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SINTESI DELLA GIORNATA FINANZIARIA DEL 4 APRILE 2014



Positiva Mediaset (+0,93% a 4,328 euro) dopo aver ceduto il 25% di EI Towers, società attiva nel settore delle torri di trasmissione, incassando 283,7 milioni di euro. Il collocamento, curato da Mediobanca, è avvenuto a 40,15 per azione e ha interessato 7.065.600 azioni ordinarie EI Towers. L’operazione ha fatto scendere la partecipazione del gruppo di Cologno Monzese nella società delle torri al 40% dal precedente 65 per cento. Secondo quanto riportato dalle principali agenzie di stampa, ad acquistare la quota di EI Towers messa in vendita da Mediaset sono intervenuti per un terzo fondi italiani, per un terzo britannici e la restante quota sarebbe finita nelle mani di fondi statunitensi. Saipem è invece finita in territorio negativo con un ribasso dello 0,67% a 4,328 euro.

Nel comparto bancario il Banco Popolare ha perso il 2,56% a 15,20 euro dopo la salita da parte di BlackRock. Il fondo statunitense, con un’operazione risalente allo scorso 31 marzo, è salito al 6,85% dell’istituto scaligero. Ancora sotto i riflettori il Montepaschi (-0,39% a 0,2834 euro), con la Fondazione Mps che ha annunciato di essere scesa al 3,1% del capitale della banca senese, di cui il 2,5% è vincolato al patto con i nuovi soci sudamericani Fintech e Btg Pactual. L’ente di Palazzo Sansedoni ha fatto sapere che dopo la serie di cessioni la suo quota in Mps è oggi pari al 9,6%. Nel resto del comparto gli acquisti hanno premiato Popolare di Milano (+0,88% a 0,7465 euro), Intesa SanPaolo (+1,41% a 2,588 euro), Mediobanca (+1,21% a 8,38 euro), Ubi Banca (+4,66% a 7,52 euro) e Unicredit (+0,81%xxx a 6,825 euro).
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DECISO MIGLIORAMENTO DEL MERCATO DEL LAVORO USA?
Riflettori puntati oggi sui dati sul mercato del lavoro Usa, in uscita nel primo pomeriggio. Alle 14.30 ore italiane verranno diffuse dal Bureau of Labor Statistics del Dipartimento del Lavoro statunitense le non farm payrolls, ossia le nuove buste paga nei settori non agricoli, e il tasso di disoccupazione, entrambi relativi al mese di marzo. Gli analisti si aspettano un deciso miglioramento: il consensus Bloomberg è per 190 mila nuovi occupati nei settori non agricoli dai precedenti 175 mila di febbraio, mentre il tasso di disoccupazione dovrebbe ritornare al 6,6% dopo il lieve rialzo del mese prima al 6,7%. 

D'altronde le premesse per un deciso miglioramento del mercato del lavoro americano ci sono tutte. Ne è convinto Rob Carnell, analista di Ing, che si dice fiducioso di vedere le non farm payrolls addirittura salire a 195 mila. "La stima Adp mercoledì è salita a 191 mila - spiega Carnell - l'indice Ism non manifatturiero ieri si è attestato a 53,1 punti dai precedenti 51,6, con un buon rialzo per la sottocomponente occupazionale". "Le nuove richieste settimanali ai sussidi di disoccupazione, diffuse ieri, sono state meno positive del previsto - precisa l'analista di Ing - ma sono piuttosto irrilevanti per l'indagine sulle payrolls".

I dati impatteranno in modo marcato sull'andamento dell’ultima sessione della settimana. Un aumento inferiore alle attese o addirittura un calo delle payrolls evidenzia un ristagno dell'economia e solitamente è accolto sfavorevolmente dal mercato. Senza contare che l'andamento del mercato del lavoro influenza le decisioni di politica monetaria della Federal Reserve. Ieri Wall Street ha chiuso in calo con il Nasdaq (-0,9%) tra i più penalizzati. Ribasso molto più contenuto per l’indice S&P500 (-0,1%) dopo aver registrato un nuovo massimo storico in apertura di sessione.
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MEDIASET: CEDUTO IL 25% DELLE TORRI

Con un collocamento lampo Mediaset ha ceduto il 25% di EI Towers, società attiva nel settore delle torri di trasmissione, incassando 283,7 milioni di euro. Il collocamento, curato da Mediobanca, è avvenuto a 40,15 per azione e ha interessato 7.065.600 azioni ordinarie EI Towers. L’operazione ha fatto scendere la partecipazione del gruppo di Cologno Monzese nella società delle torri al 40% dal precedente 65 per cento. Buona la risposta del mercato: a Piazza Affari il titolo Mediaset mostra un progresso dei quasi 1,5 punti percentuali a 4,344 euro.

Secondo quanto riportato dalle principali agenzie di stampa, ad acquistare la quota di EI Towers messa in vendita da Mediaset sono intervenuti per un terzo fondi italiani, per un terzo britannici e la restante quota sarebbe finita nelle mani di fondi statunitensi.

I quasi 300 milioni di euro incassati potrebbero servire a finanziare l’esborso per la Champions League in esclusiva nel triennio 2015-2018. Le partite in diretta della massima competizione calcistica europea costeranno al Biscione poco meno di 250 milioni di euro annui per un complessivo di circa 700 milioni di euro.

Dopo la vittoria nella gara della Uefa, avvenuta ad inizio febbraio, sul mercato non sono certo mancate le indiscrezioni di un accordo tra Mediaset e un partner internazionale di peso (gli arabi di Al Jazeera erano il nome più gettonato) in grado di concorrere all’esborso record.
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BORSE IN ATTESA DEI DATI DEI DATI DEL LAVORO USA, SPREAD AI MINIMI
L'ultima seduta della settimana prende il via in territorio moderatamente positivo per le principali Borse europee che sono alla finestra in attesa delle indicazioni che arriveranno nel pomeriggio dai dati del mercato del lavoro americano. Secondo le attese degli analisti dovrebbero giungere dei segnali positivi dalle nonfarm payrolls: è infatti prevista la creazione di 200 mila posti di lavoro nel settore non agricolo, mentre il tasso di disoccupazione dovrebbe scendere al 6,6% dal 6,7% di febbraio.
A metà settimana era stato diffuso il sondaggio ADP di marzo che ha evidenziato la creazione di 191 mila nuovi posti di lavoro nel settore privato, in rialzo rispetto ai 178 mila del mese precedente. Il dato è lievemente inferiore alle attese che avevano indicato la creazione di 195 mila nuovi posti di lavoro nel settore privato.

Intanto sui mercati continuano a tenere banco le parole del presidente della Banca centrale europea (Bce), Mario Draghi. E' vero ieri l'Eurotower non ha ritoccato i tassi che sono rimasti fermi allo 0,25% ed è vero anche che non sono state varate misure straordinarie per contenere le preoccupazioni sul fronte della deflazione. Ma gli annunci sono stati forti: Draghi ha ribadito che la Bce è pronta ad agire se necessario, implementando misure non convenzionali. Tra queste, anche la possibilità di un quantitative easing, ossia di un piano di acquisto di bond. I tempi dell'intervento non sono stati annunciati. 
Che l'annuncio di un quantitative easing all'europea fosse nell'aria si era compreso dopo l'apertura di Jens Weidmann, governatore della Bundesbank e membro del board della banca centrale europea. Weidmann ha dichiarato che i tassi di interesse negativi potrebbero essere utili per ridurre la forza dell’euro e che tra le opzioni potrebbe anche essere preso in considerazione un piano di allentamento quantitativo.

"Nonostante si sia discusso di un taglio dei tassi, la Bce ha preferito non agire. La decisione, a nostro avviso, è stata strategica. Una simile decisione non avrebbe sicuramente appagato gli operatori e gli effetti sull’economia sarebbero del tutto scarsi, visti i tagli degli ultimi anni - afferma Vincenzo Longo, market strategist di IG - La Bce potrebbe preferire attendere un peggioramento delle condizioni macroeconomiche per intervenire con misure più incisive, come un quantitative easing. A tal proposito, Draghi ha fatto sapere che sarà del tutto diverso rispetto a quello della Federal Reserve. Crediamo che le differenze potrebbero riguardare il timing di intervento (non mensile come per la Fed) e la natura degli asset oggetto di acquisto (prestiti alle imprese in luogo dei mutui cartolarizzati e dei titoli di Stato)".

