Piazza Affari ha chiuso in ribasso una seduta caratterizzata
dal ritorno della Greca sul mercato obbligazionario. Ieri il rendimento del
bond decennale greco è sceso sotto la soglia del 6%, un abisso in meno rispetto
al picco storico del 44% toccato nel febbraio. Di conseguenza tutti i titoli di
Stato periferici hanno mostrato rendimenti in calo: il Btp decennale è sceso
sotto area 3,15% toccando il nuovo minimo storico. Oggi il Tesoro ha collocato
7,5 miliardi di euro di Bot annuali allo0 ,589%, livello che rappresenta il
nuovo minimo dall’introduzione dell’euro. Nell’Eurozona il numero uno della
Bundesbank, Jens Weidmann, ha dichiarato che i rischi di deflazione sono
piuttosto limitati, non entrando però nel merito delle possibili misure che
potrebbe adottare la Bce. A Piazza Affari, in scia all’andamento negativo di
Wall Street, l’indice Ftse Mib ha ceduto l’1,38% a 21.429 punti.
Le vendite hanno colpito il comparto bancario: Banco Popolare ha ceduto il 2,14% a 14,60 euro, Montepaschi il 4,29% a 0,249 euro, Popolare dell’Emilia Romagna il 2,67% a 8,73 euro, Intesa SanPaolo l’1,52% a 2,456 euro, Mediobanca l’1,96% a 7,72 euro, Ubi Banca il 4,09% a 6,79 euro. Positiva Finmeccanica (+0,28% a 6,97 euro) con le indiscrezioni riportate dal Corriere della Sera secondo cui la francese Thales sarebbe pronta ad acquisire Ansaldo STS e AnsaldoBreda. Bene Saipem (+2,65% a 18,14 euro), promossa da Cheuvreux a hold dal precedente reduce. Tonica Telecom Italia che ha mostrato un progresso dello 0,40% a 0,871 euro dopo aver siglato un accordo che consentirà ai clienti del gruppo telefonico di accedere all’offerta televisiva di Sky, grazie a una nuova piattaforma Ip e a un decoder dedicato. Sotto i riflettori il comparto del lusso in scia ai conti trimestrali migliori della attese di Lvmh nel settore moda e pelletteria. Gli acquisti sono stati sostenuti su Salvatore Ferragamo (+1,11% a 22,65 euro) e Yoox (+0,88% a 25,19 euro).
Le vendite hanno colpito il comparto bancario: Banco Popolare ha ceduto il 2,14% a 14,60 euro, Montepaschi il 4,29% a 0,249 euro, Popolare dell’Emilia Romagna il 2,67% a 8,73 euro, Intesa SanPaolo l’1,52% a 2,456 euro, Mediobanca l’1,96% a 7,72 euro, Ubi Banca il 4,09% a 6,79 euro. Positiva Finmeccanica (+0,28% a 6,97 euro) con le indiscrezioni riportate dal Corriere della Sera secondo cui la francese Thales sarebbe pronta ad acquisire Ansaldo STS e AnsaldoBreda. Bene Saipem (+2,65% a 18,14 euro), promossa da Cheuvreux a hold dal precedente reduce. Tonica Telecom Italia che ha mostrato un progresso dello 0,40% a 0,871 euro dopo aver siglato un accordo che consentirà ai clienti del gruppo telefonico di accedere all’offerta televisiva di Sky, grazie a una nuova piattaforma Ip e a un decoder dedicato. Sotto i riflettori il comparto del lusso in scia ai conti trimestrali migliori della attese di Lvmh nel settore moda e pelletteria. Gli acquisti sono stati sostenuti su Salvatore Ferragamo (+1,11% a 22,65 euro) e Yoox (+0,88% a 25,19 euro).
Finanza.com
BCE: RIPRESA DEBOLE,
PRONTE MISURE NON CONVENZIONALI
La ripresa nell'Eurozona rimane
costante e moderata e piccoli miglioramenti si iniziano a vedere anche sul
mercato del lavoro, anche se la disoccupazione rimane a livelli elevati. Questo in sintesi il quadro
disegnato dalla Banca centrale europea (Bce) nel suo ultimo rapporto mensile,
diffuso oggi, dove si dice pronta a intervenire anche con strumenti non
convenzionali in caso la situazione peggiorasse.
A che punto è la ripresa
nell'Eurozona
Dai dati del primo trimestre di
quest’anno emerge una crescita moderata nella zona euro. "La ripresa in
atto è sempre più sostenuta dal consolidamento della domanda interna", si
legge nel bollettino della Bce, che rimane fiduciosa sul futuro. Secondo la Bce,
nei prossimi mesi si dovrebbe concretizzare un ulteriore aumento della domanda
interna, favorito dall’orientamento accomodante della politica monetaria, dai
continui miglioramenti delle condizioni di finanziamento che si trasmettono
all’economia reale e dai progressi compiuti sul fronte del risanamento dei
conti pubblici e delle riforme strutturali. Inoltre, i redditi reali
beneficiano di un andamento moderato dei prezzi, in particolare di quotazioni
dell’energia più contenute. L’attività economica dovrebbe trarre vantaggio
anche da un graduale rafforzamento della domanda di esportazioni.
Ma...
Non mancano i rischi per le
prospettive economiche dell’area dell’euro. "Gli andamenti nei mercati
finanziari mondiali e nei paesi emergenti, nonché i rischi geopolitici, potrebbero
essere in grado di influenzare negativamente le condizioni economiche -
illustra la Bce - Altri rischi includono una domanda interna inferiore alle
attese e un’attuazione insufficiente delle riforme strutturali nei paesi
dell’area, nonché una crescita più debole delle esportazioni". Rimane poi
il tasto dolente della disoccupazione, ancora elevata. Senza contare che gli
aggiustamenti di bilancio necessari nei settori pubblico e privato, imposti
dalle stesse autorità europee ai singoli paesi, continueranno a pesare sul
ritmo della ripresa economica, rallentandolo.
Disoccupazione elevata, ma in
miglioramento
I mercati del lavoro dei singoli
paesi europei "hanno iniziato ora a mostrare i primi segni di
miglioramento - rileva la Bce - Ciò è in linea con il consueto ritardo della
loro risposta ai miglioramenti dell’attività economica". Sebbene la
disoccupazione rimanga su un livello elevato, i dati delle indagini campionarie
hanno registrato un ulteriore miglioramento, ma indicano nondimeno un rafforzamento
solo graduale dei mercati del lavoro nel prossimo futuro.
Inflazione bassa o deflazione?
Alla luce degli ultimi dati
sull'inflazione nella zona euro (scesa a marzo allo 0,5%), la BCe si attende un
certo incremento in aprile, connesso in parte alla variabilità dei prezzi dei
servizi nel periodo intorno a Pasqua. Nei mesi seguenti l’inflazione dovrebbe
restare contenuta, per poi aumentare gradualmente nel corso del 2015 e
raggiungere livelli prossimi al 2% verso la fine del 2016. Il consiglio
direttivo ritiene che i rischi per le prospettive sull'andamento dei prezzi,
sia al rialzo che al ribasso, siano limitati e sostanzialmente bilanciati nel
medio periodo.
L'azione della Bce
Alla luce di questo contesto, il
board della Bce "è fermamente determinato a mantenere un elevato grado di
accomodamento della politica monetaria e a intervenire con prontezza, se
necessario". 'istituto guidato da Mario Draghi non esclude un ulteriore
allentamento della politica monetaria e ribadisce con fermezza che continua ad
attendersi tassi di interesse di riferimento su livelli pari o inferiori a
quelli attuali (0,25%) per un prolungato periodo di tempo. Non solo. Il
consiglio "è unanime nel suo impegno a ricorrere anche a strumenti non
convenzionali nell'ambito del suo mandato per far fronte con efficacia ai
rischi di un periodo troppo prolungato di bassa inflazione", prosegue il
bollettino. Nella conferenza stampa di Mario Draghi, che aveva seguito la
decisione della Bce di confermare la sua politica monetaria, era emerso l'ipotesi
di un possibile quantitative
easing all'europea.
Finanza.com
EFFETTO GRECIA: BTP NUOVAMENTE AL MINIMO STORICO
Bond periferici avanti tutta in scia
al ritorno della Grecia a finanziarsi sul mercato obbligazionario per la prima
volta dal 2010. I titoli di Stato dei Paesi periferici dell'area euro mostrano
nuovamente i muscoli con rendimenti in calo calo su tutto l'arco della curva
dei tassi. Sul mercato secondario il Btp decennale è sceso sotto area 3,15%
toccando il nuovo minimo storico in attesa dei responsi della due giorni di
aste che parte oggi con l'allocazione del Bot annuale per 7,5 mld di
euro. Lo spread Btp/bund si mantiene a quota 162 punti base.
Molto bene anche il Bonos decennale spagnolo sceso in area 3,16%, mentre quello del Portogallo viaggia al 3,85%.
Molto bene anche il Bonos decennale spagnolo sceso in area 3,16%, mentre quello del Portogallo viaggia al 3,85%.
Ieri il rendimento del bond
decennale greco è sceso sotto la soglia del 6% per la prima volta da
febbraio 2010 e oggi sta consolidando con discesa sotto quota 5,80%. A inizio
anno il rendimento del bond decennale greco era dell'8,7%. Nel febbraio 2012
aveva toccato un picco storico al 44%.
Atene torna sul mercato, boom di
richieste per il bond a 5 anni
Dopo un'assenza di 4 anni, la Grecia è tornata a finanziarsi sul mercato obbligazionario emettendo un bond quinquennale. Ieri la Repubblica ellenica ha confermato di aver mandato a banche internazionali di emettere un bond benchmark quinquennale. L'obiettivo sarebbe di raccogliere 2,5 mld di euro, ma la forte domanda (si parla di 17 volte il quantitativo offerto) potrebbe spingere Atene ad aumentare il quantitativo allocato.
Dopo un'assenza di 4 anni, la Grecia è tornata a finanziarsi sul mercato obbligazionario emettendo un bond quinquennale. Ieri la Repubblica ellenica ha confermato di aver mandato a banche internazionali di emettere un bond benchmark quinquennale. L'obiettivo sarebbe di raccogliere 2,5 mld di euro, ma la forte domanda (si parla di 17 volte il quantitativo offerto) potrebbe spingere Atene ad aumentare il quantitativo allocato.
Il ritorno sul mercato della Grecia
avviene una settimana dopo che il Parlamento greco ha approvato le nuove misure
richieste dalla Troika (Ue-Bce-Fmi) per sbloccare una nuova tranche di
aiuti. oggi in Grecia è in corso un nuovo sciopero generale di 24 ore contro i
nuovi tagli decisi dal governo. Domani è attesa ad Atene la visita della
cancelliera tedesca, Angela Merkel.
La crisi del debito ha comportato
per Atene gravissime ripercussioni economiche con un calo del 25% del Pil
greco in 6 anni e l’erosione di circa 1 milione di posti di lavoro.
Nell’ultimo trimestre del 2013 il tasso di disoccupazione ha toccato il record
del 27,5%, oltre il 3% in più rispetto a 12 mesi prima e con oltre il 50% dei
giovani senza lavoro. Quest’anno è previsto il ritorno alla crescita del Pil
greco con un +0,6% dopo sei anni consecutivi di recessione.
Finanza.com
PC: FRENA IL CALO DELLE VENDITE GRAZIE ALLA FINE DI XP
Continua il calo delle vendite di
personal computer (pc), ma a un ritmo più basso. La fine del supporto al sistema
operativo Xp da parte di Microsoft ha infatti riacceso la voglia di cambiare il
proprio computer. E' ciò che emerge dai dati preliminari raccolti da Gartner
e diffusi oggi. Un dato eccezionale o una tendenza che proseguirà anche nei
prossimi mesi?
Nel primo trimestre dell'anno sono
stati venduti nel mondo 76,6 milioni di pc, in ribasso dell'1,7% rispetto al
corrispondente periodo del 2013, ma il risultato è decisamente positivo se si
guarda indietro: nel quarto trimestre del 2013 le vendite di pc a livello
globale erano scese del 6,9%, mentre sull'intero anno erano diminuite del 10%,
riportandosi sui livelli del 2009. Il 2013 ha segnato infatti il peggior
declino dei pc nella storia. Il 2014 è invece iniziato sotto un'altra luce: il
calo delle vendite dei computer si è infatti attenuato rispetto agli ultimi
sette trimestri.
"La fine del supporto Xp da
Microsoft, avvenuto l'8 aprile, ha svolto un ruolo nell'attenuare il calo delle
vendite di pc", ha dichiarato Mikako Kitagawa, analista di Gartner.
"Tutte le regioni geografiche hanno indicato un effetto positivo - ha spiegato
Kitagawa - in quanto la fine del supporto Xp ha stimolato l'aggiornamento del
computer". Tra i principali Paesi, il Giappone è stato quello dove
questa dinamica è stata più evidente: l'aumento qui è stato del 35% (la
crescita è stata sostenuta anche dalla prospettiva di un innalzamento dell'Iva
ad aprile). Tra i produttori di computer, tutti i primi cinque venditori
(Lenovo, Hp, Dell, Acer e Asus) hanno registrato una crescita anno su anno,
tranne Acer. In particolare, Lenovo ha visto la crescita più forte, con un
+10,9% delle vendite. Una performance che ha permesso al gruppo cinese di
rafforzare la sua posizione di leader mondiale.
A questo punto, cosa aspettarsi nei
prossimi mesi? "Ci aspettiamo che l'impatto della migrazione di Xp in
tutto il mondo continui per tutto il 2014", ha risposto l'analista di
Gartner.
Secondo le previsioni dell'istituto
di ricerca, le vendite globali complessive di device (pc, tablet, ultramobile e
telefonini) raggiungeranno quest'anno quota 2,5 miliardi di unità, mostrando
una crescita del 6,9% rispetto al 2013. In particolare i cellulari dovrebbero
mostrare una crescita del 4,9% a 1,9 miliardi di unità, continuando così a
rappresentare il maggiore segmento tra i diversi device tecnologici. Prevista
una crescita a doppia cifra per il mercato globale dei tablet che dovrebbe
registrare un progresso del 38,6% nel 2014.
