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SINTESI DELLA GIORNATA FINANZIARIA DEL 28 MARZO 2014



Piazza Affari ha chiuso in deciso rialzo con l’indice Ftse Mib che ha guadagnato l’1,53% a 21.498 punti, livelli che rappresentano i nuovi massimi dal maggio del 2011. Il listino milanese è stato sostenuto dal rally del comparto bancario dopo che il Tesoro ha collocato Btp a 5 e 10 anni per complessivi 6,75 miliardi di euro. Entrambi i titoli sono stati collocati al nuovo rendimento minimo dall’introduzione dell’euro: 3,29% per il decennale e 1,88% per il Btp a 5 anni. L’attesa per la prossima settimana è rivolta verso la riunione della Bce, soprattutto dopo l’apertura di Jens Weidmann, numero uno della Bundesbank, verso misure di allentamento quantitativo. A sostenere i listini azionari anche le dichiarazioni del premier cinese, Li Kegiang, che si è detto pronto a sostenere l’economia in particolare attraverso investimenti infrastrutturali.

Acquisti sostenuti sul comparto bancario trainato soprattutto dal Banco Popolare (+6,95% a 18 euro) e Intesa SanPaolo (+3,53% a 2,402 euro). L’istituto scaligero vedrà partire lunedì 31 marzo l’aumento di capitale da 1,5 miliardi di euro che si concluderà il prossimo 10 aprile. Intesa SanPaolo ha presentato questa mattina il piano d’impresa 2014-2017 in cui prevede di raggiungere a fine piano in utile netto pari a 4,5 miliardi di euro. Ben comprati anche gli altri titoli del settore: Montepaschi ha guadagnato il 4,42% a 0,252 euro, Popolare di Milano il 3,68% a 0,703 euro, Bper il 3,89% a 8,805 euro, Ubi Banca il 2,14% a 6,655 euro, Unicredit lo 0,84% a 6,535 euro. Mediolanum (-0,07% a 6,835 euro) debole rispetto alle due sedute precedenti, che avevano beneficiato della pubblicazione dei conti 2013. Positiva Eni (+1,56% a 18,18 euro) in scia alle indiscrezioni sul Mozambico. Pirelli ha guadagnato il 3,20% a 11,58 euro all’indomani dei conti. La società guidata da Marco Tronchetti Provera ha annunciato di avere chiuso il 2013 con un giro d’affari in rialzo dell’1,2% a 6,14 miliardi di euro.
Finanza.com

ASTA BTP OTTIMA, BORSA TRAINATA DA INTESA  E POPOLARE
Ultimi scorci della settimana in forte ascesa per Piazza Affari che trova sostegno anche dall'ennesima asta record tenuta dal Tesoro. I Btp a 5 e 10 anni sono stati assegnati ai nuovi rendimenti minimi storici con il tasso del titolo quinquennale sceso per la prima volta sotto la soglia del 2%. Già ieri sul mercato secondario il Btp decennale si era portato sui nuovi tassi minimi storici che risalivano all'estate 2005. 

Milano all'attacco dei 21.500 punti, rally per Intesa dopo conti 2013 e nuovo piano
Piazza Affari subito dopo l'asta ha accelerato ulteriormente portandosi ai nuovi massimi dal maggio 2011. L'indice Ftse Mib segna alle 12.00 un progresso dell'1,34% a 21.458 punti. In prima fila i testimonial del comparto bancario. In particolare Intesa Sanpaolo segna un progresso di oltre il 5% a quota 2,438 euro. Il gruppo bancario guidato da Carlo Messina ha archiviato l'esercizio fiscale 2013 con una perdita netta pari a 4,55 miliardi di euro rispetto ai profitti per 1,6 miliardi registrati nel corso del 2012. A pesare una svalutazione prudenziale per 5,8 miliardi di euro nel quarto trimestre 2013. Confermata la distribuzione di un dividendo "cash" di circa 822 milioni di euro, con 5 centesimi per azione ordinaria e di risparmio. 
Intesa Sanpaolo prevede il pagamento di dividendi per circa 10 miliardi di euro totali per il periodo dal 2014-2017 raggiungendo a fine piano un utile netto a 4,5 miliardi di euro. 