In questo scenario le Borse europee si muovono positivamente. A Parigi il Cac40 sale dello 0,11%, mentre il Dax segna una crescita dello 0,14%. A Londra l'indice Ftse 100 segna un +0,36%. Intonazione positiva anche per Piazza Affari, dove il Ftse Mib si mantiene sopra i 22 mila punti e guadagna lo 0,23%. La mossa di Draghi sta impattando positivamente sullo spread Btp-Bund. Il differenziale di rendimento tra i titoli di Stato decennali italiani e tedeschi viaggia a 162,3 punti base, mentre il rendimento del Btp decennale è al 3,237%. 
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BLACKROCK E’ IL PRIMO AZIONISTA ANCHE DI BANCO POPOLARE
Non si ferma lo shopping di BlackRock in Italia. Da una comunicazione inviata alla Consob è emerso che la più grande società di amministrazione del risparmio al mondo ha acquistato il 6,851% di Banco Popolare con un'operazione datata 31 marzo, giorno dell'avvio dell'aumento di capitale da 1,5 miliardi dell'istituto di credito e giorno del balzo di quasi il 16% del titolo a Piazza Affari. La partecipazione, che fa del colosso statunitense il primo azionista del Banco, è detenuta tramite 17 società di gestione del risparmio controllate dalla stessa BlackRock. D'altronde era stato lo stesso Pier Francesco Saviotti, amministratore delegato di Banco Popolare ad aver dato, prima della partenza della ricapitalizzazione, il benvenuto ai fondi esteri nel capitale della banca.
Quest'utimo acquisto fa lievitare a oltre 4 miliardi di euro il valore delle partecipazioni complessive detenute dal fondo Usa nelle principali banche italiane. BlackRock è già infatti primo azionista di Unicredit con un quota del 5,25% e del Monte dei Paschi con il 5,75% e secondo azionista di Intesa Sanpaolo con una partecipazione del 5%. Non solo. L'asset manager americano è presente anche nel capitale di Azimut con una quota del 5%, in Telecom Italia (4,8%), Prysmian (4,9%) e Atlantia (4,9%).
"BlackRock è una grande opportunità di investimento". Così Andrea Viganò, country head in Italia del fondo Usa, che in un'intervista rilasciata a Il Sole 24 Ore, spiega le linee guida che la società segue per un investimento. "Fattori tecnici, prospettive di redditività, valutazioni dei titoli, governance delle aziende, affidabilità e liquidità dei mercati. Siamo consulenti dei clienti, operatori di mercato e veicoli di crescita per le piazze finanziarie e per le stesse aziende in cui investiamo. Non siamo attivisti e non vogliamo condizionare i board". Viganò poi annuncia che gli acquisti non sono finiti qui. BlackRock continuerà a comprare ma mai con il fine di destabilizzare. "L'Italia, il suo mercato, le aziende medie e grandi dell'energia, delle telecomunicazioni, del credito o del settore manifatturiero sono estremamente attraenti non solo in termini di valutazioni, ma anche per fattori speriamo più strutturali, comne le riforme e le privatizzazioni". E precisa: "Non facciamo cordate, scalate o ingerenze, puntiamo solo al valore di lungo termine".
Reagisce male Banco Popolare a Piazza Affari. Il titolo sul Ftse Mib cede al momento lo 0,89% a 15,46 euro.
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I DIPENDENTI PUBBLICI: UN PROBLEMA CHE VA AFFRONTATO
Ci sono notizie che compaiono sui giornali e che vengono date da tutte le reti televisive alle quali si stenta a credere, veramente si fa fatica a capire, e il dubbio che nella realtà siano “trovate” di un qualche burlone che si diverte a prendere in giro lettori ed i telespettatori è più che legittimo.
Prendete ad esempio la questione dell’ormai famoso “cambio generazionale” all’interno della Pubblica Amministrazione, cito questo solo perché recente, ma di notizie/burla ne troviamo a iosa su qualsiasi quotidiano nazionale.
Il caso è noto, il Ministro per la PA e Semplificazione, Marianna Madia, lancia una proposta: prepensionare 85.000 dipendenti pubblici ormai “attempati” e sostituirli con giovani.
L’idea può essere più o meno buona, infatti, se da un lato mandiamo in quiescenza persone assolutamente demotivate e altamente inefficienti, dall’altro le sostituiamo con giovani, auspicabilmente un po’ più intraprendenti e vogliosi di iniziare un’attività lavorativa.
A questo punto, parrebbe banale dire che tutto ciò ha un costo, ma sembra ovvio solo per le persone di buon senso, perché invece sulla questione (e quindi sul nulla) nasce una polemica che coinvolge “studiosi” ed “esperti della materia”.
E per dirimerla viene chiesto il parere addirittura alla Ragioneria Generale dello Stato (effettivamente se ogni tanto non chiediamo loro qualcosa questi che cazzo fanno?), che si mette a studiare il caso giungendo alla conclusione … udite, udite, di avere dei dubbi che l’operazione comporti un risparmio di spesa.
Mamma mia! Ma chissà che studi approfonditi hanno dovuto fare, ed in effetti questi dubbi sono stati esplicitati niente di meno che dal Capo dell’Ispettorato generale della divisione del Tesoro che si occupa di spesa previdenziale, tal Francesco Massicci, il quale addirittura in una audizione parlamentare ha sostenuto che l’operazione ha un costo, egli infatti ha testualmente detto, riporto il virgolettato a scanso di equivoci: “Nella misura in cui c’è il ricambio, ho di fatto una pensione in più e uno stipendio e poi c’è la questione importante della buonuscita”.
Lo so cari lettori che (come me) anche voi fate fatica a credere a quello che leggete, ma è la pura verità, guardate su tutti i giornali e documentatevi su internet, questo è quanto è stato detto durante l’audizione parlamentare.
Ora, secondo voi, è possibile che vengano incaricate delle persone (tra l’altro sempre profumatamente pagate) che mi vengano a dire che se ho da pagare uno stipendio + una pensione + un Tfr questo mi verrà a costare di più del dover pagare solo uno stipendio?
Ma pensate che in un Paese normale possa accadere questo?
E’ chiaro che la cosa da fare è mettere in quiescenza i dipendenti pubblici “in odore di pensione” ed assumere un nuovo giovane dipendente ogni quattro pensionati.
Dal punto di vista del servizio all’utente non cambia assolutamente niente perché tanto tre dipendenti pubblici su quattro non fanno nulla (tanto più se hanno una certa età), e si sa che la pensione “costa” allo Stato il 75% di uno stipendio, quindi quattro pensionati ed un dipendente costano in totale, pressappoco come quattro stipendi, ci sarebbe ancora il problema del Tfr, ma se lo stato fosse un’impresa privata avrebbe già dovuto accantonarlo.
Un’ultima cosa, al giovane dipendente pubblico assunto, però, occorrerebbe fargli capire che il suo è un posto di lavoro, non solo uno stipendio, e quindi non deve timbrare e poi andarsene al bar o per i fatti suoi come invece usano fare i quattro che sono stati prepensionati.
In questo caso, sul medio/lungo periodo, si riuscirebbe anche a migliorare la produttività per addetto che attualmente, nella Pubblica amministrazione è al livello del Burundi (o forse peggio).
Giancarlo Marcotti per Finanza In Chiaro

MERCATO IMMOBILIARE: C’E’ VOGLIA DI RIPRESA
Sembra sollevare leggermente la testa il mercato immobiliare, sostenunto da una parte, dalla decelerazione della discesa dei prezzi delle case, e dall'altra dall'incremento del numero delle richieste di mutui da parte delle famiglie italiane e dal calo degli spread. Questa la situazione del mercato real estate combinando i dati Istat con il Barometro di Crif.
Andando per ordine, le stime preliminari diffuse oggi dall'Istat evidenziano nel quarto trimestre 2013 una flessione dell'1,3% su base trimestrale dell’indice dei prezzi delle abitazioni acquistate dalle famiglie, sia per fini abitativi sia per investimento, rispetto a un calo del 4,8% nei confronti dello stesso periodo del 2012. Da rilevare, però, che nonostante la tendenza sia ancora negativa, si tratta di una discesa in decelerazione per il terzo trimestre consecutivo: infatti era -6% nel primo trimestre 2013 , -5,9% nel secondo e -5,6% nel terzo. In media, nel 2013, i prezzi delle abitazioni sono diminuiti del 5,6% rispetto al 2012 quando la variazione annuale era stata del -2,8%.
A fronte di prezzi più bassi delle case, si consolida la ripresa della domanda di mutui.
Secondo il Barometro Crif, infatti, il mese di marzo ha visto un incremento del 10% nel numero delle richieste di mutui da parte delle famiglie italiane, facendo registrare, per la seconda volta negli ultimi tre mesi, una crescita a doppia cifra. A livello trimestrale, il dato di marzo porta la domanda aggregata nei primi tre mesi del 2014 a segnare un incremento del 9,6% rispetto al pari periodo dello scorso anno e in recupero rispetto ai valori del 2012.
La ripresa della domanda di mutui che si è consolidata negli ultimi 3 trimestri è sintomatica della crescente fiducia da parte delle famiglie, dopo un biennio in cui il mercato aveva di fatto toccato il fondo, e del progressivo ritorno a una situazione di 'normalità' per quanto su livelli ancora molto distanti rispetto ai periodi pre-crisi - commenta Simone Capecchi, Direttore Sales & Marketing di Crif - Questo non significa però che il comparto abbia definitivamente messo alle spalle questa difficile fase ma, piuttosto, al risultato positivo registrato in questi ultimi mesi possono aver contribuito congiuntamente diversi fattori, non ultimi un'offerta più dinamica da parte degli Istituti finalizzata a stimolare il mercato, tassi più appetibili nonché la flessione, seppur lieve, dei prezzi degli immobili residenziali".
Nonostante il segno positivo accompagni infatti l’andamento mensile della domanda di mutui dal luglio dello scorso anno, occorre sottolineare come la distanza rispetto agli anni precedenti risulti ancora significativa, con volumi quasi dimezzati. Certo, lo spread ai minimi permette alle Banche di proporre agli interessati un'offerta più ampia di mutui con tassi più selettivi. "In questa fase gli istituti di credito dispongono di maggiore liquidità da impiegare, ma alla luce di una qualità del credito che ancora sconta la fragilità dei bilanci familiari, condizionati da un tasso di disoccupazione che si conferma su livelli record e dalla frequente contrazione dei redditi disponibili, anche nell'immediato futuro è plausibile che l’offerta possa mantenersi selettiva”, conferma infatti Capecchi, che poi conclude dicendo che “al contempo, le famiglie si stanno confermando estremamente attente nell'individuazione delle soluzioni in grado di incidere il meno possibile sul reddito disponibile, richiedendo un importo più contenuto rispetto al passato e allungando i piani di rimborso”.
Professionefinanza

