Piazza Affari ha chiuso in ribasso con l’indice Ftse Mib che
non è riuscito a tenere la soglia dei 22.000 punti, chiudendo comunque lontano
dai minimi intraday toccati a 21.841 punti. Il tema ricorrente è ancora il
possibile quantitative easing in salsa europea ventilato giovedì scorso da
Mario Draghi, soprattutto dopo le indiscrezioni rilanciate dalla stampa tedesca
secondo cui l’Eurotower avrebbe simulato gli effetti di un piano anti
deflazione da mille miliardi di euro. E’ proseguito il debole andamento di Wall
Street dopo i dati di venerdì sul mercato del lavoro statunitense che hanno
evidenziato a marzo la creazione di 192 mila nuovi posti di lavoro nel settore
non agricolo, in rialzo rispetto al mese precedente ma peggio delle attese
degli analisti che indicavano 200 mila nuovi posti. Il tasso di disoccupazione
è invece rimasto stabile al 6,7%. In questo quadro a Piazza Affari l’indice
Ftse Mib ha ceduto lo 0,84% a 21.988 punti.
Finmeccanica (-1,78% a 7,14 euro) sotto i riflettori con l’Ad Alessandro Pansa che ha dichiarato che sulla vendita di Ansaldo STS sono in corso approfondimenti. Pirelli ha lasciato sul parterre il 2,03% a 11,55 euro in scia alla bocciatura di Ubs che ha tagliato il giudizio sul gruppo della Bicocca a neutral dal precedente buy. Nel comparto bancario le vendite hanno colpito Montepaschi (-2,25% a 0,277 euro), Intesa SanPaolo (-1,31% a 2,554 euro), Mediobanca (-1,73% a 8,235 euro), Ubi Banca (-1,39% a 7,415 euro) e Unicredit (-1,75% a 6,705 euro). In controtendenza il Banco Popolare, che ha guadagnato lo 0,06% a 15,21 euro, e Popolare di Milano, che ha mostrato un progresso dell’1,47% a 0,757 euro. Buzzi Unicem (-0,21% a 14 euro) non ha sfruttato la scia fornita dalla maxi fusione avvenuta nel comparto europeo del cemento tra Holcim e Lafarge. Tonica Telecom Italia (+1,70% a 0,893 euro) in scia alla conferma del fermento nel settore europeo delle telecomunicazioni. Questa mattina, dopo mesi di trattative, Vivendi ha ceduto Sfr a Numericable per 13,5 miliardi di euro in contanti più il 20% della newco che nascerà dalla fusione.
Finmeccanica (-1,78% a 7,14 euro) sotto i riflettori con l’Ad Alessandro Pansa che ha dichiarato che sulla vendita di Ansaldo STS sono in corso approfondimenti. Pirelli ha lasciato sul parterre il 2,03% a 11,55 euro in scia alla bocciatura di Ubs che ha tagliato il giudizio sul gruppo della Bicocca a neutral dal precedente buy. Nel comparto bancario le vendite hanno colpito Montepaschi (-2,25% a 0,277 euro), Intesa SanPaolo (-1,31% a 2,554 euro), Mediobanca (-1,73% a 8,235 euro), Ubi Banca (-1,39% a 7,415 euro) e Unicredit (-1,75% a 6,705 euro). In controtendenza il Banco Popolare, che ha guadagnato lo 0,06% a 15,21 euro, e Popolare di Milano, che ha mostrato un progresso dell’1,47% a 0,757 euro. Buzzi Unicem (-0,21% a 14 euro) non ha sfruttato la scia fornita dalla maxi fusione avvenuta nel comparto europeo del cemento tra Holcim e Lafarge. Tonica Telecom Italia (+1,70% a 0,893 euro) in scia alla conferma del fermento nel settore europeo delle telecomunicazioni. Questa mattina, dopo mesi di trattative, Vivendi ha ceduto Sfr a Numericable per 13,5 miliardi di euro in contanti più il 20% della newco che nascerà dalla fusione.
Finanza.com
POTERE DI ACQUISTO
DELLE FAMIGLIE GIU’ NEL 2013. AUMENTA LA PROPENSIONE AL RISPARMIO
Va ancora
giù il potere di acquisto delle famiglie italiane. Tenuto conto
dell’inflazione, il dato 2013 ha mostrato una flessione dell’1,1% rispetto al
2012. Nel quarto trimestre dello scorso anno è risultato in lieve diminuzione
rispetto al trimestre precedente (-0,1%) mentre è aumentato dello 0,4% rispetto
al quarto trimestre del 2012. E' quanto emerge dal "Reddito e risparmio
delle famiglie e profitti delle società" al quarto trimestre
pubblicato oggi dall'Istat.
E' invece
aumentata nel corso dell’anno passato la propensione al risparmio delle
famiglie consumatrici che si è attestata al 9,8%, registrando un
aumento di 1,4 punti percentuali rispetto all’anno precedente. Nel quarto
trimestre del 2013, al netto della stagionalità, è stata pari al 10,2%,
sostanzialmente invariata rispetto al trimestre precedente (+0,1 punti
percentuali) ma in significativo aumento (+1,7 punti percentuali) rispetto al
corrispondente trimestre del 2012.
Quanto al reddito
disponibile delle famiglie è aumentato dello 0,3% nel 2013. Nell’ultimo
trimestre del 2013 è risultato invariato rispetto al trimestre precedente
mentre è cresciuto dell’1,1% rispetto al corrispondente periodo del 2012.
Coldiretti:
con taglio potere acquisto spesa alimentare indietro di più di 30 anni
L’effetto
più significativo della riduzione del potere di acquisto degli italiani è il taglio
nei consumi alimentari che sono tornati indietro di oltre 30 anni sui livelli
minimi del 1981, ma a cambiare è stata anche la composizione della spesa
per effetto della crisi che ha costretto le famiglie a una profonda spending
review con pesanti conseguenze sulle imprese del settore. E’ quanto emerge
da una analisi della Coldiretti sulla base dei dati Istat relativi al 2013.
"La
spesa alimentare è la seconda voce del bilancio familiare dopo la casa con i
consumi per abitante in alimentari e bevande a valori concatenati che -
sottolinea Coldiretti - hanno continuato a diminuire nel 2014 dopo che
lo scorso anno sono scesi ad appena 1.683 euro all’anno e bisogna tornare al
lontano 1981 per trovare un valore piu’ basso". Nel 2013 i consumi
alimentari sono scesi del 3,1% secondo l'Istat perchè con il calo del
potere di acquisto le famiglie italiane hanno tagliato dal pesce fresco (-20%)
alla pasta (-9 per cento), dal latte (-8%) all’olio di oliva extravergine (-
6%) dall’ortofrutta (- 3 per cento) alla carne (-2%) mentre aumentano solo le
uova (+2%), sulla base dell’analisi della Coldiretti su dati Ismea relativi ai
primi undici mesi.
Finanza.com
A PIAZZA AFFARI FAVORITI INDUSTRIALI CICLICI E BANCHE
Il possibile quantitative easing della Banca centrale europea e
la maxi fusione tra Lafarge e Holcim supporta la view positiva di Equita
sull’azionario. "La fusione tra i due colossi del cemento segnala che le
mega operazioni di M&A stanno arrivando anche in Europa – scrivono gli
analisti della sim milanese -. Questo significa più utili per le banche, più
redditività per le aziende coinvolte e maggiore pressione sulle altre aziende
per reagire”.
Per la prima volta Mario Draghi ha aperto la possibilità di un quantitative easing in salsa europea e subito la stampa tedesca ha parlato di un piano da 1.000 miliardi di euro. "Il risultato è la pressione al ribasso sugli spread e l’afflusso di liquidità verso investimenti fino a poco fa giudicati con un rischio/rendimento non attraente”, spiegano gli esperti di Equita.
Detto questo, la conclusione di Equita è di mantenere il sovrappeso sull’azionario puntando sui titoli industriali ciclici (Fiat, CNH Industrial, Prysmian) o favoriti dal recupero del dollaro (Luxottica) e sulle banche. Queste ultime, secondo il broker, beneficiano "del recupero del real estate, dell’interesse per i non perfoming loans, del calo del costo del funding, dei ricavi da M&A e del possibile consolidamento del settore”.
Il tema M&A a detta di Equita favorisce anche Telecom Italia, mentre il calo degli spread ha un impatto anche su Enel e Atlantia. "Non vediamo il sell-off in corso sui momentum stocks statunitensi come una negazione della nostra view, anzi pensiamo che le vendite sui titoli che trattano a 50-100 volte gli utili siano il segnale di un riposizionamento verso Paesi e settori più value”, concludono gli analisti della sim.
Per la prima volta Mario Draghi ha aperto la possibilità di un quantitative easing in salsa europea e subito la stampa tedesca ha parlato di un piano da 1.000 miliardi di euro. "Il risultato è la pressione al ribasso sugli spread e l’afflusso di liquidità verso investimenti fino a poco fa giudicati con un rischio/rendimento non attraente”, spiegano gli esperti di Equita.
Detto questo, la conclusione di Equita è di mantenere il sovrappeso sull’azionario puntando sui titoli industriali ciclici (Fiat, CNH Industrial, Prysmian) o favoriti dal recupero del dollaro (Luxottica) e sulle banche. Queste ultime, secondo il broker, beneficiano "del recupero del real estate, dell’interesse per i non perfoming loans, del calo del costo del funding, dei ricavi da M&A e del possibile consolidamento del settore”.
Il tema M&A a detta di Equita favorisce anche Telecom Italia, mentre il calo degli spread ha un impatto anche su Enel e Atlantia. "Non vediamo il sell-off in corso sui momentum stocks statunitensi come una negazione della nostra view, anzi pensiamo che le vendite sui titoli che trattano a 50-100 volte gli utili siano il segnale di un riposizionamento verso Paesi e settori più value”, concludono gli analisti della sim.