Finanza.com
FINMECCANICA: IN VENDITA ANSALDO STS E BREDA
Ansaldo STS e AnsaldoBreda finiscono
nel mirino francese. Secondo
quanto riportato dal Corriere della Sera, la transalpina Thales sarebbe
pronta ad acquistare entrambe le controllate di Finmeccanica. L'azienda,
spiega il quotidiano nazionale, ha sempre mostrato interesse per Ansaldo STS,
in quanto permetterebbe di rafforzare le posizioni nel segnalamento
ferroviario. Ma, prosegue il Corriere, i francesi hanno preso atto che
per ottenerla devono rilevare anche AnsaldoBreda e sono intenzionati a
procedere. In lizza come potenziali acquirenti, ricorda il giornale, ci sono anche
le cinesi China Cnr e Insigma, la cui delegazione ha ultimato la visita
negli stabilimenti delle due società, e massimo tra due, tre settimane
decideranno se presentare la richiesta di apertura formale delle trattative.
Finmeccanica e Ansaldo STS hanno apprezzato le
indiscrezioni reagendo più che positivamente a Piazza Affari. Il titolo
Finmeccanica svetta con un rialzo dell'1,79% a 7,075 euro; ancora meglio fa la
controllata che avanza del 2,22% a 8,28 euro. Le azioni hanno così modo di
recuperare quanto perso qualche giorno fa in scia alle parole del Ceo di
General Electric Europe, Ferdinando Beccalli-Falco, a proposito di STS:
"Ho avviato i primi contatti informali dieci anni fa e non è venuto nulla.
Quando le cose si trascinano troppo a lungo, è difficile chiudere". Alla
domanda se questo possa significare una rinuncia di General Electric al dossier
per acquistare Ansaldo STS, Beccalli-Falco aveva detto: "Non ci sono
margini per mettersi d'accordo".
A queste dichiarazioni erano giunte
le precisazioni dell'amministratore delegato di
Finmeccanica, Alessandro Pansa: Finmeccanica ha intrapreso un
processo di valutazione volto a definire la migliore collocazione strategica ed
industriale per il settore trasporti ferroviari che sta procedendo in linea con
quanto comunicato al mercato”. Così il top manager, aggiungendo che sulla
vendita di Ansaldo STS sono in corso approfondimenti con le controparti che
hanno manifestato proposte interessanti.
Finanza.com
L’ITALIA DI MALE IN PEGGIO
Nel 2014 l’economia
italiana andrà come quella della Grecia e, peggio di queste, faranno solo solo
Finlandia, Slovenia e Cipro. Sono le previsioni contenute nel World Economic
Outlook (Weo), il rapporto sull’economia globale redatto dal Fondo monetario
internazionale. Secondo le previsioni del Fmi l’economia dell’Eurozona tornerà
a crescere, seppur di poco, nel 2014, anno in cui farà registrare un +1.2%. Mentre meglio farà l’economia globale che crescerà del 3.6%. Nel suo documento il Fondo Monetario torna quindi a chiedere alla Bce un maggior allentamento monetario per favorire la crescita, ancora troppo debole, ed indica l’unione bancaria come riforma fondamentale per scongiurare future crisi.
In una quadro sostanzialmente positivo, almeno rispetto al recente passato, l’Fmi non esclude un rischio ricaduta per l’Europa, rischio cui assegna un non indifferente 20% di possibilità di verificarsi. Tagliate infine le stime di crescita dell’economia russa su cui pesano i recenti sviluppi sul fronte dell’Ucraina e i relativi rischi geopolitici.
L’Italia come la Grecia Nel 2014 la performance dell’economia italiana sarà equivalente a quella della Grecia (+0,6%) con solo Finlandia, Slovenia (+0,3% in entrambi i casi) e – con un grande distacco – Cipro (-4,8%) a fare peggio all’interno dell’area Euro. L’anno prossimo però per noi andrà anche peggio, con Atene (+2,9%) che ci supererà, mentre Roma crescerà tanto quanto Helsinki (+1,1%), ma continuerà a fare meglio di Lubiana (+0,9%) e Nicosia (+0,9%).
In Italia la ripresa è in corso ma il “potenziale di crescita resta basso”. E’ quanto ha dichiarato Thomas Helbling, a capo della divisione del Fondo monetario internazionale dedicata agli studi economici mondiali e parte del dipartimento di ricerca. “C’è un insieme definito di riforme strutturali per le quali il Fondo ha fatto pressioni e che comprendono riforme del lavoro, tasse sul lavoro più basse e una pubblica amministrazione più efficiente”, ha aggiunto Helbling parlando nella conferenza stampa a commento della pubblicazione dei capitoli uno e due del World Economic Outlook. L’area Euro cresce dopo essersi contratta l’anno scorso di mezzo punto percentuale, l’economia dell’Eurozona crescerà quest’anno dell’1,2% e dell’1,5% il prossimo.
Le stime dell’istituto di Washington sono state riviste lievemente al rialzo – dello 0,1% in ognuno dei due anni – rispetto all’aggiornamento del Weo dello scorso gennaio. Per quanto positiva, l’espansione dell’economia varia all’interno dell’area Euro: “più forte nei Paesi core e più debole in quelli con un debito alto (sia privato sia pubblico) e con una frammentazione finanziaria”, elementi questi ultimi che “peseranno sulla domanda domestica”.
La Germania resta la locomotiva d’Europa con un Pil che si espanderà dell’1,7% quest’anno rispetto al +0,5% del 2013 e dell’1,6% nel 2015. Il tasso di disoccupazione a Berlino è sostanzialmente destinato a restare invariato, passando dal 5,3% del 2013 al 5,2% nei due anni successivi. In Francia l’economia è vista crescere nel 2014 dell’1% e nel 2015 dell’1,5%, in miglioramento dal +0,3% dello scorso anno.
Il tasso di disoccupazione salirà, secondo il Fondo, all’11% nell’anno in corso dal 10,8% del 2013 e tornerà a scendere nel 2015 al 10,7%. A Madrid il Pil è destinato a riprendersi passando da un -1,2% del 2013 a un +0,9% nel 2014 e a un +1% nel 2015. Farà meglio il Portogallo con rispettivamente un +1,2% e un +1,5%, dati che si confrontano a una contrazione del Pil dell’1,4% l’anno scorso.
Per fare un ultimo confronto al di fuori dei Paesi che usano l’euro, il Regno Unito correrà con un passo più spedito: dopo un incremento del Pil dell’1,8% nel 2013, secondo il Weo ci sarà un +2,9% nel 2014 e un +2,5% nel 2015. A Londra il tasso di disoccupazione punterà al ribasso: dal 7,6% del 2013 al 6,9% del 2014. L’anno successivo si contrarrà al 6,6%.
Economia globale cresce a ritmo doppio La crescita globale è vista rafforzarsi dal +3% del 2013 al +3,6% nel 2014 e al +3,9% nel 2015. Le previsioni di crescita sono “sostanzialmente invariate rispetto a quelle fornite lo scorso ottobre” mentre rispetto all’aggiornamento del Weo del gennaio 2014 sono state limate al ribasso di un mero 0,1% sia per l’anno in corso sia per il prossimo.
Nelle economie avanzate, dopo il +1,3% del 2013 la crescita è attesa del 2,2% nel 2014 e del 2,3% nel 2015, esattamente quanto previsto a inizio anno. Ad alimentare l’espansione sono “la riduzione della stretta fiscale, tranne che in Giappone, e condizioni monetarie ancora altamente accomodanti”.
Nei mercati emergenti e nei Paesi in via di sviluppo l’economia è vista migliorare gradualmente con una crescita vista passare dal +4,7% dell’anno scorso al +4,9% di quello in corso al +5,3% del prossimo. Le stime sono state tagliate rispettivamente dello 0,2% e dello 0,1% rispetto a quelle calcolate a gennaio. In generale, si legge nel Weo, “l’attività globale si è generalmente rafforzata ed è attesa migliorare ulteriormente nel 2014 e 2015 con gran parte dell’impeto in arrivo dalle economie avanzate”, dove però “l’inflazione è sotto le proiezioni”.
Nel complesso, “la ripresa globale è ancora fragile nonostante il miglioramento delle prospettive”. Inoltre, “rischi al ribasso – vecchi e nuovi – rimangono. Recentemente, alcuni nuovi rischi geopolitici sono emersi”. Recessione finita ma c’è rischio ricadute L’Area Euro è “finalmente emersa dalla recessione” complici, tra gli altri fattori, un “minore peso (delle misure di aggiustamento) fiscale e una certa ripresa della domanda privata per la prima volta dal 2010″.
Eppure, “gli strascichi della crisi – alta disoccupazione, bilanci pubblici e privati ancora deboli, stretta del credito e ampio debito – uniti a impedimenti alla crescita di lungo termine devono essere risolti”. I rischi infatti non mancano Secondo l’Fmi la ripresa dell’Eurozona può sbandare nel caso riemergano “pressioni finanziarie” come effetto di uno stallo delle iniziative politiche.
L’alta disoccupazione inoltre “potrebbe portare a difficoltà nell’attuare riforme, a incertezza politica e a un passo indietro delle strategie mettendo a rischio i passi avanti compiuti a fatica”. Il Fondo cita anche fattori esterni come “condizioni finanziarie più restrittive negli Stati Uniti, contagi finanziari e squilibri commerciali derivanti da eventi geopolitici così come una crescita dei mercati emergenti più lenta del previsto”.
Al contrario, effetti positivi possono derivare da “una fiducia delle imprese migliore delle attese”, che farebbe balzare investimenti e crescita. La probabilità di una ricaduta in recessione per l’Area Euro è intorno al 20%, tanto quanto in Giappone. E’ quanto scritto nel capitolo uno del World Economic Outlook (Weo), che ricorda come la recessione si verifica quando due trimestri consecutivi mostrano una crescita negativa dell’economia.
Il valore percentuale è in miglioramento rispetto all’edizione del Weo dello scorso ottobre, quando per l’Eurozona era compreso tra il 30 e il 35%, e ancor di più rispetto alle stime di un anno esatto fa, quando era al 50%. Tale probabilità viene comunque definita “alta” dal Fmi, segno della “fragilità della ripresa debole”. Anche il rischio di deflazione “resta relativamente alto nell’Eurozona, dove sta intorno al 20%”. “Più allentamento e unione bancaria” Considerata la crescita “debole e fragile” e un’inflazione “davvero bassa”, più allentamento monetario è necessario per sostenere la domanda e permettere alla Banca centrale europea di centrare il suo mandato sulla stabilità dei prezzi con un’inflazione sotto ma vicina al 2%.
E’ quanto torna a chiedere il Fondo monetario internazionale. Secondo l’Fmi, le alternative che il governatore Mario Draghi ha a disposizione comprendono un “ulteriore taglio dei tassi di interesse, inclusi tassi sui depositi (presso l’Eurotower) lievemente negativi”. Il Fondo cita anche “misure non convenzionali, comprese operazioni di rifinanziamento di lungo termine (possibilmente mirate alle piccole e medie imprese)”.
L’istituto guidato da Christine Lagarde spiega che “l’efficacia delle politiche monetarie verrebbe rafforzata da regimi nazionali d’insolvenza più forti, che aiuterebbero a ridurre il peso del debito privato, a facilitare il miglioramento dei bilanci e a ridurre la frammentazione finanziaria”. Nel caso in cui la bassa crescita persista e le politiche monetarie siano esaurite, “politiche fiscali potrebbero dovere usare la flessibilità a disposizione nell’ambito dell’attuale framework fiscale per sostenere l’attività (economica)”.
“Un’unione bancaria ancor più completa nell’Area Euro è cruciale per ridurre la frammentazione finanziaria e per indebolire legami tra sistema bancario e rischio sovrano”. E’ quanto scritto dal Fondo Monetario Internazionale. Entro il momento in cui la Banca centrale europea avrà centralizzato nelle sue mani il controllo delle banche “sarà cruciale avere in atto un forte e centralizzato Meccanismo di risoluzione unico al fine di garantire una risoluzione bancaria rapida e dai costi minimi”, si legge nel documento. L’istituto guidato da Christine Lagarde definisce “un passo avanti” l’accordo del 20 marzo scorso tra Parlamento, Consiglio e Commissione europei. Tuttavia, il processo decisionale “appare complesso”.
Quanto ai gruppi bancari, la riparazione dei loro bilanci “nel contesto di una credibile asset quality review” (la valutazione degli attivi bancari effettuata dalla Bce in vista del passaggio alla Vigilanza bancaria unica europea) così come la “ricapitalizzazione di banche deboli saranno cruciali” se serve migliorare la fiducia e rivitalizzare il credito. Economia russa a rischio Il Fondo monetario internazionale ha tagliato le stime di crescita della Russia, su cui pesano i recenti sviluppi sul fronte dell’Ucraina e i relativi rischi geopolitici. I calcoli del Fondo sono per un’espansione del Pil nel 2014 dell’1,3%, lo 0,6% in meno rispetto all’aggiornamento al Weo di gennaio.
Per il 2015 la crescita dovrebbe accelerare a un +2,3%, lo 0,2% in meno rispetto ai calcoli di inizio anno. Il Fondo spiega che ”contagi di vasta portata potrebbero verificarsi nel caso di interruzioni notevoli della produzione o del trasporto di gas naturale e petrolio o, in misura minore, di mais e frumento”.
Finanzainchiaro
BANCHE SCOSSE DA GOLDMAN E GOVERNO
Le alte valutazioni dei
titoli, dopo il rally degli ultimi mesi, e la decisione del governo di finanziare parte del
taglio del cuneo fiscale con il raddoppio della tassazione, al 24-26%, sulla
rivalutazione delle quote della Banca d'Italia, mettono in crisi diversi
istituti di credito italiani, oggi in altalena a Piazza Affari, dopo essere
finiti anche nel mirino di Goldman Sachs. Secondo il colosso americano,
“le valutazioni dei titoli bancari italiani sembrano
tese dopo il rally delle ultime sedute. Le banche trattano 14 volte il price/earnings
stimato per il 2015 ma sugli utili permane il riflesso di bassi rendimenti”.