PIAZZA AFFARI. TITOLI NEL MIRINO
A Piazza Affari l'attenzione è concentrata soprattutto su Enel Green Power, Mediaset, Banco Popolare, Mps e Alitalia. Ecco, secondo la rassegna Reuters, i principali possibili movimenti attesi.
Banco Popolare. Titolo sugli scudi, dopo che BlackRock ha raggiunto alla data del 31 marzo una partecipazione indiretta del 6,851%. Lo ha reso noto Consob.
Mps. Titolo sotto i riflettori. La Fondazione Mps detiene alla data del 3 aprile il 3,1% dopo la serie di cessioni sul mercato effettuate in questi giorni. La cifra esclude il 6,5% sul quale è stato siglato un accordo di cessione con Fintech Advisory e Btg Pactual Europe condizionato sospensivamente alla conclusione dell'iter autorizzativo avviato con le autorità.
Unicredit. Il titolo potrebbe muoversi in Borsa in seguito alla notizia che l'istituto ha collocato un bond senior a tre anni a tasso variabile dell'importo di 1,25 miliardi di euro, raccogliendo ordini per oltre 2 miliardi. Intanto, sono arrivate ieri le offerte per la controllata Unicredit Credit Management Bank da parte di tre cordate guidate da Fortress, Prelios e dai private equity Usa Cerberus e Jupiter. Lo scrive il Sole24Ore citando fonti di mercato.
Eni. Il titolo potrebbe risentire della notizia che la società ha pensato di lasciare la Nigeria, anche se al momento questa opzione non è in considerazione. A dirlo è una portavoce del gruppo petrolifero che precisa quanto dichiarato a riguardo dall'Ad, Paolo Scaroni, nel corso di un'audizione alla Commissione Industria del Senato. Intanto è botta e risposta fra l'Ad Paolo Scaroni e il presidente della Commissione Industria al Senato, Massimo Mucchetti, sul tema delle nomine in vista della scadenza dei vertici con l'assemblea dell'8 maggio prossimo e sui nuovi criteri varati dal ministero dell'Economia. "Su questo tema non ho voglia di rispondere... su quello che voglio fare io. Sono un libero cittadino, Ad, presidente indipendente o no, sono fatti miei", ha detto il manager.
Enel. Titolo in luce a Piazza Affari. Il Cda ha deliberato di mettere all'ordine del giorno dell'assemblea straordinaria del 22 maggio la richiesta del Tesoro, primo azionista della società, di introdurre nello Statuto una clausola in materia di onorabilità degli amministratori. Intanto, la società sta chiudendo un accordo con la compagnia americana Cheniere per la fornitura ventennale, prorogabile altri 10 anni, di 1 miliardo di metri cubi annui di shale gas. La fornitura si aggiungerebbe a quella già annunciata dalla compagnia Usa con la controllata spagnola Endesa per 2 miliardi di metri cubi. Lo ha detto il Cfo Luigi Ferraris a Reuters, aggiungendo che lo shale gas americano arriverà in Italia dal 2019.
Enel Green Power. Il titolo potrebbe muoversi in scia alle parole dell'Ad Francesco Starace, che nel corso della conferenza stampa dopo la presentazione agli analisti dell'aggiornamento al 2018 del piano industriale, ha detto che vede un utile netto intorno agli 800 milioni nel 2018, mentre il debito resterà a 5,4 miliardi di euro. Starace ha aggiunto che nei cinque anni coperti dal piano metterà insieme 3 miliardi di utile netto. Malgrado ciò non ci sarà una modifica della politica dei dividendi: il payout, ha detto l'Ad, rimane al 30% dell'utile ordinario, e la crescita del dividendo deriverà dall'annunciato aumento dell'utile.
Cir. Titolo ancora sugli scudi dopo che alcune fonti hanno detto che la lettera delle banche creditrici indirizzata al Cda di Sorgenia con la proposta di conversione di parte del debito del produttore e distributore di energia elettrica e gas in azioni - spostando di fatto il controllo della società da Cir e Verbund agli istituti di credito - potrebbe partire già in serata o domani. Intanto, secondo Mf, le banche creditrici sono pronte a prendere il controllo di Sorgenia. Nelle prossime ore invieranno la lettera sul change of control.
Banca Carige Risp. Borsa Italiana ha disposto per la seduta di oggi il divieto di immissione di ordini senza limite di prezzo.
Mediaset – El Tower. Mediaset ha avviato il collocamento del 25% del capitale con un accelerated bookbuilding per istituzionali italiani ed esteri.
D'amico. Il titolo potrebbe reagire alla notizia che D'Amico International Shipping ha sottoscritto un contratto per la costruzione di due nuove navi cisterna a 36,6 milioni di dollari ciascuna.
Methorios Capital. Il titolo potrebbe reagire alla notizia che la società ha allo studio 30 potenziali quotazioni in Italia e all'estero. Lo ha detto l'Ad Ernesto Mocci.
Alitalia. Titolo in luce a Piazza Affari dopo che Gaetano Miccichè, direttore generale Intesa Sanpaolo, uno dei principali azionisti di Alitalia, ha detto che oggi sarebbe arrivata l'offerta di Etihad. La società avvierà a breve un negoziato che potrebbe portarla a entrare nel capitale, ha poi aggiunto l'Ad Gabriele Del Torchio. Il Corriere scrive che l'offerta sarà da 250 milioni, metnre il Messaggero scrive che la proposta non sarà vincolante.
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BCE: COSA ACCADRA’ DOPO LE PAROLE DI DRAGHI
La BCE ieri non ha tagliato i tassi, già al minimo storico dello 0,25% (quelli di riferimento), né ha annunciato il varo di nuove misure di stimolo monetario. Tuttavia, le parole del governatore Mario Draghi alla conferenza stampa delle 14.30 sono parse più decise dei mesi scorsi, quando ha sottolineato che Francoforte monitora con risolutezza la situazione di bassa inflazione nell’Eurozona e guarda con timore a uno scenario di stagnazione prolungata, pronta a intervenire per scongiurare entrambe le situazioni, riconoscendo che non è auspicabile che l’inflazione resti così bassa a lungo, perché ci sarebbe il rischio di ancorare anche le aspettative ai livelli attuali e di rendere ancora più difficile l’aggiustamento dell’economia nell’Area Euro, con diversi paesi che dovrebbero entrare in deflazione per rilanciare la loro competitività, ma con effetti negativi sul debito. 
Allo stesso tempo, Draghi ha legato la forte riduzione dell’inflazione degli ultimi mesi ai minori costi dei beni energetici e alimentari, i cui prezzi sono in calo. Per l’esattezza, stima che il 70% della minore inflazione da inizio 2012 (2,7%) ad oggi (0,5%) sia attribuibile a questi due fattori.
Le prospettive
Detto questo, cosa dovremmo attenderci nelle prossime settimane o mesi? Gli analisti ritengono che ci sia una soglia d’inflazione di riferimento che la BCE intende verificare: lo 0,9%. Se i prezzi cresceranno su base annua di almeno lo 0,9%, Francoforte non farà nulla, perché il pericolo della deflazione sarà stato scongiurato. Se l’inflazione dovesse attestarsi anche nei prossimi mesi al di sotto di tale soglia o intorno allo 0,5% attuale, la BCE interverrà, anche perché lo stesso Draghi ha ammesso che le stime tenderebbero a volte a sovrastimare i prezzi, per cui attestarsi troppo a ridosso dello zero percento potrebbe implicare che l’Area Euro sia già in deflazione. 
Le misure possibili
Come e quando intervenire? E’ probabile che dovremmo aspettare il mese di giugno per vedere se davvero la BCE varerà nuovi stimoli monetari. In quel mese, infatti, la BCE avrà pronte le nuove previsioni per l’inflazione al 2016. Quelle di marzo dicono che i prezzi cresceranno nell’Eurozona dell’1,7% nel 2016, per cui, dopo un periodo di bassa inflazione, questa si riporterebbe al target dell’Eurotower (inflazione annua vicina, ma inferiore al 2%). Qualora, invece, l’inflazione dovesse essere stimata al ribasso nei prossimi mesi, Draghi potrebbe trovare nella stessa Bundesbank la sponda per varare nuove misure. Ma quali? 
Si parla di un “quantitative easing” in stile Fed, anche se sarà più difficile realizzare una misura di tale portata nell’Eurozona, per un motivo semplice: non c’è accordo e né ci sarà nel board su quali titoli di stato acquistare. La Germania vorrebbe che nel caso fossero acquistati dalla BCE solo i bond sovrani con rating massimo, ossia i Bund tedeschi e i titoli finlandesi e lussemburghesi, nella sostanza. Ciò accrescerebbe la liquidità in circolazione (gli acquisti non sarebbero più sterilizzati), ma al contempo abbasserebbe ancora di più i rendimenti core e aumenterebbe gli spread, ossia il divario con i titoli periferici.
Per questo, è probabile che la soluzione passi per l’acquisto di titoli garantiti da prestiti, anche se la Bundesbank non è favorevolissima alla misura. Infine, la BCE potrebbe fornire liquidità a basso costo alle banche, dietro l’impegno che sia utilizzata per fare prestiti alle piccole e medie imprese. Trattasi di un’altra misura osteggiata dai tedeschi.
Rispetto ai mesi scorsi, la Germania sta ammorbidendo la sua posizione, perché non vede positivamente l’apprezzamento dell’euro contro le altre valute, dovuto alle misure ultra-espansive di USA e Giappone, in particolare, ma che rischiano di impattare sull’inflazione – facendola diminuire sempre di più – e sulla ripresa dell’Eurozona, in generale.
di Giuseppe Timpone
investire oggi


