quota 1,38 rispetto all’euro, nel brevissimo periodo questa fase potrebbe anche continuare, ma le previsioni di molti analisti nel medio periodo vanno nella direzione di una forte ripresa della banconota verde.
Dow Jones (+0,06%) svetta Nike (+2,95%) che interrompe con decisione la serie nera aiutato soprattutto dalla promozione (Buy) arrivata da Stifel Nicolaus, alle sue spalle da segnalare la continua salita di Intel (+1,66%) che ritocca il massimo dell’anno e Caterpillar (+1,27%) che si conferma, al momento, il miglior titolo dell’anno.
Goldman Sachs (-1,26%) non solo sul fondo della classifica odierna, ma pure maglia nera da inizio anno. Anche Boeing (-1,15%) ha iniziato molto male il 2014, e non si riprende dopo il forte calo della vigilia Pfizer (-1,06%) che deve ancora trovare un livello dal quale poter ripartire.
S&P500 (+0,38%) titoli internet in vetta ai rialzi odierni: eBay (+3,49%), Google (+3,11%) e Amazon (+2,93%).
I cali maggiori hanno riguardato Abbvie (-3,00%), Bristol-Myers Squibb (-2,43%) e Walgreen (-1,97%).
Nasdaq (+0,(3%) rimbalza Baidu (+5,19%), mentre si confermano Nxp Semiconductor (+4,52%) e Tesla Motors (+3,83%) che torna a galoppare dopo tre sedute ribassiste.
Ancora una giornata nera per il comparto biotecnologico che occupa le ultime due posizioni della classifica con titoli importanti come Gilead Sciences (-3,07%) e Biogen Idec (-2,81%), un altro ribasso per Sirius XM Radio (-1,76%).
Giancarlo Marcotti per Finanza In Chiaro  
IN  ARRIVO A WALL STREET 14 DEBUTTANTI
Sono 14 le società Usa pronte a debuttare entro giovedì sul listino a stelle e strisce per una raccolta stimata complessiva di quasi cinque miliardi di dollari. A Milano invece, è boom per l'Aim il listino dedicato alle micro cap con tanta voglia di crescere.
Secondo quanto riportato da Dealogic per Wall Street si tratta della settimana più impegnativa addirittura da quella del 16 novembre del 2007. La società a maggiore capitalizzazione attesa è Ally Financial di cui il ministero del Tesoro Usa prevede di mettere sul mercato titoli per 2,5 miliardi di dollari. In arrivo anche La Quinta, catena di hotel in mano al private equity  Blackstone Group (il fondo che in Italia sta facendo "razzie" di partecipazioni pregiate, da Mps, a Bp a Unicredit) che conta di raccogliere 725 miloni di dollari con l'Ipo.

Ma a Wall Street l'imbarazzo è solo nella scelta. I debutti toccano tutti ptraticamente tutti i settori. 
In arrivo infatti ci sono anche iKang Healthcare; Adamas Pharmaceuticals; Cerulean Pharma; Farmland Partners; Stalwart Tankers, Aldeyra Therapeutics; City Office REIT; Enable Midstream Partners; Lobard Medical; Paycom Software; Phibro Animal Health; Zoe's Kitchen.

In Italia intano è Aim Mania. Da un anno il listino per le micro cap con tanta voglia di crescere, forte anche dello sbarco di Italia Independent (la maison di John Elkann che poi tanto micro non è) è sempre più ritenuta una valida alternativa per le società in cerca di capitali. Da gennaio sono sbarcate ben sei società sull'Aim, mentre sul listino principale (MTA) è attesa Anima la cui offerta si chiuderà il prossimo 10 aprile. Il problema  semmai, per un piccolo investitore, è la liquidittà del mercato Anche se i dati, secondo recenti ricerche (Ir Top), sembrerebbe in miglioramento rispetto ad un anno fa: nei primi due mesi del 2014 sono la percentuale di giorni con scambi sul totale dei giorni di negoziazione si è attestata al 71% (rispetto al 63% registrato nel 2013), la turnover velocity (ovvero il tempo impiegato a scambiare l'intero capitale) è salita al 74% (dal 36%) e la volatilità invece è diminuita al 47% (dal 64% del 2013).