Finanza.com
NEL 2013 RAPPORTO
DEFICIT/PIL AL 2,8%
Nel 2013 il rapporto tra indebitamento netto e Pil in Italia è stato
complessivamente pari al 2,8%, in diminuzione di 0,1 punti percentuali
rispetto a quello del 2012. Lo rende noto l'Istat che specifica
come nel quarto trimestre 2013 l’indebitamento netto delle
Amministrazioni Pubbliche in rapporto al Pil (dati grezzi) sia stato pari
all’1,1%, risultando inferiore di 0,4 punti percentuali rispetto a
quello del corrispondente trimestre del 2012.Nel quarto trimestre 2013 il saldo primario (indebitamento al netto degli interessi passivi) è risultato positivo e pari a 16.765 milioni di euro. L’incidenza dell’avanzo sul Pil è stata del 4,1%, inferiore di 0,1 punti percentuali rispetto a quella registrata nel quarto trimestre del 2012. Il saldo corrente nel quarto trimestre 2013 è stato positivo e pari a 5.003 milioni di euro (9.153 milioni nel corrispondente trimestre dell’anno precedente), con un’incidenza sul Pil dell’1,2%
Sempre nel quarto trimestre 2013, le uscite totali sono diminuite, in termini tendenziali, del 2,2%. La loro incidenza rispetto al Pil è stata del 56,7% (57,9% nel corrispondente trimestre dell’anno precedente). Le uscite correnti si sono ridotte dello 0,1% e quelle in conto capitale del 26,5%. Al netto della spesa per interessi (in flessione del 9,4%) le uscite correnti sono aumentate dell’1%. Le entrate totali, nel quarto trimestre, sono diminuite, in termini tendenziali, dell’1,4% con un’incidenza sul Pil del 55,7%, inferiore di 0,7 punti percentuali rispetto al corrispondente trimestre del 2012. La pressione fiscale è stata pari al 51,5%, in diminuzione di 0,3 punti percentuali rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedente.
Nel complesso del 2013, le uscite totali sono diminuite dello 0,5% rispetto all’anno precedente e il corrispondente rapporto rispetto al Pil è rimasto invariato al 50,6%; le entrate totali sono diminuite dello 0,3%, con un’incidenza sul Pil del 47,7% anch’essa stabile rispetto al 2012. La pressione fiscale è risultata pari nel 2013 al 43,8%, in flessione di 0,2 punti percentuali rispetto all’anno precedente.
Finanza.com
BORSE: AVVIO DI SETTIMANA NEGATIVO
La prima seduta della settimana si è
aperta con segno meno per le Borse europee, in scia alle chiusure negative di Wall Street e
Tokyo (a Tokyo l'indice Nikkei ha chiuso con un -1,7%). Venerdì i dati
sul mercato del lavoro statunitense hanno evidenziato a marzo la creazione
di 192 mila nuovi posti di lavoro nel settore non agricolo, in rialzo rispetto
al mese precedente ma sotto le attese degli analisti che indicavano 200 mila
nuovi posti. Il tasso di disoccupazione negli Stati Uniti è invece rimasto
stabile al 6,7%. Dopo le parole di Mario Draghi,
che nella riunione di giovedì scorso non ha escluso un quantitative easing,
la stampa tedesca ha ipotizzato che l’Eurotower avrebbe simulato gli effetti di
un QE
anti deflazione da mille miliardi di euro. In quest'ottica da seguire i
discorsi che pronunceranno oggi pomeriggio alcuni membri della Bce.
Tra gli altri appuntamenti della
giornata, sempre la Bce pubblicherà il suo rapporto annuale. Mentre tra le
indicazioni macro, in uscita il sondaggio Sentix sulla fiducia degli
investitori nella zona euro, relativo al mese di aprile. Intanto questa mattina
è giunta la produzione industriale in Germania, che è ha mostrato a febbraio un
leggero rallentamento. La lettura ha evidenziato un rialzo mensile pari allo
0,4%, la metà rispetto al +0,8% di gennaio ma comunque meglio rispetto al +0,3%
stimato dagli analisti.
In questo quadro le Borse europee
cedono quasi 1 punto percentuale. Nei primi minuti di scambio a Londra l'indice
Ftse mostra un calo dello 0,74%, mentre a Parigi il Cac40 cede l'1%. Peggio
Francoforte, dove il Dax perde l'1,5%. A Piazza Affari l’indice Ftse Mib cede
lo 0,80% in area 22.000 punti.
Tra i titoli, in evidenza Ansaldo
STS, il cui titolo è sospeso per eccesso di ribasso con un calo teorico del
9,40% a 7,61 euro. Venerdì scorso dal convegno Ambrosetti di Cernobbio, il Ceo
di General Electric Europe, Ferdinando Beccalli-Falco, ha rilasciato alcune
dichiarazioni, che hanno fatto emergere la difficoltà di trovare un accordo per
acquistare la controllata di Finmeccanica.
In controtendenza invece Buzzi
Unicem. Il titolo è il migliore del paniere FTse Mib con un rialzo di quasi 1
punto percentuale, in scia alla maxi fusione avvenuta nel comparto europeo del
cemento. La
svizzera Holcim e la francese Lafarge hanno deciso di unirsi dando vita a
un colosso con un fatturato pari a 44 miliardi di dollari. A favorire il rialzo
del titolo anche la promozione arrivata questa mattina da Fidentiis che ha
alzato il giudizio a buy sul titolo Buzzi Unicem.
Finanza.comI TAGLI PIU’ VISTOSI DELLA POLITICA DI RENZI
“Non saranno molto sexy per i giornali, ma sono in assoluto i più importanti perché se nel 2014 possiamo agire con operazioni straordinarie nel 2016 devono esserci tagli per 32 miliardi.
Altrimenti viene giù tutto il castello”, afferma il viceministro dell`Economia, Enrico Morando, in un’intervista al Corriere della Sera. Per Morando è impossibile oggi usare il margine sotto il 3% del deficit: “Almeno nel contesto attuale, senza intesa preventiva e senza aver presentato il Def (documento di economia e finanza) col piano di rientro, utilizzare questo margine non è possibile” spiega.
Così come non si potrà far valere nell`immediato il calo degli interessi sul debito: “Intanto parliamo di cifre non roboanti: qualcosa sarà possibile ricavare perché le previsioni del governo Letta sull`ammontare degli interessi erano prudenziali ma la riduzione di queste settimane dello spread è importante soprattutto nel medio-lungo periodo per la credibilità del Paese”. E non per finanziare il taglio del cuneo fiscale? “Per ora la ricaduta è più vicina allo zero.
Il tempo di realizzazione non può che avere il respiro di un anno e mezzo, due anni…”. Quanto alla maggiore Iva che deriverà dal pagamento dei debiti della Pubblica amministrazione, Morando osserva che “questa sì che è una partita seria: se ci riesce, quest`anno pagheremo almeno 40 miliardi”. E in termini di maggiore Iva produrrà qualcosa in meno di 4 miliardi. Spendibili nell`immediato? “Già calcolabili oggi, ma poi dipenderà da quando si farà il decreto dei pagamenti”, ha risposto il viceministro. Che insieme al titolare del dicastero di via XX Settembre Pier Carlo Padoan è al lavoro sul Def che già domani, secondo quanto ha fatto sapere il premier Matteo Renzi, il governo dovrebbe presentare.
Non è un caso che ieri il presidente del consiglio abbia trascorso l’intera giornata a palazzo Chigi per mettere a punto il programma dei tagli di spesa e abbia in programma anche per oggi un’intensa giornata di lavoro sulle misure di razionalizzazione della spesa pubblica. In particolare si prepara un intervento sugli uffici della Motorizzazione civile, sulla rete dell’Aci, sui consorzi di bonifica e sul sistema delle municipalizzate. “Interverremo su tutte le sacche di micropotere e sottopotere, santuari che finora nessuno ha mai pensato di toccare, e non risparmieremo nessuno”, dice il premier.
Finanzainchiaro
VINITALY ALLE PORTE. COME E PERCHE’ INVESTIRE NEL VINO
Apre le porte agli appassionati domenica 6 aprile il
48esimo Vinitaly, la più grande
fiera internazionale dedicata al vino.
La manifestazione si svolgerà a Veronafiere,
dal 6 al 9 aprile. Ma qual’è la situazione attuale del mercato vinicolo?
E quali le possibilità di investimento?
Traino dell’export
agroalimentare nostrano, il vino segna un +7,3% nel 2013 rispetto all’anno precedente (e un +37% rispetto
al quinquennio precedente) aggiudicandosi il primato di produzione
agro-alimentare più venduta all’estero. Un altro eno-record di quest’anno è
il superamento dei 5 miliardi di
valore (verificatosi nonostante la contrazione del volume di ettolitri
esportati e grazie ad un aumento del valore medio unitario, incrementato del
12%).
Tra le aziende
italiane, il colosso indiscusso è Cantine Riunite & Civ con 533,59
milioni di euro, seguita da Caviro e dal Gruppo Mezzacorona. Questo il podio
delle 14 aziende viticole nostrane che quest’anno hanno superato i 100
milioni di fatturato (che per quasi il 65% arriva dall’export).
I maggiori mercati
per l’export viticolo italiano sono Stati Uniti e Germania, che assorbono
circa il 40% della produzione destinata ai mercati esteri. Nel 2013 si è poi
registrato un interessante aumento dell’export in Inghilterra (+15,4%), in
Svezia (15,2%) e in Russia (+14%).
Partendo da questi brillanti presupposti, il mercato
vinicolo si sta rivelando sempre più interessante come strumento di investimento alternativo. Il rendimento medio sul
lungo termine è del 13% circa e i maggiori vini da investimento sono i Bordeaux,
i Borgogna, i vini della Valle del Rodano, della Toscana, del Piemonte e
dello Champagne. Inoltre, secondo diverse analisi di esperti, il vino si
rivela essere un investimento
resistente alle crisi finanziarie e politico-economiche: diverse sono
state quelle a cui ha resistito negli ultimi 3 lustri, registrando cali
nettamente inferiori rispetto ad altri articoli analoghi (con la crisi del
2009 ha visto un calo del 18% a fronte del 50% registrato dalla maggior parte
dei mercati azionari).
Grande festa dunque alla fiera mondiale del vino: Vinitaly 2014 vedrà infatti la partecipazione di oltre 4mila espositori e 140mila visitatori
attesi.Tra le novità di quest’anno Vinitalybio, area riservata ai
produttori di vino biologico certificato, atta a sottolineare la crescente
importanza di questo genere di prodotto sul mercato e Vininternational,
dedicato ai produttori esteri.