IL DOMINIO DELLE BANCHE CENTRALI

Negli ultimi anni le banche centrali si sono sostituite al mercato, ai governi e a tutti gli altri attori economici nel definire le strategie monetarie, finanziarie e anche economiche dei Paesi cosiddetti industrializzati. I loro bilanci sono cresciuti a dismisura tanto che la Fed attualmente ha attivi pari a 4.160 miliardi di dollari, di cui 1.570 sono mbs, i derivati su ipoteche, mentre la BCE, con le banche centrali della zona euro, ha attivi pari a circa 2.200 miliardi di euro.
Eppure prima si credeva che il mercato avesse leggi proprie, forti, sicure e capaci di regolare l’economia e la
finanza. Anzi si sosteneva che meno fossero coinvolti gli Stati e gli enti di controllo e meglio era per il sistema. Poi venne la crisi globale. Tutti, a cominciare dalla banche, quali le “too big too fail”, corsero a piangere miseria e a chiedere aiuti presso i governi.
Allora c’era la “magia del mercato” ed ora quindi c’è un’altra formula magica, quella della cosiddetta “forward guidance”. Dal 2008 è diventata il fulcro della politica monetaria. La Fed, la Bce, la Bank of Japan e la Bank of England forniscono, in varie forme quantitative e qualitative, appunto la loro “guida” nella politica monetaria, dei tassi di interesse e di fatto determinano l’intera politica economica..
Questa nuova situazione è oggetto di dibattito, di perplessità e di riflessione. Recentemente anche la Banca dei Regolamenti Internazionali di Basilea ha messo in guardia che la politica della “foward guidance” potrebbe generare ripercussioni negative e veri e propri choc nei mercati e nelle economie internazionali. Gli economisti della Bri sostengono che nel breve periodo le banche centrali sembrano dare più certezze politiche e meno volatilità nei comportanti monetari. I possibili cambiamenti e finanche le loro percezioni, nella politica monetaria, basata sul tasso di interesse zero, potrebbero però mettere a rischio la stabilità finanziaria e colpire la reputazione e la credibilità delle stesse banche centrali.
Infatti, quando esse comunicano che i tassi di interesse rimarranno fermi per un certo lasso di tempo o fino al persistere di certe condizioni economiche, gli operatori finanziari si sentono sicuri e perciò investono, muovono capitali e purtroppo speculano con più tranquillità. Ma non è detto che ciò accada sempre, che le banche centrali siano fisse nei loro impegni, che comunichino chiaramente le loro decisioni e che i mercati interpretino correttamente i loro “segnali di fumo”.
Già nel maggio 2013 le poche parole dette dall’allora governatore della Fed, Ben Bernanke, su una possibile riduzione del quantitativo di nuova liquidità, mandarono in tilt il sistema. Da quel momento nei Paesi emergenti si verificano fughe di capitali, disinvestimenti dai bond, crolli di borsa e massicce svalutazioni valutarie. Bernanke, nel tentativo di tranquillizzare i mercati, lamentò di essere stato frainteso.
Se il semplice fraintendimento di una frase può determinare nuove crisi sistemiche, allora il mondo è veramente messo male.
I mercati, quindi, più che concentrarsi sulle dichiarazioni dei governatori centrali, diventati i novelli dei dell’Olimpo finanziario ed economico, analizzino con maggiore obiettività gli andamenti e i parametri dell’economia reale.
Anche per gli economisti della Bri, se i mercati si basano esclusivamente sulla “forward guidance”, un qualsiasi cambiamento significativo nella “guida” potrebbe portare a delle “reazioni distruttive dei mercati”. Per altro verso, il timore di forti reazioni da parte dei mercati potrebbe bloccare le banche centrali dall’adozione di politiche monetarie richieste da nuove situazioni e nuovi andamenti. Da ultimo, non si può ignorare che la politica del tasso di interesse zero, prolungata nel tempo, incoraggi operazioni finanziarie in cerca di profitti più alti anche se con alto rischio, generando nuovi squilibri e vulnerabilità.
Tutto ciò preoccupa e spinge gli organismi internazionali più responsabili come la Bri a riconoscere che non si può continuare indefinitamente con le politiche monetarie accomodanti e non convenzionali. source
Occorre innanzitutto riportare la politica finanziaria e monetaria al suo ruolo naturale di ancella dell’economia reale.
Carlo Scalzotto per finanzanostop


BANCHE ITALIANE SEMPRE PIU’ AMERICANE

MILANO (WSI) - Banche italiane sempre più in mano americana, in modo particolare in mano al fondo americano BlackRock, che continua a fare shopping in Italia. E non solo nel comparto bancario, visto che recentemente ha aumentato la propria partecipazione in Telecom.

Detto questo, il suo apporto nel modificare la natura della finanza italiana è innegabile, ed è di poche ore fa la notizia della partecipazione che il fondo ha in Banco Popolare, pari al 6,85%.

La mossa non è la prima e non sarà, molto probabilmente, l'ultima.

Lo scorso 18 marzo BlackRock è diventato infatti il primo azionista del Monte dei Paschi di Siena (sempre delle ultime ore la notizia relativa alla Fondazione Mps, che ha ridotto la quota nell'istituto senese al 3,1% dal precedente 5,5%).
Ancora prima, era diventato il primo azionista di Unicredit -aumentando la quota al 5,25% - e il secondo socio di Intesa Sanpaolo.

Il superamento della soglia del 5% in Banco Popolare, stando alle comunicazioni alla Consob, è stato effettuato lunedì scorso, giorno in cui ha preso il via l'aumento di capitale da 1,5 miliardi.

Alla fine delle contrattazioni di ieri, la partecipazione di BlackRock in Banco Popolare valeva 359 milioni di euro, quella in Mps 190 milioni, e quelle in Intesa e Unicredit circa span class="spanbold">due miliardi di euro. Di fatto, BlackRock ha scommesso nelle banche italiane cinque miliardi di euro circa.

Un report recente di Credit Suisse, parlando dell'appetibilità dell'Italia tra gli investitori nella sua analisi "Renzi rally", ha affermato che la possibilità di fusioni tra le banche del paese potrebbe tradursi in "sinergie sul fronte dei costi e in margini più elevati".

L'interesse degli investitori verso gli istituti di credito italiani è inequivocabile.

Il titolo Mps in un mese è balzato oltre +60% e in un anno oltre +63%; Banco Popolare +30% in un mese e oltre +121% in un anno; Intesa Sanpaolo +18% in un mese e oltre +125% in un anno; Unicredit oltre +25% in un mese e oltre +110% in un anno.
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GUERRA DELL’OLIO TRA ITALIA E SPAGNA

ROMA (WSI) - Il settore oleario spagnolo si mobilita per evitare che il gigante Deoleo finisca in mani italiane.

Eppure proprio il gruppo iberico controlla ben cinque marchi di olio di oliva italiani tra i più conosciuti: Bertolli, Carapelli, Sasso, San Giorgio e Montolivo, oltre al marchio di olio di mais Maya.

Deoleo è stato messo in vendita dall'attuale assetto proprietario, che include le banche Bankia, CaixaBank Kutxabank e la finanziaria Mare Nostrum, e all'asta si sono presentati in sette, tra cui il Fondo strategico italiano controllato da Cassa depositi e prestiti.

In lizza ci sono anche il gruppo americano Bunge, diversi hedge fund e finanziarie speculative, Carlyle, Cvc e Pai Partners, e secondo quanto riporta El Pais anche il Rhone Group, dove opera Alonso Aznar, figlio dell'ex premier José María Aznar.

Nel quadro fornito dal quotidiano iberico, vicino alle posizioni socialiste, le ipotesi di cessione a fondi speculativi o al gruppo statunitense non sembrano destare grandi polemiche. Invece quella di un passaggio di mano agli italiani sì: "il settore si mobilita per evitare il controllo italiano", scrive El Pais. E più in generale "le associazioni del settore e di categoria hanno chiesto incontri con le autorità nazionali e andaluse per assicurare che il controllo del gruppo resti ion ani spagnole".

E secondo El Mundo, quotidiano invece più vicino ai conservatori del premier in carica Mariano Rajoy, il governo è altrettanto ostile all'offerta italiana, alla quale ha riservato una accoglienza "fredda".

Le offerte avanzate sono tutte sul 100 per cento del capitale e ad oggi, secondo entrambi i quotidiani, sono tutte inferiori ai 42 centesimi con cui ieri Deoleo ha chiuso in Borsa. Tanto che stamattina a Madrid le azioni della società reagiscono accusando ribassi, con un meno 1,23 per cento a 0,4050 euro. (TMNEWS)
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TAGLI FISCALI DEL GOVERNO, 80 EURO, MA NON PER TUTTI

ROMA (WSI) - Sul tavolo di Matteo Renzi ci sono tre opzioni. La decisione finale su quale scegliere non è stata ancora presa.

Poiché una parte cospicua degli sgravi alle famiglie dovrà venire dalla riduzione delle spese, tutto dipende dai numeri che Carlo Cottarelli alla fine valuterà possibili almeno per quest’anno.

Ma al Tesoro e a Palazzo Chigi tutti scommettono che alla fine la decisione finale cadrà sulla ipotesi più prudente: uno sgravio crescente per tutti i redditi fra gli ottomila e i venticinquemila euro e un tetto massimo di 80 euro.

La ragione della scelta è intuibile: i tagli individuati finora non superano i quattro miliardi di euro, uno in meno delle previsioni più ottimistiche.

Verranno da una stretta sugli acquisti pubblici - anche sulla spesa per attrezzature sanitarie e farmaceutica - una sforbiciata ai cosiddetti contributi alle imprese, un taglio del 10% agli stipendi più alti dei dirigenti pubblici.

Per avere il dettaglio occorrerà comunque attendere almeno un paio di settimane. Perché prima della riforma fiscale e dei nuovi sgravi il governo deve tassativamente presentare all’Europa i suoi obiettivi di medio termine, ovvero il documento di economia e finanza (Def) e il programma nazionale delle riforme (Pnr).

«Se non scriviamo nero su bianco gli obiettivi triennali della revisione della spesa Bruxelles non dirà mai sì al finanziamento degli sgravi con coperture diverse», ammette una fonte di governo che chiede di non essere citata. Fra le ipotesi c’è quella di computare i risparmi dalla minore spesa per interessi dovuta al calo dello spread, oppure parte dei proventi che verranno dal rientro dei capitali all’estero.

Quanto più il governo vorrà ottenere in flessibilità sul rispetto dei vincoli europei, tanto più dovrà risultare convincente sugli obiettivi di rigore nel medio periodo. Per questo il viceministro Enrico Morando sta cercando di convincere Renzi e Padoan a scrivere nero su bianco nel Def che d’ora in poi le nuove spese dovranno essere coperte solo da corrispondenti riduzioni di spesa.

Un vincolo che per quest’anno avrebbe valore politico, mentre dal prossimo, in applicazione del fiscal compact, diventerà un vincolo giuridico. «In ogni caso non seguiremo la strada scelta dalla Francia», sottolinea la fonte anonima del governo. «Non è nostra intenzione chiedere deroghe sul deficit, semmai sul percorso di rientro del debito secondo lo schema del fiscal compact». Il 3,1% del deficit «non lo faremo. Punto», conferma Renzi ospite di Lilli Gruber.

Il premier ieri ha avuto una lunga riunione a Palazzo Chigi con Padoan per definire i dettagli del documento. Una delle decisioni più importanti da prendere è dove fissare l’asticella della crescita di quest’anno. I documenti ufficiali del governo Letta stimano ancora un prodotto positivo dell'1,1%, molto di più dello 0,6-0,7% ipotizzato da tutti gli organismi internazionali. È ormai deciso che sarà indicato lo 0,8%.

