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SINTESI DELLA GIORNATA FINANZIARIA DEL 11 APRILE 2014



Piazza Affari ha chiuso in ribasso una settimana difficile, complici le prese di beneficio dopo il recente rally e i forti cali che hanno interessato il comparto tecnologico statunitense. Mario Draghi ha confermato per l’Eurozona le aspettative di un periodo prolungato di bassa inflazione, che sarà seguito da un movimento graduale al rialzo dei prezzi al consumo durante il 2015 per raggiungere livelli vicini al 2% entro la fine del 2016. Draghi ha inoltre ribadito che la Bce è pronta ad agire contro la bassa inflazione, anche se i recenti discorsi di alcuni esponenti dell’Eurotower hanno raffreddato gli entusiasmi per un possibile quantitative easing in salsa europea. Ancora debole l’andamento di Wall Street, mentre a Tokyo il Nikkei ha perso oltre il 2% scendendo sui minimi degli ultimi sei mesi. In questo quadro a Piazza Affari l’indice Ftse Mib ha ceduto l’1,07% a 21.198 punti.

Sono proseguite le vendite sul comparto bancario: Banco Popolare ha ceduto l’1,02% a 14,45 euro, Popolare dell’Emilia Romagna il 2,97% a 8,47 euro, Popolare di Milano il 2,73% a 8,47 euro, Intesa SanPaolo il 2,60% a 2,392 euro, Mediobanca l’1,68% a 7,59 euro, Unicredit lo 0,39% a 6,245 euro. In controtendenza il Montepaschi, che ha mostrato un progresso del 6,08% a 0,265 euro, e Ubi Banca, che è avanzata dell’1,39% a 6,885 euro. Male Mediaset (-2,65% a 3,894 euro) con Credit Suisse che ha collocato il 3,69% della controllata Mediaset Espana in mano a Prisa. Sotto i riflettori Eni (-0,54% a 18,14 euro) e Enel (-1,73% a 3,962 euro) alla vigilia del valzer delle nomine delle società pubbliche. Entro domenica sera il Tesoro dovrà presentare le liste per il rinnovo dei vertici di circa 300 società pubbliche. Infine, dopo due giorni di rialzi sostenuti Yoox ha tirato il freno lasciando sul parterre il 2,38% a 24,59 euro.
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ENI: L’EVOLUZIONE AI TEMPI DI SCARONI
L’era di Paolo Scaroni alla guida di Eni sembra essere arrivata al capolinea. Dopo nove anni e tre mandati, l’avventura iniziata il 1° giugno del 2005 al comando del colosso petrolifero dovrebbe interrompersi nell’imminente valzer di nomine del Tesoro. L’idea che circola all’interno delle aziende interessate è che le decisioni verranno diramate dal Governo già stasera dopo la chiusura dei mercati. In pole position per sostituire Scaroni come amministratore delegato c’è Claudio Descalzi, che attualmente guida la divisione "Exploration & Production”, in sostanza il core business dell’azienda. Questa, all’interno di Eni, sarebbe sicuramente la soluzione più gradita perché garantirebbe la continuità con il lavoro svolto da Scaroni.

Ma vediamo i numeri e l’evoluzione di Eni durante l’era di Paolo Scaroni (periodo 2005-2013). Le slide che pubblichiamo sono un estratto di quelle utilizzate da Paolo Scaroni durante l’audizione alla Commissione Industria del Senato dello scorso 2 aprile.
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NOMINE: PER L’ENI IN POLE C’E’ DESCALZI
L’ora della verità per il valzer delle nomine delle società pubbliche è arrivata. Entro domenica sera il Tesoro dovrà presentare le liste per il rinnovo dei vertici di circa 300 società pubbliche. Ovviamente i riflettori sono puntati sui colossi dell’industria tricolore: Eni, Enel, Finmeccanica, Poste Italiane, Rai. L’idea che circola all’interno delle aziende interessate è che le decisioni verranno diramate dal Governo già stasera dopo la chiusura dei mercati.

Eni. La partita più importante si gioca in casa del colosso petrolifero, dove sembra proprio arrivata al capolinea la permanenza di Paolo Scaroni. Dopo nove anni e tre mandati alla guida di Eni, Scaroni dovrebbe essere sostituito da Claudio Descalzi, che attualmente guida la divisione "Exploration & Production”, in sostanza il core business dell’azienda. Questa, all’interno di Eni, sarebbe sicuramente la soluzione più gradita perché garantirebbe la continuità con il lavoro svolto da Scaroni.

Nelle ultime settimane alcune delle più importanti case d’affari e i quotidiani finanziari internazionali si sono schierati per la conferma di Scaroni alla guida dell’Eni. Questa ipotesi è andata sempre più sfumando dopo la risoluzione della Commissione Industria del Senato sul limite massimo di tre mandati per la riconferma di presidenti e Ad e dopo la condanna in primo grado di Scaroni in merito alle vicende della centrale di Porto Tolle. Gli analisti di Ubs hanno sottolineato come in questi anni Scaroni abbia svolto un lavoro molto efficace in condizioni di mercato difficili, giudicando "bizzarro” che un caso di dieci anni fa, per giunta quando Scaroni era a capo di Enel, abbia ripercussioni sulla sua conferma alla guida dell’Eni.

Enel & Finmeccanica. Situazione simile in casa del colosso dell’energia elettrica. Anche qui dovrebbe terminare l’era di Fulvio Conti che potrebbe essere sostituito da Francesco Starace, attuale amministratore delegato della controllata Enel Green Power. Cambio della guardia assai probabile anche per Finmeccanica, impegnata in un profondo piano di ristrutturazione. Alessandro Pansa potrebbe essere sostituito dal numero uno di Alenia, Giuseppe Giordo.

Poste & Rai. La tornata di nomine riguarderà anche Poste Italiane e Rai. Secondo quanto scritto da La Repubblica, il direttore generale della televisione di Stato, Luigi Gubitosi, dovrebbe essere confermato, mentre alle Poste Italiane potrebbe arrivare Francesco Caio per sostituire Massimo Sarmi.
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IPO ANIMA: DEBUTTO IN PIAZZA AFFARI IL 16 APRILE

Tutto pronto per il ritorno a Piazza Affari di Anima, prima grande Ipo di Piazza Affari del 2014. Il giorno del debutto è stato fissato per mercoledì 16 aprile. L'offerta delle azioni di Anima Holding, società di partecipazioni che controlla Anima Sgr, si è conclusa ieri con una domanda che è stata pari a circa 5,4 volte il quantitativo di azioni offerte (inclusa l’opzione greenshoe). Il prezzo di offerta delle azioni ordinarie di Anima Holding è stato fissato in 4,20 euro per azione, nella parte alta della forchetta di prezzo indicata prima dell'inizio dell'offerta dalla società e che andava da 3,5 a 4,5 euro.

La valorizzazione della società di risparmio gestito è di di 1,259 miliardi di euro. L'Ipo di Anima, che lasciò Piazza Affari nel 2009 in seguito al delisting voluto da Bpm, arriva in un momento molto positivo per il settore del risparmio gestito italiano reduce dai numeri record di raccolta (a febbraio toccati i top dal 1998).

I numeri di Anima Holding

Anima Holding ha chiuso il 2013 con un utile netto di 120 milioni di euro dai 43 mln del 2012. Il patrimonio in gestione a fine 2013 risultava di 46,6 miliardi di euro, in crescita di oltre il 14% rispetto a fine 2012, effetto di una raccolta netta positiva pari a 3,4 miliardi di euro.

I dettagli della prima grande Ipo del 2014

L’offerta globale di vendita delle azioni Anima Holding ha per oggetto il collocamento del 55% del capitale sociale posto in vendita da Banca Mps, Banca Popolare di Milano, Lauro Quarantadue S.p.A. (interamente controllata da Clessidra SGR) e Prima Holding 2 S.p.A. (partecipata da Lauro 42, Banca Mps e alcuni manager del gruppo Anima). Al pubblico retail è stato riservato il 10% dell’offerta Globale di Vendita. E' poi prevista una tranche riservata ai dipendenti per un quantitativo massimo di 282.000 azioni Anima Holding.