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LA MOSSA DI DRAGHI: 1.000 MILIARDI CON QE
Nell’ultima conferenza stampa
post-board dello scorso giovedì, il governatore della BCE, Mario Draghi,
ha dichiarato che l’istituto si tiene pronto a intervenire anche con misure non
convenzionali per evitare che l’Eurozona cada in una fase prolungata di
stagnazione e di bassa inflazione. Ufficialmente, la BCE non ha mai accennato
al timore di deflazione, ma con un’inflazione a marzo di appena lo 0,5%
su base annua e con anche la Spagna a registrare prezzi tendenziali in calo, è
evidente che si tratti di questo.
APPROFONDISCI - BCE
al bivio, inflazione Eurozona ancora in calo. E adesso?
Il QE di
Draghi
Stando al quotidiano tedesco Frankfurter
Allgemeine Zeitung, Draghi avrebbe simulato già un piano di acquisti di
bond pubblici e privati per 80 miliardi di euro al mese, pari a quasi mille
miliardi in un anno. Si tratterebbe di un “quantitative easing” in stile
Federal Reserve, che negli USA ha visto quest’ultima immettere sui mercati
oltre 4 mila miliardi di dollari dalla fine del 2008 ad oggi.
Nelle simulazioni della BCE, questo
piano potrebbe stimolare l’inflazione tra un minimo dello 0,2% e un massimo
dello 0,8%. Considerando che il tasso attuale si aggira intorno allo 0,5%,
anche nel caso di maggiore efficacia, potrebbe essere accettabile, anche se
bisogna vedere come l’aumento dei prezzi si ripartirebbe tra le varie economie,
ossia se impatterebbe anche sul Nord Europa e in quale misura, avendo questi
un’inflazione già superiore alla media e certamente non vorrebbe perdere
competitività per favorire i Piigs.
Ma Bloomberg sottolinea come
sarebbero poco realistici gli acquisti di bond pubblici da parte della BCE,
perché la misura si configurerebbe come una forma di monetizzazione dei debiti
pubblici nazionali – vietata per statuto – nonché si avrebbero difficoltà
operative quasi insormontabili: quali bond acquistare? Bisognerebbe comprare
titoli di stato in proporzione al peso economico di ciascun paese (in questo
caso, Germania e Francia rappresenterebbero oltre la metà degli acquisti
complessivi)? Non si rischierebbe di creare problemi di “azzardo morale”,
visto che i governi troverebbero meno impellente risanare i conti pubblici,
calando i rendimenti sui bond pubblici?
Per questo, è probabile, come spiega
anche il banchiere centrale austriaco Ewald Nowotny, che siano preferite misure
“vicine al mercato”, dichiarazione che lascia presagire la maggiore probabilità
che siano acquistati sul mercato secondario titoli privati, anche se nemmeno in
questo caso, le questioni che la BCE dovrebbe porsi sarebbero meno complesse.
Ora BCE
costretta ad agire?
Gli analisti hanno, comunque, la
sensazione che stavolta Francoforte dovrà agire. Dopo avere già varato un piano
anti-spread, tra luglio e settembre 2012, mai effettivamente messo in atto e
dopo avere annunciato lo studio di un QE europeo, la BCE non potrebbe
indispettire i mercati, non facendo nulla. Il rischio sarebbe, infatti,
che gli investitori pongano fine alla fase rialzista e inizino a mettere in
dubbio la credibilità dei banchieri centrali europei.
Resta da vedere, però, come
reagiranno quando scopriranno che con ogni probabilità non saranno i titoli di
stato ad essere beneficiati dal QE di Draghi, ma solo quelli privati.
Ad ogni modo, i mercati ci credono e
oggi lo spread BTp-Bund a 10 anni ha toccato un nuovo minimo a 161 punti
base, con i rendimenti decennali italiani scesi al 3,16%, inferiori al 3,24%
dei Bonos spagnoli. Questi ultimi, per la scadenza a 5 anni, rendono appena
l’1,71%, stessa percentuale dei Treasuries americani.
di Giuseppe Timpone
Investireoggi
L’ITALIA RESPIRA: DEFICIT A 2,8% (MA RENZI NON C’ERA ANCORA)
Nel 2013 il
rapporto tra indebitamento netto e Pil è stato pari al 2,8%, in diminuzione di
0,1 punti percentuali rispetto a quello del 2012. Lo ha reso noto l'Istat.
Nel quarto trimestre 2013 l'indebitamento netto delle Amministrazioni Pubbliche in rapporto al Pil (dati grezzi) è stato pari all'1,1%, risultando inferiore di 0,4 punti percentuali rispetto a quello del corrispondente trimestre del 2012.
La pressione fiscale, nel 2013, è risultata pari al 43,8%, in flessione di 0,2 punti percentuali rispetto all'anno precedente. Lo ha comunicato l'Istat.
Nel quarto trimestre del 2013, la pressione fiscale è stata pari al 51,5%, in diminuzione di 0,3 punti percentuali rispetto allo stesso trimestre dell'anno precedente.
Nel quarto trimestre 2013 il saldo primario (indebitamento al netto degli interessi passivi) è risultato positivo e pari a 16.765 milioni di euro. L'incidenza dell'avanzo sul Pil è stata del 4,1%, inferiore di 0,1 punti percentuali rispetto a quella registrata nel quarto trimestre del 2012.
Il saldo corrente nel quarto trimestre 2013 è stato positivo e pari a 5.003 milioni di euro (9.153 milioni nel corrispondente trimestre dell'anno precedente), con un'incidenza sul Pil dell'1,2%.
Il potere d'acquisto delle famiglie italiane, tenuto conto dell'inflazione, e' diminuito dell'1,1% nel 2013 a fronte di una crescita del reddito disponibile dello 0,3%. E' quanto rileva l'Istat segnalando come nel solo quarto trimestre dell'anno scorso sia risultato in lieve diminuzione rispetto al trimestre precedente (-0,1%) mentre sia aumentato dello 0,4% rispetto al quarto trimestre del 2012. In aumento invece, sempre nel 2013, la propensione al risparmio delle famiglie che e' risultata pari al 9,8% (+1,4 punti percentuali rispetto all'anno precedente).
Nel quarto trimestre del 2013, al netto della stagionalita', e' stata pari al 10,2%, sostanzialmente invariata rispetto al trimestre precedente (+0,1 punti percentuali) ma in significativo aumento (+1,7 punti percentuali) rispetto al corrispondente trimestre del 2012. Nell'ultimo trimestre del 2013 il reddito disponibile e' risultato invariato rispetto al trimestre precedente mentre e' cresciuto dell'1,1% rispetto al corrispondente periodo del 2012.
(Ansa-TMNews)
Nel quarto trimestre 2013 l'indebitamento netto delle Amministrazioni Pubbliche in rapporto al Pil (dati grezzi) è stato pari all'1,1%, risultando inferiore di 0,4 punti percentuali rispetto a quello del corrispondente trimestre del 2012.
La pressione fiscale, nel 2013, è risultata pari al 43,8%, in flessione di 0,2 punti percentuali rispetto all'anno precedente. Lo ha comunicato l'Istat.
Nel quarto trimestre del 2013, la pressione fiscale è stata pari al 51,5%, in diminuzione di 0,3 punti percentuali rispetto allo stesso trimestre dell'anno precedente.
Nel quarto trimestre 2013 il saldo primario (indebitamento al netto degli interessi passivi) è risultato positivo e pari a 16.765 milioni di euro. L'incidenza dell'avanzo sul Pil è stata del 4,1%, inferiore di 0,1 punti percentuali rispetto a quella registrata nel quarto trimestre del 2012.
Il saldo corrente nel quarto trimestre 2013 è stato positivo e pari a 5.003 milioni di euro (9.153 milioni nel corrispondente trimestre dell'anno precedente), con un'incidenza sul Pil dell'1,2%.
Il potere d'acquisto delle famiglie italiane, tenuto conto dell'inflazione, e' diminuito dell'1,1% nel 2013 a fronte di una crescita del reddito disponibile dello 0,3%. E' quanto rileva l'Istat segnalando come nel solo quarto trimestre dell'anno scorso sia risultato in lieve diminuzione rispetto al trimestre precedente (-0,1%) mentre sia aumentato dello 0,4% rispetto al quarto trimestre del 2012. In aumento invece, sempre nel 2013, la propensione al risparmio delle famiglie che e' risultata pari al 9,8% (+1,4 punti percentuali rispetto all'anno precedente).
Nel quarto trimestre del 2013, al netto della stagionalita', e' stata pari al 10,2%, sostanzialmente invariata rispetto al trimestre precedente (+0,1 punti percentuali) ma in significativo aumento (+1,7 punti percentuali) rispetto al corrispondente trimestre del 2012. Nell'ultimo trimestre del 2013 il reddito disponibile e' risultato invariato rispetto al trimestre precedente mentre e' cresciuto dell'1,1% rispetto al corrispondente periodo del 2012.
(Ansa-TMNews)
Wallstreetitalia
EUROPEE: ECCO I SIMBOLI DEI SOLITI PARTITI
ROMA (WSI) -
Sono arrivati al Viminale i simboli delle liste in vista delle elezioni europee
del 25 maggio.
Il primo logo depositato è stato quello della Lega Nord portato da Roberto Calderoli.
Il secondo in ordine di arrivo è stato "Basta Euro", poi Scelta europea e Fratelli d'Italia.
Al Pd è stato assegnato il numero 32 in bacheca. La lista Tsipras sarà l'unica a dover presentare le 150mila firme necessarie per candidarsi entro il 15 aprile.
(TgCom)
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ROMA (WSI) - Al via la presentazione dei simboli al Viminale delle forze politiche per le prossime elezioni Europee del 25 maggio. Anche Forza Italia ha depositato al Viminale il simbolo per le elezioni Europee del 25 maggio. Il partito di Silvio Berlusconi è il numero 38 in lista. Si chiude così la cerchia dei 'loghi' elettorali dei maggiori partiti politici. Primo a consegnarlo la Lega Nord, a seguire M5s, Ncd e Udc, poi Scelta civica infine il Pd.
Ci sono «L'altra Europa» con Tsipras, i Fratelli d'Italia e l'Italia dei Valori, c'è anche una lista «Del Grillo Parlante» che recita «No euro» come quello del Carroccio. Non manca la lista «Recupero maltolto» che indica: «Bonum commune aqua. Aboliamo le province. No amnistia».