Dopo il forte rally delle azioni di queste banche, "adottiamo una visione
di investimento più conservativa", spiegano gli analisti di Goldman Sachs,
che nel panorama italiano preferiscono Intesa Sanpaolo. Ca' de Sass è
stata, infatti, promossa nella conviction buy list, dal precedente neutral, in
scia alla relativa stabilità e alla politica di dividendi annunciata durante la
presentazione del piano strategico. Il prezzo obiettivo sale così da 2,10 a
3,30 euro con gli esperti che stimano un aumento del payout cash all'anno del
12%.
Opinione opposta, invece, su Unicredit e Popolare di Milano, che sono state entrambe bocciate da Goldman Sachs a neutral dal precedente giudizio d’acquisto dopo la recente sovraperformance a Piazza Affari. Per queste due banche "crediamo che le prospettive di recupero siano già pienamente prezzate”, spiega Goldman Sachs, che però ha alzato il target price di Unicredit da 6,40 a 7,30 euro e quello della Bpm da 0,71 a 0,86 euro. Reiterato, invece , il giudizio sell su Mps, il cui prezzo obiettivo è stato rivisto comunque al rialzo, da 0,17 a 0,23 euro. Quanto agli altri istituti, Goldman Sachs ha aggiornato all'insù il target del Banco Popolare, da 10,45 a 14,87 euro, con raccomandazione neutral; e stessa raccomandazione vale anche per Ubi Banca, il cui fair value è stato alzato da 4,80 a 6,65 euro.
Opinione opposta, invece, su Unicredit e Popolare di Milano, che sono state entrambe bocciate da Goldman Sachs a neutral dal precedente giudizio d’acquisto dopo la recente sovraperformance a Piazza Affari. Per queste due banche "crediamo che le prospettive di recupero siano già pienamente prezzate”, spiega Goldman Sachs, che però ha alzato il target price di Unicredit da 6,40 a 7,30 euro e quello della Bpm da 0,71 a 0,86 euro. Reiterato, invece , il giudizio sell su Mps, il cui prezzo obiettivo è stato rivisto comunque al rialzo, da 0,17 a 0,23 euro. Quanto agli altri istituti, Goldman Sachs ha aggiornato all'insù il target del Banco Popolare, da 10,45 a 14,87 euro, con raccomandazione neutral; e stessa raccomandazione vale anche per Ubi Banca, il cui fair value è stato alzato da 4,80 a 6,65 euro.
Dopo essere passati
sotto la lente di ingrandimento di Goldman, sugli istituti pesa la decisione
del governo di finanziare parte del taglio del cuneo fiscale con il raddoppio
della tassazione, al 24%26%, sulla rivalutazione delle quote di Bankitalia.
Secondo Kepler Cheuvreux “la tassazione modificata avrà un impatto negativo soprattutto su Intesa Sanpaolo e su Mps”, mentre “l'impatto negativo sarà invece limitato sulle banche popolari: circa lo 0,1% della loro capitalizzazione di mercato".
Altri analisti stimano invece per Intesa un aggravio di maggiori imposte tra 333 e 360 milioni, mentre per Unicredit di 182 - 190 milioni. Secondo Equita l'impatto sul beneficio patrimoniale scende per Intesa Sanpaolo da 86 a 77 punti base, per Unicredit da 35 a 32, per Mps da 10 a 9 e per Carige da 110 a 99. Proprio quest'ultima in Borsa risulta penalizzata poi dalla decisione di Moody's, che ha tagliato il rating 'Caa1', segnalando un rischio elevato per il superamento degli esercizi Bce.
Intanto oggi è sceso in campo anche il direttore generale dell'Abi, Giovanni Sabatini, che ha dichiarato che l'aumento dell'aliquota evidenzia "profili di illegittimità" e l'associazione valuterà l'eventualità di fare ricorso una volta varato il provvedimento.
Secondo Kepler Cheuvreux “la tassazione modificata avrà un impatto negativo soprattutto su Intesa Sanpaolo e su Mps”, mentre “l'impatto negativo sarà invece limitato sulle banche popolari: circa lo 0,1% della loro capitalizzazione di mercato".
Altri analisti stimano invece per Intesa un aggravio di maggiori imposte tra 333 e 360 milioni, mentre per Unicredit di 182 - 190 milioni. Secondo Equita l'impatto sul beneficio patrimoniale scende per Intesa Sanpaolo da 86 a 77 punti base, per Unicredit da 35 a 32, per Mps da 10 a 9 e per Carige da 110 a 99. Proprio quest'ultima in Borsa risulta penalizzata poi dalla decisione di Moody's, che ha tagliato il rating 'Caa1', segnalando un rischio elevato per il superamento degli esercizi Bce.
Intanto oggi è sceso in campo anche il direttore generale dell'Abi, Giovanni Sabatini, che ha dichiarato che l'aumento dell'aliquota evidenzia "profili di illegittimità" e l'associazione valuterà l'eventualità di fare ricorso una volta varato il provvedimento.
Professionefinanza
PIAZZA AFFARI. TITOLI NEL MIRINO
Partenza
positiva per Piazza Affari, dove l'attenzione è concentrata su Finmeccanica,
Enel, Exor, Amplifon, Cir, Mps, Unicredit e Bpm. Ecco, secondo la rassegna di
Reuters, i principali possibili movimenti attesi.
Mps. Titolo sotto i
riflettori a Piazza Affari e anche da parte del Fondo monetario internazionale.
Il responsabile del mercato dei capitali del Fmi Josè Vinals ha detto che l'Fmi
continua a seguire gli sviluppi del caso Mps, che sta ricevendo "la giusta
attenzione", ma serve tempo per valutare l'impatto del piano di riassetto
della banca.
Bpm. Titolo nel mirino degli
investitori in attesa dell'aumento di capitale da 500 milioni, che l'ad
Giuseppe Castagna ha detto che partirà a inizio maggio. Castagna si è detto
ottimista sull'esito dell'assemblea di sabato che sarà chiamata ad approvare la
riforma della governance.
Mps – Bpm. C'è attesa per lo
sbarco in Borsa di Anima Holding, di cui le due banche sono tra i maggiori
azionisti. La matricola ha ridotto la forchetta di prezzo indicativa dell'Opv a
4-4,25 euro per azione dal precedente 3,5-4,5 euro.
Banco Popolare. Titolo sugli scudi.
Termina oggi la negoziazione dei diritti relativi all'aumento di capitale.
Creval. Il titolo potrebbe
reagire alle parole del presidente Giovanni De Censi che ha detto al Sole che
il modello di banca popolare non si tocca. Inoltre si è detto fiducioso sul
voto in assemblea sull'aumento di capitale.
Banca Etruria. Titolo sotti i
riflettori, dopo che ieri il vicedirettore generale della Popolare di Vicenza,
Andrea Piazzetta, ha detto che la popolare vicentina farà un'offerta vincolante
entro venerdì.
Azimut. Il titolo potrebbe
muoversi in scia alla notizia che la raccolta totale netta di marzo è stata
positiva per 237 milioni.
Finmeccanica. Titolo in luce a
Piazza Affari. Secondo il Corriere, Thales è ora interessata a rilevare sia
Ansaldo Sts che Ansaldo Breda; intanto China Cnr e Insigma decideranno in due
tre settimane se chiedere l'apertura formale delle trattative.
Enel. Titolo ancora sotto i
riflettori dopo che ieri il governo slovacco ha dato il via libera all'aumento
del budget di Slovenske Elektrarne - la cui maggioranza fa capo al gruppo Enel
- per dare modo alla società di completare il rinnovamento della centrale
nucleare di Mochovce.
Exor. Il titolo potrebbe
muovesi in scia alla notizia che la società ha chiuso il 2013 con utile netto
consolidato a 2,084 miliardi, da 298,3 milioni del 2012 e propone una cedola di
33,5 centesimi per azione. Il Net Asset Value 2013 è di 8,852 miliardi da 7,620
miliardi di fine 2012. Inoltre, Exor si è detta disponibile a fornire nuovi
capitali per le società partecipate se necessario.
Rcs. Il titolo potrebbe
muoversi in scia alle parole del consigliere Piergaetano Marchetti, che
sottolinea che la revoca del direttore del Corriere spetta esclusivamente al
Cda, che mai ha discusso del tema né è stato convocato. Come privato cittadino
esprime apprezzamento per Ferruccio de Bortoli, "difensore della libertà
di stampa". Secondo Mf de Bortoli dovrebbe restare almeno fino
all'assemblea Rcs dell'8 maggio. Diversi giornali tornano sui nomi dei
possibili successori. Intanto, il Cdr del Corriere della Sera si unisce ai
colleghi di Rcs Periodici nel contestare la scelta del gruppo di chiudere la
Redazione contenuti digitali.
Cir. Riflettori puntati sul
Cda della controllata Sorgenia, convocato nel tardo pomeriggio per analizzare
la proposta delle banche: aumento di capitale da 400 milioni riservato con
conversione dei crediti in azioni, emissione di un convertendo da 200 milioni e
nuova finanza per 256 milioni. Popolare Milano, una delle banche creditrici, è disposta
a condividere con Cir la ristrutturazione della società energetica, altrimenti
le banche andranno da sole, ha detto l'ad Giuseppe Castagna.
Risanamento. Il titolo potrebbe
reagire alla notizia che sono stati sottoscritti con Chelsfield/The Olayan
Group i contratti preliminari per la cessione del portafoglio di immobili
francesi. Uno degli immobili, a seguito di un accordo tra il fondo inglese e
l'ex proprietario Luigi Zunino, andrà allo stesso Zunino. Intanto, la procura
di Milano ha chiesto il rinvio a giudizio per Luigi Zunino, la società e altre
tre persone nell'ambito di un'inchiesta per manipolazione del mercato e
ostacolo all'autorità di vigilanza, hanno riferito fonti giudiziarie.
Prelios. Titolo sotto i
riflettori dopo la notizia che la società ha archiviato il 2013 con una perdita
netta di oltre 300 milioni e ricavi dalla piattaforma di gestione in calo e
prevede che a partire dal terzo trimestre 2014 possa avere un "contenuto e
marginale" fabbisogno di cassa. In una nota Pirelli ribadisce di non
essere un investitore di lungo termine nel settore real estate e dice che
potrà cogliere eventuali opportunità per valorizzare la propria
partecipazione. La conversione in azioni del bond convertendo, aggiunge, non
avrà impatti sulla sua posizione finanziaria.
Aedes. Titolo in luce a
Piazza Affari, dopo le indiscrezioni di Mf che scrive che Matteo Arpe e Carlo
Puri Negri stanno studiando l'ingresso di Sator nella società alla prese con un
processo di ristrutturazione.
Amplifon. Titolo sotto i riflettori
a Piazza Affari, dopo l'annuncio che la società ha firmato un accordo per
l'acquisizione del 60% di Medtechnica Orthophone, entrando così nel mercato
israeliano.
Professionefinanza
TESORO VENDE 7,5 MILIARDI DI BOT ANNUALI A TASSI
MINIMI
Tornano in asta i BOT a 12 mesi.
Il ministero dell’Economia e delle Finanze ha collocato oggi 7,5 miliardi di
titoli di stato a breve scadenza in sostituzione di 8,87 miliardi in
maturazione il prossimo 14 aprile. E, come ampiamente previsto dagli operatori,
i rendimenti si sono ulteriormente abbassati. Questo significa che lo Stato è
ora in grado di rifinanziarsi a tassi decisamente più bassi rispetto a soli due
anni fa, quando i BOT annuali rendevano oltre il 5%, pagando meno spese per
interessi sul debito (che resta comunque enorme). Come dimostrato anche dallo spread
fra BTP e Bund, sceso sotto 1,65%, e dal rendimento del BTP italiano con
scadenza 2024 rendere adesso il 3,18%. Lo scenario di fondo rimane positivo –
commenta un trader – dopo che i paesi periferici sono tornati a rifinanziarsi a
basso costo, come l’Itlanda che ha collocato in mattinata 1 miliardo di euro di
titoli di stato a diceci anni offrendo il 2,91%. O la disastrata Grecia
che è tornata sul mercato dei bond governativi, dopo 4 anni di assenza,
lanciando un prestito obbligazionario sindacato (Bank of America Merrill Lynch,
Deutsche Bank, Goldman Sachs, Hsbc, Jp Morgan e Morgan Stanley) da 3 miliardi
di euro a cinque anni con un rendimento del 4,95%.
Asta BOT 12 mesi, i tassi scendono
allo 0,589%
L’asta odierna di BOT annuali
ha visto il rendimento scendere ulteriormente rispetto al precedente
collocamento di marzo. Più nello specifico, si tratta della vendita di Buoni
con durata 365 giorni, con scadenza 14 aprile 2015 (Isin IT0005012411).
Il rendimento offerto, come nelle previsioni, è stato fissato a 0,589%, in
ribasso rispetto a quello dell’ultima asta di metà febbraio (0,592%) e sotto il
minimo storico del novembre 2013 (0,688%). La domanda degli istituzionali è
stata vivace, 1,36 volte l’ammontare offerto, anche se ora, per il piccolo
risparmiatore, non vi è più convenienza a investire in questo genere di titoli.
D’altronde, fatti i dovuti conti, i rendimenti reali dei BOT, cioè al netto
dell’inflazione, sono ormai diventati negativi. Questo significa che chi
investe il proprio denaro in strumenti finanziari dello Stato italiano a breve
termine, alla fine non ci guadagna nulla, anzi andrà pure a rimetterci.
Posto che il tasso d’inflazione in
Italia sia allo 0,40% (rilevamento Istat di marzo 2014), tolte le imposte, le
commissioni e i costi bancari, il risparmiatore si brucerà tutto il rendimento
e ci dovrà pure aggiungere del suo. Per chi colloca BOT, invece, cioè lo Stato,
è tutto di guadagnato visto che il denaro preso a prestito verrà remunerato a
un costo bassissimo, mai visto prima. Al 31 marzo 2014 la circolazione dei BOT
era pari a 144.470 milioni di euro: 48.905 milioni di euro semestrali e 95.565
milioni di euro annuali. Il Tesoro ha precisato che, in seguito all’assenza di
specifiche esigenze di cassa, non è stato offerto il BOT trimestrale.