Mps e Bpm resteranno azionisti dopo la quotazione di Anima Holding, rispettivamente con quote di partecipazione pari a 9,90% e 14,72%, mentre Lauro 42 dopo la quotazione avrà una partecipazione pari all’8%.
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DRAGHI: PRONTI AD AGIRE PER LA BASSA INFLAZIONE

"La ripresa nella zona euro è in corso" ma "i rischi per l'outlook economico restano al ribasso". E' quanto si apprende dal testo dell'intervento del governatore della Banca centrale europea (Bce), Mario Draghi, depositato al 29esimo International Monetary and Financial Committee, (Imfc), il braccio operativo del Fondo Monetario Internazionale. Tali rischi spiega Draghi "si riferiscono a sviluppi geopolitici e a un'insufficiente implementazione delle riforme strutturali nei paesi dell'area dell'euro, nonché agli sviluppi nei mercati finanziari globali e nelle economie emergenti". 

La Banca centrale europea conferma inoltre le aspettative di "un periodo prolungato di inflazione bassa che sarà seguito da un movimento graduale al rialzo dei prezzi al consumo durante il 2015 per raggiungere livelli vicini al 2% verso la fine del 2016". "Le aspettative di inflazione nel lungo termine restano saldamente ancorate in linea con la nostra definizione di stabilità dei prezzi - osserva il numero uno dell'istituto di Francoforte - Sia rialzo e sia al ribasso i rischi per le prospettive sull'andamento dei prezzi restano limitate. In questo contesto, le possibili ripercussioni dei rischi geopolitici e dei tassi di cambio saranno monitorate attentamente".

Bce pronta ad agire contro bassa inflazione 
E una volta di più il presidente Draghi ha ribadito che la Bce è pronta ad agire se necessario per combattere la deflazione (deflazione, parola che non viene mai citata nel testo di Draghi). "Il consiglio direttivo è unanime nel suo impegno ad utilizzare anche strumenti non convenzionali nell'ambito del mandato della Bce per rispondere in maniera efficace ai rischi di un periodo prolungato di bassa inflazione. Allo stesso tempo, sta seguendo da vicino gli sviluppi sui mercati monetari". L'Eurotower, si legge nel testo dell’intervento di Draghi a Washington, "è risoluta nella sua determinazione a mantenere una politica monetaria altamente accomodante ed è pronta ad intervenire rapidamente, se necessario. Pertanto, non esclude un ulteriore allentamento della politica monetaria e ribadisce con fermezza che continua ad attendersi tassi di interesse ai livelli attuali o bassi per un periodo prolungato di tempo".
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AZIMUT: UNA MINIERA D’ORO PER I GRANDI MANAGER
25 MILIONI A TITOLO DI DIVIDENDO - Pietro Giuliani, presidente e amministratore delegato di Azimut Holding, fra poco più di un mese incasserà, assieme ai altri suoi top manager e agli oltre 1.300 promotori finanziari, circa 25 milioni di euro a titolo di dividendo dopo aver portato a casa 20 milioni lo scorso anno.
Sono questi – al di là dello stipendio di circa 1,5 milioni che riceve per la sua doppia carica di presidente e amministratore delegato – i veri guadagni del patron e dei suoi uomini della quotata, che nel 2013 aveva distribuito (a valere sull’utile del 2012) un dividendo di 0,55 euro ad azione salito a 0,7 quest’anno, a valere sul profitto dell’esercizio precedente. La cedola in distribuzione fra pochi giorni sarà così composta: 0,1 euro a titolo di parte ordinaria e 0,6 euro come dividendo aggiuntivo.
LA RELAZIONE SULLA REMUNERAZIONE - Come si arriva al calcolo del tesoretto di dividendi di Giuliani & C.? Tutti i top manager di Azimut sono anche soci della quotata tramite la Timone Fiduciaria che detiene il 25% del capitale, il 20% del quale è stretto da un patto di sindacato composto da 1.346 persone fisiche, che comprendono anche i promotori della rete di Giuliani.
Non solo, perché poi ci sono i guadagni potenziali di Giuliani & C. sul valore del titolo Azimut, passato dai circa 13 euro di inizio 2013 a oltre 19 euro a fine dello scorso anno, per viaggiare oggi oltre i 26 euro.
A fine del 2012 Giuliani possedeva oltre 2 milioni di titoli e lo scorso anno ne ha comprati altri 23.493 mentre acquisti minori sono stati fatti dai consiglieri Stefano Gelatti Mach de Palmstein(6.192 azioni) e Andrea Aliberti (3.682).
La Relazione sulla remunerazione allegata al bilancio 2013 di Azimut Holding evidenzia, oltre al salario di Giuliani (1,49 milioni), quelli del co-amministratore delegato Marco Malcontenti (743.000 euro), del direttore generale Paola Mungo (559.000 euro) e degli altri consiglieri Aliberti (540.000), Renato Fantoni (55.000), Andrea Manetti (64.000), Aldo Milanese (60.000), Stefano Gelatti Mach de Palmstein 636.000, Franco Novelli (60.000), Cesare Lafranconi (239.000) e Paola Spando (172.000 euro).
Andrea Giacobino
Finanzainchiaro

RENDIMENTI: I 15 TITOLI CHE NE OFFRONO DI PIU’
Goldman Sachs ha individuato 19 azioni a stelle strisce che, tra ricchi buyback e , anche se non sempre, buoni dividendi, offrono rendimenti complessivi a due cifre. Ne dà conto Business Insider. Ecco quali

1- Coca-Cola: total yield 14% (di cui il dividend yield al 2,4%)
2- Interpublic of Companies: total yield  14,3% (di cui il dividend yield al 3%)
3-L-3 Communications: total yield 14,4% (di cui il dividend yield al 2,9%)
4-Tenet Healthcare: total yield  14,7% (solo buyback)
5-Dun & Bradstreet: total yield 14,9% (di cui il dividend yield all'1,9%)
6-Halliburton: total yield 15% (di cui il dividend yield all'1,4%)
7-Yahoo!: total yield 15,1% (solo buyback)
8-Marathon Petroleum: total yield 15,6% (di cui il dividend yield al 2,3%)
9-SanDisk: total yield  16,1% (di cui il dividend yield all'1%)
10-Ameriprise Financial: total yield 16,7% (di cui il dividend yield al 3,1%)
11-VeriSign: total yield 17,2% (solo buyback)
12-Assurant: total yield 17,3% (di cui il dividend yield al 2,7%)
13-Northrop Grumman: total yield 18% (di cui il dividend yield al 3,4%)
14-Nvidia: total yield  18,4% (di cui il dividend yield al 2,4%)
15-Pfizer: total yield 18,9% (di cui il dividend yield al 3,6%)
16-NetApp: total yield 19,1% (di cui il dividend yield all'1,6%)
17-Seagate Technology: total yield 20,8% (di cui il dividend yield al 3,8%)
18-Viacom: total yield 18,9% (di cui il dividend yield al 2,1%)
19-ADT: total yield 22,1% (di cui il dividend yield all'1%)
Professionefinanza