Banco Popolare, maxi-aumento al via lunedì
In volata anche Banco Popolare (+5,7%) che ieri ha ricevuto l'ok Consob al maxi-aumento di capitale da 1,5 miliardi di euro che partirà lunedì per concludersi il 10 aprile. 
Rialzo del 3,1% per Pirelli & C. che ha riportato utili 2013 oltre previsioni degli analisti. Pirelli ha incassato oggi la promozione di Kepler che ha alzato il rating sul titolo a buy. 

Allocati Btp e CCTeu per 10 mld, rendimenti ai minimi storici ma cala la domanda
Il Tesoro italiano ha collocato oggi Btp a 5 e 10 anni per complessivi 6,75 mld di euro, al top del range previsto. Nuovo calo del costo di finanziamento del debito con il Btp a 5 anni e quello a 10 anni allocati entrambi al nuovo rendimento minimo dall'introduzione dell'euro. Nel dettaglio sono stati collocati 3,75 miliardi di euro del Btp a 10 anni (scadenza settembre 2024) con un rendimento del 3,29%, in calo rispetto al 3,42% registrato nell’asta precedente tenuta a fine febbraio. Il rapporto di copertura (bid-to-cover) si è attestato a 1,25, in calo dal precedente 1,58. Collocati anche 3 miliardi di euro di Btp a 5 anni con richieste che si sono attestate a 4,21 miliardi. Il rendimento medio di assegnazione del titolo quinquennale è stato dell'1,88%, in ribasso rispetto al 2,14% dell’asta precedente. Il bid-to-cover è stato pari a 1,41 volte, in calo dal precedente 1,60.
Allocati anche CCTeu con scadenza novembre 2018 per complessivi 3,25 mld di euro al rendimento medio rispettivamente dell'1,30% dall'1,56% precedente. Il bid-to-cover è stato di 1,31.

Finanza.com

ENI: I CINESI GUARDANO ANCHE AL MOZAMBICO
Eni si conferma appetibile agli occhi dei grandi investitori stranieri. A due mesi dalla visita in Cina dell’ex premier Enrico Letta, ieri gli aggiornamenti della Consob hanno rivelato che la Banca centrale di Pechino (People’s Bank of China) ha in mano oltre il 2% del colosso petrolifero per un investimento di circa 1,35 miliardi di euro. Il legame tra Eni e la Cina si riflette anche in Mozambico, dove si trova uno dei più grandi giacimenti scoperto negli ultimi anni.

Circa un anno fa il gruppo guidato da Paolo Scaroni aveva venduto il 20% del consorzio Area 4 in Mozambico alla cinese Cnpc portando a casa 3,4 miliardi di euro, di cui 3 miliardi di plusvalenza. Nell’ultimo presentazione a Londra, l’Ad Scaroni aveva annunciato l’intenzione di scendere intorno al 35% del consorzio. Questa mattina La Repubblica scrive che Eni avrebbe dato mandato a Merrill Lynch il mandato per cedere un altro 15% in Mozambico.

I pretendenti, a detta de La Repubblica, sarebbero due colossi cinese dell’energia: la stessa Cnps e Sinopec. Un’operazione che secondo il quotidiano romano potrebbe portare nelle casse di San Donato Milanese altri 4 miliardi di euro, di cui 2,4 miliardi di plusvalenze. Tutte queste notizie si riflettono anche a Piazza Affari dove il titolo Eni mostra un progresso di circa mezzo punto percentuale in area 18 euro.

Eni ha inoltre avviato la cessione del 7% del capitale di Galp Energia presso investitori istituzionali tramite Goldman Sachs e Mediobanca, come agenti nel ruolo di Joint Bookrunners. A seguito della chiusura dell’offerta Eni deterrà circa il 9% della società portoghese.
Finanza.com

CARIGE: PERDITE PER 1,7 MILIARDI, PARTE IL PIANO STRATEGICO
La perdita record da oltre 1,7 miliardi di euro fa correre ai ripari Banca Carige. Il cda dell'istituto ligure ha approvato il varo di un aumento di capitale da 800 milioni di euro, il massimo consentito dalla delega dell'assemblea dei soci, che avrà luogo a giugno. Banca Carige ha approvato anche il nuovo piano al 2018 che è incentrato sull'implementazione del rafforzamento patrimoniale e prevede anche prepensionamenti incentivati per 600 dipendenti della banca. Dovrebbe esserci anche la chiusura di un centinaio di filiali. 