Lunedì 14, al via il nuovo BTP
Italia a sei anni
Nel frattempo il Tesoro si prepara
al collocamento del primo BTP
Italia dell’anno. La nuova immissione sarà sottoscrivibile online dal 14 al
17 aprile e la durata sarà di sei anni anziché quattro come nelle passate
emissioni, con un collocamento in due fasi: dal 14 al 16 aprile riservato ai
risparmiatori individuali e il 17 aprile agli investitori istituzionali. Il
nuovo BTP Italia– riporta un’agenzia di stampa – continuerà a presentare
le stesse caratteristiche finanziarie di quelli già proposti a partire dal 2012
(quella di aprile sarà la sesta emissione e la prima delle due annunciate per
il 2014): cedole semestrali indicizzate al Foi (ex tabacco) a cui si aggiunge
il pagamento del recupero dell’inflazione maturata nel semestre, (con la
previsione di un floor in caso di deflazione), rimborso unico a scadenza
e premio fedeltà per chi acquista all’emissione durante la prima fase della
distribuzione e conserva il titolo fino a scadenza. Per quanto riguarda le
giornate di collocamento, il Tesoro si riserva la possibilità di chiudere
anticipatamente l’offerta. Per la prima fase dedicata ai risparmiatori
individuali retail il Mef può comunicare entro le ore 13 del secondo giorno (15
aprile) la volontà di terminare l’offerta alla chiusura delle negoziazioni nel
giorno stesso (ore 17,30), garantendo quindi a tali investitori una durata
minima del collocamento di almeno due giorni su tre; per la seconda fase
dedicata agli istituzionali, il Mef può a sua volta decidere di terminare
anticipatamente il collocamento durante la giornata del 17 aprile, prima della
chiusura naturale delle negoziazioni, con un preavviso di 30 minuti.
di Mirco Galbusera
investire oggi
ECCO CHI PAGA IL CONTO DI RENZI
Mercoledì 9
aprile è una giornata cruciale per il governo Renzi. Il consiglio dei Ministri
ha varato il Documento di economia e finanza (Def) che delinea la politica
economica dell’Italia per il 2014. Un documento che, attraverso una serie di
sgravi fiscali, dovrebbe portare circa 80 euro in più nella busta paga degli
italiani (qui l’articolo).
UN PROVVEDIMENTO PER 10 MILIONI DI ITALIANI. Per riuscire a dare più soldi agli italiani Renzi ha tagliato il cuneo fiscale di 10 miliardi. Ciò significa in parole povere che il costo dei lavoratori per le aziende italiane scenderà di 10 miliardi. Il cuneo fiscale è infatti la differenza tra il costo del lavoro che una impresa deve sostenere verso i lavoratori e la redistribuzione netta del salario a disposizione del lavoratore.
Il taglio, che ridurrà il peso dell’Irpef in busta paga, permetterà di sostenere circa 10 milioni di persone, secondo le stime. «Mettere 80 euro nelle tasche di chi guadagna meno di 1.500 euro è rimettere qualcosa nelle tasche degli italiani, anche restituire un minimo di speranza e fiducia. È un passaggio decisivo», ha detto Renzi. I tagli proseguiranno nel 2017, per arrivare a 17 miliardi complessivi nel 2015, e 32 miliardi nel 2016.
PARTE DEI SOLDI ARRIVERA’ DALLE BANCHE. L’alleggerimento della tassazione sulle spalle delle aziende ha però anche un rovescio della medaglia. Quei soldi che finiranno nelle tasche degli italiani dovranno tornare nelle casse dello Stato attraverso altre vie.
Per il 2014, partendo il provvedimento da maggio, serviranno 6,7 miliardi: 4,5 miliardi verranno dalla spending review (il taglio di tutti i costi non necessari come la soppressione di enti inutili e la vendita delle auto blu), spiega Renzi, mentre altri 2,2 miliardi verranno dall’aumento del gettito Iva e dall’aumento della tassazione sulla rivalutazione di Bankitalia. Sale infatti al 26% (dal 12% attuale) l’imposta sulle plusvalenze delle quote Bankitalia, cioè dalla partecipazione che le banche hanno nel capitale di Banca d’Italia. Primi su tutti, i due maggiori istituti italiani, Intesa Sanpaolo e UniCredit.
I PIU’ FELICI SARANNO QUELLI TRA I 15 E I 20MILA EURO L’ANNO. Secondo uno studio della Cgia di Mestre, i redditi che maggiormente beneficeranno dei tagli voluti dai Renzi e dal suo staff saranno quelli tra i 15 e i 20mila euro l’anno. Circa 3,26 milioni di italiani. Fino ai 18mila euro di reddito annuo il taglio dell’Irpef permetterà di risparmiare circa mille euro. Un esempio: reddito da 16mila euro, Irpef lorda di 3.720 euro, detrazioni attuali di 1.519, Irpef netta 2.201. Con l’aumento delle detrazioni a 2.645 euro, il risparmio sarà di circa 1.126, circa 94 euro al mese. Sempre secondo l’elaborazione della Cgia, con un reddito da 25mila euro annui, l’Irpef lorda è di 6.150, le detrazioni attuali sono di 1.113 euro, l’Irpef netta 5.037. Ipotizzando l’aumento delle detrazioni a 1.778 euro, il risparmio annuo sull’Irpef sarà di 665 euro.
MA C’È CHI NON VEDRA’ UN SOLDO. Ci sono, però, diverse categorie di lavoratori che non godranno dei benefici fiscali introdotti da Renzi. Per chi ha un reddito annuo lordo tra i 9 e i 12mila euro il risparmio coinciderà con l’Irpef attualmente dovuta poiché l’esborso previsto rappresenta già il minimo previsto dalla legge.
«Il problema si pone per coloro che non potranno beneficiare del taglio dell’Irpef», spiega Giuseppe Bortolussi segretario della Cgia, «come i lavoratori autonomi e i pensionati, e per tutti i contribuenti che dichiarano un reddito superiore ai 25.000 euro (soglia oltre la quale non è previsto alcun aumento delle detrazioni, ndr). Se escludiamo i 10 milioni circa di incapienti e i 10 milioni che beneficeranno degli 80 euro mensili in piu’ in busta paga, rimangono altri 21 milioni di contribuenti: per questi, il peso delle tasse è destinato ad aumentare».
ENTRO IL 2017 IL PIL DOVREBBE CRESCERE DELL’1,7%. L’effetto delle riforme di Renzi si vedrà solo un po’ nel 2014 per poi farsi più evidente negli anni successivi. Lo si legge nella bozza del Piano nazionale delle riforme (Pnr) allegato al Def. In particolare il Pil risulterebbe maggiore di 0,8 punti percentuali nel 2014, dell’1,3% nel 2015, dell’1,6% nel 2016, dell’1,8% nel 2017. Si tratta di una stima “plausibile”, secondo il ministro Pier Carlo Padoan.
La morsa della disoccupazione dovrebbe, dopo un’ulteriore stretta, gradualmente allentarsi: a fronte di un 12,2%, registrato nel 2013, le previsioni parlano di un tasso che dovrebbe schizzare al 12,8% nel 2014, per poi scendere al 12,5% nel 2015, al 12,2% nel 2016. Per scendere sotto il 12% bisognerà aspettare il 2017 (stima 11,6%).
Anche la pressione fiscale in una prima fase dovrebbe crescere, al 44% dal 43,8% del 2013, per poi scendere al 43,7% nel 2016 e al 43,5% nel 2017. Migliora lentamente anche il rapporto deficit-pil, che secondo le stime si attesterà quest’anno al 2,6% (era al 3% nel 2013), scendendo ulteriormente al 2% nel 2015. Nel 2016 il deficit previsto è dell’1,5%.
UN PROVVEDIMENTO PER 10 MILIONI DI ITALIANI. Per riuscire a dare più soldi agli italiani Renzi ha tagliato il cuneo fiscale di 10 miliardi. Ciò significa in parole povere che il costo dei lavoratori per le aziende italiane scenderà di 10 miliardi. Il cuneo fiscale è infatti la differenza tra il costo del lavoro che una impresa deve sostenere verso i lavoratori e la redistribuzione netta del salario a disposizione del lavoratore.
Il taglio, che ridurrà il peso dell’Irpef in busta paga, permetterà di sostenere circa 10 milioni di persone, secondo le stime. «Mettere 80 euro nelle tasche di chi guadagna meno di 1.500 euro è rimettere qualcosa nelle tasche degli italiani, anche restituire un minimo di speranza e fiducia. È un passaggio decisivo», ha detto Renzi. I tagli proseguiranno nel 2017, per arrivare a 17 miliardi complessivi nel 2015, e 32 miliardi nel 2016.
PARTE DEI SOLDI ARRIVERA’ DALLE BANCHE. L’alleggerimento della tassazione sulle spalle delle aziende ha però anche un rovescio della medaglia. Quei soldi che finiranno nelle tasche degli italiani dovranno tornare nelle casse dello Stato attraverso altre vie.
Per il 2014, partendo il provvedimento da maggio, serviranno 6,7 miliardi: 4,5 miliardi verranno dalla spending review (il taglio di tutti i costi non necessari come la soppressione di enti inutili e la vendita delle auto blu), spiega Renzi, mentre altri 2,2 miliardi verranno dall’aumento del gettito Iva e dall’aumento della tassazione sulla rivalutazione di Bankitalia. Sale infatti al 26% (dal 12% attuale) l’imposta sulle plusvalenze delle quote Bankitalia, cioè dalla partecipazione che le banche hanno nel capitale di Banca d’Italia. Primi su tutti, i due maggiori istituti italiani, Intesa Sanpaolo e UniCredit.
I PIU’ FELICI SARANNO QUELLI TRA I 15 E I 20MILA EURO L’ANNO. Secondo uno studio della Cgia di Mestre, i redditi che maggiormente beneficeranno dei tagli voluti dai Renzi e dal suo staff saranno quelli tra i 15 e i 20mila euro l’anno. Circa 3,26 milioni di italiani. Fino ai 18mila euro di reddito annuo il taglio dell’Irpef permetterà di risparmiare circa mille euro. Un esempio: reddito da 16mila euro, Irpef lorda di 3.720 euro, detrazioni attuali di 1.519, Irpef netta 2.201. Con l’aumento delle detrazioni a 2.645 euro, il risparmio sarà di circa 1.126, circa 94 euro al mese. Sempre secondo l’elaborazione della Cgia, con un reddito da 25mila euro annui, l’Irpef lorda è di 6.150, le detrazioni attuali sono di 1.113 euro, l’Irpef netta 5.037. Ipotizzando l’aumento delle detrazioni a 1.778 euro, il risparmio annuo sull’Irpef sarà di 665 euro.
MA C’È CHI NON VEDRA’ UN SOLDO. Ci sono, però, diverse categorie di lavoratori che non godranno dei benefici fiscali introdotti da Renzi. Per chi ha un reddito annuo lordo tra i 9 e i 12mila euro il risparmio coinciderà con l’Irpef attualmente dovuta poiché l’esborso previsto rappresenta già il minimo previsto dalla legge.
«Il problema si pone per coloro che non potranno beneficiare del taglio dell’Irpef», spiega Giuseppe Bortolussi segretario della Cgia, «come i lavoratori autonomi e i pensionati, e per tutti i contribuenti che dichiarano un reddito superiore ai 25.000 euro (soglia oltre la quale non è previsto alcun aumento delle detrazioni, ndr). Se escludiamo i 10 milioni circa di incapienti e i 10 milioni che beneficeranno degli 80 euro mensili in piu’ in busta paga, rimangono altri 21 milioni di contribuenti: per questi, il peso delle tasse è destinato ad aumentare».
ENTRO IL 2017 IL PIL DOVREBBE CRESCERE DELL’1,7%. L’effetto delle riforme di Renzi si vedrà solo un po’ nel 2014 per poi farsi più evidente negli anni successivi. Lo si legge nella bozza del Piano nazionale delle riforme (Pnr) allegato al Def. In particolare il Pil risulterebbe maggiore di 0,8 punti percentuali nel 2014, dell’1,3% nel 2015, dell’1,6% nel 2016, dell’1,8% nel 2017. Si tratta di una stima “plausibile”, secondo il ministro Pier Carlo Padoan.
La morsa della disoccupazione dovrebbe, dopo un’ulteriore stretta, gradualmente allentarsi: a fronte di un 12,2%, registrato nel 2013, le previsioni parlano di un tasso che dovrebbe schizzare al 12,8% nel 2014, per poi scendere al 12,5% nel 2015, al 12,2% nel 2016. Per scendere sotto il 12% bisognerà aspettare il 2017 (stima 11,6%).
Anche la pressione fiscale in una prima fase dovrebbe crescere, al 44% dal 43,8% del 2013, per poi scendere al 43,7% nel 2016 e al 43,5% nel 2017. Migliora lentamente anche il rapporto deficit-pil, che secondo le stime si attesterà quest’anno al 2,6% (era al 3% nel 2013), scendendo ulteriormente al 2% nel 2015. Nel 2016 il deficit previsto è dell’1,5%.
Economiaweb
LA POLITICA TRANSATLANTICA DELA BAIL IN
TRASCINA IL MONDO VERSO LA GUERRA
Da quando il mese scorso i ministri
delle Finanze europei hanno adottato lo schema del prelievo forzoso (bail-in) per colpire azionisti,
obbligazionisti e depositi bancari, l’intero sistema finanziario monetarista
che fa perno sulla City di Londra e Wall Street è spacciato. Dal punto di
vista oligarchico, il modo per evitare un default inevitabile è provocare una
guerra che consentirà ai vincitori di cancellare la massa di debito impagabile
in una riorganizzazione post-bellica.
Per questa ragione la NATO
ha chiuso tutti i canali di collaborazione con la Russia, accelerando così la prospettiva di
uno scontro militare strategico. Allo stesso tempo, il Presidente Obama si sta
muovendo per spingere i rapporti con la Cina lungo la stessa china. Durante
un’audizione al Congresso la scorsa settimana, il sottosegretario USA per
l’Asia ed il Pacifico Daniel Russel ha minacciato direttamente la Cina di
rappresaglie se dovesse intraprendere passi che vadano nella direzione del
“modello Crimea” nelle isole disputate nel Mar della Cina.