PIAZZA AFFARI: TITOLI NEL MIRINO
A Piazza Affari l'attenzione è concentrata ancora una volta su Alitalia, Unipol, Cir, Telecom, Mediaset, Mps e Bpm. Ecco, secondo la rassegna di Reuters, i principali possibili movimenti attesi.
Intesa Sanpaolo. Il titolo potrebbe reagire alla notizia che la banca ha dato mandato a quattro istituti per il lancio di un bond senior a 5 anni a tasso variabile da un miliardo di euro. Questo quanto risulta dal servizio Ifr di Thomson Reuters.
Mps. Il titolo potrebbe muoversi in scia alla notizia che Mps ha prezzato l'obbligazione garantita a 7 anni dell'importo di 1 miliardo di euro che ha ricevuto richieste per circa 4 miliardi. Il rendimento del titolo è stato fissato a 160 punti base sopra il tasso midswap, dopo una prima indicazione in area 175 pb. Il tasso è risultato quindi pari a 2,913%. Mps - Bpm. I due titoli potrebbero muoversi in seguito all'avviccinarsi dell'Ipo di Anima Holding, il cui prezzo è stato fissato, come anticipato da Reuters, a 4,2 euro per azione, nella parte alta della nuova forchetta indicativa. L'asset manager precisa inoltre che la domanda, al prezzo di offerta, è stata pari a circa 5,4 volte il quantitativo di azioni offerte. Telecom. Titolo sotto i riflettori. Secondo alcune fonti, il nuovo Cda appoggerà l'Ad nell'esecuzione del piano e consentirà a Telefonica di proseguire le trattative per una possibile offerta su Tim Brasil con gli altri principali operatori brasiliani da presentare verso fine anno. Intanto, la società ha siglato un accordo che consentirà ai suoi clienti di accedere all'offerta televisiva di Sky grazie a una nuova piattaforma Ip e a un decoder dedicato. In un'intervista al Sole 24 Ore, l'ad Marco Patuano ha ribadito che il progetto di scorporo della rete è definitivamente accantonato e che in Brasile non è stata avviata neanche una minima discussione con Vivendi sul dossier Gvt. Nessuna informazione al riguardo, inoltre, su una eventuale manovra di Oi su Tim Brasil. Ribadisce anche che Telecom Italia non ha bisogno di chiedere soldi al mercato mentre la svalutazione degli avviamenti "non è un tema". Riguardo al piano Findim, Patuano ritiene non convicente la proposta di divisione tra fisso e mobile. Infine nessuna preoccupazione emerge dal possibile scioglimento di Telco.
Mediaset. Titolo in luce a Piazza Affari dopo che Prisa ha dato mandato a Credit Suisse per un accelerated bookbuilding sul 3,69% di Mediaset Espana. Le quotazioni di Mediaset Espana sono state temporaneamente sospese alla borsa di Madrid.
Mediobanca. Il titolo potrebbe reagire alla notizia che la Carlo Tassara di Romain Zalesky ha dismesso nelle scorse settimane la quota in Piazzeta Cuccia pari, allo scorso 30 settembre, all'1,7% del capitale. Lo si apprende dal Sole 24 Ore.
Pop Emilia Romagna. Titolo in luce a Piazza Affari. In un'intervista al Sole 24 Ore, il presidente Ettore Caselli dice che la banca sta analizzando la posizione in merito a un eventuale aumento di capitale alla luce del nuovo scenario che non consente di avviare il processo per la validazione dei modelli interni di rischio nei tempi auspicati a causa dell'avvio delle attività relative all'asset quality review e agli stress test. Intanto, il dossier Banca Etruria è in corso di valutazione ma "il tema non è in cima ai nostri pensieri", dice Caselli.
El Towers. In occasione del recente collocamento di azioni da parte di Mediaset, Blackrock ha rilevato il 6,85%.
Cir. Titolo sotto i riflettori. Il Cda della controllata Sorgenia, chiamato a esaminare ed eventualmente approvare il piano di salvataggio proposto dalle 21 banche creditrici, è stato aggiornato a questa mattina.
Unipol. Unipol Banca ha varato il piano industriale che prevede il raggiungimento di un utile di 13 milioni nel 2015 e anche, come aveva anticipato l'AD Carlo Cimbri lo scorso mese, un aumento di capitale da 100 milioni, che sarà realizzato quest'anno, scrivono alcuni quitidiani.
Bpm. Titolo sugli scudi.Per l'assemblea di domani, chiamata ad approvare anche le modifiche alla governance, la Consob invierà degli osservatori, come da prassi in alcune occasioni, scrive Il Messaggero. Intanto, aggiunge il quotidiano, a seguito dell'uscita dal capitale di Credit Mutuel, il suo rappresentante in Cds ha scritto al presidente Piero Giarda mettendo di fatto a disposizione il proprio posto in consiglio.
Arena. Nella seconda asta, tra il 24 gennaio e il 14 febbraio, non sono giunte proposte d'acquisto per i marchi Arena Surgelati e Surgelati Arena che saranno proposti in vendita con un ribasso di un ulteriore 20%.
Alitalia. Titolo sotto i riflettori. Il presidente del Consiglio Matteo Renzi ha ricevuto ieri l'ad di Etihad Aiwrays James Hogan per discutere della trattativa per l'ingresso della compagnia araba nella vettore italiano. Lo ha riferito una fonte della presidenza del Consiglio secondo cui i tempi per l'intesa sono stretti. 
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BTP: PRESTARE SOLDI ALLO STATO NON CONVIENE PIU’
Dopo il collocamento in asta dei BOT ieri, il Tesoro ha venduto oggi 6,75 miliardi di euro di BTP. Il successo dell’emissione di BOT a un anno, i cui rendimenti hanno toccato nuovi minimi, non ha mancato di influire positivamente anche sulle aste dei titoli di stato a media e lunga scadenza. Il recente rally dei paesi periferici europei ha ristretto ulteriormente lo spread fra BTP e Bund decennali fino a 165 punti base infondendo fra gli investitori una maggiore dose di ottimismo anche verso la carta italiana. La buona domanda degli investitori istituzionali ed esteri permette infatti allo Stato di rifinanziare il debito a tassi decisamente migliori rispetto solo ad alcuni mesi fa. Così il tasso sul Btp a 10 anni si attesta sotto il 3,20% e viaggia verso nuovi minimi. Ma di spazio per crescere ancora ce n’è – osserva un analista di Intesa SanPaolo – il quale fa notare  che proprio ieri l’Irlanda, che era messa peggio dell’Italia, ha prezzato un nuovo bond decennale da 1 miliardo di euro offrendo un rendimento inferiore al 3% e la Grecia è tornata, dopo 4 anni, ad emettere titoli governativi per 3 miliardi di euro riscuotendo grande successo fra gli investitori internaioneli.
In asta sono stati assegnati 3,5 miliardi di euro di BTP 1,50% con scadenza 15 dicembre 2016 in settima tranche (Isin IT0004987191).Il rendimento è stato calcolato in 0,93% (da 1,12%), su una scadenza di 2,5 anni circa, ai minimi dall’introduzione dell’euro. Venduti anche 2,5 miliardi di BTP 3,75% Maggio 2021 in ottava tranche (Isin IT0004966401) per un rendimento finale lordo pari a 2,44% (da 2,71%). Mentre, sulla parte lunga della curva, sono stati assegnati BTP in ottava  tranche con scadenza settembre 2044 e cedola fissa semestrale del 4,75% (Isin IT0004923998) per 1,25 miliardi di euro. Il tasso d’interesse lordo finale è stato determinato in 4,27%, in calo rispetto al 4,59% dell’ultima emissione. Complessivamente la domanda è stata buona – commenta un trader – il quale aggiunge che “finché i paesi core europei (Francia e Germania) offriranno rendimenti più bassi di quelli italiani e spagnoli, gli investitori continueranno a sottoscrivere le emissioni periferiche, ritenute meno insicure due anni fa.
Dal punto di vista finanziario generale, le banche centrali sembra disposte a tutto pur di sostenere la ripresa economica globale. La crisi dura ormai da troppi anni e il crac di Lehman Brotrhers sembra ormai un ricordo lontano, ma gli effetti si percepiscono ancora oggi sui mercati. I toni accomodanti delle minute della Fed hanno determinato una correzione del ‘repricing’ che si era visto precedentemente sui titoli di stato ‘core’. Quindi Treasuries e Bund hanno ripreso tono e a traino sono andati anche i periferici” osservano gli analisti di ING -. I verbali dell’ultima riunione del Fomc indicano che l’istituto centrale Usa non ha fretta di ridurre lo stimolo monetario, spingendosi fino a cancellarlo prima che l’economia sia pronta, come temuto da parte del mercato. Ora il mercato sconta il primo rialzo dei tassi negli Usa nel luglio del 2015.
Per quanto riguarda la BCE, invece, le attese sono per un taglio del costo del denaro a 0,125% entro giugno e il lancio di un “quantitative easing” sulla scorta di quanto avvenuto negli USA se l’economia europea dovesse continuare ad arrancare. Si tratta di misure non convenzionali alle quali il presidente della BCE Mario Draghi ha fatto riferimento nell’ultima riunione dell’esecutivo onde evitare la stagnazione dei prezzi e della domanda.
di Mirco Galbusera
investire oggi