Gli altri due provvedimenti che il governo sta mettendo a punto e che arriveranno prima della riforma fiscale sono quelli che puntano ad accelerare il pagamento degli arretrati della pubblica amministrazione e il taglia-bollette al quale sta lavorando Federica Guidi. In entrambi i casi ci sono resistenze da superare: per il primo restano da definire diversi punti con le banche, l’altro deve fare i conti con le resistenze dei produttori di energia rinnovabile, i quali dovranno accettare una riduzione lineare di almeno il 10% di quanto avuto finora, l’unica via per ottenere una riduzione della bolletta almeno per le imprese, tuttora la più alta d’Europa.
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ADDIO PROVINCE: MA FORZA ITALIA NON CI STA

ROMA (WSI) - Rush finale in Aula alla Camera per il ddl Delrio sulle province. L'assemblea di Montecitorio ha dato il sì definitivo al provvedimento che le abolisce. Il testo è stato approvato con 260 sì, 158 no e 7 astenuti.

Contro il ddl Delrio hanno votato Fi, M5S, lega, Sel e Fdi. Durante la votazione più volte il capogruppo di Fi Renato Brunetta ha urlato "Golpe! Questo è un golpe! Votiamo compatti no". Dopo il voto, dai banchi del Pd si è levato un applauso.

''Nessun golpe - replica Delrio a Zapping su Rai 1 - non c'è nessun elemento di verità'' in quanto dice Forza Italia, perché la riforma ''porterà solo semplificazione e risparmio''.

''Loro hanno delle preoccupazioni di tipo politico perchè il centrosinistra ha un sacco di sindaci''.

Con il via libera al provvedimento le Province non vengono cancellate (serve un ddl di riforma costituzionale che ha già ottenuto la procedura d'urgenza per essere esaminato dal Senato) ma riordina le competenze degli enti locali in attesa che le Province vengano appunto soppresse. Arrivano intanto le città metropolitane e le unioni tra Comuni.

"Una riforma vera". E' questo il breve commento che il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Graziano Delrio, scrive su Twitter dopo l'approvazione definitiva, oggi alla Camera, del ddl sulle province. Delrio accompagna al suo commento un link al sito del governo dove, in una serie di slide, è illustrato il provvedimento. (ANSA)
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BCE REAGISCA PER SCONGIURARE UN GRAVE DANNO ALLA SUA REPUTAZIONE

LEGNANO (WSI) - Che qualcosa sia cambiato in seno alla BCE? Diremmo che, per lo meno nella retorica, si. Ma non solo. Le modalità comunicative di un istituto che fin’ora è sempre e comunque rimasto credibile agli occhi degli investitori sono state molto chiare e soprattutto in grado di creare aspettative, che se non dovessero essere rispettate (nel momento in cui dovessero verificarsi condizioni di pericolo future su cui si è discusso – inflazione bassa per lungo tempo che potrebbe muovere le aspettative di medio periodo, per ora ancora buone, stagnazione e disoccupazione permanenti) potrebbero portare a gravi conseguenza sulla reputazione della BCE e soprattutto sugli sviluppi reali dell’economia.

Quantitative Easing: sogno o son desto?

Nelle ultime riflessioni che hanno riguardato l’operato della BCE ed i suoi potenziali interventi al fine di migliorare una situazione economica non proprio rosea (per utilizzare un eufemismo) abbiamo sostenuto, neanche troppo velatamente (anche qui utilizziamo la figura retorica appena vista), che tagli di tassi senza un’implementazione di un Quantitative Easing non sarebbero probabilmente stati sufficienti a cambiare granché.

Di fronte infatti ad un’inflazione in calo (leggasi disinflazione) ed a una situazione del mercato del lavoro come quella attuale, ridurre i tassi di riferimento, fossero anche quelli sui depositi, avrebbe potuto non portare ad effetti concreti in grado di spostare l’equilibrio economico. Ieri, la sorpresa.

Non ci speravamo e non ci credevamo quando l’abbiamo sentito, ma Mario Draghi ha parlato di Quantitative Easing, evidenziando come questa soluzione straordinaria è stata presa seriamente in considerazione del consiglio direttivo che la va ad includere ufficialmente all’interno di quelle potenziali mosse non convenzionali che si potrebbero mettere in atto una volta che le misure convenzionali fossero esaurite, cosa non ancora avvenuta e che significa che potremmo assistere ad un taglio del tasso di rifinanziamento principale (a questo punto consiglieremmo un corridoio stile Usa tra 0% e 0.25% e non un taglio di 10 o 15 punti base) e ad un taglio sui tassi di deposito.

Un quantitative easing che sarebbe diverso da quello americano (e che se dovesse essere il caso andrà valutato molto bene nelle sue modalità di esecuzione) a causa del fatto che si dovrebbe passare completamente dal mondo bancario anziché avere effetti diretti sui mercati finanziari e sui prezzi delle diverse asset class.

Sembra si sia data finalmente importanza a questa breve frase che si trova tra gli obiettivi della politica monetaria dell’istituto dei Francoforte "Without prejudice to the objective of price stability", the Eurosystem shall also "support the general economic policies in the Union with a view to contributing to the achievement of the objectives of the Union". These include inter alia "full employment" and "balanced economic growth".

L’euro ha reagito andando a scontare la possibilità di assistere ad ulteriori futuri tagli di tassi ma, data la sua forza intrinseca rispetto al dollaro, non ci stupirebbe se nei prossimi giorni tentasse di risalire. Seguiremo come sempre i livelli tecnici per decidere la nostra operatività.

Chiudiamo in bellezza: NFP

Dopo la volatilità bidirezionale di ieri (in partenza dei movimenti), che ha interessato soltanto la moneta unica europea, oggi verranno pubblicati i primi dati sul mercato del lavoro americano post insediamento della Yellen e contestuale cambiamento della forward guidance della Fed. Le rilevazioni sul tasso di disoccupazione e sui Non Farm Payrolls potrebbero portare (e crediamo proprio che lo faranno), dei forti aumenti di volatilità sul fronte generale del dollaro, con le borse a stelle e strisce che potrebbero reagire in maniera importante.

Le attese si muovono intorno ai 200k posti di lavoro creati, che verranno guardati con molta più attenzione rispetto al tassi di disoccupazione. Questo, a nostro parere, per due motivi; il primo, ed in assoluto più importante agli occhi dei più, deriva dal fatto che la soglia del 6.5% è stata tolta dagli statement del FOMC, la seconda e più importante a nostro parere invece, dal fatto che molti hanno capito che attualmente non è un dato rappresentativo della realtà (formula di calcolo), cosa indirettamente confermata dalla Fed che ha deciso di toglierlo dai propri statement.

Un buon dato, visto che le aspettative su modifiche alla politica monetaria della Fed sono abbastanza ben ancorate, potrebbe portare a salite di dollaro e di borse, così come un dato brutto potrebbe, inizialmente portare a discese di biglietto verde ed indici, per poi eventualmente valutare la possibilità di ripartire se dovessero formarsi delle aspettative di potenziale interruzione delle dismissioni di acquisti di asset (tapering) che lascerebbero ancora 55 miliardi di liquidità a sostegno dei mercati finanziari che continuerebbero ad offrire rendimenti potenziali superiori alle medie offerte dalle diverse curve dei tassi.

QUADRO TECNICO

EurUsd: dopo la forte discesa in concomitanza della conferenza stampa di Draghi, l’euro ha raggiunto quota 1.3700 ed ora sta consolidando sopra quest’area e sotto la media a 21 oraria. Qui si potrebbero ipotizzare degli acquisti di dollaro americano in limit, con l’idea che se dovessimo assistere a rotture ribassiste dell’area passante per 1.3685 il mercato potrebbe tentare degli approfondimenti verso 1.3660 ed in estensione 40, dove potremmo valutare eventuali frenate dei prezzi con comunque la possibilità di valutare, se dovessimo trovarci all’interno di questo scenario, di mantenere una parte di posizione per provare a rimanere all’interno di eventuali discese importati, considerando il fatto che verranno rilasciati anche i NFP che, come visto, se dovessero risultare positivi potrebbero supportare ulteriormente il green back. In caso di ritorno sopra area 1.3735 potremmo assistere a tentativi di ripartenza verso la più importante area di resistenza passante per 1.3755/60, oltre la quale il mercato potrebbe essere pronto a ripartenza verso 38 figura.

UsdJpy: rimaniamo in una situazione di potenziale rounding top di brevissimo periodo, con la possibilità di assistere a due evoluzioni dello scenario: la prima vede dei tentativi di discesa, sui quali comunque non pensiamo di lavorare in maniera impulsiva, che potrebbero accompagnare i prezzi verso aree di supporto che si sviluppano tra 103.55 e 103.70, dove eventualmente, seguendo l’andamento dello stocastico, potremmo pensare di valutare acquisti di dollaro americano, tenendo conto che un ritorno sotto 103.40 potrebbe lasciare spazio a tentativi di estensione verso 103.10 e 102.90. Una ripartenza diretta sopra i massimi invece (seconda evoluzione), potrebbe lasciare spazio ad approfondimenti rialzisti pari all’altezza dell’ultima congestione formatasi (tra 103. ¾ e 104.10) con primi target dunque intorno a 45/50 ed eventuali estensioni verso i massimi precedenti passanti tra 104.85 e 104.90.

EurJpy: buona discesa seppur non pronunciata secondo i livelli di volatilità del cross, dato il fatto che il UsdJpy è rimasto fermo sui top di breve periodo mentre l’EurUsd scendeva. Siamo di fronte a prezzi che potrebbero tentare degli approfondimenti verso i minimi di stanotte, che se non dovessero tenere potrebbero lasciare spazio ad approfondimenti verso 14142 figura ed in estensione 141.75, livelli sui quali si potrebbe eventualmente valutare una divergenza rialzista sullo stocastico orario (qui passa anche la media a 100 a 4 ore). Delle ripartenze sopra 142.50 potrebbero far partire tentativi di aggressione di area 142 ¾ / 142.85, la più importante zona di resistenza oltre la quale potrebbe essere possibile valutare accelerazioni verso 143 ¼.