Dietro ordini della Casa Bianca, il ministro della Difesa
USA Chuck Hagel ha annunciato che due nuovi cacciatorpediniere americani dotati
di sistemi di difesa missilistica Aegis verranno dispiegate in Giappone nel
2017, stringendo così il laccio di contenimento intorno alla Cina. Il
dispiegamento punta chiaramente alla Corea del Nord, ma Pechino lo leggerà come
parte di un disegno per creare un’alleanza contro la Cina nell’Asia e nel
Pacifico. Al contempo, gruppi di opposizione a Taiwan continuano a inscenare
violente provocazioni che mirano allo scontro ora che i rapporti tra Cina e Taiwan
si erano sviluppati nel senso della riconciliazione ed eventualmente della
riunificazione.
Simultaneamente, un
cacciatorpediniere americano dotato di sistemi ABM Aegis è stato dispiegato nel
Mar Nero non lontano dalla base navale russa di Sebastopoli in Crimea.
Al vertice della NATO della scorsa
settimana, sono stati interrotti tutti i collegamenti con la Russia, incluso il
Consiglio NATO-Russia. A Washington, il Presidente Obama ha annunciato che
tutta la cooperazione strategica con la Russia a livello militare e strategico
è stata interrotta. E’ stato annullato tutto il lavoro sulla difesa anti
missili balistici in Europa, ed è stata interrotta perfino la cooperazione
della NASA con la Russia su questioni vitali quali la difesa dagli asteroidi.
Di solito si interrompono tutti i
canali di comunicazione ufficiali alla vigilia di una guerra. Indicando la
prontezza russa a rispondere alle mosse americane e della NATO, il Presidente
Putin ha ordinato manovre strategiche da parte di unità dotate di armi nucleari,
che impegneranno oltre 10.000 forze speciali. Il ministro degli Esteri russo
Sergei Lavrov ha offerto a John Kerry una proposta per disinnescare la crisi
ucraina. Ma il Presidente Obama, comportandosi come vero agente della City di
Londra e di Wall Street, non è disposto ad accettare una soluzione diplomatica
razionale.
Lyndon LaRouche ha chiarito il
punto: se il sistema finanziario entra in fase di disintegrazione con il
prelievo forzoso e i salvataggi bancari, affonderà con lui tutto il sistema
oligarchico e verrà spazzato via il potere dell’Impero. Se riuscirà a provocare
la guerra prima del crac finanziario, il debito potrà essere
cancellato a condizioni di guerra, e l’impero sopravvivrà. Se il crac
finanziario si verificherà prima, il sistema oligarchico transatlantico è
spacciato. Questo è il motivo per cui il mondo si trova oggi sull’orlo di una guerra
termonucleare. source
Per scongiurare il pericolo, Lyndon
LaRouche ha sottolineato che il Presidente Obama deve essere destituito
dall’incarico immediatamente. E in Europa e negli Stati Uniti il sistema
finanziario attuale, ormai spacciato, dovrà essere eliminato in modo ordinato e
sostituito da un sistema di tipo Glass-Steagall.
Carlo Scalzotto per finanzanostop
SCONTO IRPEF: IL 40% VERRA’ VANIFICATO DALLA TASI
ROMA (WSI) -
Il bonus Irpef di 80 euro per chi guadagna meno di 25 mila euro lordi l’anno
promesso e garantito dal governo, e per il quale con il Def sono state
annunciate le coperture, in parte è già stato ipotecato dai contribuenti che
dovranno far fronte quest’anno a pesanti aumenti della nuova Tasi, e delle
addizionali Irpef comunali e regionali.
Secondo un «focus» della Uil servizi politiche territoriali le tasse locali "mangeranno" nei prossimi otto mesi oltre il 40 per cento del bonus di 80 euro previsto dal governo Renzi e che scatterà con la busta-paga del 27 maggio.
Se con una mano il contribuente beneficerà dell’aumento mensile delle detrazioni Irpef, garantito da maggio a dicembre, con l’altra mano dovrà tirare fuori 35 euro al mese in più rispetto allo scorso anno tra introduzione della Tasi (la tassa sugli immobili che ha sostituito l’Imu da quest’anno), le addizionali Irpef comunali (in rapido aumento) e le addizionali Irpef regionali (in sicuro aumento almeno in quattro regioni).
Il lavoratore dipendente preso in esame dal «rapporto» è quello che sta sostanzialmente nella media e dovrebbe prendere gli 80 euro pieni: guadagna 18 mila euro lordi all’anno (1.200 netti al mese) e ha una casa di proprietà in una zona semiperiferica.
Un condizione modesta che gli consente di entrare in pieno nel target del governo e di beneficiare del bonus che spenderà per le prime necessità. ma purtroppo la sua busta paga è esposta alla voracità dei Comuni, che stanno mettendo in atto aumenti di Tasi e addizionali, e delle Regioni che, con i conti sanitari in dissesto, sono costrette a ricorrere al rincaro delle aliquote.
Alla fine dell’anno Cipputi, il lavoratore dipendente medio, si troverà in tasca i 640 euro che saranno erogati per i prossimi otto mesi, ma dovrà sapere che il conguaglio dell’aumento delle addizionali comunali Irpef gli sottrarrà 12 euro, quello delle addizionali regionali gli toglierà 36 euro e l’effetto dell’aumento per l’intero 2014 della Tasi gli costerà 230 euro tondi considerando che lo scorso anno l’Imu non si è pagata (o si è pagata solo parzialmente con la mini-Imu).
A conti fatti la "bolletta" da saldare all’erario sarà di 278 euro che, sottratti ai 640 sui quali pensava di contare, fanno esattamente 362 euro che riducono al 56 per cento il beneficio promesso dal governo. Il guadagno netto in busta paga in questo modo si dimezza.
«Renzi con la stessa tenacia con cui ha ridotto l’Irpef nazionale, dovrebbe fare altrettanto per evitare gli aumenti della fiscalità locale», spiega Gugliemo Loy, segretario confederale della Uil. Ed in effetti le notizie che arrivano dal fronte dei Comuni che avranno tempo fino al 31 maggio per deliberare le nuove aliquote, non annunciano niente di buono.
Secondo un «focus» della Uil servizi politiche territoriali le tasse locali "mangeranno" nei prossimi otto mesi oltre il 40 per cento del bonus di 80 euro previsto dal governo Renzi e che scatterà con la busta-paga del 27 maggio.
Se con una mano il contribuente beneficerà dell’aumento mensile delle detrazioni Irpef, garantito da maggio a dicembre, con l’altra mano dovrà tirare fuori 35 euro al mese in più rispetto allo scorso anno tra introduzione della Tasi (la tassa sugli immobili che ha sostituito l’Imu da quest’anno), le addizionali Irpef comunali (in rapido aumento) e le addizionali Irpef regionali (in sicuro aumento almeno in quattro regioni).
Il lavoratore dipendente preso in esame dal «rapporto» è quello che sta sostanzialmente nella media e dovrebbe prendere gli 80 euro pieni: guadagna 18 mila euro lordi all’anno (1.200 netti al mese) e ha una casa di proprietà in una zona semiperiferica.
Un condizione modesta che gli consente di entrare in pieno nel target del governo e di beneficiare del bonus che spenderà per le prime necessità. ma purtroppo la sua busta paga è esposta alla voracità dei Comuni, che stanno mettendo in atto aumenti di Tasi e addizionali, e delle Regioni che, con i conti sanitari in dissesto, sono costrette a ricorrere al rincaro delle aliquote.
Alla fine dell’anno Cipputi, il lavoratore dipendente medio, si troverà in tasca i 640 euro che saranno erogati per i prossimi otto mesi, ma dovrà sapere che il conguaglio dell’aumento delle addizionali comunali Irpef gli sottrarrà 12 euro, quello delle addizionali regionali gli toglierà 36 euro e l’effetto dell’aumento per l’intero 2014 della Tasi gli costerà 230 euro tondi considerando che lo scorso anno l’Imu non si è pagata (o si è pagata solo parzialmente con la mini-Imu).
A conti fatti la "bolletta" da saldare all’erario sarà di 278 euro che, sottratti ai 640 sui quali pensava di contare, fanno esattamente 362 euro che riducono al 56 per cento il beneficio promesso dal governo. Il guadagno netto in busta paga in questo modo si dimezza.
«Renzi con la stessa tenacia con cui ha ridotto l’Irpef nazionale, dovrebbe fare altrettanto per evitare gli aumenti della fiscalità locale», spiega Gugliemo Loy, segretario confederale della Uil. Ed in effetti le notizie che arrivano dal fronte dei Comuni che avranno tempo fino al 31 maggio per deliberare le nuove aliquote, non annunciano niente di buono.
Wallstreetitalia
LA BCE METTE A DURA PROVA LA PAZIENZA DEI
MERCATI
FRANCOFORTE
(WSI) - La Banca centrale europea ribadisce che il suo direttorio "è
unanime nel suo impegno a ricorrere anche a strumenti non convenzionali,
nell'ambito del suo mandato, per far fronte con efficacia ai rischi di un
periodo troppo prolungato di bassa inflazione".
Nel bollettino mensile si dice pronta ad avvalersi di "tutti gli strumenti disponibili" e di "non escludere un ulteriore allentamento della politica monetaria".
Le informazioni giunte dall'area euro "confermano che la moderata ripresa economica prosegue", mentre l'elevata disoccupazione mostra dei "primi miglioramenti", afferma la Bce nel suo ultimo bollettino mensile.
"In prospettiva, si dovrebbe concretizzare un ulteriore incremento della domanda interna, favorito dall`orientamento accomodante della politica monetaria, dai continui miglioramenti delle condizioni di finanziamento che si trasmettono all`economia reale e dai progressi compiuti sul fronte del risanamento dei conti pubblici e delle riforme strutturali".
"Inoltre - prosegue la Bce - i redditi reali beneficiano di un andamento moderato dei prezzi, in particolare di quotazioni dell`energia più contenute. L`attività economica dovrebbe altresì trarre vantaggio da un graduale rafforzamento della domanda di esportazioni dell`area. Nel contempo, sebbene dai mercati del lavoro provengano i primi segnali di miglioramento, la disoccupazione resta elevata nell`area dell`euro, unitamente a una capacità produttiva inutilizzata nel complesso considerevole.
Inoltre, gli aggiustamenti di bilancio necessari nei settori pubblico e privato seguiteranno a gravare sul ritmo della ripresa economica".
"L'occupazione, rimasta stabile nel secondo e terzo trimestre del 2013, ha segnato un lieve incremento sul periodo precedente nell'ultimo trimestre. Allo stesso tempo, i dati più recenti suggeriscono che il tasso di disoccupazione si è stabilizzato su un livello elevato".
"I mercati del lavoro hanno iniziato ora a mostrare i primi segni di miglioramento. Ciò è in linea con il consueto ritardo della loro risposta ai miglioramenti dell`attività economica - dice la Bce -. I dati delle indagini campionarie hanno registrato un ulteriore miglioramento, ma indicano nondimeno un rafforzamento solo graduale dei mercati nel prossimo futuro".
Sviluppi che secondo l'istituzione monetaria "segnalano con chiarezza la fine del precedente prolungato periodo di perdita di posti di lavoro". E il tasso di disoccupazione, sceso nell`ultimo trimestre del 2013 per la prima volta dal primo trimestre del 2011, è rimasto stabile all`11,9 per cento tra ottobre 2013 e febbraio 2014. "Tuttavia, tale recente periodo di stabilità cela una flessione nel numero di disoccupati, che suggerisce che il tasso di disoccupazione abbia superato il suo punto di massimo".
Nel bollettino mensile si dice pronta ad avvalersi di "tutti gli strumenti disponibili" e di "non escludere un ulteriore allentamento della politica monetaria".
Le informazioni giunte dall'area euro "confermano che la moderata ripresa economica prosegue", mentre l'elevata disoccupazione mostra dei "primi miglioramenti", afferma la Bce nel suo ultimo bollettino mensile.
"In prospettiva, si dovrebbe concretizzare un ulteriore incremento della domanda interna, favorito dall`orientamento accomodante della politica monetaria, dai continui miglioramenti delle condizioni di finanziamento che si trasmettono all`economia reale e dai progressi compiuti sul fronte del risanamento dei conti pubblici e delle riforme strutturali".
"Inoltre - prosegue la Bce - i redditi reali beneficiano di un andamento moderato dei prezzi, in particolare di quotazioni dell`energia più contenute. L`attività economica dovrebbe altresì trarre vantaggio da un graduale rafforzamento della domanda di esportazioni dell`area. Nel contempo, sebbene dai mercati del lavoro provengano i primi segnali di miglioramento, la disoccupazione resta elevata nell`area dell`euro, unitamente a una capacità produttiva inutilizzata nel complesso considerevole.
Inoltre, gli aggiustamenti di bilancio necessari nei settori pubblico e privato seguiteranno a gravare sul ritmo della ripresa economica".
"L'occupazione, rimasta stabile nel secondo e terzo trimestre del 2013, ha segnato un lieve incremento sul periodo precedente nell'ultimo trimestre. Allo stesso tempo, i dati più recenti suggeriscono che il tasso di disoccupazione si è stabilizzato su un livello elevato".
"I mercati del lavoro hanno iniziato ora a mostrare i primi segni di miglioramento. Ciò è in linea con il consueto ritardo della loro risposta ai miglioramenti dell`attività economica - dice la Bce -. I dati delle indagini campionarie hanno registrato un ulteriore miglioramento, ma indicano nondimeno un rafforzamento solo graduale dei mercati nel prossimo futuro".
Sviluppi che secondo l'istituzione monetaria "segnalano con chiarezza la fine del precedente prolungato periodo di perdita di posti di lavoro". E il tasso di disoccupazione, sceso nell`ultimo trimestre del 2013 per la prima volta dal primo trimestre del 2011, è rimasto stabile all`11,9 per cento tra ottobre 2013 e febbraio 2014. "Tuttavia, tale recente periodo di stabilità cela una flessione nel numero di disoccupati, che suggerisce che il tasso di disoccupazione abbia superato il suo punto di massimo".