Professionefinanza
PIAZZA AFFARI: TITOLI NEL MIRINO
A Piazza Affari l'attenzione è concentrata su Unicredit, Bpm e Carige, ma anche su Cir, Saipem e Italcementi. Ecco, secondo la rassegna di Reuters, i principali possibili movimenti attesi.
Unicredit. Titolo ancora sotto i riflettori. Il Ceo Federico Ghizzoni ha detto che Pioneer è altamente strategica e non è in vendita, aggiungendo inoltre che anche la società tedesca online DAB, controllata da HVB, è importante per il gruppo. Intanto, la controllata Fineco ha superato nel primo trimestre i 46 miliardi di total financial asset e i 900.000 clienti, ha commentato il dg Roberto Nicastro. Il Messaggero, invece, parla di 16 offerte non vincolanti per Uccmb.
Intesa Sanpaolo. Il titolo potrebbe beneficiare della notizia che Moody's ha confermato i rating del debito a lungo e dei depositi a 'BAA2/P-2' e ha migliorato l'outlook a stabile da negativo.
Enel. Titolo in luce a Piazza Affari dopo che ieri l'ad Fulvio Conti ha firmato a Pechino un memorandum d'intesa con Liu Zhenya, presidente della State Grid Corporation of China, per sviluppare una cooperazione nel campo delle tecnologie per le reti elettriche intelligenti di distribuzione.
Mediobanca. Il titolo potrebbe muoversi in scia alle parole di Giampiero Pesenti che si augura stabilità tra gli azionisti dopo che il patto di sindacato è sceso al 30,05% del capitale in occasione dell'ultimo rinnovo.
Mps. Titolo ancora sugli scudi. La Fondazione Mps, che nei giorni scorsi ha ceduto il 6,5% della banca a due soci esteri, è al lavoro perchè il via libera di Banca d'Italia e del ministero dell'Economia arrivi il più velocemente possibile. Lo ha detto la presidente della Fondazione, Antonella Mansi.
Prelios. Il titolo potrebbe muoversi in scia alla notizia del Messaggero che scrive che la società si accinge a effettuare svalutazioni sul bilancio 2013, oggi al vaglio del Cda, per oltre 250 milioni.
Bpm. Titolo in luce a Piazza Affari. In un colloquio con Il Sole 24 Ore, il presidente del CdG Mario Anolli dichiara che "chiunque sceglierà di investire in Bpm sarà il benvenuto". "Ma non tocca a noi fare la lista degli invitati", aggiunge. Secondo il quotidiano l'aumento di capitale partirà la prima settimana di maggio. Secondo Il Messaggero ieri l'AD Giuseppe Castagna avrebbe anticipato al CdG che il trend dei primi mesi del 2014 è migliore rispetto al budget.
Saipem. Titolo sotto i riflettori a Piazza Affari dopo che ieri la società si è aggiudicata un contratto E&C Onshore di ingegneria, approvvigionamento e costruzione per l'espansione dell'impianto Versalis di Ferrara, per un valore di circa 200 milioni di euro.
Mediolanum. Il titolo potrebbe muoversi in scia alla notizia che Banca Mediolanum ha realizzato nel mese di marzo una raccolta netta totale di 402 milioni di euro, di cui 397 milioni di fondi e gestioni.
Banca Carige. Titolo sugli scudi sul listino di Milano dopo la notizia che l'agenzia di rating Moody's ha tagliato la raccomandazione sui rating a lungo e sui depositi di un notch a Caa1 da B3.
Risanamento. Il titolo potrebbe reagire alle indiscrezioni del Messaggero secondo il quale Chelsfield ha accettato parzialmente la proposta di Luigi Zunino concedendogli un solo immobile parigino, sui due richiesti, nell'ambito dei nove oggetto dell'accordo di compravendita con la società. Oggi il cda dovrebbe dunque perfezionare la cessione a Chelsfield/Olayan di otto immobili modificando le delibere prese il 23 gennaio e il 13 marzo.
Indesit. Titolo in luce in Borsa. Secondo Il Sole 24 Ore Whirlpool avrebbe presentato una proposta di offerta carta contro carta.
Rcs. C'è tensione sul titolo, mentre si infittiscono le voci di un'imminente uscita del direttore del Corriere della Sera Ferruccio de Bortoli alla luce, secondo le ricostruzioni, di una crescente tensione nei rapporti tra il giornalista da una parte e l'AD Pietro Scott Jovane dall'altra. La redazione del Corriere è in stato di allerta da qualche giorno. Giampiero Pesenti, uno dei soci storici con Italmobiliare, non vede spaccature nell'azionariato del gruppo editoriale in cui Fiat è primo azionista dalla scorsa estate.
Cir. Le banche creditrici di Sorgenia sono convinte a sostenere il piano del management convertendo una parte del debito in equity e attendono la risposta di Cir in merito. Lo ha detto il Ceo di Unicredit Federico Ghizzoni.
As Roma. Titolo in luce in Borsa. La proposta del tycoon cinese Chen Feng per rilevare una quota di As Roma non è stata accantonata e Unicredit resta alla finestra per valutare eventuali sviluppi. Lo ha detto il Ceo di UniCredit, Federico Ghizzoni.
Italcementi. Titoli ordinari e di risparmio sotto i riflettori a Piazza Affari, dopo che ieri l'assemblea straordinaria ha approvato a maggioranza la conversione obbligatoria delle azioni di risparmio in ordinarie, prima fase di una più ampia operazione di semplificazione della struttura di capitale e di governance del gruppo che prevede un'opa sulle minorities di Ciments Francais finanziata da un aumento di capitale fino a 450 milioni di euro.
Salini Impregilo. Il titolo potrebbe reagire alla notizia che con l'austriaca Strabag, la società si è aggiudicata in Austria il lotto principale Tulfes-Pfons del progetto della galleria di base del Brennero.
Trevi. Titolo in luce a Piazza Affari, dopo la notizia che le società del gruppo Drillmec e Petreven, specializzate nella realizzazione di impianti e nei servizi per la perforazione petrolifera, si sono aggiudicate nuove commesse per un valore di circa 120 milioni di dollari da Eni e YPF.
Snai. Il titolo potrebbe reagire alla notizia che il piano industriale prevede che la società chiuda l'anno in corso con un risultato ante imposte leggermente negativo e un Ebitda intorno ai 102-107 milioni di euro.
Professionefinanza
DEF: BANCHE CONTRO DOPO AUMENTO TASSE SU PLUSVALENZE
Il Documento di economia e finanza, approvato ieri sera dal Consiglio dei ministri, prevede 6,6 miliardi di euro di tagli all’Irpef, attraverso il sistema delle detrazioni, che dovrebbero portare a un risparmio medio d’imposta di 80 euro al mese per chi guadagna 25 mila euro lordi all’anno, pari a 1.500 euro netti.
La stangata sulle banche
Una parte di questi tagli sarà coperta con l’aumento dell’aliquota sulle plusvalenze realizzate dalle banche, attraverso la rivalutazione delle quote di Bankitalia.
Con la legge di Stabilità 2014, il governo Letta aveva aumentato da 156 mila a 7,5 miliardi di euro il valore complessivo delle 300 mila quote in cui è ripartito il capitale della Banca d’Italia. Di conseguenza, gli azionisti, quasi tutti banche, potranno iscrivere a bilancio un valore maggiore della quota, su cui dovranno, però, versare l’aliquota sulla plusvalenza realizzata, prevista al 12% dalla suddetta legge di Stabilità. 
Adesso, il governo Renzi ha innalzato tale aliquota al 24-26%, in modo da ottenere un maggiore gettito stimato in 1,2 miliardi di euro.
Tuttavia, le banche sono furibonde, perché ritengono che il governo le stia utilizzando come bancomat per fare quadrare i conti e tagliare le tasse ad altri. Sebbene abbiano moltissimo da farsi rimproverare e nonostante la rivalutazione delle quote di Bankitalia presenti profili di eccessivo favore agli istituti azionisti, alcuni dati sembrano suggerire che esse abbiano ragione.
Per prima cosa, la stangata del Def aumenta un’imposta retroattivamente, cosa vietata per Costituzione. In più, modifica in corso d’opera una disciplina, rendendola instabile, quando i mercati si attendono esattamente l’opposto. E più che raddoppia una tassazione, in deroga a quanto prescritto dalla legge di Stabilità, che prevede un’aliquota del 12% sulle plusvalenze realizzate da aumenti di valore di quote in bilancio, su base volontaria. Perché mai le banche dovrebbero essere gravate da una tassazione maggiore degli altri soggetti?
Non solo. Va ricordato – e lo ho fatto stamane il direttore dell’Abi, Giovanni Sabatini – che già le banche sono state vessate con l’aumento dell’aliquota Ires al 36% (27,5% per tutte le altre persone giuridiche), così come l’acconto per l’esercizio 2014 è stato rivisto al rialzo dal 120% al 128,5%.
Stando alle quote attualmente detenute, Intesa Sanpaolo subirebbe un aggravio d’imposta di 360 milioni di euro e Unicredit di altri 160 milioni. Se la disciplina, come pare, non è stata modificata nella tempistica, tuttavia, la stangata sarebbe ripartita nel corso di tre esercizi.
Il possibile ricorso delle banche
Dalle parole di Sabatini si evince la chiara intenzione delle banche di fare ricorso contro l’aumento della tassazione prevista dal Def. Le ragioni, affinché tali norme siano considerate incostituzionali, ci sarebbero e nel caso di vittoria degli istituti, il governo si troverebbe a dovere trovare altrove le coperture per tagliare l’Irpef, sebbene i tempi di un eventuale ricorso sarebbero lunghi.
Non dimentichiamo, poi, che 15 grandi banche italiane sono soggette in queste settimane all’”Asset Quality Review” della BCE e la decisione del governo Renzi rischia di impattare negativamente sugli attivi, così come gli investitori potrebbero frenare la loro corsa agli acquisti delle ultime settimane di titoli bancari italiani.
di Giuseppe Timpone
Investireoggi