GbpUsd: discesa importante sul dato sugli acquisti dei direttori degli acquisti del terziario (57.6 vs 58.2) che ci conferma come la sterlina sia l’unica valuta a reagire continuamente a dati che non riguardano occupazione ed inflazione (continuiamo a lanciare warning sull’argomento già dagli ultimi mesi dello scorso anno). Siamo ora in una situazione tecnica simile a quella vista sull’euro, con i prezzi che stanno consolidando sotto la media a 21 oraria e sotto le aree statiche di resistenza di breve periodo, passanti tra 1.6600 e 1.6610. Un avvicinamento a questa zona potrebbe far valutare acquisti di dollaro in limit dato il buon risk reward fornito dall’impostazione, tenendo conto che un superamento rialzista di area 1.6620/25 potrebbe lasciare spazio al raggiungimento degli ultimi massimi compiuti dai prezzi (che sposerebbero un’eventuale tentativo di ripartenza che andremo a valutare su un 4 ore, per cercare di comprendere se la sporca bandiera di potenziale continuazione che potrebbe essere in formazione sia stata effettivamente formata e rotta a rialzo. Approfondimenti diretti sotto area 1.6575 (da valutare operativamente, per chi fosse più prudente, sotto gli ultimi minimi toccati dai prezzi in area 65 (con una tolleranza di una decina di pips), potrebbero accompagnare le quotazioni verso 1.6550 ed eventualmente 1.6530.

AudUsd: dollaro australiano che rimane ancora intrappolato all’interno di una situazione laterale che si sta muovendo tra 0.9200 e 0.9250 e che potrebbe lasciare spazio a tentativi di rottura dei confini di supporto e di resistenza rappresentati rispettivamente da 0.9190 e 0.9260. Tra i due potenziali scenari di rottura preferiamo quello rialzista e non escludiamo che in caso di discesa dei prezzi verso i supporti, essi possano o tenere direttamente o lasciare spazio a veloci rotture che potrebbero rientrare prima di aver superato area 0.9150/75, dove potrebbe intervenire la media a 100 a 4 ore e la parte bassa di una possibile bandiera rialzista (anche qui sporca) a supporto delle quotazioni.

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DRAGHI PER L’ACQUISTO DI BOND CONTRO LA STAGNAZIONE

FRANCOFORTE (WSI) - Nonostante i nuovi indebolimenti dell'inflazione, la Banca centrale europea ha lasciato i tassi di interesse dell'area euro invariati allo 0,25%. L'euro sale da $1,3760 a $1,3785, per poi tornare sui livelli di partenza.

Una decisione in gran parte attesa dalla maggior parte degli analisti, mentre nell'ultimo mese il quadro di fondo non ha mostrato evidenti mutamenti, a parte un nuovo calo dell'inflazione.

Durante la conferenza stampa Draghi ha confermato che il comitato di politica monetaria ha discusso l'ipotesi di portare sotto zero i tassi sui depositi e ha anche valutato se varare un piano di acquisto di Bond.

Ancora una volta il banchiere riesce a convincere i mercati con le sue promesse - vedi il suo famoso "We'll do whatever it takes to save the euro" di luglio 2012 - senza dover agire e spazientire i falchi della Bundesbank. Draghi non ha ha infatti annunciato alcuna misura straordinaria eteredossa volte a rafforzare la liquidità e il credito.

Anzi il banchiere romano riconosce i problemi dell'economia, vedendo il rischio di un'alta disoccupazione strutturale. "Temo un lungo periodo di stagnazione", ha aggiunto poi.

L'istituto centrale prevede che progressivamente il caro vita riacceleri, e intanto l'Unione valutaria sembra incanalata su una moderata ripresa economica che va avanti da circa tre trimestri.

I tassi rimangono ai minimi storici dunque. Soltanto tre dei 57 economisti che sono stati intervistati da Bloomberg prevedeva un intervento sui tassi. Credit Agricole e Danske Bank A/S stimavano una riduzione allo 0,15%, mentre Goldman Sachs un taglio allo 0,1%.
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ROAMING AZZERATO IN TUTTA EUROPA
STRASBURGO (WSI) - Il Parlamento europeo ha approvato oggi a Bruxelles, con 534 voti contro 25, e 58 astensioni, un pacchetto di misure sulle telecomunicazioni che comporterà, fra l'altro, l'abolizione dal 15 dicembre 2015 delle tariffe del roaming, ovvero i costi aggiuntivi per l'utilizzo del telefono cellulare con chiamate e messaggi o per l'accesso a Internet in paesi Ue diversi da quello di provenienza.

Il pacchetto prevede anche che i fornitori di connessione internet non possano più bloccare o rallentare i servizi offerti dai loro concorrenti (come Skype) per ragioni economiche o di altro tipo, secondo il principio della "neutralità della rete".

Questo significa che tutto il traffico Internet dovrà essere trattato allo stesso modo, senza discriminazioni, limitazioni o interferenze, indipendentemente da mittente, destinatario, tipo di servizio, contenuto, dispositivo, servizio o applicazione.

L'Europarlamento ha anche abbreviato la lista dei casi "eccezionali", previsti dalla proposta originaria della Commissione europea, in cui i fornitori avrebbero ancora avuto il diritto di bloccare o rallentare la connessione internet. Le deroghe saranno permesse solo per applicare l'ordinanza di un tribunale, per preservare la sicurezza della rete o prevenirne la congestione temporanea. In questi "casi eccezionali", comunque le misure di gestione del traffico devono essere "trasparenti, non discriminatorie e proporzionate" e andranno "mantenute per il tempo strettamente necessario".

Il voto in prima lettura dell'Europarlamento permette di consolidare il lavoro svolto finora e di trasmetterlo alla prossima legislatura, dopo le elezioni europee di fine maggio; gli eurodeputati neoeletti potranno decidere di continuare il lavoro dei loro predecessori da dove è stato interrotto, e adottare rapidamente il testo.

La commissaria Ue alle Telecomunicazioni, Neelie Kroes, apparsa a sorpresa nella sala stampa dell'Esecutivo Ue subito dopo il voto, ha definito senza mezzi termini quella di oggi "una giornata davvero storica per un internet realmente libero" e "fare dell'Europa un continente interconnesso". Kroes ha ricordato di aver promesso nel 2010 di metter fine ai costi del roaming entro la fine del 2015, "e oggi siamo a due passi da questo risultato", ha osservato.

Dagli Stati membri, che devono approvare anch'essi il pacchetto nel Consiglio Ue, la commissaria ha detto di attendersi un accordo definitivo entro la fine del 2014. Esortando il Parlamentop europeo a votare a favore della proposta, ieri, Kroes aveva sottolineato che, come negli anni '50 la Comunità europea era stata fondata innanzitutto sul carbone e sull'acciaio, "oggi deve essere fondata sulla connettività e sullo spettro delle frequenze, altrimenti resteremo indietro". Finora, aveva osservato ancora, il mercato unico europeo del settore "non sta funzionando: la gente viene imbrogliata quando firma un contratto, ha paura quando deve usare il roaming". Il voto dell'Europarlamento, aveva comcluso la commissaria, "potrà cambiare tutto questo".

"Entro dicembre 2015 saranno azzerati tutti i costi aggiuntivi per il 'roaming' internazionale all'interno dell'Ue. Telefonate, messaggi di testo e navigazione su internet non avranno alcun sovraccosto per tutti i cittadini europei all'interno di qualsiasi altro Stato membro dell'Unione", ha commetato, da parte sua, la Vicepresidente del Parlamento europeo Roberta Angelilli (Ncd/Ppe), aggiungendo che ora "firme e certificazioni elettroniche saranno maggiormente tutelate da un ambiente online più sicuro, grazie al riconoscimento reciproco dei sistemi d'identificazione elettronica da parte degli Stati membri".

Per Angelilli, "si tratta di un passo avanti significativo verso il mercato unico delle telecomunicazioni, nonché di un ulteriore tassello per la realizzazione concreta della libera circolazione dei cittadini europei, che saranno finalmente liberi - ha concluso - di utilizzare il proprio cellulare senza cambiare operatore e tariffa in qualsiasi paese dell'Unione europea".
(TMNews)
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TUTTO QUELLO CHE C’E’ DA SAPERE SULLE ELEZIONI EUROPEE
ROMA (WSI) - Dal 22 al 25 maggio si svolgeranno negli stati membri dell’Unione Europea le consultazioni per eleggere 751 deputati al Parlamento europeo, che rimarranno in carica cinque anni. Le elezioni saranno anche l’occasione, ovviamente, per tastare la situazione politica interna, tra percentuali dei partiti e consensi in salita o in discesa che potrebbero influenzare l’attività di governo e gli equilibri della maggioranza politica che lo sostiene.

Fortunatamente però queste elezioni sono molto più: negli ultimi anni l’opinione pubblica, la stampa e i politici stessi (più che mai) hanno capito quanto le dinamiche politiche, economiche e sociali nazionali siano intrecciate con quelle degli altri paesi europei e con quelle delle istituzioni europee. Ed è aumentato altresì un certo grado di consapevolezza, riguardo all’importanza di avere "una voce" (espressione abusata dai politici) in Europa. Le elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo sono inoltre l’unica occasione in cui i cittadini europei, che superano i cinquecento milioni, vengono consultati per eleggere rappresentanti delle istituzioni europee, mentre per tutte le altre si procede per nomina.

Attualmente i deputati al parlamento europeo sono 766, a seguito dell’ingresso della Croazia nell’Unione Europea avvenuta nel luglio 2013, ma il numero sarà ridotto a 751 dalla prossima elezione (come prima dell’ingresso della Croazia) e così resterà in futuro. Ogni stato membro, oltre a una legge elettorale nazionale, ha una legge che regolamenta le elezioni europee. Ognuno dei ventotto stati dell’UE ha la propria legge elettorale per il rinnovo del Parlamento europeo: queste però devono rispettare alcuni principi comunitari determinati dalla legislazione europea, come per esempio il sistema di voto proporzionale. Ognuno può stabilire autonomamente le date in cui i cittadini possono andare a votare, nel periodo compreso tra il 22 e il 25 maggio: i risultati di tutti e ventotto gli stati membri saranno annunciati la sera di domenica 25 maggio.