QUESTA NON E’ UNIONE BANCARIA

L’accordo raggiunto tra Parlamento e Consiglio europeo sul disegno di unione bancaria dovrebbe diventare definitivo a metà aprile. Ben lungi dal favorire una ricapitalizzazione coordinata del sistema bancario europeo, l’accordo sancisce il principio caro a Berlino & Co dell’“ognun per sé”….
Dopo lunghi ed estenuanti negoziati, il Parlamento e il Consiglio europeo hanno trovato l’accordo (1) su un disegno di unione bancaria che riflette quasi interamente le priorità tedesche. Se confermato in seduta plenaria a metà aprile, l’accordo diventerà definitivo. I tre pilastri su cui si regge il nuovo impianto sono il coinvolgimento di azionisti e obbligazionisti (creditori) in caso di fallimento bancario, la centralizzazione della supervisione bancaria a Francoforte e l’istituzione di un mini fondo comune per la risoluzione bancaria. 
Possono sembrare temi piuttosto tecnici e complessi, ma la loro straordinaria rilevanza politica impone che si provi a spiegarli al pubblico. Il coinvolgimento di azionisti e creditori consente di limitare l’entità dell’intervento pubblico nel caso di fallimenti bancari. Se una banca è in difficoltà, i primi a dover prestare aiuto saranno gli investitori privati e non il settore pubblico. È uno sviluppo per certi versi positivo, ma largamente insufficiente nel contesto attuale. Essendo il capitale obbligazionario solo una frazione dei passivi delle banche, tale misura ridurrà solo al margine il costo sociale dei salvataggi bancari. Su insistenza dei paesi creditori, inoltre, l’istituzione di una garanzia comune dei depositi è stata totalmente esclusa dalle trattative e rimarrà competenza nazionale. Non si tratta, dunque, di una misura adatta a risolvere crisi di natura sistemica. Per queste, il governo (e il contribuente) di ogni Stato rimarranno garanti.
L’introduzione di un’unica supervisione bancaria per l’area euro rappresenta un cambiamento senz’altro più significativo. Se fino ad oggi sono state le autorità nazionali a vigilare sulle banche dell’area euro, in futuro se ne occuperà un solo organismo federale. Sarà di conseguenza l’Europa, con un ruolo centrale esercitato dalla Banca centrale europea (Bce), a stabilire se una banca in difficoltà deve fallire oppure no. Questo trasferimento di poteri rappresenta una cessione di sovranità di portata storica. Non a caso, sono stati necessari circa cent’anni per introdurre un sistema di supervisione federale negli Stati uniti.
A fronte di una tale cessione di sovranità e della mancanza di una garanzia comune dei depositi, è il terzo elemento dell’unione bancaria – il fondo comune di risoluzione – a risultare gravemente inadeguato. Si tratta di un fondo finanziato dalle banche stesse e già esistente nella maggior parte dei paesi europei. Alcuni parametri saranno armonizzati e il fondo gradualmente messo in comune con l’obiettivo di renderlo pienamente operativo tra ben otto anni. Nel 2022, dovrebbe ammontare a 55 miliardi di euro, una cifra insignificante rispetto al bilancio delle banche dell’area euro e pari a circa l’1% dei depositi. Anche a regime, il fondo non sarà sufficiente a coprire le perdite di più di una banca di media grandezza. Per fare un esempio recente, la garanzia concessa dal governo Belga per la sola banca Dexia è stata di 80 miliardi di euro!
Su proposta del Parlamento, al fondo sarà concesso di finanziarsi sui mercati, ma solo sulla base delle future entrate e senza alcuna garanzia aggiuntiva. È uno sviluppo positivo, ma assolutamente marginale a fronte di stime per la ricapitalizzazione delle banche dell’area euro che vanno dai 500 ai 1000 miliardi. Tali cifre possono sembrare eccessive, ma non lo sono se si considera che i 128 istituti di credito che passeranno sotto la supervisione della Bce detengono più di quattro quinti degli assets del sistema bancario della zona euro, una cifra pari a 26000 miliardi. La crisi dello spread, dunque, potrebbe ritornare in autunno, quando gli esiti dell’asset quality review della banca centrale europea saranno resi noti, evidenziando criticità che non potranno essere risolte da questa unione bancaria.
Non è un caso che durante i negoziati degli ultimi due anni, Francia e Italia avessero proposto a più riprese che il fondo comune di risoluzione potesse attingere direttamente dal Meccanismo di Stabilità Europeo, il cosiddetto ‘fondo salva stati’, che ha una capacità di 500 miliardi. Non sarà così. Come nel caso di Spagna e Irlanda, i costi per il salvataggio delle banche continueranno a gravare sul bilancio pubblico (dunque sul contribuente) e il possibile ricorso al Meccanismo di Stabilità Europeo rimarrà condizionale ad un duro programma di aggiustamento monitorato dalla troikasource
Dati gli enormi limiti del compromesso raggiunto, l’espressione ‘unione bancaria’ è ingannevole, per certi versi al limite della disinformazione. L’accordo non favorirà una ricapitalizzazione coordinata del sistema bancario europeo. Al contrario, sancisce il principio molto caro a Berlino & Co. dell’“ognuno va per sé”. Da un punto di vista legale, si tratta in gran parte di una formalizzazione di prassi già consolidate, come il ricorso al fondo ‘salva’ stati. Totalmente estranei al negoziato, infine, sono rimasti la garanzia comune dei depositi, da molti analisti considerato l’elemento centrale di una credibile unione bancaria, e l’introduzione graduale di unsafe asset comunitario come eurobond o eurobill su cui un’unione bancaria deve di fatto reggersi.
È sotto il profilo politico, invece, che l’accordo rappresenta un cambiamento di portata storica, ma solo in termini di cessione di sovranità. Come nel caso dell’introduzione della moneta unica, questa non è stata bilanciata da maggiore integrazione sul piano fiscale. Anche in questo caso, purtroppo, l’esistenza di un vero meccanismo di assicurazione comune non è un optional, ma un elemento imprescindibile all’interno del quadro macro-finanziario finemente pensato dagli architetti dell’unione economica e monetaria. In pratica, si sta ricommettendo lo stesso errore del passato. Questa unione bancaria, su cui tanto l’élite di Maastrichtaveva puntato, non potrà funzionare e rappresenta solo l’ultima di una lunga serie di prevedibili (e previsti) insuccessi. Continuare a negarlo non serve. Siamo ancora in tempo per cambiare rotta. Si deve ripartire da Strasburgo. Semplicemente dicendo no a questa surreale unione bancaria e mettendone una vera sul tavolo.
Carlo Scalzotto per Finanzanostop


WALL STREET: PROVE GENERALI DI RIBASSO

NEW YORK (WSI) - Wall Street sotto pressione, il sentiment rimane negativo dopo i forti cali che hanno colpito Wall Street alla vigilia. Lo S&P 500 ha perso -2,1%, riportando la flessione più forte dallo scorso 3 febbraio, mentre il Nasdaq Composite Index ha ceduto -3,1%, il ribasso più sostenuto dal novembre del 2011. Tassi sui Treasuries a 10 anni scendono al minimo dell'anno, al 2,62%.