Rosso da 1,76 mld, pesano rettifiche su crediti per oltre 1 mld
L'istituto genovese ha archiviato il 2013 con una perdita netta consolidata di 1.761,7 milioni di euro determinata da componenti della gestione non ricorrente per -1.168,7 milioni. Il risultato della gestione ordinaria si attesta a -593 milioni, anche per effetto delle significative rettifiche nette su crediti totali per 1.090,8 milioni (1.063,4 per cassa). La Capogruppo ha mostrato dinamiche analoghe al consolidato, con la registrazione di una perdita netta di 1.964,7 milioni. Il cda ha deliberato di proporre all’assemblea degli azionisti la copertura della perdita per 770 mln attraverso l'utilizzo di riserve, per 1,02 mld attraverso l'utilizzo riserva sovrapprezzo azioni, mentre 173 mln di perdita 2013 saranno riportati a nuovo. 

Il nuovo piano strategico 2014-2018 prevede come target a fine periodo di Rote al 9%, cost income al 51,4% e CET1 ratio BIS3 full compliant (il principale indicatore di solidità patrimoniale per Basilea III) all'11,5% circa. Il piano prevede la cessione delle compagnie assicurative e di altri asset no core del gruppo.  

Debole la reazione del titolo Banca Carige a Piazza Affari che cede l'1,75% dopo la prima ora di contrattazioni dopo il rally della vigilia. 
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INTESA SAN PAOLO: PERDITE PER 4,5 MILIARDI, VIA GLI ASSET NON CORE
Intesa Sanpaolo ha archiviato l'esercizio fiscale 2013 con una perdita netta pari a 4,55 miliardi di euro rispetto ai profitti per 1,6 miliardi registrati nel corso del 2012. A pesare una svalutazione prudenziale per 5,8 miliardi di euro nel quarto trimestre e nell'intero 2013. Intesa Sanpaolo ha tuttavia sottolineato in una nota che "i risultati del gruppo nel 2013 riflettono un contesto di mercato difficile e l’attuazione di una politica particolarmente rigorosa e prudenziale". Confermata la distribuzione di un dividendo "cash" di circa 822 milioni di euro, con 5 centesimi per azione ordinaria e di risparmio.
Nel solo quarto trimestre la perdita è stata di 5,19 miliardi di euro. Complessivamente nel 2013 le rettifiche ammontano a 6,8 miliardi di euro. L'istituto di credito ha voluto sottolineare che l'impairment ha effetti "solo sulle scritture contabili e nessun impatto sul cash-flow, sulla liquidità, sulla solidità patrimoniale e sui coefficienti patrimoniali e nessuna influenza sulla redditività prospettica".
Dal punto di vista patrimoniale, il Common equity secondo Basilea 3 è salito al 12,3% (10,6% a fine 2012), che equivale a circa 8 miliardi di euro di capitale in eccesso e che corrisponde a un cuscinetto di capitale di circa 11 miliardi per l'asset quality review della Bce. Il Core Tier 1 è ammontato all'11,9% (11,3% con il nuovo trattamento per la deduzione degli investimenti assicurativi in vigore dal 2013) e il Tier 1 al 12,8% (12,2% con il nuovo trattamento. I coefficienti e il cuscinetto di capitale, non tengono conto del beneficio derivante dalla rivalutazione della partecipazione detenuta in Bankitalia, che per Intesa Sanpaolo è pari a 2,55 miliardi di euro.
Intesa Sanpaolo ha presentato anche il piano d'impresa 2014-2017 in cui prevede di raggiungere a fine piano un utile netto a 4,5 miliardi di euro, con un tasso di crescita medio annuo del 38,3%, proventi operativi netti per 19,2 miliardi di euro (+4,1%) e un risultato corrente al lordo delle imposte pari a 7 miliardi di euro (+29,6%). Atteso inoltre nel 2017 un Rote all'11,8%, un Roe al 10% e circa 10 miliardi di euro di dividendi cash (1 miliardo per il 2014, 2 miliardi per il 2015, 3 miliardi per il 2016, 4 miliardi per il 2017). Ca'de Sass ha annunciato che a partire dal 2016-2017 il capitale in eccesso non utilizzato per iniziative di crescita verrà distribuito agli azionisti. Il Common equity ratio secondo Basilea 3 è atteso al 12,2% nel 2017 e le rettifiche nette su crediti sono viste in calo a 3 miliardi nel 2017 .
L'istituto di credito cederà nell'arco di piano, entro il 2017, l'intero portafoglio di partecipazioni "non core". Si tratta delle partecipazioni non bancarie, che ammontano complessivamente a circa 1,9 miliardi di valore di libro alla fine del 2013. Nell'ultimo trimestre 2013 era già stata dismessa la partecipazione in Generali (valore di libro di circa 360 milioni) e nel primo trimestre di quest'anno sono già state dismesse le partecipazioni in Pirelli, Sia e Union Life (valori di libro rispettivamente di circa 35, 80 e 145 milioni), per un valore di libro complessivo di circa 620 milioni e una plusvalenza totale di circa 320 milioni.
Finanza.com