Le elezioni europee in Italia

Gli elettori italiani voteranno il 25 maggio per eleggere 73 deputati, uno in più rispetto alle elezioni del 2009. Secondo quanto stabilito dal Trattato di Lisbona i seggi sono ripartiti tra i vari stati secondo il principio di "proporzionalità decrescente": i paesi con una maggiore consistenza demografica dispongono di più seggi rispetto ai paesi meno popolosi, ma questi ultimi hanno comunque più seggi di quanti sarebbero previsti applicando in modo coerente il principio di proporzionalità sul totale della popolazione europea.

Per eleggere i 73 membri italiani il territorio nazionale è stato diviso in cinque circoscrizioni: Italia nord-occidentale (saranno eletti 20 deputati tra Piemonte, Valle d’Aosta, Liguria, Lombardia); Italia nord-orientale (saranno eletti 14 deputati tra Veneto, Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna); Italia centrale (saranno eletti 14 deputati tra Toscana, Umbria, Marche, Lazio); Italia meridionale (saranno eletti 17 deputati tra Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria); Italia insulare (saranno eletti 8 deputati tra Sicilia e Sardegna).

La legge elettorale italiana per le elezioni europee

L’assegnazione del numero dei seggi per ogni circoscrizione è stata definita sulla base dei risultati dell’ultimo censimento generale della popolazione elaborato dall’ISTAT: l’ultimo è stato fatto nel 2011. Quindi, la ripartizione dei seggi è stata stabilita dividendo il numero degli abitanti del paese per il numero dei rappresentanti che spettano all’Italia, distribuendo poi i seggi in proporzione alla popolazione di ogni singola circoscrizione, come stabilito nella legge numero 18 del 1979.

L’elezione avviene quindi attraverso un sistema di voto proporzionale e ogni elettore può esprimere il voto di preferenza per singoli candidati. Si possono esprimere fino a tre preferenze e nel caso, la terza deve essere di sesso diverso dalle prime due. Per presentare una lista alle elezioni europee in Italia bisogna raccogliere le firme, per ogni singola circoscrizione, di almeno 30mila e non più di 35mila elettori, tranne nel caso in cui la lista elettorale abbia partecipato alle precedenti elezioni al Parlamento italiano o europeo con un proprio simbolo e ottenendo almeno un seggio. In altri stati (Repubblica Ceca, Danimarca, Estonia, Germania, Grecia, Paesi Bassi, Svezia) le candidature sono fatte dai partiti e dalle organizzazioni politiche.

Le liste devono essere depositate all’ufficio elettorale di ciascuna circoscrizione entro trentanove giorni dal voto e non vengono ammesse le liste che non prevedono la presenza di candidati di entrambi i sessi. Alle elezioni europee possono votare tutti i cittadini che hanno compiuto diciotto anni iscritti alle liste elettorali. Ogni stato membro può fissare una soglia minima per l’attribuzione dei seggi, che non può superare il 5 per cento: la maggior parte degli stati ha fissato una soglia al 4 per cento (compresa l’Italia).

I cittadini di altri paesi dell’UE, ma residenti in Italia, per poter votare nel nostro paese dovevano presentare la domanda di iscrizione nell’apposita lista al comune di residenza entro il 24 febbraio scorso, a meno che non lo avessero già fatto in precedenza. Inoltre, l’eventuale trasferimento di residenza in altri comuni italiani di cittadini comunitari già iscritti, determina l’iscrizione d’ufficio nelle liste aggiunte del comune di nuova residenza. Ogni cittadino europeo si può candidare in un altro paese diverso da quello di origine, pur non avendone la cittadinanza.

Per poter essere eletti al Parlamento europeo servono venticinque anni (così in Italia, ma questo criterio cambia a seconda del paese). Per quanto riguarda i deputati italiani che vengono eletti, se durante la legislatura uno di questi si dimette, il seggio sarà assegnato al primo dei non eletti della stessa lista. La carica di deputato al parlamento europeo è incompatibile con quella di membro del governo; quella di membro della Commissione europea; quella di giudice, avvocato generale o cancelliere della Corte di giustizia, quella di membro della Corte dei conti; quella di membro della Banca europea per gli investimenti (BEI); quella di funzionario delle istituzioni dell’Unione Europea.

La campagna elettorale

In Italia la campagna elettorale per le elezioni europee inizia ufficialmente trenta giorni prima del voto, anche se in diverse città italiane si vedono già affissi numerosi manifesti elettorali: La sua regolamentazione è stata modificata più volte (con aggiunte e modifiche di vario tipo): l’ultima in materia è la legge numero 28 del 2000.

Negli ultimi quindici giorni prima delle elezioni e fino alla chiusura delle operazioni di voto è vietato pubblicare i risultati di sondaggi politici ed elettorali. Con l’entrata in vigore della legge numero 96 del 2012, che si occupa di contributi pubblici ai partiti, sono state ridotte rispetto al passato le quote di rimborso per le spese elettorali e fissato un tetto di spesa per le elezioni europee. Inoltre, la legge stabilisce che nel caso in cui uno schieramento politico presenti un numero di candidati del medesimo sesso (uomini o donne) superiore ai due terzi del totale, i contributi pubblici vengono ridotti del 5 per cento.

Le funzioni del Parlamento europeo

Il Parlamento europeo ha tre sedi: Bruxelles, Strasburgo e Lussemburgo. Si tratta di un caso unico al mondo per un parlamento. Il Parlamento europeo rappresenta l’unica istituzione europea a essere eletta direttamente dai cittadini: insieme al Consiglio dell’Unione Europea (composto da un rappresentante di ciascuno stato membro a livello ministeriale, scelto cioè in base alla materia di cui si deve legiferare), il Parlamento svolge la funzione legislativa, approva il bilancio annuale dell’UE, controlla le spese delle altre istituzioni europee.

Il Trattato di Lisbona ha aggiunto alcune funzioni tra le attività del Parlamento europeo, oltre a quelle legislative. La novità più importante consiste nel fatto che per la prima volta, quando gli stati membri dovranno nominare il candidato alla presidenza della Commissione europea (organo esecutivo dell’UE) che prenderà il posto del portoghese José Manuel Barroso nell’autunno 2014, si dovrà tenere conto dei risultati delle elezioni europee.

Secondo quanto c’è scritto nel trattato, il nuovo parlamento dovrà poi eleggere il presidente della Commissione europea: la sua candidatura deve essere approvata dalla maggioranza assoluta dei deputati (376 su 751). Il presidente della Commissione europea, una volta nominato (in collaborazione con gli stati) sceglie i membri della Commissione: prima di essere votati però, ogni singolo commissario partecipa a un’audizione nelle commissioni di competenza del Parlamento europeo, che esprimeranno il loro parere. Se il candidato dovesse essere "bocciato" dalla commissione competente, il nome viene di prassi ritirato. Alla fine delle audizioni l’intero collegio dei commissari viene votato dal Parlamento europeo, come ultimo atto formale.

Fino a oggi invece il presidente della Commissione veniva designato dal Consiglio europeo, che doveva comunque tenere conto del risultato delle elezioni: da ora in poi, invece, il Consiglio europeo (formato dai capi di stato e di governo) dovrà obbligatoriamente tenere conto delle indicazioni del Parlamento europeo (e del risultato elettorale) nello scegliere il nome del presidente della Commissione europea. A partire da questa elezione, i partiti politici possono indicare sulla scheda elettorale a quali formazioni europee sono affiliati e specificare il loro candidato alla presidenza della Commissione europea.

Su tredici partiti politici europei (quelli a cui aderiscono i partiti nazionali), sono stati cinque quelli che hanno nominato un candidato alla presidenza della Commissione europea: il Partito Popolare Europeo ha scelto Jean-Claude Juncker (ex primo ministro del Lussemburgo ed ex presidente dell’Eurogruppo); il Partito Socialista Europeo ha candidato Martin Schulz (attuale presidente del Parlamento europeo); i Liberali e i Democratici hanno candidato Guy Verhofstadt (ex primo ministro del Belgio e attuale leader del gruppo dei Liberali al PE); i Verdi hanno indicato una coppia di deputati, il francese José Bové e la tedesca Ska Keller; la Sinistra Europea ha candidato Alexis Tsipras, leader del partito greco SYRIZA.

Le elezioni del 2009

Le elezioni europee del 2009 furono vinte dal Partito Popolare Europeo, che ottenne 265 seggi: un partito di orientamento liberale e conservatore, in cui confluiscono la maggior parte dei partiti di centrodestra dei vari stati membri. All’epoca in Italia il Popolo della Libertà (PdL) ottenne il 35,3 per cento dei voti: dello stesso schieramento facevano parte l’Unione di Centro (UDC) che ottenne il 6,5 per cento dei voti e la Südtiroler Volkspartei (SVP) che ottenne lo 0,5 per cento. Il Partito Democratico (PD) ottenne il 26,1 per cento dei voti, la Lega Nord il 10,2 per cento e l’Italia dei Valori (IdV) l’8 per cento dei voti.
Wallstreetitalia