RAGIONIAMO SULL’EURODELIRIO

Dopo il mio ultimo post sul tema BCE e Quantitative Easing in salsa europea (del quale ne suggerisco la letturaQUI), sempre sullo stesso argomento, vi propongo alcune riflessioni tratte da alcuni post pubblicati nei giorni scorsi sul mio canale Facebook, che potete seguire QUI.
Si parte con questo primo post:
Prima hanno condannato a morte gli strati sociali più deboli (e non solo) dei paesi mediterranei, dicendo che la Bce non può finanziare (direttamente) i debiti pubblici degli Stati.
Quindi hanno regalato miliardi di euro a banche -altrimenti condannate al fallimento- in modo tale che queste potessero comprare debito pubblico da un lato, e dall’altro incassare tonnellate di interessi per sistemare bilanci allo sfascio. Interessi, pagati dai contribuenti appositamente spremuti di tasse.

Tra poco più di un mese si voterà  per le europee, e siccome, anche alla luce del risultato delle elezioni amministrative francesi, temono l’affermarsi di movimenti euroscettici, cambiano strategia.

Quindi, che fanno?
In Italia, per tramite Napolitano, insediano Renzi (non eletto da nessuno, se non in una riunione di condominio) e promettono 80 euro al mese proprio a quegli strati sociali (o  parte di essi) che hanno prima distrutto.
Poi, riscrivono (a loro piacimento e secondo le loro logiche) le regole di funzionamento della Bce, aprendo all’ipotesi del quantitative easing da 1000 miliardi di euro, fino a questo momento ipotesi tabù, grazie all’ortodossia del monetarismo tedesco.
Guarda caso, queste due soluzioni arrivano proprio a ridosso delle elezioni europee.
Capolavori di democrazia, si direbbe!
Forse, se la Bce avesse adottato (o avesse potuto adottare) questo tipo di soluzione già dal 2011, magari anche le sorti della democrazia sarebbero state diverse, visti gli strattoni che gli sono stati inflitti.
Poi arriva questo
Si da il caso che, dal 2011 ad oggi, il debito pubblico, nonostante manovre lacrime e sangue varate dai diversi governi che si sono avvicendati, sia salito di circa 200 miliardi. Questo maggior debito è stato assorbito dal sistema bancario italiano, grazie alle aste LTRO messe in campo dalla Bce quasi 3 anni fa.

Si da anche il caso che ad oggi le banche italiane debbano ancora restituire alla Bce qualcosa come 210 miliardi di euro, che dovranno essere rimborsati  entro la fine dell’anno e l’inizio del prossimo.

Se la Bce dovesse fare un QE da 1000 miliardi di euro, e suddividere gli acquisti in base alla partecipazione dei singoli stati al capitale della banca centrale, all’Italia arriverebbero meno di 200 miliardi di euro. Soldi che, a quel punto, non potrebbero giungere all’economia reale, poiché ritornerebbero direttamente alla Bce attraverso la restituzione dei prestiti da parte del sistema bancario.
Quindi, de che stamo a parla’?
A cui fa seguito questo post:
 Quando si pensa a un possibile QE da parte della BCE, sarebbe appena il caso di ricordare che lo stesso Weidmann, dopo la sua apertura per questo tipo di soluzione, ha precisato che dovrebbero essere acquistati titoli con elevato merito creditizio. Quindi, qualche riflessione al riguardo sarebbe opportuno farla.
Occorrerebbe riflettere anche sul fatto che l’eventuale intervento della Bce dovrebbe essere finalizzato a sbloccare il credito, facendo giungere la liquidità all’economia reale. Cosa che al momento non avviene poiché il sistema bancario, per ragioni già note, osserva grande parsimonia nella concessione di prestiti, oltre ad essere  diffidente sulla solidità della ripresa economica. Quindi, l’acquisto secco di titoli, in mancanza di meccanismi incentivanti tali da veicolare la liquidità a favore degli ultimi prenditori di denaro (famiglie e imprese) non risolverà il problema di fondo.