Indici aprono in rosso, con il Dow Jones che accelera al ribasso nei primi minuti di contrattazioni scendendo fino a -104 punti, rischiando di scivolare sotto la soglia psicologica di 16.000 punti, per poi recuperare dai minimi, con gli altri indici e fare -0,59% a 16.070,48, Nasdaq -0,58% a 4.028,66 (aveva ceduto -0,9% circa), S&P -0,53% a 1.823,34 punti.

Reso noto l'inindice della fiducia dei consumatori stilato dall'Università del Michigan e da Thomson Reuters; su base preliminare, il dato è salito ad aprile a 82,6 punti dagli 80 di marzo, al massimo da luglio.

Presi di mira nelle ultime ore di nuovo i tecnologici, con il sell off alimentato dai timori che le valutazioni dei titoli siano cresciute troppo.

Lo S&P 500 ha perso -3,1% dal record di questo mese, chiudendo ieri al valore più basso dallo scorso 19 febbraio. Su base settimanale, l'indice ha lasciato sul terreno -1,7%. Pesanti i ribassi dei tecnologici, con l'indice di riferimento che è scivolato -4,4% su base settimanale. Balzo volatilità, indice di riferimento Chicago Board Options Exchange Volatility Index (VIX) +15% nella giornata di ieri, salito al tasso più alto dallo scorso 3 febbraio.

In termini di analisi tecnica, per lo S&P 500 un livello cruciale al rialzo è rappresentato dalla resistenza a 1852,805, mentre importante supporto è a 1811,145. Per il Nasdaq Composite, da monitorare la resistenza a 4.118,360, e il supporto a 3.978,510.

L'indice S&P oggi è scivolato al minimo a 1.819,67, per poi risalire. La cattiva notizia per i ribassisti è che, affinché parta una vera correzione, l'area che deve essere rotta è quella compresa tra 1.811 e 1.800 punti. Tale scenario potrebbe concretizzarsi nel caso in cui gli utili delle società Usa dovessero essere deludenti nell'arco dei prossimi giorni. In caso contrario, lo S&P 500 potrebbe oscillare all'interno del range compreso tra 1.840 e 1.880.

Al momento l'indice dei semiconduttori Philadelphia Semiconductor Index è in flessione -0,83%.

Preoccupazione per il settore bancario, con gli utili di JP Morgan che hanno deluso le stime degli analisti, riportando tra l'altro un calo -19%. Nei primi minuti di contrattazione il titolo cede -4% a $55,07: supporto a $54,31, resistenza a $56,15.

Migliori delle previsioni si sono confermati invece i risultati di bilancio di Wells Fargo, che ha riportato nel primo trimestre utili in rialzo +14% a $5,9 miliardi, o $1,05 per azione, contro i $5,2 miliardi, o 92 centesimi per azione, dello stesso periodo dell'anno precedente. In calo però anche in questo caso il fatturato, che è sceso a $20,6 miliardi dai $21,26 miliardi del primo trimestre del 2013.

Dal fronte economico, reso noto l'indice dei prezzi alla produzione, che è salito a marzo +0,5%. L'indice core è avanzato +0,6% dopo essere sceso -0,2% a febbraio.

ALTRI MERCATI - In ambito valutario, l’euro -0,03% a $1,3883; dollaro/yen +0,01% a JPY 101,51; euro/franco svizzero -0,08% a CHF 1,2158; euro/yen -0,07% a JPY 140,90.

Riguardo alle materie prime, i commodities, i futures sul petrolio -0,05% a $103,35 al barile, quotazioni oro +0,18% a $1.322,90.
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TRUFFA E USURA A TRANI RINVIATI A GIUDIZIO I VERTICI DI AMERICAN EXPRESS

ROMA (WSI) - Nell’udienza conclusiva delle indagini preliminari svolta oggi dinanzi al Gup, dott. Francesco Messina del Tribunale Penale di Trani nel processo "Revolving", istruito dal P.M. dott. Michele Ruggiero e dal nucleo speciale della Guardia di Finanza di Bari, sono stati tutti rinviati a giudizio i 5 imputati dirigenti e funzionari di American Express Services Europe Limited, che avevano spacciato negli anni scorsi, denaro di plastica a tassi da ‘strozzo’.

Il Gup Messina ha infatti rinviato a giudizio ordinario gli imputati Di Febo Daniele e Peretti Melissa quali dirigenti area prodotti carte ed area compliance di Amex. Ha invece rinviato a giudizio immediato Del Borgo Giglio, Quarra Massimo e Fontana Francesco quali responsabili (dal 2005 ad oggi) di Amex.

Per tutti l'accusa è di truffa ed usura.

Nel processo erano costituiti parte civile Adusbef con l’avv. Antonio Tanza ed Adusbef-Puglia con avv. Vincenzo Laudadio, uniche associazioni presenti ed ammesse oltre ad alcuni consumatori.

La Procura di Trani aveva chiesto il rinvio a giudizio per cinque dirigenti di American Express ipotizzando i reati di truffa ed usura ai danni di alcuni cittadini della provincia di BAT (Barletta, Andria, Trani), in relazione all’elargizione di prestiti in danaro realizzati attraverso il rilascio di carte di credito del tipo "revolving", sulle quali venivano applicati tassi di mora usurari.

L’inchiesta - nella quale sono confluite anche segnalazioni della stessa Adusbef - è partita nel 2008 a seguito della denuncia di un utente di Molfetta che, a fronte di un prestito di 2.600 euro, non avendo pagato una rata di 129,43 euro, si era visto recapitare una richiesta di 686,54 euro, cioè superiore di oltre 5 volte alla rata non pagata ed ad un tasso di interesse moratorio ben superiore a quello soglia previsto dalla legge antiusura fissato al 25,23% per il trimestre di riferimento, che secondo le perizie sfiorava il 250%.

Ancora una volta magistrati coraggiosi, esperti e preparati, a seguito delle denunce dell’Adusbef- ai quali è grata- applicando il buon diritto e le norme legali troppo spesso trascurate per non disturbare i loschi interessi dei banchieri, riescono a tutelare le ragioni dei consumatori truffati, usurati e strangolati da banche e società esercenti il denaro di plastica. Il processo avrà luogo davanti al tribunale di Trani il prossimo 18.9.2014.
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STIGLITZ: RENZI E VALLS DEVONO ATTACCARE LA TRINCEA TEDESCA

TORONTO (WSI) - Joseph Stiglitz non compra un’oncia dell’ottimismo che circola in Europa sulla ripresa. Nel giorno in cui la Grecia torna sui mercati dopo quattro anni di esilio e default, il premio Nobel per l’Economia tradisce la sua impazienza: «Il fatto che si celebri l’emissione di un bond sui mercati senza discutere della devastazione che resta nella vita delle persone è semplicemente criminale», dice.

Stiglitz ne parla in una pausa della conferenza Cigi-Inet di Toronto, il nuovo "think tank" sostenuto da George Soros, dove nessuno sembra credere che l’Europa del Sud sia vicina a una svolta. Il governo di Matteo Renzi segnala che il debito salirà quasi al 135% del Pil. Come ridurlo se non con altra austerità? «L’Europa deve capire che deve dare spazio all’Italia perché possa crescere, solo così potrà iniziare a ridurre il debito.

Bisogna agire sul denominatore, cioè sulle dimensioni dell’economia che deve sostenere questo debito. Non attraverso l’austerità di bilancio. L’esempio greco dovrebbe aver insegnato qualcosa: si è cercato di ridurre il debito tramite il rigore di bilancio, ma l’economia è crollata del 25% e ora il debito rispetto al Pil è più alto di prima. È stato letale e fatico a credere che nessuno ne abbia tratto una lezione».

Un’alleanza fra Renzi e il neopremier di Parigi Manuel Valls può spostare gli equilibri europei e correggere la linea della Germania? «Francia e Italia potranno portare una sfida alle scelte perseguite dalla Germania, questo sì. Ma non mi aspetto un cambiamento: il governo tedesco è profondamente trincerato sulle sue posizioni».