PREPARIAMOCI AL PEGGIO: IN SPAGNA LA DEFLAZIONE E’ GIA’ UNA REALTA’
Ci arriveremo anche noi, non preoccupatevi, ma nel frattempo la deflazione è già una realtà in Spagna.
L’Istituto di statistica spagnolo ha infatti oggi reso noto che l’indice dei prezzi al consumo nel mese di marzo è sceso (-0,2%) rispetto ad un anno fa.
Se a febbraio si era riusciti a tenere con un minimo +0,1% le acque si sono rotte a marzo, ed ora sarà difficile arginare l’ondata di piena.
La deflazione è forse la bestia più brutta e difficile da debellare, chiedere ai giapponesi per avere informazioni.
Come si possono rilanciare i consumi se l’Europa ti impone stretti vincoli che oltretutto, nel Paese iberico, sono stati ampiamente superati negli scorsi anni ed ora non è più possibile avere proroghe?
Occorrerebbe rilanciare la crescita, ma come si fa con un euro che non ne vuol sapere di calare e continua a rimanere sopravvalutato (almeno per i Paesi periferici)?
Ed allora anche in futuro chi non può spendere perché non li ha, naturalmente non spenderà, e perché dovrebbe spendere chi li ha se aspettando troverà prezzi ancora più bassi?
La deflazione è proprio una bella trappola dalla quale cercare di uscirne è un’impresa titanica, guardate che sforzi sta facendo in Giappone il Primo Ministro Shinzo Abe, e lui ha alle spalle una Banca Centrale che lo supporta, cosa può fare invece il povero Mariano Rajoy che si trova pure i bastoni fra le ruote della Bce?
Avete visto quante domande sono sorte spontanee? E non hanno una risposta, o meglio la risposta è: smettiamola con la storiella che il peggio è passato e prepariamoci al peggio che deve ancora arrivare.
Finanzainchiaro