Tra i simboli più curiosi quello Forza Juve, Bunga bunga Usei, dove l'Usei sta per l'Unione sudamericana emigrati italiani e che ha come mascotte un omino che tira un calcio all'euro.
Sulla bacheca del Viminale che pubblica i contrassegni va forte il vecchio simbolo della Democrazia cristiana. Sono al momento quattro gli scudocrociati presenti nei simboli. Oltre al Nuovo Centro Destra di Angelino Alfano che corre insieme all'Unione dei Democratici cristiani e Democratici di centro, ci sono lo scudocrociato del Partito popolare italiano e quello della Democrazia cristiana che mostra la parola Libertas. Poi c'è lo scudocrociato del Cdu (Cristiani democratici uniti).
I partiti hanno tempo fino alle 16 di domani, lunedì. Tra i partiti maggiori, al momento, manca ancora il contrassegno di Forza Italia. Dalle 16 di domani, poi, ci sono due giorni per presentare eventuali ricorsi o modifiche. Una delle regole base nel deposito dei simboli è quella del 'primo che arriva'.
Il primo logo depositato è stato quello della Lega Nord portato da Roberto Calderoli.
Il secondo in ordine di arrivo è stato "Basta Euro", poi Scelta europea e Fratelli d'Italia.
Al Pd è stato assegnato il numero 32 in bacheca. La lista Tsipras sarà l'unica a dover presentare le 150mila firme necessarie per candidarsi entro il 15 aprile.
(TgCom)
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ROMA (WSI) - Al via la presentazione dei simboli al Viminale delle forze politiche per le prossime elezioni Europee del 25 maggio. Anche Forza Italia ha depositato al Viminale il simbolo per le elezioni Europee del 25 maggio. Il partito di Silvio Berlusconi è il numero 38 in lista. Si chiude così la cerchia dei 'loghi' elettorali dei maggiori partiti politici. Primo a consegnarlo la Lega Nord, a seguire M5s, Ncd e Udc, poi Scelta civica infine il Pd.
Ci sono «L'altra Europa» con Tsipras, i Fratelli d'Italia e l'Italia dei Valori, c'è anche una lista «Del Grillo Parlante» che recita «No euro» come quello del Carroccio. Non manca la lista «Recupero maltolto» che indica: «Bonum commune aqua. Aboliamo le province. No amnistia».
Tra i simboli più curiosi quello Forza Juve, Bunga bunga Usei, dove l'Usei sta per l'Unione sudamericana emigrati italiani e che ha come mascotte un omino che tira un calcio all'euro.
Sulla bacheca del Viminale che pubblica i contrassegni va forte il vecchio simbolo della Democrazia cristiana. Sono al momento quattro gli scudocrociati presenti nei simboli. Oltre al Nuovo Centro Destra di Angelino Alfano che corre insieme all'Unione dei Democratici cristiani e Democratici di centro, ci sono lo scudocrociato del Partito popolare italiano e quello della Democrazia cristiana che mostra la parola Libertas. Poi c'è lo scudocrociato del Cdu (Cristiani democratici uniti).
I partiti hanno tempo fino alle 16 di domani, lunedì. Tra i partiti maggiori, al momento, manca ancora il contrassegno di Forza Italia. Dalle 16 di domani, poi, ci sono due giorni per presentare eventuali ricorsi o modifiche. Una delle regole base nel deposito dei simboli è quella del 'primo che arriva'.
Wallstreetitalia
TAGLI: SCONTO IRAP DIMEZZATO
ROMA (WSI) -
Il governo lavora a un taglio della spesa da 32 miliardi nel 2016. "Non
saranno molto sexy per i giornali, ma sono in assoluto i più importanti perché
se nel 2014 possiamo agire con operazioni straordinarie nel 2016 devono esserci
tagli per 32 miliardi. Altrimenti viene giù tutto il castello", afferma il
viceministro dell'Economia, Enrico Morando, in un'intervista al Corriere della
Sera.
Per Morando è impossibile oggi usare il margine sotto il 3% del deficit: "Almeno nel contesto attuale, senza intesa preventiva e senza aver presentato il Def (documento di economia e finanza) col piano di rientro, utilizzare questo margine non è possibile" spiega.
Così come non si potrà far valere nell'immediato il calo degli interessi sul debito: "Intanto parliamo di cifre non roboanti: qualcosa sarà possibile ricavare perché le previsioni del governo Letta sull'ammontare degli interessi erano prudenziali ma la riduzione di queste settimane dello spread è importante soprattutto nel medio-lungo periodo per la credibilità del Paese". E non per finanziare il taglio del cuneo fiscale? "Per ora la ricaduta è più vicina allo zero. Il tempo di realizzazione non può che avere il respiro di un anno e mezzo, due anni...".
Quanto alla maggiore Iva che deriverà dal pagamento dei debiti della Pubblica amministrazione, Morando osserva che "questa sì che è una partita seria: se ci riesce, quest'anno pagheremo almeno 40 miliardi". E in termini di maggiore Iva produrrà "meno" di circa 4 miliardi. Spendibili nell'immediato? "Già calcolabili oggi, ma poi dipenderà da quando si farà il decreto dei pagamenti", risponde.
(TMNews)
Per Morando è impossibile oggi usare il margine sotto il 3% del deficit: "Almeno nel contesto attuale, senza intesa preventiva e senza aver presentato il Def (documento di economia e finanza) col piano di rientro, utilizzare questo margine non è possibile" spiega.
Così come non si potrà far valere nell'immediato il calo degli interessi sul debito: "Intanto parliamo di cifre non roboanti: qualcosa sarà possibile ricavare perché le previsioni del governo Letta sull'ammontare degli interessi erano prudenziali ma la riduzione di queste settimane dello spread è importante soprattutto nel medio-lungo periodo per la credibilità del Paese". E non per finanziare il taglio del cuneo fiscale? "Per ora la ricaduta è più vicina allo zero. Il tempo di realizzazione non può che avere il respiro di un anno e mezzo, due anni...".
Quanto alla maggiore Iva che deriverà dal pagamento dei debiti della Pubblica amministrazione, Morando osserva che "questa sì che è una partita seria: se ci riesce, quest'anno pagheremo almeno 40 miliardi". E in termini di maggiore Iva produrrà "meno" di circa 4 miliardi. Spendibili nell'immediato? "Già calcolabili oggi, ma poi dipenderà da quando si farà il decreto dei pagamenti", risponde.
(TMNews)
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SCONTRO REPUBBLICA – FATTO QUOTIDIANO SU
GRILLO
ROMA (WSI) -
«Con sprezzo del ridicolo, che conferma, ammesso ce ne fosse bisogno, la
qualità dei suoi argomenti, Beppe Grillo, in un'intervista al Fatto
quotidiano cui viene data la dignità dell'apertura e del titolo di testata del
numero in edicola ieri, indica l'Editore di Repubblica quale mandante di
misteriosi dossier contro il suo guru Casaleggio e, contestualmente, i
giornalisti dell'intero Gruppo l'Espresso (dunque anche la redazione di questo
giornale) quali volontari e supini propalatori di tale fango. Buon senso
consiglierebbe di non replicare a tale paccottiglia.
E tuttavia ci sentiamo obbligati a segnalare all'uomo, due o tre cose sulla redazione di Repubblica e la sua integrità. Non fosse altro per evitare che il silenzio venga confuso con cattiva coscienza. E dunque:
a) I giornalisti di Repubblica fanno del giornalismo, che può piacere o no, ma che è, resta e resterà giornalismo. Senza eccezioni. E questo vale e continuerà a valere dunque anche per Grillo, Casaleggio e il suo M5S.
b) In democrazia e in un Paese libero, raccogliere informazioni su un protagonista della vita pubblica, e sugli aspetti di rilevanza pubblica che l'opinione pubblica ha diritto di conoscere, non ha nulla a che fare con il dossieraggio. E in proposito, consigliamo a Grillo di andare a riprendersi qualche numero passato di Repubblica quando i suoi giornalisti, in splendida solitudine, smascherarono chi, come, quando e perché avvelenava la vita pubblica con i dossier. Indicando fatti, documenti, nomi. Erano tempi in cui Grillo faceva ancora il comico e si preparava a raccogliere i dividendi di quello svelamento.
Vorremmo infine dare una notizia a Grillo e a quanti, come lui, vivono con fastidio il giornalismo non genuflesso. Come ogni politico che ha calcato la scena pubblica, Grillo e il suo M5S passeranno. I giornali resteranno. La redazione di Repubblica continuerà a fare il suo lavoro senza lasciarsi né distrarre, né intimidire, né condizionare nel suo giornalismo da chi distilla veleni».
Il Cdr di Repubblica protesta perché alle accuse di Grillo contro De Benedetti è stata data dal Fatto "la dignità dell'apertura e del titolo di testata". Vorrà dire che la prossima volta, prima di mettere in pagina e titolare un articolo che potrebbe essere non gradito ai colleghi e a De Benedetti, ci atterremo al loro giudizio preventivo.
Copyright © La Repubblica. All rights riserve
E tuttavia ci sentiamo obbligati a segnalare all'uomo, due o tre cose sulla redazione di Repubblica e la sua integrità. Non fosse altro per evitare che il silenzio venga confuso con cattiva coscienza. E dunque:
a) I giornalisti di Repubblica fanno del giornalismo, che può piacere o no, ma che è, resta e resterà giornalismo. Senza eccezioni. E questo vale e continuerà a valere dunque anche per Grillo, Casaleggio e il suo M5S.
b) In democrazia e in un Paese libero, raccogliere informazioni su un protagonista della vita pubblica, e sugli aspetti di rilevanza pubblica che l'opinione pubblica ha diritto di conoscere, non ha nulla a che fare con il dossieraggio. E in proposito, consigliamo a Grillo di andare a riprendersi qualche numero passato di Repubblica quando i suoi giornalisti, in splendida solitudine, smascherarono chi, come, quando e perché avvelenava la vita pubblica con i dossier. Indicando fatti, documenti, nomi. Erano tempi in cui Grillo faceva ancora il comico e si preparava a raccogliere i dividendi di quello svelamento.