Non trova che invece si vedano segnali di ripresa, più forti in America ma visibili anche nei Paesi europei in crisi? «Negli Stati Uniti non sono affatto certo che la crisi sia superata: il reddito medio per abitante è ai livelli di 25 anni fa. Dal 2009 al 2012 il 95% dell’aumento del reddito è andato all’1% della popolazione.

Il restante 99% non ha sentito che la crisi sia finita. E il numero di occupati nel settore privato è tornato ai livelli del 2008 solo il mese scorso, mentre intanto la popolazione è aumentata. Dunque in proporzione l’occupazione è scesa».

E in Europa del Sud quanto lontana trova che sia la ripresa? «In Europa è peggio che in America, trovo difficile capire quest’aria di celebrazione che si respira. Grecia, Spagna o Portogallo hanno subito una caduta del reddito per abitante peggiore che in America durante la grande depressione degli anni ‘30. Sono situazioni tali che bisognerebbe cercare nuove soluzioni, un nuove pensiero economico. Per questo trovo scioccante che l’Europa non abbia fatto altro che cercare di replicare vecchie ricette, in particolare la Germania».

I Paesi del Sud vivono una crisi da eccesso di debito, pubblico e privato. Davvero crede che se ne esca aumentando ancora il debito? «Già prima di questa crisi, c’erano prove schiaccianti che l’austerità non funziona per rispondere a situazioni di questo tipo. Ma la Germania non ha ascoltato e non ascolta».

La Germania chiede ai Paesi in recessione di diventare più competitivi: cosa ci trova di così sbagliato? «Sicuramente alcune riforme interne alle economie colpite dalla recessione contribuirebbero a renderle più efficienti. Ma il problema dell’Europa non è questo. È la struttura stessa dell’euro, privo com’è di una unione bancaria e di risorse di bilancio messe in comune. Si pensava che per ottenere la crescita bastasse tenere un livello basso di inflazione e per una convergenza fra le diverse economie fosse sufficiente rispettare le regole sul deficit e sul debito pubblico. Non è andata così. L’Irlanda e la Spagna hanno rispettato le regole ma per loro non c’è stata nessuna convergenza».

È questo che la rende così negativo sul futuro dell’euro? «Credo che sia un sistema alla base, fondamentalmente instabile e ciò che è accaduto lo dimostra. Uno poi si immaginerebbe che una crisi così induca un ripensamento, soprattutto in Germania, ma non è stato così».

Però gli spread sono scesi moltissimo. Come lo spiega? «È stato il miracolo di Mario Draghi. È riuscito a farsi credere dai mercati quando ha detto che la Banca centrale europea è pronta a fare "whatever it takes", qualunque cosa, per salvare l’euro. Però c’è ancora molta fragilità, l’umore del mercato può sempre cambiare. E a quel punto bisogna sperare che non mettano alla prova l’impegno di Draghi a fare "qualunque cosa", perché non è chiaro se potrà fare abbastanza».

Ora ha iniziato a parlare di creare moneta per comprare titoli sul mercato, come la Federal Reserve. «In quel caso, resta da vedere quanto. Perché abbia effetto, dev’essere davvero tanto».
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BCE PRONTA A MISURE ECCEZIONALI

ROMA (WSI) - La Banca centrale europea è "risoluta nella sua determinazione a mantenere un alto grado di allentamento monetario e ad agire rapidamente se necessario".

E' quanto dice il governatore Mario Draghi nel testo del suo intervento preparato per l'incontro di domani dell'International Monetary and Financial Committee (il gruppo che monitora sviluppi nella liquidità globale e che dà consigli al board del Fondo monetario internazionale) a Washington Dc.

Draghi spiega che l'Eurotower "non esclude un ulteriore allentamento monetario" che continua ad aspettarsi che i tassi di interesse restino "a livelli attuali o più bassi per un periodo esteso di tempo".

Stando al testo, in cui non viene mai usata la parola "deflazione", il board della Bce è "unanime nell'impegnarsi a usare strumenti non convenzionali nell'ambito del mandato della Bce per affrontare con efficacia i rischi di un periodo prolungato di inflazione bassa".

A questo proposito l'istituto di Francoforte prevede "un periodo prolungato di inflazione bassa che sarà seguito da un movimento graduale al rialzo dei prezzi al consumo durante il 2015 per raggiungere livelli vicini al 2% verso la fine del 2016".

Nel documento Draghi dice che le aspettative inflative di lungo termine "restano fermamente ancorate in linea alla nostra definizione di stabilità dei prezzi".

Secondo il governatore "rischi al ribasso e al rialzo all'outlook degli sviluppi dei prezzi restano limitati". In questo contesto "possibili ripercussioni di rischi geopolitici e sviluppi sui tassi di cambio verranno monitorati attentamente".
(TMNews)
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RENZI: E’ ORA CHE PAGHINO ANCHE LE BANCHE

ROMA (WSI) - "Nessuna preoccupazione per il cammino delle riforme. La giustizia faccia il suo corso". Ospite al Tg3 il presidente del Consiglio Matteo Renzi ha commentato così la notizia arrivata da Milano sul parere favorevole del procuratore generale di Milano riguardo all'affidamento ai servizi sociali di Silvio Berlusconi. E su un eventuale incontro con quest'ultimo il premier ha sottlineato che per adesso non è in programma augurandosi che intanto Forza Italia proceda sulla strada delle riforme.

In attesa della decisione nei prossimi giorni da parte del collegio quindi le vicende giudiziarie del leader di Forza Italia non fermano l'esecutivo tanto che Renzi ha confermato i provvedimenti già annunciati nei giorni scorsi, tra questi il taglio di 80 euro anche per i prossimi anni chi guadagna meno di 1500 euro.

Una risposta dura alle banche, sfidate dal premier sulla demagogia, dopo che hanno minacciato una stretta sul credito successiva all'aumento della tassazione sull'operazione di rivalutazione delle quote di Bankitalia, decisa per finanziare una parte del taglio Irpef.

Istituti bancari sollecitati poi anche a risparmiare sugli stipendi dei manager così come quelli del settore pubblico che non accettano il limite dei 238mila euro per il presidente del Consiglio "potranno andare nel privato".

Infine una battuta sul leader del M5S, "Grillo tutte le mattine si alza e dice 'come posso attaccare il Pd?'" e un invito alla minoranza del Pd ad adeguarsi alle regole interne del partito e seguire la maggioranza.

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Il premier, Matteo Renzi, tira dritto sul Def e sul taglio degli stipendi dei supermanager: "Lo spread più basso libera possibilità di fare credito e le banche se vogliono risparmiare possono stare più attenti a risparmiare sui super stipendi degli Ad. Sulla demagogia li sfidiamo a viso aperto. E' giusto che anche le banche paghino come i cittadini in questo periodo svantaggiato", dice il presidente del consiglio al Tg3.

Quanto alle polemche per la riduzione dei compensi dei supermanager: "Ho sentito dire: 'allora io per 238 mila euro me ne vado nel privato'. Se ti prendono vai, vorrei vederli. Noi abbiamo detto che ci deve essere un limite nel pubblico e 238 mila euro lordi sono tanti soldi".