BINI SMAGHI: QE IN EUROPA ENTRO DUE MESI
Niente mercato toro negli Usa, secondo Jim O’Neil. Anzi, se proprio il toro lo si vuole cercare, perchè non è detto che ci sarà, bisognerà fare le valige e partire. Il 2014, infatti, sarà un anno molto delicato per l’azionario Usa che potrebbe rallentare la corsa dopo il miracoloso rally di questi anni con un +125% sull’S&P dal 2008. Allora in pochi credevano in una ripresa e ancora dimeno erano quelli che avrebbero scommesso su un numero a tre cifre, ma chi lo ha fatto oggi festeggia. Peccato che, però, la festa sia ormai alla fine e la Federal Reserve, autrice in prima persona della corsa, abbia già ritirato la coppa del punch (se non proprio ritirato di sicuro resta sul buffet molto annacquata...).
O'Neill
Detto questo, allora, chi riuscirà a trainare la ripresa mondiale? Dubbi ovunque? Non per O’Neill che vede nella Cina e in India in particolare le nuove leve dell’economia. E per la tanto vituperata Europa? Ovviamente Berlino, dal momento che tutto il resto del rally europeo si basa sul gioco di parole di un prestigiatore come Draghi che fa vedere il suo arsenale tanto propagandato, ma che per il momento è ben lungi dallo spiegare come, quando e se usarlo. Intanto aspettiamo fiduciosi.
Bce
Ma stando alle dichiarazioni rilasciate da Bini Smaghi, ex membro della Bce, l’attesa non sarà lunga, infatti Draghi sta preparando i mercati alla sua strategia di azione basata su un allentamento monetario, accennato già ieri in conferenza stampa. La tattica attendista è stata dettata da motivi politici: la Bce non è la fed e perciò, trovandosi a gestire una situazione più complessa, ha bisogno di creare consenso intorno a sè e tessere una sorta di “tela” di accordi e alleanze anche per preservare gli equilibri interni ed esterni con gli altri stati. Ma entro quanto? Secondo Bini Smaghi non più tardi di un paio di mesi.
Usa
Un bene inaspettato alla fine, anche perchè gli Usa non possono pensare al resto del mondo dal momento che, già da oggi, dovranno fare i conti con il report sui nuovi posti di lavoro. In pratica Washington è tra due fuochi: buoni dati macro uguale inasprimento del tapering e rialzo dei tassi. Il pericolo a questo punto è alto perchè sebbene la Federal Reserve abbia scelto la strategia della preparazione per tempo, la reazione isterica non è da escludere.
Insomma una serie di incertezze anche sul medio periodo proprio derivanti da quella exit strategy messa in atto ormai dall’inizio dell’anno. E anche se Wall street continua a mandare i suoi indici in orbita, molti temono che il gap che si sta creando tra l’economia e la finanza sia sempre più incolmabile. Lo stesso processo che, alla fine, rischia di verificarsi in Europa. Se già non lo si sta vedendo nascere sotto i nostri occhi.
Ala fine dei conti, gli Stati Uniti e gli investitori stessi, hanno iniziato a capire che se crescita sarà, resterà comunque una “normale” crescita tra l’altro anche esposta alle incertezze delle tempeste, come spesso già detto. Nessun allarmismo per O’Neill, anzi, una view fondamentalmente ottimista, anche perchè il rialzo arriverà a livello globale, con la sola differenza che gli Usa saranno un panorama più fragile di quanto non siano stati finora.
India e Russia
Si, a differenza dei timori per la situazione geopolitica O’Neil non teme il peggio per la Russia (secondo le sue dichiarazioni in pieno rimbalzo) e nemmeno per l’India (che può sempre affidarsi al fattore demografico come leva) alle prese con le elezioni: all'inizio del secondo trimestre, i mercati emergenti sono in buona forma.
Rossana Prezioso per Trend-online

FIAT  IN SCALATA DEL MERCATO INGLESE
Fiat viaggia nella corsia di sorpasso in Gran Bretagna. Il Lingotto, secondo i dati dell'associazione britannica del settore automobilistico, ha registrato a marzo, dopo il +20,19% di febbraio, un aumento delle immatricolazioni del suo brand principale del 27,24% a 12.749 unità per un consuntivo dei primi tre mesi dell'anno di un +26,25% a 18.782 unità e una quota di mercato in miglioramento dal 2,54% al 2,74% e nel trimestre dal 2,46% al 2,73%.

Fiat ha così superato il mercato auto inglese che ha visto lo scorso mese immatricolazioni in aumento del 17,7% a 464.824 unità grazie al cambio targa in programma a marzo. Tra gli altri brand della casa torinese è risultata in forte crescita Maserati con il contributo delle nuove Ghibli e Quattroporte prodotte a Grugliasco. Il brand del Tridente ha infatti messo a segno una crescita delle immatricolazioni lo scorso mese del 98,08% a 103 unità e nel trimestre del 114,94% a 187 unità.

Più modesta ma sempre a doppia cifra la crescita di Abarth (+14,66% a 305 unità) e di Alfa Romeo (+17,63% a 1.134 unità). Sottoperformante invece il marchio Chrysler, che in Gran Bretagna viene utilizzato per commercializzare i modelli Lancia: ha visto le immatricolazioni scendere del 20,27% a 409 unità. Stamani in borsa il titolo Fiat sale dell'1,33% a quota 8,73 euro sulla scia anche dell'upgrade di Ubs da neutral a buy. Il prezzo obiettivo passa da 7,5 a 10 euro. Ubs ha anche promosso Renault a buy con un target price a 85 euro (+1,58% a 71,95 euro l'azione alla borsa di Parigi).
"Due super amministratori delegati, Carlos Ghosn e Sergio Marchionne, hanno di fronte a loro nuovi obiettivi ambiziosi e circa tre anni a disposizione per completare la trasformazione dei loro gruppi in OEM globali", si legge nella nota di Ubs. Con l'Europa che comincia a recuperare dai minimi storici più velocemente di quanto gli stessi analisti si aspettassero, entrambi gli amministratori delegati potrebbero benissimo andare in pensione al massimo della loro carriera.
Entrambi i titoli offrono un upside significativo dal punto di vista operativo e una storia di "inefficienze valutative" che possono essere aggiustate per Renault e saranno aggiustate per Fiat Chrysler (FCA). Nel caso di quest'ultima, "nonostante la solida corsa dei prezzi da inizio anno, pensiamo che le aspettative siano ancora basse sul fatto che Fiat possa rivitalizzare Alfa Romeo o portare i margini in Brasile vicino ai livelli storici. Inoltre, rispetto a Renault, le aspettative di cambiamento del portafoglio sono superiori in casa FCA, e giustamente visto il track record del management".
Certo "aggiustare il bilancio può richiedere un aiuto ma il potenziale di rialzo derivante da un ulteriore break- up del gruppo è alto visto che la Ferrari vale oltre 4 euro per azione e i componenti, ovvero Magneti Marelli, 2,5 euro per azione", precisano gli analisti di Ubs che continuano a preferire Ford (buy e target price a 18 dollari) tra gli OEM globali e a scartare Volkswagen (sell e target price a 180 euro) visti la complessità della gamma prodotti del gruppo tedesco e il capitale speso in M&A per la diversificazione.
Milano Finanza

COMMENTO IN CHIUSURA
Piazza Affari ha chiuso in rialzo aumentando i guadagni dopo i dati sul mercato del lavoro statunitense, che a marzo hanno evidenziato la creazione di 192 mila nuovi posti di lavoro nel settore non agricolo. Un dato di poco inferiore alle attese degli analisti che avevano indicato 200 mila nuovi posti di lavoro. Il tasso di disoccupazione si è invece mantenuto stabile al 6,7 per cento. Piazza Affari ha quindi proseguito sulla strada iniziata ieri dopo le parole di Mario Draghi che ha fatto sapere che la Bce è pronta ad agire se necessario, implementando misure non convenzionali. Tra queste anche la possibilità di un quantitative easing, ossia un piano di acquisti bond. Gli effetti si sono visti anche sul secondario dove lo spread è sceso a 161 punti base, minimi da maggio 2011. In questo quadro a Piazza Affari l´indice Fte Mib ha guadagnato lo 0,82% a 22175,48 punti. Pirelli (+4,15% a 11,79 euro) brillante con gli analisti di Deutsche Bank che hanno alzato il target price sul titolo del gruppo della Bicocca a 12 euro dal precedente 11 euro, confermando il giudizio hold. "Gli pneumatici premium stanno crescendo ad un elevato tasso di crescita e decisamente meglio rispetto ai competitori", hanno scritto gli esperti della banca tedesca secondo cui il rischio rimane la sostenibilità di questi livelli di crescita. Secondo Deutsche Bank, Pirelli rimane però eccessivamente esposta ai mercati emergenti come l´America Latina e la Russia. Enel Green Power ha guadagnato l´1,05% a 2,02 euro all´indomani del piano strategico 2014-2018 che prevede investimenti pari a 6,1 miliardi di euro, 5,4 miliardi dei quali dedicati alla crescita. L´Ebitda è visto a circa 1,9 miliardi quest'anno, a circa 2,3 miliardi nel 2016 e a circa 2,6 miliardi nel 2018. Positiva Mediaset (+0,93% a 4,328 euro) dopo aver ceduto il 25% di EI Towers, società attiva nel settore delle torri di trasmissione, incassando 283,7 milioni di euro. Il collocamento, curato da Mediobanca, è avvenuto a 40,15 per azione e ha interessato 7.065.600 azioni ordinarie EI Towers. L´operazione ha fatto scendere la partecipazione del gruppo di Cologno Monzese nella società delle torri al 40% dal precedente 65 per cento. Secondo quanto riportato dalle principali agenzie di stampa, ad acquistare la quota di EI Towers messa in vendita da Mediaset sono intervenuti per un terzo fondi italiani, per un terzo britannici e la restante quota sarebbe finita nelle mani di fondi statunitensi. Saipem è invece finita in territorio negativo con un ribasso dello 0,67% a 4,328 euro. Nel comparto bancario il Banco Popolare ha perso il 2,56% a 15,20 euro dopo la salita da parte di BlackRock. Il fondo statunitense, con un´operazione risalente allo scorso 31 marzo, è salito al 6,85% dell´istituto scaligero. Ancora sotto i riflettori il Montepaschi (-0,39% a 0,2834 euro), con la Fondazione Mps che ha annunciato di essere scesa al 3,1% del capitale della banca senese, di cui il 2,5% è vincolato al patto con i nuovi soci sudamericani Fintech e Btg Pactual. L´ente di Palazzo Sansedoni ha fatto sapere che dopo la serie di cessioni la suo quota in Mps è oggi pari al 9,6%. Nel resto del comparto gli acquisti hanno premiato Popolare di Milano (+0,88% a 0,7465 euro), Intesa SanPaolo (+1,41% a 2,588 euro), Mediobanca (+1,21% a 8,38 euro), Ubi Banca (+4,66% a 7,52 euro) e Unicredit (+0,81%xxx a 6,825 euro).
Finanzaonline