Wallstreetitalia
LA SCOMPARSA DEI RIBASSISTI
MILANO (WSI)
- Uno degli "effetti collaterali" del boom della borsa italiana degli
ultimi due anni scarsi (+84% da luglio 2012, dividendi inclusi), è stata la
progressiva scomparsa della figura del "ribassista"; una volta
dominante nelle discussioni sullo stato di salute del mercato.
Era colui che sconsigliava caldamente l’investimento in azioni, 21 mesi fa, motivandolo con considerazioni talvolta anche logiche sebbene inconsistenti (la borsa non è luogo l'elezione della logica), pronosticando un destino ineluttabilmente gramo per la moneta comune.
In ciò, bisogna dire, sostenuto e incoraggiato dai media: così come oggi è unanime il coro che enfatizza il grande ritorno degli investitori stranieri sul nostro mercato; analogamente era plebiscitario l’invito a "vendere tutto" a metà 2012, quando i grandi investitori erano in fuga.
Suggestiva la rassegna stampa di quel periodo, che proponiamo a beneficio del lettore nel Rapporto Giornaliero di oggi: «Gli stranieri abbandonano l’Italia", titolava un noto sito finanziario a fine maggio; «Gli stranieri ci lasciano», confermava perentoria La Repubblica il 17 luglio 2012; «Fuga dall’Italia», rincarava un noto blog finanziario qualche settimana dopo...
Ma così come era saggio diffidare allora di quelle indicazioni (i giornali, si sa, osservano la realtà dallo specchietto retrovisore...); allo stesso modo è opportuno ora valutare con distacco i canti delle sirene. Ora, che per la prima volta in questo bull market Piazza Affari tocca l'ipercomprato di lungo periodo. Peccato che stiano scomparendo le Cassandre: dopo aver sofferto l’assenza da uno dei bull market più spettacolari della storia, investitori e analisti rimasti fino ad ora ai margini premono per partecipare al banchetto.
Si accomodino pure, senza quantomeno trascurare la condizione che garantisce la persistenza del bull market: il segnale d'acquisto sulle borse mondiali scattato a giugno 2012 è ancora in essere, ma il margine di sicurezza si va assottigliando, ed è bene sapere in quali condizioni scatterebbe un segnale di vendita.
Era colui che sconsigliava caldamente l’investimento in azioni, 21 mesi fa, motivandolo con considerazioni talvolta anche logiche sebbene inconsistenti (la borsa non è luogo l'elezione della logica), pronosticando un destino ineluttabilmente gramo per la moneta comune.
In ciò, bisogna dire, sostenuto e incoraggiato dai media: così come oggi è unanime il coro che enfatizza il grande ritorno degli investitori stranieri sul nostro mercato; analogamente era plebiscitario l’invito a "vendere tutto" a metà 2012, quando i grandi investitori erano in fuga.
Suggestiva la rassegna stampa di quel periodo, che proponiamo a beneficio del lettore nel Rapporto Giornaliero di oggi: «Gli stranieri abbandonano l’Italia", titolava un noto sito finanziario a fine maggio; «Gli stranieri ci lasciano», confermava perentoria La Repubblica il 17 luglio 2012; «Fuga dall’Italia», rincarava un noto blog finanziario qualche settimana dopo...
Ma così come era saggio diffidare allora di quelle indicazioni (i giornali, si sa, osservano la realtà dallo specchietto retrovisore...); allo stesso modo è opportuno ora valutare con distacco i canti delle sirene. Ora, che per la prima volta in questo bull market Piazza Affari tocca l'ipercomprato di lungo periodo. Peccato che stiano scomparendo le Cassandre: dopo aver sofferto l’assenza da uno dei bull market più spettacolari della storia, investitori e analisti rimasti fino ad ora ai margini premono per partecipare al banchetto.
Si accomodino pure, senza quantomeno trascurare la condizione che garantisce la persistenza del bull market: il segnale d'acquisto sulle borse mondiali scattato a giugno 2012 è ancora in essere, ma il margine di sicurezza si va assottigliando, ed è bene sapere in quali condizioni scatterebbe un segnale di vendita.
Wallstreetitalia
BANCHE CENTRALI FINITE NELLA TRAPPOLA
CINESE
NEW YORK
(WSI) - Continua il boom della domanda di oro in Cina, che è ormai salita su
livelli inimmaginabili.
Tanto che gli istituti centrali occidentali non sanno più cosa fare per contrastare tale voracità, le cui implicazioni sono molteplici.
Per esempio le banche centrali si sono viste costrette a far scendere il prezzo del metallo prezioso ad aprile dell'anno scorso.
Una volta esplosa la domanda cinese gli istituti centrali si sono trovati davanti a un bivio: danneggiare le banche o le valute.
La Fed vuole mantenere basso il più a lungo possibile il valore dell'oro, ma i suoi tentativi saranno vani, secondo Alasdir Macleod, head of research di GoldMoney.
In Asia, spiega il ricercatore ed economista, la gente pensa in modo diverso. Per loro l'oro è l'unico asset a lungo termine che vale la pena possedere. È il fondo pensione delle famiglie. In particolare in India e in Cina, che insieme agli altri Stati dell'Asia sudorientale contano una popolazione superiore a quella del resto del mondo (vedi grafico a fianco).
Che l'Occidente si sbagli o abbia ragione non importa. Il punto è che ci sono 45 miliardi di persone in Asia che hanno un modo all'antica di vedere l'oro e sono diventati abbastanza benestanti negli ultimi 20 anni da poter influenzare i prezzi e il futuro dei mercati.
America del Nord e Europa occidentale insieme contano per meno di un miliardo di teste, ovvero meno di un quarto dell'Asia sudorientale. "Non è una questione di economia austriaca o keynesiana: siamo semplicemente in minoranza". Il loro approccio e i loro investimenti "contano più dei nostri", chiosa Macleod.
Tanto che gli istituti centrali occidentali non sanno più cosa fare per contrastare tale voracità, le cui implicazioni sono molteplici.
Per esempio le banche centrali si sono viste costrette a far scendere il prezzo del metallo prezioso ad aprile dell'anno scorso.
Una volta esplosa la domanda cinese gli istituti centrali si sono trovati davanti a un bivio: danneggiare le banche o le valute.
La Fed vuole mantenere basso il più a lungo possibile il valore dell'oro, ma i suoi tentativi saranno vani, secondo Alasdir Macleod, head of research di GoldMoney.
In Asia, spiega il ricercatore ed economista, la gente pensa in modo diverso. Per loro l'oro è l'unico asset a lungo termine che vale la pena possedere. È il fondo pensione delle famiglie. In particolare in India e in Cina, che insieme agli altri Stati dell'Asia sudorientale contano una popolazione superiore a quella del resto del mondo (vedi grafico a fianco).
Che l'Occidente si sbagli o abbia ragione non importa. Il punto è che ci sono 45 miliardi di persone in Asia che hanno un modo all'antica di vedere l'oro e sono diventati abbastanza benestanti negli ultimi 20 anni da poter influenzare i prezzi e il futuro dei mercati.
America del Nord e Europa occidentale insieme contano per meno di un miliardo di teste, ovvero meno di un quarto dell'Asia sudorientale. "Non è una questione di economia austriaca o keynesiana: siamo semplicemente in minoranza". Il loro approccio e i loro investimenti "contano più dei nostri", chiosa Macleod.
Wallstreetitalia
LA UE E’ TUTTA DA RIFONDARE
(BRUXELLES)
- Il Parlamento europeo è "una costosa istituzione che non riesce ad
esprimere alcuna capacità di indirizzo politico", e questa legislatura che
si sta per concludere è la dimostrazione di mancanza di "carattere
politico".
Parola di Paolo Raffone, fondatore della Fondazione CIPI (Centro Italiano Prospettive Internazionali), direttore di Strat-EU, politologo e analista strategico, una voce critica sul funzionamento delle istituzioni europee. Criticabile anche la Commissione, secondo Raffone: "Dalla seconda metà degli anni ’90 abbiamo assistito ad un progressivo svuotamento delle capacità istituzionali della Commissione". Una Commissione definita "in affanno evidente rispetto ai compiti che è chiamata a svolgere e per i quali ha sempre meno competenze qualitative interne".
Il Parlamento europeo siederà per l'ultima volta nella sessione della settimana prossima a Strasburgo. Quali sono gli argomenti forti che restano ancora da affrontare e concludere e che il Parlamento lascia in eredità alla prossima compagine che si insedierà a partire dalla prossima estate?
Questo Parlamento europeo ha mancato di carattere politico in quasi tutti i dossier trattati. Certo le sue competenze in codecisione -con Consiglio dei Ministri e Commissione europea- sono limitate, ma anche in queste i suoi membri non hanno brillato né per iniziativa né per sostanza delle valutazioni politiche. Ad esempio le tardive schermaglie in materie economiche, fiscali e monetarie non hanno cambiato nella sostanza le decisioni prese dai governi e dalla Commissione. Sul TTIP -il Trattato Ue-Usa di libero scambio e degli investimenti- il Parlamento europeo è per ora silenzioso e supino, mentre la Commissione ha già negoziato in segreto tutti gli articoli. Da ultimo, il Parlamento ha approvato la proposta della Commissione di abolire il roaming della telefonia mobile a partire dal 2015. Decisione presa quando il mercato ha già fatto morire i profitti della telefonia mobile transfrontaliera grazie all’uso di Internet (VoIP) e varie funzionalità che consentono di baipassare gli operatori telecom usando la banda larga. Insomma, il Parlamento europeo è una costosa istituzione, che orrendamente conserva le sue tre costose sedi (Belgio, Francia, Lussemburgo), che non riesce ad esprimere alcuna capacità di indirizzo politico. Le sue funzioni si risolvono in un mero potere di ratifica delle decisioni dei governi che, nella realtà, hanno un buon controllo dei propri parlamentari europei. Infatti, sulla politica estera dell’Unione europea, dove ha poche o nulle competenze, il Parlamento non è stato neppure capace di adottare delle risoluzioni o dichiarazioni politiche, che sebbene non vincolanti, su casi come Egitto, Siria e Ucraina avrebbero almeno dato un segnale che l’Europa politica esiste. In eredità, questo Parlamento europeo lascia tutto quello che non ha fatto, non ha voluto o non ha potuto fare, lascia l’incompiuto di un’Europa politica e democratica.
Anche la Commissione europea si accinge a concludere il suo iter il prossimo autunno. Ci sono alcuni capitoli che la Commissione avrebbe voluto/dovuto affrontare e che invece sono rimasti sulla carta?
Lontani sono i tempi della Commissione europea che nel rispetto dei Trattati costruiva un percorso di sviluppo europeista. Dalla seconda metà degli anni ’90 abbiamo assistito ad un progressivo svuotamento delle capacità istituzionali della Commissione che oggi si ritrova ad assumere incarichi esecutivi che le sono delegati dalle decisioni governative sia adottate dal Consiglio europeo sia da strutture intergovernative esogene al sistema europeo. Complice anche l’affrettato allargamento dell’Unione europea, questa Commissione ha fatto poco e male. L’ultimo quinquennio è stato occupato in gran parte da attività delegate in materia economica, fiscale e monetaria. Poco o nulla è invece stato fatto in materie fondamentali quali la definizione di obiettivi sostenibili e credibili a breve, medio e lungo termine. Sulle materie essenziali come la tutela dell’ambiente, la tutela dei consumatori, l’energia, la ricerca europea, il mercato interno, si può dire che quasi tutto resta da fare. La Commissione sembra in affanno evidente rispetto ai compiti che è chiamata a svolgere e per i quali ha sempre meno competenze qualitative interne. Come il Parlamento, anche la Commissione ha perso terreno rispetto alla forza dei governi sia riuniti nel Consiglio europeo sia strutturati a livello intergovernativo.
Nell'arco di vita di questo Parlamento è entrato per la prima volta il principio della partecipazione diretta dei cittadini al processo legislativo con l'entrata in vigore dell'Iniziativa Europea dei Cittadini. Pensa che il processo sia stato ben gestito dalla Commissione? O che si sia trattato di una specie di contentino per rendere più democratico il sistema europeo?
L’Iniziativa Europea dei Cittadini è l’unica che risponde direttamente a quella voglia di Europa che ha caratterizzato il continente negli ultimi decenni. Purtroppo nel contesto mondiale attuale assistiamo ad una riduzione degli spazi di partecipazione e di libertà, ed anche nell’Unione europea si registra che i cittadini hanno pochissima influenza sul sistema decisionale. Ciò è vero almeno nella sua forma di partecipazione democratica diretta. Invece, si sta consolidando da un lato il principio della separazione del livello decisionale propriamente governativo da quello più socialmente partecipato attraverso strumenti democratici di indirizzo e controllo, sia quello della delega della sovranità popolare attraverso meccanismi elettorali di secondo e terzo livello. Insomma, dispiace constatare che l’iniziativa è arrivata tardi ed è stata gestita in modo assai debole.
Pensa che possa svilupparsi per creare una vera base di partecipazione dei cittadini ? E che questo possa indurli a sentirsi maggiormente coinvolti nelle questioni europee?
Non credo che ci sarà spazio in questo modello di Unione europea per una maggiore partecipazione diretta dei cittadini che invece dovranno contentarsi di agire tramite le singole istituzioni nazionali. Insomma, proprio l’inverso di quello che era l’idea degli Stati Uniti d’Europa che dai tempi di Ventotene è rimasto solo un sogno. La dominazione della mondializzazione finanziaria ha umiliato e disperso il capitale di partecipazione democratica a livello nazionale e ancor più a livello europeo. Non credo che nell’immediato si possa ipotizzare un’inversione di questa tendenza. Tuttavia sarebbe utile pensare ad un progetto europeo nuovo, che tenga conto del mutato contesto sociale europeo e politico-economico mondiale. Duole ammettere che finora il progetto europeo è stato sempre calato dall’alto e la partecipazione dei cittadini si è risolta in bolle di sapone.