Da aggiungere anche che le banche, per poter prestare denaro, oltre a ricorrere altri presupposti, dovrebbero poterlo fare godendo di buona salute dal punto di vista patrimoniale e di bilancio. Cosa che al momento non avviene.
E poi questo:
Se dovessero fare un QE vero e proprio, dopo aver rinnegato sistematicamente la possibilità di giungere ad una soluzione del genere, perderebbero la faccia. Quindi si inventeranno qualcosa di perverso, idoneo a salvare capra e cavolo.
 Che faranno?Difficile dirlo. Ma non sarebbe neanche esclusa l’ipotesi di un QE con la Bce che compri titoli garantiti dal fondo salva stati ESMLo stesso Weidmann, qualche giorno fa, ha chiarito che, eventualmente, la Bce dovrebbe acquistare titoli con massimo merito creditizio.

E  questo, che a mio avviso è il più importante:
….Pensateci un attimo. Se il QE dovesse essere di 1000 miliardi, non potrebbe mai essere assorbito da titoli di emittenti privati, o ABS o roba del genere. Quindi, penso che buona parte parte di questi 1000 miliardi saranno destinati l’acquisto di debito pubblico. Ora occorrerebbe capire in che modo possano essere ripartiti gli acquisti tra gli stati: lo faranno in base al peso del Pil di ciascuna nazione rispetto al Pil DELL’EUROZONA? Non credo. Forse lo faranno in base alla partecipazione dei singoli paesi alla Bce. A quel punto la Bce dovrebbe acquistare proquota anche i debiti pubblici di paesi con merito creditizio vicino alla spazzatura. Dovrebbe acquistare Italia, Spagna, Grecia, Portogallo e via dicendo. Pensate davvero la Bundesbank possa aprire ad una ipotesi del genere senza ottenere nessuna garanzia in cambio? Ci sarebbe anche da considerare un paio di aspetti, non del tutto trascurabili.Il primo è che, nel caso dell’Italia, gli acquisti, di fatto andrebbero a finanziare le banche italiane per importi analoghi a quelli che le banche it devono restituire alla Bce, a fronte dei due LTRO. Quindi immagino che non produrrebbero nessun effetto concreto e sperato sull’economia reale.Il secondo è l’eventuale uscita di un paese membro dall’euro. Poniamo il caso che esca l’Italia o la Francia o chicchessia: la Bce si troverebbe con degli attivi svalutati poiché verrebbero (forse) rimborsati nella nuova valuta adottata dal paese che abbandonerà l’uro. Pensate davvero che la Germania, a quel punto, si accolli la ricapitalizzazione della banca centrale? Per non escludere poi il fatto che, forse, a quel punto, l’euro si disintegrerebbe. Ecco perché penso che Germania, in caso di QE,  pretenderà la garanzia dell’ESM. Tutto qua. E mi pare anche un percorso logico, questo.
In fine, per concludere, questo:
 C’è da aggiungere che, a sfavore dell’ipotesi da me avanzata (cioè quella della garanzia dell’Esm sull’acquisto dei titoli, ndr), ci sarebbe anche da considerare che l’Omt, per quanto non sia stato mai utilizzato, ne uscirebbe comunque depotenziato. Proprio perchè l’Omt prevede l’intervento della Bce sulle scadenze brevi, mentre all’Esm sono riservate le scadenze lunghe. Se l’ESM dovresse garantire il QE, è chiaro che questa eventulità assorbirebbe patrimonio che non potrebbe essere destinato a eventuali interventi successivi dell’Omt, che ne uscirebbe, appunto, depotenziato. Ma forse, a quel punto, diminuirebbe anche l’importanza strategica dell’OMT quale strumento deterrente contro la speculazione, che verrebbe assunta da un BCE più interventista. 
Paolo Cardenà per finanzanostop


SHILLER: NESSUNA RECESSIONE IN VISTA. MA SI SBAGLIA

NEW YORK (WSI) - Per i prossimi anni a venire non c'é il rischio di una recessione. Ne è fermamente convinto il fresco premio Nobel Robert Shiller.

Il professiore della Yale University lo ha dichiarato in un Tweet e a dimostrarlo, secondo l'economista esperto di previsioni di mercato e immobiliare, sarebbero le ore lavorate nel settore manifatturiero statunitense (vedi grafico a fianco).

Il suo messaggio è in risposta al report pubblicato dal presidente del Consiglio dei consulenti economici della Casa Bianca Jason Furman.

"La tabella numero 4 di Furman sulle ore lavorate nel manifatturiero, con un nuovo record a quota 42, dice che non ci sarà una recessione nei prossimi anni a venire".

Secondo alcuni opinionisti è troppo presto per cantare vittoria, tuttavia. Basta allargare la forchetta temporale e risalire fino agli anni 40, quando una recessione ha preso il via in un periodo in cui le ore lavorate erano 45. Il dettaglio è però stato eliminato dalla foto pubblicata sull'account Twitter di Shiller.
Wallstreetitalia


BANCHE A RISCHIO DI ATTACCHI INFORMATICI

Un buco nella sicurezza della rete potrebbe portare al furto di milioni di password, di file caricati e di informazioni bancarie. Il problema sarebbe causato da un difetto a un metodo di criptazione usato su internet, OpenSSL, il protocollo che permette di nascondere i dati sensibili su due terzi dei server del web.

Il mal funzionamento è stato scoperto da un gruppo di ricercatori finlandesi che lavorano per Codenomicon, società che produce sistemi di sicurezza di Saratoga, California. Insieme a loro anche due ingegneri di Google hanno individuato l'errore.

I ricercatori hanno chiamato il problema "Heartbleed" (cuore sanguinante) perché coinvolge il centro vitale del protocollo di criptazione che manda i messaggi avanti e indietro sui server.

Secondo quanto rivela il New York Times, in questo momento tutti i siti che usano OpenSSL potrebbe essere attaccati. Gli hacker sarebbero infatti in grado di rubare qualsiasi tipo di informazione. Secondo i ricercatori, a renderlo ancora più pericoloso è il fatto che dà la possibilità ai pirati di agire senza lasciare tracce digitali dietro di sé.

Il bug era stato scoperto la scorsa settimana, ma solo ieri i vertici di OpenSLL hanno chiesto ai gruppi e agli utenti che lo usano di cambiare le password e di passare alla versione aggiornata del protocollo in cui si sarebbe risolto il problema.