9 MLD IN MENO SPESA INTERESSI, CORREZIONE DI TAGLI 2015 - Il miglior andamento dei tassi sui titoli pubblici consentirà quest'anno di risparmiare poco meno di 9 miliardi di spesa per il pagamento degli interessi: questa passa dai 91,5 miliardi stimati a settembre da Saccomanni agli 82,55 miliardi indicati nel Def messo a punto dal ministro Padoan. Il risparmio sale poi nel 2015-16 salendo sui 15 mld. ''Una manovra di consolidamento interamente finanziata da riduzioni di spesa pari a 0,3 punti percentuali di Pil'', pari quindi a 4,9 miliardi, è prevista dal governo per il 2015 con l'obiettivo di ridurre il deficit strutturale, è scritto nel Def nel capitolo sul piano di rientro che, secondo alcune fonti,potrebbe però ridursi a 0,2 punti(3,2 mld)

'ITALICUM LEGGE ENTRO SETTEMBRE': "Approvazione definitiva" della legge elettorale "entro settembre 2014". E' l'indicazione contenuta nel Programma nazionale di riforma allegato al Def. Il documento, firmato dal premier Matteo Renzi e dal ministro Pier Carlo Padoan, indica i tempi per il varo della legge, approvata in prima lettura alla Camera e ora all'esame del Senato.

Nel documento è indicata anche la tempistica per l'"approvazione finale" del ddl costituzionale che riforma Senato e titolo V "entro dicembre 2015". La prima lettura del ddl da parte di Camera e Senato si prevede venga completata "entro settembre 2014".

"Una nuova legge elettorale capace di garantire governabilità, l'abolizione delle Province", la riforma di Senato e Titolo V della Costituzione - è scritto ancora nel documento - "rappresentano le direttrici di una profonda revisione del sistema politico e istituzionale italiano, responsabile di aver rallentato, e talvolta ostacolato, la gestione della cosa pubblica, sia a livello nazionale che locale, nonché di aver ritardato la ripartenza dell'economia italiana".
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ITALIA: MANOVRA FINANZIARIA DA 4,8 MILIARDI, CONTRATTI STATALI BLOCCATI FINO AL 2020

ROMA (WSI) - Dopo la spending review di 4,5 miliardi di quest’anno destinata al bonus Irpef, si profila una manovra di altri 4,8 miliardi per ricondurre i conti pubblici entro il sentiero previsto dall’Europa.

I dettagli della «cura», destinata a correggere i conti del 2015, sono indicati dal Documento di economia e finanza che parla esplicitamente di misure che «saranno definite nel corso dell’estate».

Il menù prevede l’accelerazione dell’introduzione dei costi standard per calcolare i trasferimenti ai Comuni (600-800 milioni nel 2015), la riorganizzazione delle forze di polizia con un occhio alla presenza territoriale, ai corpi specializzati e alla Forestale (il Def parla di 800 milioni nel 2015). Nell’elenco anche l’estensione della fatturazione elettronica a tutta la pubblica amministrazione (110 milioni di risparmi per il prossimo anno), la riorganizzazione delle Capitanerie di porto e dei Vigili del Fuoco (300 milioni), mentre dalla riforma delle Comunità montane verranno altri 100 milioni.

In tutto, per ora, si tratta di 2,1 miliardi ai quali, se il governo confermerà le linee annunciate nel Documento Renzi-Padoan, si aggiungeranno i risparmi che si otterranno dal blocco della contrattazione del pubblico impiego fino al 2020 (un periodo per il quale è stata prevista la sola indennità di vacanza contrattuale) e dalla conferma del congelamento del turn over fino al 2017. Misure che trovano tuttavia l’ostilità dei sindacati, dalla Cgil alla Cisl alla Uil, che ieri hanno definito «inaccettabile» il programma.

Quest’anno, invece, niente manovra. Una sorta di «sabbatico » della mannaia. Non si andrà oltre la spending review che sarà utilizzata per finanziare il bonus di 80 euro atteso per venerdì prossimo e che continua ad essere oggetto di polemiche.

Il premier ha fatto quadrato attorno alla misura: il beneficio non è solo per il 2014 ma sarà «confermato anche per i prossimi anni», ha detto. Mentre il sottosegretario Delrio ha assicurato, replicando allo studio della Uil servizio politiche territoriali che dimostra come Tasi e tasse locali rischiano di «mangiare» il 40 per cento del bonus Irpef, che la tassa sugli immobili sarà «equilibrata e leggera».

La partita a scacchi di Renzi e Padoan con Bruxelles è a bassa tensione ma resta in piedi. Il Def si impegna al rispetto dei parametri, ma chiede e mette in atto il rinvio sul «pareggio di bilancio» di un anno e annuncia un pressing sui metodi di calcolo dello sconto recessione sul deficit.

Padoan ha rinunciato allo «sfondamento» di quota 3 per cento lasciando sostanzialmente inalterato l’obiettivo al 2,6 del deficit-Pil per quest’anno, ma l’azione sulla «flessibilità» si è spostata sul «pareggio di bilancio», previsto dal Fiscal compact e dalla Costituzione.

Nel 2014 il deficit strutturale (quello che dovrà raggiungere il «pareggio» ed è considerato al netto della recessione) per ora sale e raddoppia: dallo 0,3 (previsto nel settembre scorso) allo 0,6 per cento e quota «zero» viene rinviata al 2016.

Il governo, spiega il Def, «ritiene che non sia opportuno» procedere alla riduzione del deficit strutturale dello 0,5 previsto dal cosiddetto «obiettivo di medio termine». Motivazione: «circostanze eccezionali», ovvero forte recessione e fragile occupazione.

Per cui partirà una «specifica richiesta di autorizzazione» a Bruxelles. Il resto della partita si gioca sulla crescita e sui suoi effetti positivi sulla riduzione del debito.

La situazione è pesante, se si tiene conto che il Def calcola in 14,5 punti il piano di rientro del debito, per scendere dal 134,9 al 120,5 per cento del Pil: significa circa 23 miliardi. Se non si interverrà con 12 miliardi di privatizzazioni a cominciare dal biennio 2014-2015 si rischia di incappare nelle sanzioni del Fiscal compact. Su questo fronte ci potranno aiutare tuttavia le riforme: il Def calcola che ci daranno 2,2 punti di Pil in più a regime nel 2018.

Solo nel prossimo anno la riduzione dell’Irpef e dell’Irap, il jobs act e le liberalizzazioni porteranno alla crescita una dote di 0,8 punti. Se poi il Pil nominale crescesse di 3 punti (1 reale e 2 di inflazione) nei prossimi anni potrebbe anche innescarsi una riduzione automatica del debito, grazie alla crescita del denominatore, cioè il Pil.

«L’Italia è uno dei sistemi più sostenibili delle economie avanzate, daremo più soldi a famiglie e imprese», ha assicurato ieri da Washington. in una intervista alla Cnbc, il ministro per l’Economia Pier Carlo Padoan e ha ribadito l’esigenza di riformare il mercato del lavoro in Italia. «La crescita dell’Italia — ha aggiunto — è bassa da due decenni.

E anche se partiamo da uno 0,8 per cento e aggiungiamo circa uno 0,4 per cento significa che c’è un aumento della crescita del 50 per cento». Il riferimento è alla crescita stimata per quest’anno pari allo 0,8 per cento e per il prossimo all’1,3 per cento. Ad aiutare i conti pubblici riemerge anche l’effetto spread: il risparmio per la spesa per interessi sarà quest’anno di 3,5 miliardi.