Vorremmo infine dare una notizia a Grillo e a quanti, come lui, vivono con fastidio il giornalismo non genuflesso. Come ogni politico che ha calcato la scena pubblica, Grillo e il suo M5S passeranno. I giornali resteranno. La redazione di Repubblica continuerà a fare il suo lavoro senza lasciarsi né distrarre, né intimidire, né condizionare nel suo giornalismo da chi distilla veleni».
Il Cdr di Repubblica protesta perché alle accuse di Grillo contro De Benedetti è stata data dal Fatto "la dignità dell'apertura e del titolo di testata". Vorrà dire che la prossima volta, prima di mettere in pagina e titolare un articolo che potrebbe essere non gradito ai colleghi e a De Benedetti, ci atterremo al loro giudizio preventivo.
Copyright © La Repubblica. All rights riserve
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FENOMENO BANCA IFIS:
DURERA’?
ROMA (WSI) -
La sfida a nuovi massimi di Borsa passa adesso soprattutto per una gestione
efficiente dei crediti problematici rilevati dagli altri istituti di credito. È
la convinzione diffusa tra gli analisti a proposito di Banca Ifis, che
nell’ultima settimana ha toccato a più riprese i massimi storici, portando così
la performance a dodici mesi al +140%. Un progresso superiore di un terzo
rispetto a quanto fatto registrare dall’indice Ftse Italia Banche.
«L’ottimismo che ha investito il settore finanziario spiega solo una parte del rendimento», commenta un analista. «Banca Ifis, infatti, è un operatore atipico su questo fronte, dato che i suoi ricavi arrivano soprattutto dalle attività di factoring e dalla gestione dei non performing loan». Un approccio che ha consentito all’istituto mestrino di chiudere il 2013 con un utile netto in crescita dell’8,5 per cento, a 84,8 milioni di euro.
E il dato sarebbe stato più elevato per 7,9 milioni senza l’aggravio dell’acconto Ires introdotto a fine anno con la Legge di Stabilità. Mentre il margine di intermediazione è risultato in progresso del 7,9 per cento raggiungendo i 264,2 milioni.
Durante lo scorso esercizio Banca Ifis ha rafforzato il proprio patrimonio (+23,1 per cento a 380,1 milioni di euro), con il Core Tier 1 che è passato dal 12,92 al 13,70 per cento. «Oggi il titolo quota su livelli importanti, scommettendo sulla capacità della società di confermare i livelli di redditività attuali (il roe è al 24,8 per cento, ndr)», commenta un altro operatore. Secondo il quale l’obiettivo potrà essere centrato solo a patto che «concorrano sia un’abilità di gestione da parte dell’azienda, sia condizioni favorevoli nel mercato».
Sul primo fronte è atteso un contributo limitato dagli investimenti finanziari, dato il trend al ribasso dello spread. La società ha in portafoglio titoli di Stato italiani per 8,3 miliardi di euro, destinati a ridursi progressivamente. «Ai prezzi attuali non vediamo più grandi margini di profitto spiega l’amministratore delegato Giovanni Bossi -.
Al tempo stesso, il rasserenarsi del clima sui mercati ci consente un costo del funding più contenuto». Per centrare il traguardo di mantenere il Roe sopra il 20 per cento fino al 2016 sarà necessario, poi, accelerare la redditività sul business dei non performing loan (il piano industriale indica un obiettivo del 24 per cento per il margine di intermediazione nel 2016 rispetto al 9 per cento di fine 2013).
«La banca ha perfezionato un sistema di gestione dei crediti difficili molto efficiente, ma i risultati sono legati anche all’andamento del ciclo economico, e quindi alla solvibilità dei debitori», commenta l’operatore. Proprio la gestione dei crediti difficili è uno dei temi caldi nelle ultime settimane, tra la prospettiva di creare una bad bank italiana e l’interesse mostrato da alcuni operatori internazionali verso il nostro mercato. Segno di una concorrenza crescente per Ifis? «Per quanto ci riguarda, siamo specializzati nel segmento del credito al consumo.
Rileviamo da altri istituti pacchetti solitamente di qualche decina di milioni di euro, una fetta del mercato che non interessa ai player internazionali, più orientati a gestire i portafogli di grandi dimensioni». Nel risiko che si sta aprendo nel comparto bancario, Bossi assicura di non avere all’orizzonte offerte di acquisto di gruppi concorrenti («puntando alla conferma di una redditività elevata, preferiamo percorrere la strada nota della crescita organica anziché avventurarci in acquisizioni »), né sembrano esservi possibilità che a breve il gruppo diventi preda di un operatore più grande, considerato che Sebastien Egon Fürstenberg ha in mano la maggioranza assoluta del capitale e non appare intenzionato a scendere.
Così la recente comunicazione di Invesco, che ha annunciato di essere salita al 3% del capitale sociale, va inquadrata nel generale ritorno dei gestori internazionali sul nostro Paese. A sinistra, l’andamento del titolo azionario Banca Ifis negli ultimi 365 giorni.
«L’ottimismo che ha investito il settore finanziario spiega solo una parte del rendimento», commenta un analista. «Banca Ifis, infatti, è un operatore atipico su questo fronte, dato che i suoi ricavi arrivano soprattutto dalle attività di factoring e dalla gestione dei non performing loan». Un approccio che ha consentito all’istituto mestrino di chiudere il 2013 con un utile netto in crescita dell’8,5 per cento, a 84,8 milioni di euro.
E il dato sarebbe stato più elevato per 7,9 milioni senza l’aggravio dell’acconto Ires introdotto a fine anno con la Legge di Stabilità. Mentre il margine di intermediazione è risultato in progresso del 7,9 per cento raggiungendo i 264,2 milioni.
Durante lo scorso esercizio Banca Ifis ha rafforzato il proprio patrimonio (+23,1 per cento a 380,1 milioni di euro), con il Core Tier 1 che è passato dal 12,92 al 13,70 per cento. «Oggi il titolo quota su livelli importanti, scommettendo sulla capacità della società di confermare i livelli di redditività attuali (il roe è al 24,8 per cento, ndr)», commenta un altro operatore. Secondo il quale l’obiettivo potrà essere centrato solo a patto che «concorrano sia un’abilità di gestione da parte dell’azienda, sia condizioni favorevoli nel mercato».
Sul primo fronte è atteso un contributo limitato dagli investimenti finanziari, dato il trend al ribasso dello spread. La società ha in portafoglio titoli di Stato italiani per 8,3 miliardi di euro, destinati a ridursi progressivamente. «Ai prezzi attuali non vediamo più grandi margini di profitto spiega l’amministratore delegato Giovanni Bossi -.
Al tempo stesso, il rasserenarsi del clima sui mercati ci consente un costo del funding più contenuto». Per centrare il traguardo di mantenere il Roe sopra il 20 per cento fino al 2016 sarà necessario, poi, accelerare la redditività sul business dei non performing loan (il piano industriale indica un obiettivo del 24 per cento per il margine di intermediazione nel 2016 rispetto al 9 per cento di fine 2013).
«La banca ha perfezionato un sistema di gestione dei crediti difficili molto efficiente, ma i risultati sono legati anche all’andamento del ciclo economico, e quindi alla solvibilità dei debitori», commenta l’operatore. Proprio la gestione dei crediti difficili è uno dei temi caldi nelle ultime settimane, tra la prospettiva di creare una bad bank italiana e l’interesse mostrato da alcuni operatori internazionali verso il nostro mercato. Segno di una concorrenza crescente per Ifis? «Per quanto ci riguarda, siamo specializzati nel segmento del credito al consumo.
Rileviamo da altri istituti pacchetti solitamente di qualche decina di milioni di euro, una fetta del mercato che non interessa ai player internazionali, più orientati a gestire i portafogli di grandi dimensioni». Nel risiko che si sta aprendo nel comparto bancario, Bossi assicura di non avere all’orizzonte offerte di acquisto di gruppi concorrenti («puntando alla conferma di una redditività elevata, preferiamo percorrere la strada nota della crescita organica anziché avventurarci in acquisizioni »), né sembrano esservi possibilità che a breve il gruppo diventi preda di un operatore più grande, considerato che Sebastien Egon Fürstenberg ha in mano la maggioranza assoluta del capitale e non appare intenzionato a scendere.
Così la recente comunicazione di Invesco, che ha annunciato di essere salita al 3% del capitale sociale, va inquadrata nel generale ritorno dei gestori internazionali sul nostro Paese. A sinistra, l’andamento del titolo azionario Banca Ifis negli ultimi 365 giorni.
Wallstreetitalia
RIFORMA ULTIMATA: LO IOR CONTINUERA’ AD
ESISTERE
Papa
Francesco "ha approvato una proposta sul futuro dell`Istituto per le Opere
Religiose (IOR), riaffermando l`importanza della missione dello IOR per il bene
della Chiesa Cattolica, della Santa Sede e dello Stato della Città del
Vaticano". Lo si legge in un comunicato vaticano. Lo Ior "continuerà
a servire con attenzione e a fornire servizi finanziari specializzati alla
Chiesa Cattolica in tutto il mondo".
"Il Santo Padre ha approvato una proposta sul futuro dell`Istituto per le Opere Religiose (IOR), riaffermando l`importanza della missione dello IOR per il bene della Chiesa Cattolica, della Santa Sede e dello Stato della Città del Vaticano", si legge nel comunicato. "La proposta è stata sviluppata congiuntamente da rappresentanti della Pontificia Commissione Referente sullo IOR (CRIOR)", guidata dal cardinale Raffaele Farina, "della Pontificia Commissione Referente di Studio e di Indirizzo sull`Organizzazione della Struttura Economico-Amministrativa della Santa Sede (COSEA)", guidata dal maltese Joseph F.X. Zahra, "della Commissione Cardinalizia dello IOR", guidato dal cardinale spagnolo Santos Abril y Castelló, "e del Consiglio di Sovrintendenza dello IOR", il board laico nel quale siede, tra l'altro, il cavaliere supremo di Colombo Carl Anderson, "e presentata al Santo Padre dal Cardinale-Prefetto della Segreteria per l`Economia", l'australiano George Pell, arrivato a Roma per prendere servizio pochi giorni fa, "con il consenso del Cardinal Santos Abril y Castelló, Presidente della Commissione Cardinalizia dello IOR. Tale proposta è stata definita sulla base di informazioni sullo status legale dello IOR e sull`operatività svolta, informazioni raccolte e presentate al Santo Padre e al suo Consiglio di Cardinali da CRIOR nel febbraio 2014".