Lunedì i ricercatori di Codenomicon hanno invitato le società a cambiare le loro chiavi private di criptazione e chiesto agli utenti della rete di inserire nuove password, soprattutto per i siti in cui si conservano informazioni sensibili. (TMNEWS)
Wallstreetitalia


RENZI: TASSARE BANCHE PER TAGLIARE L’IRPEF

ROMA (WSI) - Il consiglio dei ministri ha approvato il Def. ''La crescita la stimiamo allo 0,8% (nel 2014), diversa dall'1,1% stimato prima''. Ha detto il premier Mattero Renzi nella conferenza stampa al termine del Cdm e poi scherzando ha aggiunto: "Il ministro Padoan oggi si è trovato in grandissima difficoltà non per le tensioni sul Def ma circa la prova tv che riguarda Destro visto che è noto tifoso". "A partire dalla previsione sulla crescita" nel Def ci sono stime dettate da "estrema prudenza e aderenza alla realtà. Spero che saranno smentite in positivo".

Le riforme "non sono solo un punto orgoglio di questo governo o un elemento fondamentale perché promesso ma una precondizione della ripresa economica. Senza non c'é credibilità". Renzi ha affermato che le riforme sono "un impegno morale assoluto da parte nostra". "So che su questo tema ogni giorno c'è ne è una, capisco l'ansia di visibilità nel mio e in altri partiti. Ma al di là del bisogno di dimostrare che si esiste lanciando ipotesi non realizzabili confermo tutti gli impegni che ci siamo presi". E confermando gli imnpegni presi sulle riforme: "Noi rispettiamo tutti, discuteremo ancora in dettaglio sulla riforma del Senato, che è arrivata a Palazzo Madama dopo la verifica del Colle ma non si rimette tutto in discussione come se dopo 20 anni sia ammissibile tornare da capo su ogni discussione".

Bisogna avere ''autorevolezza morale per poter dire anche che nel mondo della P.a. bisogna iniziare a stringere la cinghia. E' in corso rivoluzione sistematica, non solo riformare un ente. Confermo anche l'impegno dello 'Sforbicia-Italia' e sulle municipalizzate'', ha sottolineato il premier.
Il decreto sul taglio dell'Irpef sarà presentato venerdì 18 "perché necessita del passaggio del Def in Parlamento che avverrà il 17".
Matteo Renzi: "2,2 miliardi arriveranno dall' aumento del gettito Iva e dall'aumento della tassazione sulla rivalutazione delle quote Bankitalia".
"2,2 miliardi arriveranno dall' aumento del gettito Iva e dall'aumento della tassazione sulla rivalutazione delle quote Bankitalia". Così Renzi illustrando le coperture per il calo dell'Irpef, che nel complesso ammonteranno a 6,7 miliardi. Il taglio del cuneo fiscale è di "10 miliardi e per il 2014 servono 6,7 miliardi, di cui 4,5 miliardi arriveranno dalla spending".

Con gli 80 euro in busta paga ''gli italiani avranno la 14/ma grazie all'operazione di questo governo. E' giustizia sociale: in questi anni alcuni hanno preso tanto. Troppo. Ad esempio i manager pubblici. Che ora non potranno prendere più di quanto prende il Presidente della Repubblica''. E annunciando i tagli agli stipendi dei manager: "238.000 euro per chi lavora nel pubblico è più che sufficiente, è un elemento di limite che ci vuole, in questi anni si è totalmente sforato".

"Il 10 per cento della retribuzione la si prenderà solo se il paese va bene come le stock options nelle aziende. Non è possibile che un manager prenda un premio massimo se il paese va a rotoli. Da adesso inizia a pagare chi non ha mai pagato, è un'operazione di giustizia sociale". E parlando dei tetti agli stipendi pubblici: "Spero che anche gli organi costituzionali accettino l'equiparazione al presidente della Repubblica e abbiano la lungimiranza, il coraggio e l'intelligenza di tornare in sintonia col Paese".

E sul timing delle riforme: "Entro il 25 maggio" il Senato batterà il "primo colpo sulla riforma del Senato e del Titolo V, che vuol dire anche eliminare 'rimborsoboli'", ha spiegato Renzi.

"L'Italia ce la può fare. Non è vero il ritornello: non ce la faremo mai, siamo condannati al declino", ha detto Renzi sottolineando che l'operazione Irpef contribuirà a restituire fiducia agli italiani.

''Si c'e' una soluzione tecnica che riguarda gli incapienti. Quelli che ricevono meno 25000 euro lordi l'anno (1500 netti) sono circa 10 milioni con gli incapienti sono 14-15 milioni (10 piu' 4 di incapienti)''.

E sui tagli alla Sanità Renzi ha assicurato: ''Non ci saranno tagli lineari: sulla salute in prospettiva spenderemo di più perche' si invecchia. Crescono malattie piu' complicate''.

"Semplificare parte da alcuni gesti, come l'abolizione del Cnel...a casa saranno terrorizzati ma il Cnel è stata un'occasione persa in 70 anni".

Su Senato e Province il M5S ''mi sorprende: avevo capito che erano nati per altro non per difendere province o indennità dei senatori'', ha sottolineato il premier. (ANSA)

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Un taglio dell'Irpef per circa 10 miliardi a regime attraverso coperture con la revisione della spesa. Il beneficio andrà ai lavoratori dipendenti sotto i 25 mila euro di reddito lordi, circa 10 milioni di persone, che avranno in busta paga un ammontare di circa 1.000 euro netti annui a persona.

Inoltre, si legge nella bozza, è previsto un taglio dell'Irap per le aziende di almeno il 10% attraverso il contemporaneo aumento della tassazione sulle attività finanziarie.

Sempre nel documento del governo, l'imposta del 12% sulle quote rivalutate della Banca d'Italia potrebbe raddoppiare e arrivare al 24-26%. Lo riferiscono fonti governative mentre è in corso il Consiglio dei ministri per il varo del Def. La misura servirebbe a raggiungere gli oltre 6 miliardi necessari a tagliare il cuneo fiscale.