PIAZZA AFFARI: TITOLI NEL MIRINO
Partenza positiva per Piazza Affari dove l'attenzione è concentrata soprattutto su Intesa, Banco Popolare, Carige, Pirelli e Rcs. Ecco, secondo la rassegna Reuters, i principali possibili movimenti attesi.
Eni. Il titolo potrebbe reagire alla notizia che la società è vicina a conferire il mandato a una banca per la vendita di un ulteriore quota del 15% nel giacimento Mamba in Mozambico, dal quale potrebbe raccogliere fino a 5 miliardi di dollari, secondo fonti bancarie. Intanto, la socieà ha avviato la cessione del 7% di Galp attraverso un accelerated bookbuilding, mentre si è appreso che People Bank of China detiene una quota del 2,102%. Infine, in Libia i manifestanti hanno bloccato un oleodotto che trasporta condensati dal giacimento di al-Wafa nel sud-ovest del paese al porto di Mellitah, secondo quanto annunciato da National Oil Corp.
Intesa. Titolo sotto i riflettori a Piazza Affari, dopo la presentazione del bilancio 2013, che si è chiuso in rosso a causa di svalutazioni su avviamenti e rettifiche su crediti, la presentazione del piano 2014-2017, che prevede una crescita media annua dell'utile netto del 38% e la creazione di una business unit per la riduzione delle attività non core, comprese le sofferenze.
Banca Carige. Titolo sugli scudi, dopo che la banca ha dato il via libera all'aumento da 800 milioni, dopo aver archiviato il 2013 con una perdita netta consolidata di 1.761,7 milioni determinata da componenti della gestione non ricorrente per -1.168,7 milioni. Bilancio e nuovo piano industriale 2014-2018 verranno poi illustrati oggi dai vertici delle società.
Unicredit. Il titolo potrebbe reagire alla notizia che la banca ha prezzato alla pari il bond perpetuo di tipo 'additional Tier 1', assoluta novità per una banca italiana, che è stato emesso per 1,25 miliardi di dollari a un rendimento 8% e ha ricevuto ordini per oltre 8 miliardi. Intanto si è appreso che l'ad Federico Ghizzoni e il suo predecessore Alessandro Profumo - attualmente presidente di Mps - sono indagati dalla procura di Bari con l'ipotesi di reato di bancarotta nell'ambito del fallimento della società Divania, hanno riferito fonti giudiziarie.
Banco Popolare. Titolo sugli scudi in Borsa, in scia all'annuncio che l'aumento di capitale da 1,5 miliardi di euro prevede l'offerta di 17 azioni ogni 18 possedute a 9 euro. Il rapporto di cambio per la fusione per incorporazione del Credito Bergamasco è stato fissato a 1,412 azioni di Banco Popolare ogni azioni Creberg portata in adesione.
Mps. Il titolo potrebbe muoversi in scia alla notizia che la banca ha denunciato il Codacons per diffamazione chiedendo all'associazione un risarcimento di almeno 30 milioni di euro per danni.
Bpm – Mps. I due titoli potrebbero muoversi in Borsa dopo la notizia che l'offerta pubblica di Anima partirà il prossimo 31 marzo e terminerà il 10 aprile. Come anticipato da Reuters, sarà messo in vendita fino al 55% del capitale. L'intervallo di valorizzazione indicativa va da 1,049 a 1,349 miliardi, pari a un prezzo tra i 3,5 e i 4,5 euro per azione.
Enel. Il titolo potrebbe muoversi in scia alla notizia che People Bank of China detiene una quota del 2,071%.
Fiat. Il titolo potrebbe reagire alla notizia del Sole 24 Ore che rilancia le indiscrezioni secondo le quali Alfa Romeo punterebbe sullo stile e sui motori di progettazione Ferrari, con sei nuovi modelli a partire dal 2016. Sarebbero invece tagliate Giulietta e Mito, ovvero le vetture che ora pesano per il 99% delle vendite.
Pirelli. Titolo sotto i riflettori dopo la notizia che ha chiuso il 2013 con risultati in linea con le previsioni della società, mentre sul 2014 taglia l'obiettivo sui ricavi e conferma quello sull'Ebit. La società prevede un aumento dei prezzi a due cifre in Venezuela e Argentina, a una cifra in Brasile per controbilanciare l'attesa svalutazione delle monete locali.
Generali. Il titolo potrebbe muoversi in seguito alla notizia del Messaggero, secondo il quale il Fondo Strategico sta gradualmente alleggerendo la propria posizione nel capitale della società.
Rcs. Titolo sugli scudi. Intanto, l'ad ha incassato la fiducia del fondo Invesco, salito sopra il 5% del capitale, ma ha fatto un passo indietro sul piano di incentivazioni riservato al top management che verrà congelato fino al ritorno all'utile del gruppo editoriale. Infine, si riunisce il Cda sull'ordine del giorno dell'assemblea.
Mondo Tv. Ha sottoscritto con Noursat Kids Channel, canale satellitare con base in Libano, un nuovo accordo per la licenza di alcuni programmi. Alitalia. Titolo sotto i riflettori. Secondo la Stampa Etihad potrebbe presentare il piano industriale entro dieci giorni.
Professionefinanza