"Lo IOR - si legge ancora nella nota - continuerà a servire con attenzione e a fornire servizi finanziari specializzati alla Chiesa Cattolica in tutto il mondo. I significativi servizi che possono essere offerti dall`Istituto, assistono il Santo Padre nella sua missione di pastore universale e supportano inoltre istituzioni e individui che collaborano con lui nel suo ministero".
"Con la conferma della missione dello IOR e facendo seguito alla richiesta del Cardinale-Prefetto Pell, il Presidente del Consiglio di Sovrintendenza, Ernst von Freyberg, e il management dello IOR porteranno a termine il loro piano al fine di assicurare che lo IOR possa compiere la sua missione come parte delle nuove strutture finanziarie della Santa Sede e dello Stato della Città del Vaticano. Il piano sarà presentato al Consiglio dei Cardinali del Santo Padre e al Consiglio per l`Economia.
Le attività dello IOR continueranno a rientrare sotto la supervisione regolamentare dell`AIF(Autorità di Informazione Finanziaria), autorità competente nell`ambito della Santa Sede e dello Stato della Città del Vaticano. In conformità ai Motu Proprio dell`8 agosto 2013 e del 15 novembre 2013 e alla legge numero XVIII sulla trasparenza, supervisione e informazione finanziaria entrata in vigore l`8 ottobre 2013, è stata introdotta un`ampia e articolata struttura legale e istituzionale finalizzata a regolare le attività finanziarie all`interno della Santa Sede e dello Stato della Città del Vaticano. A tale proposito, il Cardinale-Prefetto Pell ha confermato l`importanza di un allineamento sostenibile e sistematico delle strutture legali e normative della Santa Sede e dello Stato della Città del Vaticano con le best practice regolamentari internazionali. Una efficace supervisione regolamentare e i progressi raggiunti nella compliance, trasparenza e operatività avviati nel 2012 e sensibilmente accelerati nel 2013, sono fondamentali per il futuro dell`Istituto".
La decisione non è scontata se si considera che lo stesso Bergoglio non escludeva, mesi fa, nessuna ipotesi: "Io non so - disse di ritorno dal viaggio in Brasile - come finirà lo IOR; alcuni dicono che, forse, è meglio che sia una banca, altri che sia un fondo di aiuto, altri dicono di chiuderlo. Mah! Si sentono queste voci. Io non so. Io mi fido del lavoro delle persone dello IOR, che stanno lavorando su questo, anche della Commissione. Il Presidente dello IOR rimane, lo stesso che era prima; invece il Direttore e il Vicedirettore hanno dato le dimissioni. Ma questo, io non saprei dirle come finirà questa storia, e questo è bello anche, perché si trova, si cerca; siamo umani, in questo; dobbiamo trovare il meglio. Ma, questo sì; ma le caratteristiche dello IOR - sia banca, sia fondo di aiuto, sia qualsiasi cosa sia - trasparenza e onestà. Questo dev`essere così".
(TMNews)
"Il Santo Padre ha approvato una proposta sul futuro dell`Istituto per le Opere Religiose (IOR), riaffermando l`importanza della missione dello IOR per il bene della Chiesa Cattolica, della Santa Sede e dello Stato della Città del Vaticano", si legge nel comunicato. "La proposta è stata sviluppata congiuntamente da rappresentanti della Pontificia Commissione Referente sullo IOR (CRIOR)", guidata dal cardinale Raffaele Farina, "della Pontificia Commissione Referente di Studio e di Indirizzo sull`Organizzazione della Struttura Economico-Amministrativa della Santa Sede (COSEA)", guidata dal maltese Joseph F.X. Zahra, "della Commissione Cardinalizia dello IOR", guidato dal cardinale spagnolo Santos Abril y Castelló, "e del Consiglio di Sovrintendenza dello IOR", il board laico nel quale siede, tra l'altro, il cavaliere supremo di Colombo Carl Anderson, "e presentata al Santo Padre dal Cardinale-Prefetto della Segreteria per l`Economia", l'australiano George Pell, arrivato a Roma per prendere servizio pochi giorni fa, "con il consenso del Cardinal Santos Abril y Castelló, Presidente della Commissione Cardinalizia dello IOR. Tale proposta è stata definita sulla base di informazioni sullo status legale dello IOR e sull`operatività svolta, informazioni raccolte e presentate al Santo Padre e al suo Consiglio di Cardinali da CRIOR nel febbraio 2014".
"Lo IOR - si legge ancora nella nota - continuerà a servire con attenzione e a fornire servizi finanziari specializzati alla Chiesa Cattolica in tutto il mondo. I significativi servizi che possono essere offerti dall`Istituto, assistono il Santo Padre nella sua missione di pastore universale e supportano inoltre istituzioni e individui che collaborano con lui nel suo ministero".
"Con la conferma della missione dello IOR e facendo seguito alla richiesta del Cardinale-Prefetto Pell, il Presidente del Consiglio di Sovrintendenza, Ernst von Freyberg, e il management dello IOR porteranno a termine il loro piano al fine di assicurare che lo IOR possa compiere la sua missione come parte delle nuove strutture finanziarie della Santa Sede e dello Stato della Città del Vaticano. Il piano sarà presentato al Consiglio dei Cardinali del Santo Padre e al Consiglio per l`Economia.
Le attività dello IOR continueranno a rientrare sotto la supervisione regolamentare dell`AIF(Autorità di Informazione Finanziaria), autorità competente nell`ambito della Santa Sede e dello Stato della Città del Vaticano. In conformità ai Motu Proprio dell`8 agosto 2013 e del 15 novembre 2013 e alla legge numero XVIII sulla trasparenza, supervisione e informazione finanziaria entrata in vigore l`8 ottobre 2013, è stata introdotta un`ampia e articolata struttura legale e istituzionale finalizzata a regolare le attività finanziarie all`interno della Santa Sede e dello Stato della Città del Vaticano. A tale proposito, il Cardinale-Prefetto Pell ha confermato l`importanza di un allineamento sostenibile e sistematico delle strutture legali e normative della Santa Sede e dello Stato della Città del Vaticano con le best practice regolamentari internazionali. Una efficace supervisione regolamentare e i progressi raggiunti nella compliance, trasparenza e operatività avviati nel 2012 e sensibilmente accelerati nel 2013, sono fondamentali per il futuro dell`Istituto".
La decisione non è scontata se si considera che lo stesso Bergoglio non escludeva, mesi fa, nessuna ipotesi: "Io non so - disse di ritorno dal viaggio in Brasile - come finirà lo IOR; alcuni dicono che, forse, è meglio che sia una banca, altri che sia un fondo di aiuto, altri dicono di chiuderlo. Mah! Si sentono queste voci. Io non so. Io mi fido del lavoro delle persone dello IOR, che stanno lavorando su questo, anche della Commissione. Il Presidente dello IOR rimane, lo stesso che era prima; invece il Direttore e il Vicedirettore hanno dato le dimissioni. Ma questo, io non saprei dirle come finirà questa storia, e questo è bello anche, perché si trova, si cerca; siamo umani, in questo; dobbiamo trovare il meglio. Ma, questo sì; ma le caratteristiche dello IOR - sia banca, sia fondo di aiuto, sia qualsiasi cosa sia - trasparenza e onestà. Questo dev`essere così".
(TMNews)
Wallstreetitalia
COSA CAMBIA PER IL POPOLO DELLE PARTITE IVA
ROMA (WSI) -
Precari o evasori? Parlare di partite Iva oggi non sembra essere più
semplice come negli anni ’90. Ci hanno provato di recente i sindacati: per la
Camusso si tratta di "evasori", Bonanni cerca di intercettare la
platea lanciando uno sfortunato hashtag su twitter e proponendone la
"regolarizzazione".
Dopo l’approvazione il 20 marzo del decreto sul Jobs Act di Matteo Renzi, con gli interventi sui contratti a termine e apprendistato, in realtà il tema della partite Iva è tornato alla ribalta. A cominciare dal bonus annunciato di 80 euro in busta paga ai dipendenti. «Anche il lavoro indipendente deve beneficiarne», propone sul proprio sito l’Acta, associazione del terziario.
Il ministro del lavoro Poletti si è espresso in merito: «I precari veri sono le partite Iva fasulle», ovvero quei lavoratori autonomi che svolgono mansioni da dipendente, con orari e postazione fissi, con un unico datore di lavoro. La liberalizzazione dei contratti determinati contenuta nel Jobs Act dovrebbe portare, secondo il ministro, alla diminuzione di questi abusi: l’azienda non ti costringerà più ad aprire la partita Iva per non pagare i contributi se può prenderti per 3 anni a tempo determinato.
Eppure, la materia è complessa. E le considerazioni di Poletti non sembrano cogliere il punto: la natura della partita Iva è cambiata nel corso dell’ultimo decennio. Dopo la proliferazione che ha portato a includere nella categoria anche infermieri, dottori, parrucchieri, giornalisti e perfino qualche bagnino. E sono ormai in molti a pensare che questo cambiamento debba portare a una riforma della categoria. Anzitutto sul regime contributivo.
«Col livello di tassazione attuale non ?auguro a nessuno di aprire partita Iva in questo momento», spiega Denise, che ha 32 anni e lavora come infermiera. «Pago acconti tra il? 100 e il 102%, praticamente quello che dovrei pagare viene raddoppiato. E l'Inps è troppo alto». E senza nessuna possibilità di fare nero: «Lavoriamo per imprese, enti pubblici, terzo settore: non possiamo che fatturare tutti i nostri servizi», precisa l'Acta.
Forse è arrivato il momento di distinguere fra partite Iva. Proviamo con tre categorie: 1) Imprenditori e professionisti. 2) I lavoratori indipendenti, principalmente iscritti alla gestione separata, che lavorano spesso in monocommittenza. 3) Le false partite Iva. È la seconda categoria ad interessarci: «Non siamo false partite Iva, ma veri lavoratori indipendenti», scrive ancora l'Acta. «Con una pressione fiscale analoga a quella dei dipendenti, ma senza le tutele. Siamo oltre un milione e mezzo». E tra questi sono molti i giovani.