Infatti la previsione di spesa per il 2014 è scesa dagli 86 miliardi previsti dalla nota di aggiornamento di settembre di Letta (Monti nel Def dell’aprile 2013 indicava una spesa di 90,3 miliardi) alla cifra di 82,5 prevista dal Documento Renzi-Padoan.
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LA SOLUZIONE PER EVITARE IL RISCHIO E SALVARE IL CAPITALE

Continua il crollo sui mercati e a quanto pare sembra proprio che continuerà per qualche tempo. Intanto meglio premunirsi di elasticità mentale e iniziare a capire che il portafoglio dev'essere riadattato a nuove esigenze. Quali? Ce lo spiega Stefano Masa Responsabile editoriale Centro Studi e Ricerche Varini Publishing
1) Il piccolo investitore spesso deve subire il mercato perchè non può gestirlo. Ma in caso di acque agitate qual'è la migliore strategia da adottare per ridurre il rischio?
Fondamentale per l’investitore un continuo aggiornamento dei suoi investimenti: suggerisco almeno un monitoraggio settimanale. Questo presidio, che per alcuni può apparire come troppo impegnativo, lo ritengo indispensabile a causa dell’elevata volatilità e correlazione tra le varie asset class. In precedenza non era così ma i tempi sono cambiati. Pertanto la prima strategia da adottare a tutela del proprio patrimonio è quella di carattere informativo e la parola d’ordine è: aggiornarsi. Avendo ben chiaro il focus sulle dinamiche che governano i mercati, l’investitore a questo punto potrà favorire anche scelte di natura tattica attraverso disinvestimenti e/o parziali alleggerimenti a favore di componenti prive di rischio quali la liquidità o strumenti finanziari ad essa riconducibili. È consigliabile comunque utilizzare strumenti finanziari che garantiscono liquidabilità dell’investimento senza alcun vincolo di durata anche se attualmente i rendimenti sono poco significativi. Scontato ricordare che è meglio avere un magro rendimento piuttosto che una perdita.
2) Proteggere il capitale: la composizione del portafoglio ideale.
Da analisi effettuate nel corso degli ultimi anni sui principali benchmark internazionali (sia equity che bond) e tenuto conto di varie combinazioni di orizzonti temporali, è consigliabile una composizione di portafoglio che non eccede il 25% in componente azionaria. Oltre questa soglia, l’eventuale peso superiore dell’asset class azionaria contribuirebbe ad avere – in caso di andamento negativo dei mercati azionari – una performance attribution negativa difficilmente recuperabile nel corso degli anni successivi (2/3 anni). È bene pertanto rimanere entro la percentuale indicata. Consigliabile inoltre immunizzare il proprio portafoglio attraverso un’adeguata copertura valutaria.
3) In un suo intervento Lei ha dichiarato "Ma perché nel nostro Paese non si può parlare del presente anziché ancorarci all’ormai trascorso passato o addirittura all’utopico futuro?". Una dichiarazione forte: l'Italia ha ancora speranze?
Il nostro Paese ha sempre dimostrato orgoglio ed un orientamento al risultato nelle situazioni più complesse e drammatiche della sua storia. L’attuale scenario politico e le novità che ad esso sono e saranno riconducibili potrebbero far ben sperare. Ma mi permetta di sostenere la tesi secondo la quale “di politica e politichese nè si vive né si mangia” e quindi solo i numeri possono e potranno confermare un futuro stato di reale ottimismo. Da inizio anno e rispetto al “lontano” 2011 abbiamo assistito a primi importanti segnali di crescita solo dal punto di vista economico. Resta ancora un’incognita – la più importante – sul fronte occupazionale; storicamente l’evoluzione di quest’ultima si muove più lentamente ed in ritardo rispetto ai principali market movers di ogni singolo paese ma da alcune evidenze statistiche ed elaborati previsionali in nostro possesso posso già espormi anticipando che ci potrebbero essere alcune positive sorprese sul fronte del tasso di disoccupazione. Detto questo, personalmente ritengo che il futuro del nostro Paese Italia non mi ispira speranze ma solo certezze di miglioramento.
Rossana Prezioso per Trend-online


SAIPEM, CONFERMATO CONTRATTO DA 750 MILIONI DI EURO

Saipem si è aggiudicata il contratto da 750 milioni di dollari per la realizzazione del rivestimento di due piattaforme offshore e altre strutture sottomarine nel Mar Caspio, confermando i rumors di questa mattina. Tuttavia, a Piazza Affari il titolo continua a fare peggio del listino cedendo il 2,09% a 17,76 euro rispetto al -1,35% dell'indice milanese, scontando le prese di profitto dopo la buona performance di ieri e dopo il +16,20% messo a punto da inizio anno.

Shah Deniz ha dunque assegnato, al consorzio composto da Bos Shelf Llc, Saipem Contracting Netherlands B.V. e Star Gulf Fzco, il contratto in Azerbaigian, che fa parte di un accordo quadro per la fabbricazione, il trasporto e l'installazione di impianti off-shore, rivestimenti, condutture e strutture sottomarine nell'ambito del progetto Shah Deniz Stage 2.

Prosegue così il buon momentum degli ordini per Saipem, dopo l'aggiudicazione a metà marzo del contratto da 2 miliardi di euro per la stesura della prima linea del South Stream e le indiscrezioni dei giorni scorsi della possibile aggiudicazione del contratto per Jizan, in Arabia Saudita, da 3 miliardi di dollari e quello di Lula, in Brasile, per 690 milioni di dollari.

Anche la China National Offshore Oil Corporation (Cnooc) sarebbe intenzionata a offrire al mercato un'offerta relativa alla progettazione per la potenziale costruzione di due piattaforme nel mar Cinese del sud e, sempre secondole ultime voci, Saipem potrebbe essere interessata.
Milano Finanza

COMMENTO IN CHIUSURA
Piazza Affari ha chiuso in ribasso una settimana difficile, complici le prese di beneficio dopo il recente rally e i forti cali che hanno interessato il comparto tecnologico statunitense. Mario Draghi ha confermato per l´Eurozona le aspettative di un periodo prolungato di bassa inflazione, che sarà seguito da un movimento graduale al rialzo dei prezzi al consumo durante il 2015 per raggiungere livelli vicini al 2% entro la fine del 2016. Draghi ha inoltre ribadito che la Bce è pronta ad agire contro la bassa inflazione, anche se i recenti discorsi di alcuni esponenti dell´Eurotower hanno raffreddato gli entusiasmi per un possibile quantitative easing in salsa europea. Ancora debole l´andamento di Wall Street, mentre a Tokyo il Nikkei ha perso oltre il 2% scendendo sui minimi degli ultimi sei mesi. In questo quadro a Piazza Affari l´indice Ftse Mib ha ceduto l´1,07% a 21.198 punti. Sono proseguite le vendite sul comparto bancario: Banco Popolare ha ceduto l´1,02% a 14,45 euro, Popolare dell´Emilia Romagna il 2,97% a 8,47 euro, Popolare di Milano il 2,73% a 8,47 euro, Intesa SanPaolo il 2,60% a 2,392 euro, Mediobanca l´1,68% a 7,59 euro, Unicredit lo 0,39% a 6,245 euro. In controtendenza il Montepaschi, che ha mostrato un progresso del 6,08% a 0,265 euro, e Ubi Banca, che è avanzata dell´1,39% a 6,885 euro. Male Mediaset (-2,65% a 3,894 euro) con Credit Suisse che ha collocato il 3,69% della controllata Mediaset Espana in mano a Prisa. Il collocamento è avvenuto a 8,80 euro per azione, 121 milioni di euro il totale. Il gruppo Prisa, dopo l´operazione, è sceso al 13,6% del capitale della controllata iberica di Cologno Monzese. Sotto i riflettori Eni (-0,54% a 18,14 euro) e Enel (-1,73% a 3,962 euro) alla vigilia del valzer delle nomine delle società pubbliche. Entro domenica sera il Tesoro dovrà presentare le liste per il rinnovo dei vertici di circa 300 società pubbliche. La partita più importante si gioca in casa del colosso petrolifero, dove sembra proprio arrivata al capolinea la permanenza di Paolo Scaroni. Dopo nove anni e tre mandati alla guida di Eni, Scaroni dovrebbe essere sostituito da Claudio Descalzi, che attualmente guida la divisione "Exploration & Production", in sostanza il core business dell´azienda. Questa, all´interno di Eni, sarebbe sicuramente la soluzione più gradita perchè garantirebbe la continuità con il lavoro svolto da Scaroni. Situazione simile in casa del colosso dell´energia elettrica. Anche qui dovrebbe terminare l´era di Fulvio Conti che potrebbe essere sostituito da Francesco Starace, attuale amministratore delegato della controllata Enel Green Power. Infine, dopo due giorni di rialzi sostenuti Yoox ha tirato il freno lasciando sul parterre il 2,38% a 24,59 euro.
Finanzaonline