Sempre stando a quanto contenuto nel Def, nel 2014 dalla revisione della spesa pubblica sono previsti risparmi per circa 6 miliardi di euro per l'anno in corso, fino a 17 e 32 miliardi di euro rispettivamente per il 2015 e 2016 in termini cumulati.

Nel documento si prevede che il Pil italiano nel 2014 crescerà dello 0,8%, un aumento meno forte rispetto alle ultime stime dell'1,1%. Nel 2015 la crescita sarà dell'1,3%, nel 2016 dell'1,6%, nel 2017 dell'1,8% e nel 2018 dell'1,9%.

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Il Consiglio dei ministri ha approvato il Def. Lo ha detto il premier, Matteo Renzi, che lo ha presentato ai giornalisti così: "La crescita la stimiamo allo 0,8% (nel 2014), diversa dall'1,1% stimato prima".
"A partire dalla previsione sulla crescita" nel Def ci sono stime dettate da "estrema prudenza e aderenza alla realtà. Spero che saranno smentite in positivo", dice il premier al termine del Consiglio dei ministri.

Le riforme "non sono solo un punto d'orgoglio di questo governo o un elemento fondamentale perché promesso ma una precondizione della ripresa economica. Senza non c'è credibilità", ha detto Renzi, affermando che le riforme sono "un impegno morale assoluto da parte nostra". Poi lancia un messaggio alla sua maggioranza: "So che su questo tema ogni giorno c'è ne è una, capisco l'ansia di visibilità nel mio e in altri partiti. Ma al di là del bisogno di dimostrare che si esiste
lanciando ipotesi non realizzabili, confermo tutti gli impegni che ci siamo presi".

"Noi rispettiamo tutti, discuteremo ancora in dettaglio sulla riforma del Senato, che è arrivata a palazzo Madama dopo la verifica del Colle ma non si rimette tutto in discussione come se dopo vent'anni sia ammissibile tornare da capo su ogni discussione". Bisogna poi avere "autorevolezza morale per poter dire anche che nel mondo della Pubblica amministrazione bisogna iniziare a stringere la cinghia. E' in corso rivoluzione sistematica, non solo riformare un ente. Confermo anche l'impegno dello 'Sforbicia-Italia' e sulle municipalizzate", ha aggiunto il capo del governo.
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DEF COME DEFLAZIONE: RENZI FAI CON CALMA