Nel 2013 si sono aperte 527mila nuove partite Iva (cifra simile nel 2012, con un calo del 4.4%). Di queste il 78.4% sono relative a persone fisiche (partite Iva individuali) e il 50% è costituito da giovani sotto i 35 anni. Considerato il tasso di disoccupazione giovanile del 42.2% si tratta di numeri considerevoli.
«Ho aperto la partita Iva 2 anni fa», racconta Giancarlo, che ha 29 anni e fa il grafico. «Col regime dei minimi per i giovani non è male, tra Inps e Irpef pago in tutto il 33% di tasse. Ma il primo anno mi hanno massacrato gli acconti». Il sistema degli acconti, infatti, penalizza proprio chi ha ha appena iniziato a lavorare: «Lavori. Paghi le tasse l'anno successivo» continua Giancarlo «Ma a dicembre ti trovi a dover anticipare anche le tasse dell'anno che verrà, e per chi si trova all'inizio questo significa pagare 2 anni di tasse su uno di lavoro, mentre gli anni successivi il problema si risolve dato che sulle tasse da pagare si sconta l'acconto pagato l'anno precedente».
Mentre le stime sindacali concordano nel conteggiare le false partite Iva come il 10% del totale (500mila), sarebbe il 20% l’area del lavoro indipendente. Tra un milione e un milione e mezzo di persone. Questa categoria includerebbe tutti gli iscritti alla gestione separata dell’Inps, ma non solo: 300mila partite Iva, 650mila co.co.pro e 50mila co.co.co. Categoria su cui l'Inps pesa per il 28% ma che con la Riforma Fornero dovrebbe arrivare al 34% nel 2019.
«Le Partita Iva sono la cassa dello stato», dice Gianni che ha appena compiuto 40 anni e fa il fotografo. «I minimi sono impossibili da sostenere» continua «e fuori dai minimi la pressione fiscale a conti fatti rappresenta oltre il 70% del fatturato. Lo Stato mi suggerisce che è meglio lavorare di meno, guadagnare poco e vivere con niente». Il problema è reale: per mantenere il regime dei minimi e pagare 28% di Inps e 5% di Irpef bisogna mantenere un reddito sotto la soglia di 30mila euro lordi l'anno. ?
Insomma, da una parte gli imprenditori che possono evadere. Dall'altra precari in regola, non finte partite Iva, ma lavoratori indipendenti con poca autonomia gestionale (e di cassa) che difficilmente potranno essere commutabili in co.co.pro. E su cui si potrebbe intervenire. Le proposte avanzate finora per la regolarizzazione o tutela delle nuove partite Iva, sono principalmente due, come riportato anche dalla Cisl: taglio dell’Inps e salario minimo. Se l’Inps fosse equiparato a quello dei lavoratori dipendenti (la cui aliquota media a carico della ditta equivale al 32.70% ma quella a carico del dipendente è del 9.2%) sarebbe molto diverso.
Poi, il salario minimo. È questo il punto fondamentale (ma meno immediato di un taglio dell'Inps), perché una partita Iva dovrebbe essere pagata di più dovendosi pagare da sola tutti i contributi. Un emendamento del Ddl Fornero portava a 18mila euro lordi l’anno la soglia per distinguere una vera partita Iva da una falsa (nel caso specifico di prestazioni lavorative connotate da competenze teoriche o pratiche di grado elevato). È questa una buona soglia da tenere in considerazione per la costituzione di un salario minimo.
Dopo l’approvazione il 20 marzo del decreto sul Jobs Act di Matteo Renzi, con gli interventi sui contratti a termine e apprendistato, in realtà il tema della partite Iva è tornato alla ribalta. A cominciare dal bonus annunciato di 80 euro in busta paga ai dipendenti. «Anche il lavoro indipendente deve beneficiarne», propone sul proprio sito l’Acta, associazione del terziario.
Il ministro del lavoro Poletti si è espresso in merito: «I precari veri sono le partite Iva fasulle», ovvero quei lavoratori autonomi che svolgono mansioni da dipendente, con orari e postazione fissi, con un unico datore di lavoro. La liberalizzazione dei contratti determinati contenuta nel Jobs Act dovrebbe portare, secondo il ministro, alla diminuzione di questi abusi: l’azienda non ti costringerà più ad aprire la partita Iva per non pagare i contributi se può prenderti per 3 anni a tempo determinato.
Eppure, la materia è complessa. E le considerazioni di Poletti non sembrano cogliere il punto: la natura della partita Iva è cambiata nel corso dell’ultimo decennio. Dopo la proliferazione che ha portato a includere nella categoria anche infermieri, dottori, parrucchieri, giornalisti e perfino qualche bagnino. E sono ormai in molti a pensare che questo cambiamento debba portare a una riforma della categoria. Anzitutto sul regime contributivo.
«Col livello di tassazione attuale non ?auguro a nessuno di aprire partita Iva in questo momento», spiega Denise, che ha 32 anni e lavora come infermiera. «Pago acconti tra il? 100 e il 102%, praticamente quello che dovrei pagare viene raddoppiato. E l'Inps è troppo alto». E senza nessuna possibilità di fare nero: «Lavoriamo per imprese, enti pubblici, terzo settore: non possiamo che fatturare tutti i nostri servizi», precisa l'Acta.
Forse è arrivato il momento di distinguere fra partite Iva. Proviamo con tre categorie: 1) Imprenditori e professionisti. 2) I lavoratori indipendenti, principalmente iscritti alla gestione separata, che lavorano spesso in monocommittenza. 3) Le false partite Iva. È la seconda categoria ad interessarci: «Non siamo false partite Iva, ma veri lavoratori indipendenti», scrive ancora l'Acta. «Con una pressione fiscale analoga a quella dei dipendenti, ma senza le tutele. Siamo oltre un milione e mezzo». E tra questi sono molti i giovani.
Nel 2013 si sono aperte 527mila nuove partite Iva (cifra simile nel 2012, con un calo del 4.4%). Di queste il 78.4% sono relative a persone fisiche (partite Iva individuali) e il 50% è costituito da giovani sotto i 35 anni. Considerato il tasso di disoccupazione giovanile del 42.2% si tratta di numeri considerevoli.
«Ho aperto la partita Iva 2 anni fa», racconta Giancarlo, che ha 29 anni e fa il grafico. «Col regime dei minimi per i giovani non è male, tra Inps e Irpef pago in tutto il 33% di tasse. Ma il primo anno mi hanno massacrato gli acconti». Il sistema degli acconti, infatti, penalizza proprio chi ha ha appena iniziato a lavorare: «Lavori. Paghi le tasse l'anno successivo» continua Giancarlo «Ma a dicembre ti trovi a dover anticipare anche le tasse dell'anno che verrà, e per chi si trova all'inizio questo significa pagare 2 anni di tasse su uno di lavoro, mentre gli anni successivi il problema si risolve dato che sulle tasse da pagare si sconta l'acconto pagato l'anno precedente».
Mentre le stime sindacali concordano nel conteggiare le false partite Iva come il 10% del totale (500mila), sarebbe il 20% l’area del lavoro indipendente. Tra un milione e un milione e mezzo di persone. Questa categoria includerebbe tutti gli iscritti alla gestione separata dell’Inps, ma non solo: 300mila partite Iva, 650mila co.co.pro e 50mila co.co.co. Categoria su cui l'Inps pesa per il 28% ma che con la Riforma Fornero dovrebbe arrivare al 34% nel 2019.
«Le Partita Iva sono la cassa dello stato», dice Gianni che ha appena compiuto 40 anni e fa il fotografo. «I minimi sono impossibili da sostenere» continua «e fuori dai minimi la pressione fiscale a conti fatti rappresenta oltre il 70% del fatturato. Lo Stato mi suggerisce che è meglio lavorare di meno, guadagnare poco e vivere con niente». Il problema è reale: per mantenere il regime dei minimi e pagare 28% di Inps e 5% di Irpef bisogna mantenere un reddito sotto la soglia di 30mila euro lordi l'anno. ?
Insomma, da una parte gli imprenditori che possono evadere. Dall'altra precari in regola, non finte partite Iva, ma lavoratori indipendenti con poca autonomia gestionale (e di cassa) che difficilmente potranno essere commutabili in co.co.pro. E su cui si potrebbe intervenire. Le proposte avanzate finora per la regolarizzazione o tutela delle nuove partite Iva, sono principalmente due, come riportato anche dalla Cisl: taglio dell’Inps e salario minimo. Se l’Inps fosse equiparato a quello dei lavoratori dipendenti (la cui aliquota media a carico della ditta equivale al 32.70% ma quella a carico del dipendente è del 9.2%) sarebbe molto diverso.
Poi, il salario minimo. È questo il punto fondamentale (ma meno immediato di un taglio dell'Inps), perché una partita Iva dovrebbe essere pagata di più dovendosi pagare da sola tutti i contributi. Un emendamento del Ddl Fornero portava a 18mila euro lordi l’anno la soglia per distinguere una vera partita Iva da una falsa (nel caso specifico di prestazioni lavorative connotate da competenze teoriche o pratiche di grado elevato). È questa una buona soglia da tenere in considerazione per la costituzione di un salario minimo.
Wallstreetitalia
LA GRANDE OCCASIONE DEI BANCARI E’ A TEMPO
DETERMINATO
Piazza Affari piace soprattutto agli
stranieri ma non è certo per una crescita in vista (o almeno non per il
momento). Si tratta di un effetto traino dato soprattutto dalla Bce e dai fondi
statunitensi, BlackRock in primis, che iniziano a puntare sul settore,
nonostante i numeri facciano pensare male. Quali? Quelli di Intesa e Unicredit
per esempio, in rosso, ma che continuano a riscuotere fiducia da parte degli
investitori con un guadagno che oscilla tra il 20 e l 30%. Oppure con
quell'aumento di capitale di Banco Popolare che invece di essere visto come un
difetto è stato interpretato, come per molti altri istituti di credito, come
una presa di coscienza dei reali problemi e una prova concreta di riassetto
interno. Risultato: tutti contenti, Banco in primis.
Non solo, ma la scommessa si poggia
anche sulle prospettive di fusioni, alleanze e nuove ristrutturazioni interne
(tagli di rami improduttivi e cessioni di crediti in sofferenza) che
ridisegneranno la mappa del panorama italiano in particolare sulle piccole
realtà.