Esiste il rischio di un forte astensionismo alle elezioni europee o di un voto di protesta. Ritiene che questo sia un rischio effettivo o che comunque il sistema riuscirà a gestire anche le impennate delle ali estreme dei partiti che protestano?
Il voto di protesta contro questa Europa che non piace alla gente e che lascia perplessi i nostri partner internazionali si sta consolidando in un massiccio astensionismo. I sondaggi 2014 indicano che oltre il 50%, cioè più di un elettore su due, non voterà. Questo è il vero voto che boccia senza appello, da varie tornate elettorali, questa Europa nata dopo il Trattato di Maastricht del 1992. Dei voti espressi, nel 2014 si ipotizza che almeno il 30% esprimerà un forte malcontento. Tuttavia, si tratta di malcontento artatamente rivolto all’Europa ma più sinceramente rivolto alle elites dei governi nazionali. La restante minoranza di elettori (circa il 20% degli aventi diritto) si dividerà tra i vari gruppi 'europeisti', cioè quelli dello status quo. Il risultato sarà che l’impopolarità dell’Unione europea sarà strutturale e non più dialettica o ideale. Senza una nuova idea di Europa quest’equazione sociale ed elettorale non cambierà affatto, anzi rischia di portare a scelte sempre più intergovernative e sempre meno democratiche.
Non è un caso che anche un europeista convinto come è Romano Prodi, già Presidente del Consiglio italiano e Presidente della Commissione europea, in una sua intervista del 3 aprile paventi l'irrilevanza della UE a breve.
Romano Prodi afferma che «con la crisi finanziaria, e soprattutto in conseguenza delle divisioni della politica europea, la magica forza attrattiva dell'Euro si è attenuata fino a scomparire. La Cina ha di conseguenza accelerato l'inizio della lunga marcia per fare dello yuan la valuta internazionale da affiancare al dollaro». Mentre l’Unione europea resta prigioniera della sua cattiva gestione monetaria e dell’assenza di una politica economica comune, «il Ministro delle finanze britannico ha spiegato che la strategia del Regno Unito», che non condivide l’Euro, «è semplicemente quella di fare di Londra il centro per trattare lo yuan al di fuori della Cina, prima che questo progetto venga messo in atto da altri Paesi. A sua volta il Governo cinese ha dato subito inizio al lungo cammino della convertibilità della propria moneta, allargando la banda di oscillazione del cambio nei confronti del dollaro e procedendo ad una controllata svalutazione dello yuan dopo tanti anni in cui tale moneta aveva in modo costante aumentato il proprio valore nei confronti della valuta americana. La lunga marcia dello yuan per avere un ruolo crescente nel sistema monetario internazionale fino a sostituirsi all'Euro, è quindi cominciata». Con questa Europa divisa e litigiosa, incapace di esprimere una politica estera indipendente dagli Usa e dalla Russia, come ha dimostrato il tragico errore sull’Ucraina, ma anche quelli nelle ‘primavere arabe’, secondo Prodi, «non è quindi difficile prevedere un ulteriore indebolimento della nostra posizione nel mondo, fino ad arrivare all'irrilevanza». Prodi conclude che «se vogliamo garantirci un futuro abbiamo quindi bisogno di un' Europa più forte e più unita».
Raffone, lei, dunque, condivide le considerazioni di Prodi?
Tutto questo è certamente vero, ma non basta. Ci vuole un nuovo progetto politico, sociale ed economico europeo che tenga conto del mutato contesto mondiale e delle condizioni interne, demografiche e sociali, dell’Europa stessa. A questo proposito lancio qualche pista di riflessione che spero rilanci nei giovani la voglia di impegnarsi alla (ri)costruzione della nostra Europa, sia a livello dell’Unione europea sia a quello degli stati nazionali:
a) Abbandonare ogni idea geocentrica (dal Made-in alla moneta) e ripensare il modello economico nel quadro dell'irreversibile catena lunga della mondializzazione che per gli europei si traduce in tre imperativi di competitività: più conoscenza; più innovazione; più creatività;
b) Abbandonare ogni idea proto- e post-nazionale (dagli stati-nazione al super-stato europeo) e concentrare tutti gli sforzi sulla costruzione di un nuovo modello di potenza del XXI secolo che ha tre caratteristiche primarie: equità sociale; sostenibilità ambientale; valorizzazione qualitativa;
c) Abbandonare ogni idea militare (dagli Eserciti nazionali alle alleanze stile Nato) e concentrare tutti gli sforzi sulla costruzione di capacità strategiche del XXI secolo che per gli europei si traduce in tre obiettivi primari: intelligence costruita attorno ai concetti reticolari, dei flussi e della dimensione cyber; un ampio contingente di forze civili per la prevenzione e la cooperazione; un vasto programma di educazione e di scambio educativo interno ed esterno all'Europa.
Copyright @ L'Indro, Quotidiano Indipendente di Approfondimento.
Parola di Paolo Raffone, fondatore della Fondazione CIPI (Centro Italiano Prospettive Internazionali), direttore di Strat-EU, politologo e analista strategico, una voce critica sul funzionamento delle istituzioni europee. Criticabile anche la Commissione, secondo Raffone: "Dalla seconda metà degli anni ’90 abbiamo assistito ad un progressivo svuotamento delle capacità istituzionali della Commissione". Una Commissione definita "in affanno evidente rispetto ai compiti che è chiamata a svolgere e per i quali ha sempre meno competenze qualitative interne".
Il Parlamento europeo siederà per l'ultima volta nella sessione della settimana prossima a Strasburgo. Quali sono gli argomenti forti che restano ancora da affrontare e concludere e che il Parlamento lascia in eredità alla prossima compagine che si insedierà a partire dalla prossima estate?
Questo Parlamento europeo ha mancato di carattere politico in quasi tutti i dossier trattati. Certo le sue competenze in codecisione -con Consiglio dei Ministri e Commissione europea- sono limitate, ma anche in queste i suoi membri non hanno brillato né per iniziativa né per sostanza delle valutazioni politiche. Ad esempio le tardive schermaglie in materie economiche, fiscali e monetarie non hanno cambiato nella sostanza le decisioni prese dai governi e dalla Commissione. Sul TTIP -il Trattato Ue-Usa di libero scambio e degli investimenti- il Parlamento europeo è per ora silenzioso e supino, mentre la Commissione ha già negoziato in segreto tutti gli articoli. Da ultimo, il Parlamento ha approvato la proposta della Commissione di abolire il roaming della telefonia mobile a partire dal 2015. Decisione presa quando il mercato ha già fatto morire i profitti della telefonia mobile transfrontaliera grazie all’uso di Internet (VoIP) e varie funzionalità che consentono di baipassare gli operatori telecom usando la banda larga. Insomma, il Parlamento europeo è una costosa istituzione, che orrendamente conserva le sue tre costose sedi (Belgio, Francia, Lussemburgo), che non riesce ad esprimere alcuna capacità di indirizzo politico. Le sue funzioni si risolvono in un mero potere di ratifica delle decisioni dei governi che, nella realtà, hanno un buon controllo dei propri parlamentari europei. Infatti, sulla politica estera dell’Unione europea, dove ha poche o nulle competenze, il Parlamento non è stato neppure capace di adottare delle risoluzioni o dichiarazioni politiche, che sebbene non vincolanti, su casi come Egitto, Siria e Ucraina avrebbero almeno dato un segnale che l’Europa politica esiste. In eredità, questo Parlamento europeo lascia tutto quello che non ha fatto, non ha voluto o non ha potuto fare, lascia l’incompiuto di un’Europa politica e democratica.
Anche la Commissione europea si accinge a concludere il suo iter il prossimo autunno. Ci sono alcuni capitoli che la Commissione avrebbe voluto/dovuto affrontare e che invece sono rimasti sulla carta?
Lontani sono i tempi della Commissione europea che nel rispetto dei Trattati costruiva un percorso di sviluppo europeista. Dalla seconda metà degli anni ’90 abbiamo assistito ad un progressivo svuotamento delle capacità istituzionali della Commissione che oggi si ritrova ad assumere incarichi esecutivi che le sono delegati dalle decisioni governative sia adottate dal Consiglio europeo sia da strutture intergovernative esogene al sistema europeo. Complice anche l’affrettato allargamento dell’Unione europea, questa Commissione ha fatto poco e male. L’ultimo quinquennio è stato occupato in gran parte da attività delegate in materia economica, fiscale e monetaria. Poco o nulla è invece stato fatto in materie fondamentali quali la definizione di obiettivi sostenibili e credibili a breve, medio e lungo termine. Sulle materie essenziali come la tutela dell’ambiente, la tutela dei consumatori, l’energia, la ricerca europea, il mercato interno, si può dire che quasi tutto resta da fare. La Commissione sembra in affanno evidente rispetto ai compiti che è chiamata a svolgere e per i quali ha sempre meno competenze qualitative interne. Come il Parlamento, anche la Commissione ha perso terreno rispetto alla forza dei governi sia riuniti nel Consiglio europeo sia strutturati a livello intergovernativo.
Nell'arco di vita di questo Parlamento è entrato per la prima volta il principio della partecipazione diretta dei cittadini al processo legislativo con l'entrata in vigore dell'Iniziativa Europea dei Cittadini. Pensa che il processo sia stato ben gestito dalla Commissione? O che si sia trattato di una specie di contentino per rendere più democratico il sistema europeo?
L’Iniziativa Europea dei Cittadini è l’unica che risponde direttamente a quella voglia di Europa che ha caratterizzato il continente negli ultimi decenni. Purtroppo nel contesto mondiale attuale assistiamo ad una riduzione degli spazi di partecipazione e di libertà, ed anche nell’Unione europea si registra che i cittadini hanno pochissima influenza sul sistema decisionale. Ciò è vero almeno nella sua forma di partecipazione democratica diretta. Invece, si sta consolidando da un lato il principio della separazione del livello decisionale propriamente governativo da quello più socialmente partecipato attraverso strumenti democratici di indirizzo e controllo, sia quello della delega della sovranità popolare attraverso meccanismi elettorali di secondo e terzo livello. Insomma, dispiace constatare che l’iniziativa è arrivata tardi ed è stata gestita in modo assai debole.
Pensa che possa svilupparsi per creare una vera base di partecipazione dei cittadini ? E che questo possa indurli a sentirsi maggiormente coinvolti nelle questioni europee?
Non credo che ci sarà spazio in questo modello di Unione europea per una maggiore partecipazione diretta dei cittadini che invece dovranno contentarsi di agire tramite le singole istituzioni nazionali. Insomma, proprio l’inverso di quello che era l’idea degli Stati Uniti d’Europa che dai tempi di Ventotene è rimasto solo un sogno. La dominazione della mondializzazione finanziaria ha umiliato e disperso il capitale di partecipazione democratica a livello nazionale e ancor più a livello europeo. Non credo che nell’immediato si possa ipotizzare un’inversione di questa tendenza. Tuttavia sarebbe utile pensare ad un progetto europeo nuovo, che tenga conto del mutato contesto sociale europeo e politico-economico mondiale. Duole ammettere che finora il progetto europeo è stato sempre calato dall’alto e la partecipazione dei cittadini si è risolta in bolle di sapone.
Esiste il rischio di un forte astensionismo alle elezioni europee o di un voto di protesta. Ritiene che questo sia un rischio effettivo o che comunque il sistema riuscirà a gestire anche le impennate delle ali estreme dei partiti che protestano?
Il voto di protesta contro questa Europa che non piace alla gente e che lascia perplessi i nostri partner internazionali si sta consolidando in un massiccio astensionismo. I sondaggi 2014 indicano che oltre il 50%, cioè più di un elettore su due, non voterà. Questo è il vero voto che boccia senza appello, da varie tornate elettorali, questa Europa nata dopo il Trattato di Maastricht del 1992. Dei voti espressi, nel 2014 si ipotizza che almeno il 30% esprimerà un forte malcontento. Tuttavia, si tratta di malcontento artatamente rivolto all’Europa ma più sinceramente rivolto alle elites dei governi nazionali. La restante minoranza di elettori (circa il 20% degli aventi diritto) si dividerà tra i vari gruppi 'europeisti', cioè quelli dello status quo. Il risultato sarà che l’impopolarità dell’Unione europea sarà strutturale e non più dialettica o ideale. Senza una nuova idea di Europa quest’equazione sociale ed elettorale non cambierà affatto, anzi rischia di portare a scelte sempre più intergovernative e sempre meno democratiche.
Non è un caso che anche un europeista convinto come è Romano Prodi, già Presidente del Consiglio italiano e Presidente della Commissione europea, in una sua intervista del 3 aprile paventi l'irrilevanza della UE a breve.
Romano Prodi afferma che «con la crisi finanziaria, e soprattutto in conseguenza delle divisioni della politica europea, la magica forza attrattiva dell'Euro si è attenuata fino a scomparire. La Cina ha di conseguenza accelerato l'inizio della lunga marcia per fare dello yuan la valuta internazionale da affiancare al dollaro». Mentre l’Unione europea resta prigioniera della sua cattiva gestione monetaria e dell’assenza di una politica economica comune, «il Ministro delle finanze britannico ha spiegato che la strategia del Regno Unito», che non condivide l’Euro, «è semplicemente quella di fare di Londra il centro per trattare lo yuan al di fuori della Cina, prima che questo progetto venga messo in atto da altri Paesi. A sua volta il Governo cinese ha dato subito inizio al lungo cammino della convertibilità della propria moneta, allargando la banda di oscillazione del cambio nei confronti del dollaro e procedendo ad una controllata svalutazione dello yuan dopo tanti anni in cui tale moneta aveva in modo costante aumentato il proprio valore nei confronti della valuta americana. La lunga marcia dello yuan per avere un ruolo crescente nel sistema monetario internazionale fino a sostituirsi all'Euro, è quindi cominciata». Con questa Europa divisa e litigiosa, incapace di esprimere una politica estera indipendente dagli Usa e dalla Russia, come ha dimostrato il tragico errore sull’Ucraina, ma anche quelli nelle ‘primavere arabe’, secondo Prodi, «non è quindi difficile prevedere un ulteriore indebolimento della nostra posizione nel mondo, fino ad arrivare all'irrilevanza». Prodi conclude che «se vogliamo garantirci un futuro abbiamo quindi bisogno di un' Europa più forte e più unita».