Dopo qualche illusione di troppo a seguito del comunicato di Mario Draghi e della BCE a proposito di un fantomatico nuovo piano WaterMarshall per l’Europa, ci ha persato un signor qualunque a svelare il solito buco nell’acqua fatto come sempre dai mercati in attesa che un vero macigno cada nella pozzanghera…
Bce: Nowotny raffredda entusiasmi, ‘non serve agire subito’ La Bce, ha spiegato Nowotny, sta “monitorando intensamente” gli sviluppi dell’inflazione per comprendere quali misure potrebbero essere appropriate qualora si concretizzi un pericolo di deflazione. “Cio’ non significa, pero’, che tali misure devono essere adottate immediatamente, bensi’ prepararsi per tutte le eventualita’”, ha sottolineato Nowotny, che ha espresso una preferenza personale per un rafforzamento del mercato delle obbligazioni garantite dai mutui (‘asset backed securities’) piuttosto che per un programma di acquisto di bond come quelli avviati dalla Federal Reserve. Un ulteriore abbassamento dei tassi di interesse, ha concluso Nowotny, “non e’ pero’ escluso”. (AGI)
E’ abbastanza chiaro ora…noi preferiamo concentrarci sugli ABS come ha suggerito nel fine settimana Machiavelli!
Ma siccome una prova non basta a fare un indizio…
Bce: pronta ad agire. Ma Nowotny, Mersch, Weidmann e …
Yves Mersch, membro del comitato esecutivo della Bce, si e’ limitato a puntualizzare come l’allentamento quantitativo ”sia ancora”, almeno a Francoforte, ”un concetto teorico” alla luce di un pericolo deflazionistico ”non ancora imminente”. Edwald Novotny, anche governatore della banca centrale austriaca, parlando di un eventuale allentamento quantitativo ha espresso la propria preferenza verso strumenti di prossimita’ al mercato, ”come Abs”, le cartolarizzazioni dei prestiti al settore privato. Jens Weidmann, anche presidente della Bundesbank, ha parlato di un possibile allentamento quantitativo della Bce solo nel caso di una reale spirale deflattiva non ancora evidente, tanto da ricordare come in Germania stia emergendo una ”pressione al rialzo” sui salari nominali. Il banchiere centrale tedesco ha poi aggiunto che nelle scelte delle attivita’ finanziarie da acquistare peseranno anche considerazioni di carattere legale.(AGI)
E ora sedetevi e ascoltate attentamente… ”il mercato non crede che tutti i titoli di Stato dei paesi dell’Eurozona abbiano lo stesso profilo di rischio”, ha glissato il numero uno della Bundesbank. Un modo elegante per dire che l’allentamento quantitativo della Fed perseguito con l’acquisto di titoli di Stato e’ in qualche modo favorito dal fatto che la banca centrale Usa classa in portafoglio titoli sovrani, tutti con il medesimo profilo di rischio di credito: quello del Tesoro Usa.
Chi ha orecchie per intendere, intenda gli altri continuino a sognare!
Ovviamente il mercato ha sempre ragione quando non ha torto ovvero sempre, ma state tranquilli loro sanno già cosa fare.
Ieri il capo economista del FMI si quello che prevede per il prossimo anno una crescita della Grecia del 2,9 % si è agitato per la deflazione e ne ha tutte le ragioni chiedendo di fare presto perchè c’è un rischio, che i loro soliti inutili scenari fallimentari stima intorno al 20 % ovvero nulla.
Come abbiamo giò visto più volte la deflazione è una dinamica esplosiva e pericolosissima per il debito è come accendere una lenta miccia fuori da una camera piena di esplosivi.
Ad un costante e progressivo crescere dei tassi reali il debito esplode ma paradossalmente investire in Europa diventa un obbligo anche se come detto più volte la BCE non potrà in alcun modo permettersi un cambio forte!
Ouch, lo sentite anche Voi il ramo che scricchiola …
Germania:a febbraio bilancia commerciale +15,7 mld, sotto attese(RCO) (Il Sole 24 Ore Radiocor) – Roma, 09 apr – A febbraio il surplus commerciale della Germania e’ stato pari a 15,7 miliardi di euro, sotto le attese che indicavano 17,4 miliardi di euro. Un risultato comunque superiore a quello di gennaio quando l’attivo e’ stato di 15 miliardi di euro. I dati sono stati diffusi oggi dall’Istituto di statistica tedesco. Le importazioni sono salite dello 0,4% rispetto al mese precedente mentre le esportazioni sono diminuite dell’1,3 per cento.
Ieri per l’ennesima volta senza pesciolini e slide Padoan ha tirato fuori dal cilindro il classico coniglio bianco che finirrà in pentola…
“La zona euro dovrebbe avere un tasso di inflazione del 2% e una crescita dell’1%. Se fosse così avremmo una crescita al 3% e nelle attuali condizioni di finanza pubblica italiana, da solo basterebbe a portare il debito sul sentiero discendente in modo costante”.
Ma quale inflazione al 2 % se siamo al 0,4% e il tendenziale è allo 0,2 %!
Con il condizionale non si affrontano i problemi reali e ora di uscire dall’acquario e da cilindri vari!
Le previsioni di crescita sono state riviste allo 0,8% quest’anno per arrivare al +1,3% l’anno prossimo. Nel 2016, poi, l’economica crescerà dell’1,6% e nel 2017 dell’1,8% hanno detto.
Tagli l’unico canale di crescita la spesa pubblica visto che il libero mercato è fuso è credi di crescere a quei livelli?
Ve lo ha detto la casalinga di Voghera che il PIL ha messo la testa fuori dall’acqua solo grazie alla liquidazione di una parte degli arretrati dei debiti delle PA, ovvero spesa pubblica?
Inoltre fa sorridere l’idea che secondo Padoan ”Per cambiare le regole in Europa serve il rispetto dei partner” e per questo ”si devono mantenere gli impegni”. E’ quanto ha detto il ministro dell’economia Pier Carlo Padoan rispondendo alle domande nella conferenza stampa per illustrare il Def. Padoan ha indicato che ”in un certo senso vogliamo provare a cambiare le regole” in Europa e per cambiare le regole bisogna avere il rispetto dei partner.
Se le regole e limiti, sono sbagliati, come più volte la crisi ha dimostrato, se i parametri sono soggettivi, perchè ognuno fa quello che li pare, se il limite del 3 % e il fiscal compact sono fesserie in una depressione come quella europea, si cambia subito, tutti insieme e non con calma, perchè l’euro ha fretta di andarsene per i fatti suoi.
Che fai se li bambino sta annegando perchè lo hanno gettato a mare con la spinta dell’euro o non ha rispettato i consigli della mamma facendo il furbo?
Mentre il bagnino sta a guardare senza agitarsi più di tanto, gli insegni a nuotare mentre sta affogando o magari gli dici che aspetti il semestre estivo, quando proverai a tirarlo fuori dall’acqua morto!
Don Milani diceva ai suoi ragazzi che … In quanto alla loro vita di giovani sovrani domani, non posso dire ai miei ragazzi che l’unico modo d’amare la legge è d’obbedirla. Posso solo dir loro che essi dovranno tenere in tale onore le leggi degli uomini da osservarle quando sono giuste (cioè quando sono la forza del debole). Quando invece vedranno che non sono giuste (cioè quando sanzionano il sopruso del forte) essi dovranno battersi perché siano cambiate.
L’Italia deve battersi per cambiare regole che hanno dimostrato di essere anacronistiche!
Figurarsi poi se non ricordavano ai mercati che Privatizzazioni: Padoan, proseguiranno dopo Poste ed Enav… e si buttiamo a mare decine di miliardi di divedendi nei prossimi anni, in fondo a noi interessa solo ciò che resta dell’ENI visto che… ‘l’Eni e’ oggi un pezzo fondamentale della nostra politica energetica, della nostra politica estera e di intelligence, e quando dico intelligence dico i servizi’ …come dice Renzi.
Mi fermo qui perchè potrei andare troppo oltre e ritrovarmi i servizi segreti in casa!
Ah dimenticavo se vedete Profumo ditegli che facciano un aumento di capitale più sostenziale ci sono da pagare gli ottanta euro di Renzi con i soldi dei fessi che lo sottoscriveranno in attesa che poi sia Bankitalia a restituire moltiplicato il favore.
Se vi capita, ogni tanto ricordatevi che questo viaggio ha bisogno anche della Vostra preziosa generosità.
Andrea Mazzalai per trend-online


MOODY’S DECLASSA WIND PER IL DEBITO ELEVATO

Moody ha declassato il corporate family rating (CFR) e la probabilità di default (PDR) di Wind a B2 e a B2-PD rispettivamente da B1 e B1-PD. I rating sulle obbligazioni senior secured di Wind e di Wind Acquisition Finance sono stati confermati a Ba3. L'outlook è stabile. Allo stesso tempo, Moody’s ha assegnato una valutazione provvisoria Caa1 al bond senior 2021 che sarà emesso da Wind Acquisition Finance. Queste azioni rientrano nella revisione avviata dall'agenzia di rating a marzo.

Il downgrade segue l'annuncio fatto la scorsa settimana del lancio di un bond senior 2021 da 3,75 miliardi di euro che secondo gli analisti di Moody's si tradurrà per la società in un debito junior aggiuntivo, che servirà a rifinanziare le obbligazioni senior esistenti e le obbligazioni Payment in Kind (PIK) emesse a Wind Acquisition Holdings Finance.

Il rating B2 su Wind riflette l'alta leva finanziaria della società, attesa a circa 5,6 volte il rapporto debito/ebitda rettificato alla chiusura del rifinanziamento (escluse le obbligazioni PIK emesse da Wind Acquisition Holdings Finance); inoltre rispecchia le aspettative di una crescita debole per quest'anno visto il quadro macroeconomico italiano incerto e il fatto che il settore tlc abbia recuperato dall'ultima estate aggressiva dello scorso anno quando le promozioni hanno avuto un marcato effetto negativo sul settore; infine, secondo gli analisti dell'agenzia americana, l'ultima motivazione è la debole generazione di free cash flow.