Tutte cose che gli analisti vedono,
così come l'impegno delle banche per tornare ad essere redditizie dopo un 2013
a sua volta il punto peggiore del cammino. Anche perchè alla fine di tutto la
Bce sarà anche un ulteriore filtro (leggi garante) di tutto quanto fatto finora
e ancora in fase di studio. Partendo da tutti questi fattori, ovviamente, non
si può che essere ottimisti.
MA non sarà una storia lunga dal
momento che la stessa Bce che ha decretato la salvezza a suo tempo delle banche
(o anche il miracolo vista la situazione di semi-fallimento di due anni fa)
potrebbe anche decretarne la fine. Infatti alla base di tutto c'è quel piano da
mille miliardi al vaglio dei vertici di Bruxelles. L'inflazione bassa e che non
ha intenzione di schiodarsi dai suoi limiti, la cosiddetta lowflation, deve
aver messo paura realmente se si è passati dalle parole (generiche)
all'annuncio di un piano da 80 miliardi al mese per un anno (questo è il
massimo ottenibile da Draghi, accontentiamoci).
Le strategie
Ma per tutto questo noi viviamo nel
mondo delle ipotesi dal momento che, come sappiamo, non saranno i titoli di
stato ad essere comprati, bensì quelli, con ogni probabilità, le cosiddette Abs
e cioè le cartolarizzazioni dei prestiti bancari, un mercato di per sè troppo
piccolo per essere sfruttato. Altra ipotesi? Una Ltro all'inglese dove si
potrebbero privilegiare iniezioni d liquidità a quelle banche che privilegiano
l'erogazione di mutui a imprese e privati, in modo da coinvolgere finalmente
l'economia reale nel flusso di capitali. Ultima ipotesi possibile (ma non è
detto che a Bruxelles non stiano preparando un mix di strumenti alternativi),
il classico taglio del costo del denaro accompagnato da quello in negativo sui
depositi.
6mesi
Eppure, tutto questo, implicitamente
è anche il segno di una sconfitta, quella di non essere riusciti in 4 anni e
dopo 3 azioni di stimolo a mettere in riga l'economia del Vecchio Continente,
facilitando la vita fino ad ora solo alle banche. Ma nella migliore logica di
"un colpo al cerchio e uno alla botte" si è deciso, con gli stress
test, di mettere sotto controllo anche i bilanci delle banche. Un problema? No,
perchè a quanto pare proprio le banche, nonostante i conti in bilico e il
pericolo (sempre più spesso reale) dell'aumento di capitale, hanno iniziato a
correre. E continueranno a farlo. Per sempre? No. L'arrivo di questi eventuali
80 miliardi, obbligano gli istituti di credito a presentarsi non solo con i
conti a posto come previsto, ma anche con l'obbligo del cronometro alla mano.
In realtà si tratterebbe di un calendario, quello con il quale calcolare la
possibile entrata in scena di questo QE all'europea e cioè tra la fine degli
stress test e l'inizio del rialzo dei tassi Usa. Una finestra che si aprirà
verso ottobre di quest'anno per chiudersi con ogni probabilità a metà del 2015
con il previsto rialzo dei tassi di interesse sui titoli di stato Usa.
Rossana Prezioso per
Trend-online
MERSCH: IL QE E’ UN CONCETTO TEORICO
Gli Abs in
Europa sono stati trattati in maniera non appropriata dall'attuale
regolamentazione. E' importante quindi che si "agisca rapidamente su una
materia che rappresenta un tema delicato della realtà" del Vecchio
Continente. "Se la BoE e la Bce presentassero insieme un rapporto su
questo tema al prossimo meeting di primavera del Fmi, questo sottolineerebbe la
determinazione dell'Europa nel fare un deciso passo avanti", ha affermato
oggi il membro della Bce, Yves Mersch.
Al prossimo meeting del Fmi, che avrà luogo dall'11 al 13 aprile, BoE e Bce presenteranno congiuntamente un documento sul tema della regolamentazione degli Abs. Il report, qualora fosse molto dettagliato, puntualizzano gli analisti di Mps Capital Services, "potrebbe essere letto come una sorta di proposta che la Banca centrale europea fa alle autorità, tra cui in primis il comitato di Basilea, di modifica della regolamentazione, il che potrebbe accorciare i tempi d'implementazione" del quantitative easing.
L'ipotesi di un QE sui titoli governativi appare confinata a una possibilità solo di extrema ratio, concludono gli esperti, "poiché il tema centrale rimane il QE sugli Abs". Per lo stesso Mersch c'è ancora molta strada da fare tra la teoria e l'implementazione del QE che rimane per lo più un concetto teorico. Francoforte deve, infatti, valutare gli aspetti legali del quantitative easing e considerare quali asset poter comprare, tra quelli pubblici e quelli privati.
Il membro della Bce ha, infine, tranquillizzato i più ricordando che siamo lontani dal rischio di un'imminente deflazione e che l'inflazione resta sotto controllo. Comunque "siamo pronti a prepararci per tale situazione", ha detto Mersch, precisando tuttavia esiste ancora spazio per allentare la politica monetaria tramite strumenti convenzionali. Dopo le parole di Mersch l'euro guadagna qualche punto sul dollaro a quota 1,3727.
Al prossimo meeting del Fmi, che avrà luogo dall'11 al 13 aprile, BoE e Bce presenteranno congiuntamente un documento sul tema della regolamentazione degli Abs. Il report, qualora fosse molto dettagliato, puntualizzano gli analisti di Mps Capital Services, "potrebbe essere letto come una sorta di proposta che la Banca centrale europea fa alle autorità, tra cui in primis il comitato di Basilea, di modifica della regolamentazione, il che potrebbe accorciare i tempi d'implementazione" del quantitative easing.
L'ipotesi di un QE sui titoli governativi appare confinata a una possibilità solo di extrema ratio, concludono gli esperti, "poiché il tema centrale rimane il QE sugli Abs". Per lo stesso Mersch c'è ancora molta strada da fare tra la teoria e l'implementazione del QE che rimane per lo più un concetto teorico. Francoforte deve, infatti, valutare gli aspetti legali del quantitative easing e considerare quali asset poter comprare, tra quelli pubblici e quelli privati.
Il membro della Bce ha, infine, tranquillizzato i più ricordando che siamo lontani dal rischio di un'imminente deflazione e che l'inflazione resta sotto controllo. Comunque "siamo pronti a prepararci per tale situazione", ha detto Mersch, precisando tuttavia esiste ancora spazio per allentare la politica monetaria tramite strumenti convenzionali. Dopo le parole di Mersch l'euro guadagna qualche punto sul dollaro a quota 1,3727.
Milano Finanza
COMMENTO IN CHIUSURA
Piazza Affari ha chiuso in ribasso con l´indice Ftse Mib che non è riuscito
a tenere la soglia dei 22.000 punti, chiudendo comunque lontano dai minimi
intraday toccati a 21.841 punti. Il tema ricorrente è ancora il possibile
quantitative easing in salsa europea ventilato giovedì scorso da Mario Draghi,
soprattutto dopo le indiscrezioni rilanciate dalla stampa tedesca secondo cui
l´Eurotower avrebbe simulato gli effetti di un piano anti deflazione da mille
miliardi di euro. E´ proseguito il debole andamento di Wall Street dopo i dati
di venerdì sul mercato del lavoro statunitense che hanno evidenziato a marzo la
creazione di 192 mila nuovi posti di lavoro nel settore non agricolo, in rialzo
rispetto al mese precedente ma peggio delle attese degli analisti che
indicavano 200 mila nuovi posti. Il tasso di disoccupazione è invece rimasto
stabile al 6,7%. In questo quadro a Piazza Affari l´indice Ftse Mib ha ceduto
lo 0,84% a 21.988 punti. Finmeccanica (-1,78% a 7,14 euro) sotto i riflettori
con l´Ad Alessandro Pansa che ha dichiarato che sulla vendita di Ansaldo STS
sono in corso approfondimenti. Le parole del top manager sono arrivate dopo
quanto detto venerdì scorso dal convegno Ambrosetti a Cernobbio dal Ceo di
General Electric Europe, Ferdinando Beccalli-Falco, a proposito della
controllata di Finmeccanica: "Ho avviato i primi contatti informali dieci
anni fa e non è venuto nulla. Quando le cose si trascinano troppo a lungo, è
difficile chiudere". Alla domanda se questo possa significare una rinuncia
di General Electric al dossier per acquistare Ansaldo STS, Beccalli-Falco ha
detto: "Non ci sono margini per mettersi d´accordo". Pirelli ha
lasciato sul parterre il 2,03% a 11,55 euro in scia alla bocciatura di Ubs che
ha tagliato il giudizio sul gruppo della Bicocca a neutral dal precedente buy.
Nel comparto bancario le vendite hanno colpito Montepaschi (-2,25% a 0,277
euro), Intesa SanPaolo (-1,31% a 2,554 euro), Mediobanca (-1,73% a 8,235 euro),
Ubi Banca (-1,39% a 7,415 euro) e Unicredit (-1,75% a 6,705 euro). In
controtendenza il Banco Popolare, che ha guadagnato lo 0,06% a 15,21 euro, e
Popolare di Milano, che ha mostrato un progresso dell´1,47% a 0,757 euro. Buzzi
Unicem (-0,21% a 14 euro) non ha sfruttato la scia fornita dalla maxi fusione
avvenuta nel comparto europeo del cemento. La svizzera Holcim e la francese
Lafarge hanno deciso di unirsi dando vita a un colosso con un fatturato pari a
44 miliardi di dollari. Questa mattina sul titolo è arrivata anche la
promozione da Fidentiis che ha alzato il giudizio a buy su Buzzi Unicem. Tonica
Telecom Italia (+1,70% a 0,893 euro) in scia alla conferma del fermento nel
settore europeo delle telecomunicazioni. Questa mattina, dopo mesi di
trattative, Vivendi ha ceduto Sfr a Numericable per 13,5 miliardi di euro in
contanti più il 20% della newco che nascerà dalla fusione. L´offerta di
Numericable per la società francese di telefonia ha superato quella presentata
da Bouygues.Finanzaonline