Raffone, lei, dunque, condivide le considerazioni di Prodi?
Tutto questo è certamente vero, ma non basta. Ci vuole un nuovo progetto politico, sociale ed economico europeo che tenga conto del mutato contesto mondiale e delle condizioni interne, demografiche e sociali, dell’Europa stessa. A questo proposito lancio qualche pista di riflessione che spero rilanci nei giovani la voglia di impegnarsi alla (ri)costruzione della nostra Europa, sia a livello dell’Unione europea sia a quello degli stati nazionali:
a) Abbandonare ogni idea geocentrica (dal Made-in alla moneta) e ripensare il modello economico nel quadro dell'irreversibile catena lunga della mondializzazione che per gli europei si traduce in tre imperativi di competitività: più conoscenza; più innovazione; più creatività;
b) Abbandonare ogni idea proto- e post-nazionale (dagli stati-nazione al super-stato europeo) e concentrare tutti gli sforzi sulla costruzione di un nuovo modello di potenza del XXI secolo che ha tre caratteristiche primarie: equità sociale; sostenibilità ambientale; valorizzazione qualitativa;
c) Abbandonare ogni idea militare (dagli Eserciti nazionali alle alleanze stile Nato) e concentrare tutti gli sforzi sulla costruzione di capacità strategiche del XXI secolo che per gli europei si traduce in tre obiettivi primari: intelligence costruita attorno ai concetti reticolari, dei flussi e della dimensione cyber; un ampio contingente di forze civili per la prevenzione e la cooperazione; un vasto programma di educazione e di scambio educativo interno ed esterno all'Europa.
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Wallstreetitalia
LA
MIGLIORE AZIONE DI APRILE: I CONSIGLI DI 6 ESPERTI
Un ventaglio di offerte per aprile
con una serie di analisti a confronto per consigliare quella migliore. E i nomi
sono di tutto rispetto anche per un investitore italiano. La tavola rotonda di Fool prevede :
Jim Mueller vota per Netflix
approfittando del calo del 25% dal suo massimo ai primi di marzo. I motivi non
sono da ricercarsi in un calo della qualità, ma solo nelle operazioni e soprattutto
nei capitali messi in campo per entrare nel mercato della televisione in
streaming, con un accordo con Comcast per l’aumento della velocità di
trasmissione dati. Questo significa maggiori costi operativi per l’azienda.
Senza contare che Netflix, secondo indiscrezioni di stampa, potrebbe essere
nelle mire di Apple, disposta a sborsare un bel po’ di soldi per la sua
acquisizione.
Ma al di là delle strategie, agli
investitori restano i numeri di una società che sta crescendo del 23% sul
mercato interno e del 78% a livello internazionale grazie anche a un’offerta
diversificata sul mercato per i propri clienti.
Jim Gillies punta sull'editoria con Barnes&Noble.
Il fatto di operare su tre segmenti, gli permette di coprire il mercato della
vendita al dettaglio (dalle librerie al supermarket), quella universitaria e
anche quella di un mercato potenzialmente in difficoltà, quello dei NOOK,
eReader in diretta concorrenza con Amazon.Un ventaglio che però può essere
sfruttato solo parzialmente, sebbene in maniera remunerativa: al primo posto
sicuramente il retail con un free cash flow stimabile intorno ai 235 milioni di
dollari (dati 2013), che già da solo è un’ottima base di partenza.
Tim Beyers: Walt Disney, in
vista di un 2016 che potrebbe essere il migliore per la società. Il motivo?
Dicembre 2015 vedrà il ritorno del franchising firmato Star Wars Episodio VII,
mentre maggio 2016 segna il ritorno di Capitan America 3 più una serie di
progetti che continueranno in futuro.Il tutto senza contare gli investimenti sulle
sue reti via cavo, che producono il 60% dei proventi operativi, oltre alle
entrate derivanti dai parchi a tema tutti elementi che hanno contribuito a un
cash flow operativo, che ha raggiunto l'incredibile cifra di 9,5 miliardi di
dollari per il 2013.
Patrick Morris: Citigroup con
un 2013 disastroso, sia per lo scandalo in Messico (indagine dell’Fbi per una
truffa da 400 milioni di dollari della controllata nello stato dell’America
Centrale), sia per lo stop dato dalla Fed sui suoi piani di aumento del dividendo
e poltiche di buyback. Insomma un calo drastico da oltre il 10%, ma non è
ancora detta l’ultima parola sulla banca che può sfruttare una base eterogenea
e diversificata di proventi a livello mondiale e che offre rendimenti solidi
sia sul patrimonio netto e sulle attività. Tutto questo ha portato la banca a
crescere di quasi il 7,5% ogni anno dal 2009, anno della crisi, ovvero il
momento dopo il quale tutti crollavano.
E se si vuole fare il confronto tra
il suo prezzo/valore di libro e quello delle principali competitor si vedrà per
citi uno 0,9,mentre per Bank of America esempio di altra storia particolarmente
travagliata, un 1,3.
Matt Frankel condivide la scelta di
Citigroup e per lui è una grande idea per aprile. E 'incredibilmente economico
soprattutto se si pensa alla solidità dell’istituzione in sè, a prescindere dal
blocco della Federal Reserve: il capitale di Citigroup supera di gran lunga il
minimo richiesto e le sue scelte hanno permesso di tagliare asset improduttivi
e pericolosi. Una strategia che le permette di essere ottimamente appetibile e
di resistere a qualsiasi tempesta economica. Per quanto riguarda buyback e
dividendi si tratta solo di una questione di tempo, non di sostanza, che ha
però fatto registrare un calo del 7% dopo l’annuncio della Fed e ha permesso
agli investitori di comprare a prezzi di saldo.
Andres Cardenal: Priceline.com si è
posizionata come leader di crescita tra le agenzie di viaggio online, e questo
significa vantaggi competitivi per l'azienda. Infatti, grazie ala sua
popolarità, può sfruttare l’accesso da parte di alberghi e altri fornitori di
servizi di viaggi che solitamente scelgono le piattaforme più popolari, mentre
i clienti preferiscono andare dove si possono trovare più opzioni e le offerte
migliori. Un circolo virtuoso che si autoalimenta anche grazie agli oltre
425mila alberghi e l’offerta su 195 Paesi, con un incremento del 54% rispetto
al 2012
Rossana Prezioso per Trend-online
GRECIA: IL BOND A 5 ANNI FA IL TUTTO ESAURITO
Il nuovo bond quinquennale è stato richiesto da oltre 550 investitori (di cui si vocifera il 90% istituzionali stranieri) e per il vice primo ministro greco, Evangelos Venizelos, "la risposta del mercato è stata incoraggiante e i mercati hanno votato la Grecia" anche se il Paese ha rating ancora ampiamente non investment grade: B- per Standard & Poor's e Fitch e Caa3 per Moody's.
Il collocamento è stato curato da Bank of America Merrill Lynch, Deutsche Bank, Goldman Sachs, Hsbc, JP Morgan e Morgan Stanley e il pricing è atteso in giornata. Per rassicurare gli investitori, Atene ha deciso di sottoporre le nuove emissioni alle normative britanniche, una scelta che era stata già fatta in occasione delle passate ristrutturazioni del debito pubblico mediante scambio di obbligazioni.
"L'asta della Grecia è stata un successo e il ritorno di Atene sui mercati ha segnalato la solida domanda per il debito periferico, guidata da diversi fattori come il miglioramento delle prospettive economiche, la percezione di aver superato la crisi, le migliori condizioni fiscali, gli sviluppi positivi nella governance dell'Eurozona e l'ottimismo sul fatto che la Bce sia pronta ad agire", ha commentato Annalisa Piazza, strategist di Newedge. Gli economisti di Rabobank hanno aggiunto che i titoli a 5 anni riempiranno il divario tra i bill a breve termine e i bond che matureranno nel 2023.
"Il tutto per un Paese che due anni fa ha causato perdite di oltre il 60% del nominale agli obbligazionisti privati, il cui debito statale è pari a oltre una volta e mezza la ricchezza prodotta in un anno. Il governo l'ultimo anno ha speso l'8% in più di quanto ha ricavato, ha già ricevuto aiuti per 245 miliairdi di euro e ne sta ancora negoziando con le autorità politico-monetarie internazionali", hanno dichiarato i gestori di AcomeA sgr.
"Il mercato è vorace di rendimenti in un mondo dominato dalla financial repression, in cui i bilanci delle banche centrali possono far lievitare i prezzi a comando. Insomma, il nuovo titolo greco andrà bene, almeno per un po', ma noi preferiamo diversificare dove i rendimenti sono più liberi di rispecchiare i rischi e le valutazioni hanno ancora un significato, come nei Paesi Emergenti", hanno aggiunto gli esperti di AcomeA domandandosi se sia davvero arrivato il lieto fine per la Grecia.
L'asta di oggi ha rappresentato un enorme passo avanti per il Paese verso l'uscita dal bailout prevista per quest'anno e la Grecia ha seguito le orme di Portogallo e Irlanda sfruttando il momento favorevole nei confronti dei titoli di Stato periferici, i cui spread si sono notevolmente ristretti nelle ultime settimane. In scia al newsflow sull'asta di ieri, infatti, gli stessi bond ellenici hanno sovraperformato sul mercato secondario con il costo di finanziamento della carta a 10 anni sceso sotto la soglia del 6%. Durante il picco della crisi, i rendimenti hanno sfiorato il 20%. "Il ritorno della Grecia sui mercati è una buona notizia, un segnale incoraggiante per il Paese e per l'intera Europa," ha commentato infine un portavoce della Commissione europea.
Unico neo oggi è stato l'attentato compiuto davanti alla sede della Banca di Grecia, nel centro di Atene, con un'autobomba che non ha causato vittime. L'esplosione è avvenuta pochi minuti prima delle tre di notte da un'automobile parcheggiata di fronte alla sede della banca centrale e agli uffici della troika, i creditori della Grecia.
Il ritorno ufficiale del Paese sul mercato dei titoli di Stato è avvenuto infatti dopo un nuovo sciopero generale contro le misure di risanamento dei conti avviate su indicazione di Ue e Fmi per ottenere gli aiuti internazionali, e a due giorni dalla visita di Stato della cancelliera tedesca Angela Merkel. In Grecia, il tasso di disoccupazione di gennaio è stato pari al 26,7% mentre a marzo l'inflazione è salita del 2,3% su base congiunturale (-1,3% anno su anno).
Milano Finanza
COMMENTO IN CHIUSURA
Piazza
Affari ha chiuso in ribasso una seduta caratterizzata dal ritorno della Greca
sul mercato obbligazionario. Ieri il rendimento del bond decennale greco è
sceso sotto la soglia del 6%, un abisso in meno rispetto al picco storico del
44% toccato nel febbraio. Di conseguenza tutti i titoli di Stato periferici
hanno mostrato rendimenti in calo: il Btp decennale è sceso sotto area 3,15%
toccando il nuovo minimo storico. Oggi il Tesoro ha collocato 7,5 miliardi di
euro di Bot annuali allo0 ,589%, livello che rappresenta il nuovo minimo
dall´introduzione dell´euro. Nell´Eurozona il numero uno della Bundesbank, Jens
Weidmann, ha dichiarato che i rischi di deflazione sono piuttosto limitati, non
entrando però nel merito delle possibili misure che potrebbe adottare la Bce. A
Piazza Affari, in scia all´andamento negativo di Wall Street, l´indice Ftse Mib
ha ceduto l´1,38% a 21.429 punti. Le vendite hanno colpito il comparto
bancario: Banco Popolare ha ceduto il 2,14% a 14,60 euro, Montepaschi il 4,29%
a 0,249 euro, Popolare dell´Emilia Romagna il 2,67% a 8,73 euro, Intesa
SanPaolo l´1,52% a 2,456 euro, Mediobanca l´1,96% a 7,72 euro, Ubi Banca il
4,09% a 6,79 euro. Positiva Finmeccanica (+0,28% a 6,97 euro) con le
indiscrezioni riportate dal Corriere della Sera secondo cui la francese Thales
sarebbe pronta ad acquisire Ansaldo STS e AnsaldoBreda. In lizza come
potenziali acquirenti, ha ricordato il quotidiano, ci sono anche le cinesi
China Cnr e Insigma, la cui delegazione ha ultimato la visita negli
stabilimenti delle due società e massimo tra due, tre settimane decideranno se
presentare la richiesta di apertura formale delle trattative. Galassia Eni
sotto i riflettori. Il titolo del colosso petrolifero ha ceduto lo 0,10% a
18,24 euro nonostante la promozione di Exane che ha alzato il giudizio a
outperform dal precedente neutral. Decisamente meglio ha fatto la controllante
Saipem (+2,65% a 18,14 euro), promossa da Cheuvreux a hold dal precedente
reduce. Tonica Telecom Italia che ha mostrato un progresso dello 0,40% a 0,871
euro dopo aver siglato un accordo che consentirà ai clienti del gruppo
telefonico di accedere all´offerta televisiva di Sky, grazie a una nuova
piattaforma Ip e a un decoder dedicato. L´offerta sarà disponibile a partire
dal 2015. Sotto i riflettori il comparto del lusso in scia ai conti trimestrali
migliori della attese di Lvmh nel settore moda e pelletteria. Gli acquisti sono
stati sostenuti su Salvatore Ferragamo (+1,11% a 22,65 euro) e Yoox (+0,88% a
25,19 euro). Ieri Yoox aveva mostrato un balzo di oltre 6 punti percentuali
recuperando terreno dopo aver perso nell´ultimo mese oltre 25 punti
percentuali. Gli analisti di Goldman Sachs hanno confermato il titolo Yoox
nella loro "conviction buy list" nonostante il target price sia stato
rivisto a 38,5 euro dal precedente 41,5 euro. Il target price fissato da Goldman
Sachs implica un potenziale di upside per il titolo pari a circa 34 punti
percentuali.
Finanzaonline