Dal punto di vista posito, il rating riflette anche la solida e crescente quota di Wind sul mercato dei servizi di telecomunicazioni in Italia e il forte posizionamento competitivo nei confronti dei suoi principali concorrenti, Telecom Italia (Ba1 negativo) e Vodafone (A3 negativo), così come il modello di business diversificato, che vede la società attiva nella telefonia mobile, nella telefonia fissa e nel ramo internet della banda larga. Inoltre Moody's nota il sostegno della controllante. Infatti VimpelCom (Ba3 stabile) ha iniettato dentro Wind 500 milioni di euro come parte dell'attuale rifinanziamento. Infine, l'agenzia cita la migliore capacità di generazione di cash flow nel lungo termine poiché il rifinanziamento in atto dovrebbe produrre risparmi sugli interessi di cassa.

Comunque il declassamento riflette principalmente l'aumento sostanziale del debito e la conseguente rettifica da parte di Moody’s del rapport debito/ebitda a 5,6 volte pro-forma (sulla base dell'ebitda 2013), un livello sostanzialmente al di sopra della guidance della stessa agenzia di rating che prevede un rapporto pari a 5 volte per un downgrade.

Inoltre, il downgrade riflette le aspettative di Moody’s secondo cui questo rapporto probabilmente rimarrà sopra 5 volte per tutto quest'anno. E questo nonostante l'annuncio della cessione delle torri entro fine anno da cui Wind prevede di generare cassa tra 300 e 500 milioni di euro.

A seguito di questa operazione Wind avrà un adeguato profilo di liquidità sostenuto da un profilo di scadenze a lungo termine. La liquidità di Wind migliorerà anche a seguito del rifinanziamento delle sue attuali obbligazioni senior, perciò gli analisti di Moody’s  prevedono che la società produca risparmi sugli interessi di cassa. Moody's tuttavia rileva che la generazione di free cash flow di Wind rimarrà bassa rispetto al debito e, nel medio termine, è improbabile che consenta alla società di ridurre significativamente la mole del debito.

Per Moody’s eventuali fattori che potrebbero abbassare il rating di Wind sono l'eventualità che il rapporto debito/ebitda aumenti verso un multiplo pari 6 volte, soprattutto se la generazione di free cash flow dovesse deteriorarsi sostanzialmente a seguito di performance inferiori a quelle previste. Al contrario, il rating potrebbe migliorare se il rapporto debito/ebitda della società dovesse diminuire a 5 volte oppure se Wind fosse in grado di generare un significativo free cash flow in modo che il rapporto retained cash flow/debt aumenti verso il 10%.
Milano Finanza


COMMENTO IN CHIUSURA

Piazza Affari ha chiuso in rialzo con il Ftse Mib che ha guadagnato lo 0,23% a 21.717 punti, comunque distante dai massimi intraday toccati a 21.887 punti. Questa sera l´attesa è per la pubblicazione dei verbali dell´ultima riunione della Federal Rserve, quando la Banca centrale statunitense ridusse di altri 10 miliardi di dollari il suo piano mensile di acquisto asset portandolo a 55 miliardi di dollari. Piazza Affari si è comunque ripresa dopo un inizio incerto complice lo scivolone di Tokyo, che ha pagato l´apprezzamento dello yen dopo che la Bank of Japan ha deluso le attese di chi si aspettava nuovi stimoli di politica monetaria. Il clima resta comunque improntato alla cautela anche dopo le recenti dichiarazioni di esponenti della Bce che hanno raffreddato l´entusiasmo su un eventuale quantitative easing da parte dell´istituto di Francoforte. Gli acquisti hanno premiato i titoli del comparto energetico. I colossi pubblici, Eni e Enel, hanno guadagnato rispettivamente lo 0,71% a 18,26 euro e l´1,42% a 4,136 euro. A2A (+1,69% a 0,931 euro) tonica in scia alle parole del direttore generale Renato Ravanelli che in un´intervista a Bloomberg ha dichiarato che il business plan sarà approvato in autunno e prevede un Ebitda 2016 in crescita rispetto a quello previsto per quest´anno. Ravanelli prevede inoltre un ulteriore riduzione del piano costi rispetto ai 70 milioni di euro del piano 2013-15, mentre il payout sarà mantenuto al 60 per cento. "Riteniamo importante verificare quali siano le assunzioni del piano per raggiungere un Ebitda 2016 in crescita e quale sarà il piano d´investimenti", è il commento degli analisti di Equita. Enel Green Power ha mostrato un progresso dell´1% a 2,016 euro dopo aver terminato la costruzione del terzo ed ultimo impianto del complesso eolico Cristal, nello stato brasiliano di Bahia, nella località di Morro do Chapèu. La realizzazione del complesso eolico ha richiesto un investimento totale di circa 165 milioni di euro. Sul Ftse Mib ha svettato con decisione Yoox (+6,34% a 24,97 euro) recuperando terreno dopo aver perso nell´ultimo mese oltre 25 punti percentuali. Gli analisti di Goldman Sachs hanno confermato il titolo Yoox nella loro "conviction buy list" nonostante il target price sia stato rivisto a 38,5 euro dal precedente 41,5 euro. Il target price fissato da Goldman Sachs implica un potenziale di upside per il titolo pari a circa 34 punti percentuali. Le banche sono finite sotto la lente di Goldman Sachs. La preferita di Goldman è Intesa SanPaolo (-0,47% a 2,494 euro), promossa a conviction buy dal precedente neutral in scia alla relativa stabilità e alla politica di dividendi annunciata durante la presentazione del piano strategico. Unicredit (-2,43% a 6,405 euro) e Popolare di Milano (-3,47% a 0,723 euro) sono state entrambe bocciate da Goldman Sachs a neutral dal precedente giudizio d´acquisto dopo la recente sovraperformance a Piazza Affari. Per queste due banche "crediamo che le prospettive di recupero siano già pienamente prezzate", ha spiegato il broker americano. Le vendite hanno colpito anche Ubi Banca (-1,87% a 7,08 euro) e Montepaschi (-1,80% a 0,261 euro).
Finanzaonline