LA STANGATA DELLE ADDIZIONALI IRPEF DI MARZO ANNULLA GLI OTTANTA EURO DI RENZI
Stangata in arrivo sulla busta paga di marzo 2014 per l’acconto Irpef di addizionali regionali e comunali per lavoratori dipendenti e pensionati secondo un rapporto della UIL. Ecco quanto pagheremo.
 Addizionali Irpef regionali comunali 2014
Busta paga di marzo 2014 per lavoratori dipendenti e pensionati con circa 97 euro in mento per il versamento del saldo e acconto delle addizionali Irpef regionali e comunali che sono cresciute del 29,3% in più rispetto al mese di marzo 2013. Lo studio condotto dalla UIL rileva che l’addizionale Irpef regionale 2014, su un reddito medio di 23mila euro, sarà di circa 59 euro in media contro i 49 euro dell’anno scorso. L’addizionale Irpef comunale 2014 sarà di 38 euro, contro i 26 dell’anno scorso.
 Acconto addizionali Irpef regionali comunali 2014: lo studio della UIL
L’acconto delle addizionali Irpef regionali e comunali è “gravato dagli aumenti apportati da alcune Regioni per quest’anno, ma” – dice il Segretario Confederale UIL, Guglielmo Loy – “soprattutto, per quanto riguarda l’addizionale Irpef comunale, ci sarà l’effetto degli aumenti di aliquota decisi dai Comuni lo scorso anno”.
 Addizionali Irpef 2014: dove si paga di più
Il peso dell’addizionale Irpef comunale e regionale è distribuito secondo la UIL come segue:
  •  addizionale Irpef Roma 2014 339 euro (regionale Irpef 83 euro e addizionale Irpef comunale di 56 euro)
  •  addizionale Irpef 2014 Torino di 126 euro (addizionale Irpef regionale 2014 76 euro e 50 euro per addizionale Irpef comunale)
  •  addizionale Irpef 2014 Napoli 123 euro (addizionale 73 euro per l’IRPEF regionale e 50 euro per addizionale Irpef comunale);
  •  addizionale Irpef 2014 Genova 115 euro (addizionale Irpef regionale 65 euro e 50 euro per quella comunale)
  •  addizionale Irpef 2014 Milano  107 euro (addizionale Irpef regionale di 57 euro e 50 per quella comunale)
Secondo Loy inoltre su 104 Comuni che hanno deliberato per il 2014, 43 di hanno aumentato l’aliquota Irpef 2014. “Aumenti, questi, alquanto dolorosi “ – conclude Loy – “in quanto le addizionali Irpef regionali e comunali si pagano sull’intero imponibile e non tengono conto delle detrazioni per la produzione del reddito”.
di Alessandra Caparello
Investireoggi


UCRAINA: MOSCA TEME LA FINANZA

In 4 anni investimenti per 325 miliardi in bond e da società russe. I fondi Pimco e BlackRock potrebbero chiudere i rubinetti a Gazprom.
Più efficace delle sanzioni, più sottile rispetto a drastiche prese di posizione. Per mettere in difficoltà la Russia, considerata tra i motori della crisi in Ucraina, gli economisti suggeriscono di colpire Mosca al cuore, convincendo i grandi investitori globali a rivedere la propria presenza in Russia.
Per il momento Stati Uniti ed Europa si sono mostrati compatti, da un lato imponendo sanzioni a personalità russe e ucraine giudicate responsabili della situazione e dall’altra continuando a cercare un canale diplomatico. Pochi sono stati finora i risultati: il referendum in Crimea c’è stato e, come previsto, la regione ha domandato di essere annessa alla Russia, richiesta che il presidente russo Vladimir Putin ha accolto di buon grado.
1. INTERESSE PER LE SOCIETÀ RUSSE. Al momento le sanzioni non hanno sortito l’effetto desiderato e il Cremlino continua ad andare per la propria strada, spingendo Washington a minacciare un nuovo giro di vite. Tuttavia, dicono gli esperti, un “attacco” a livello finanziario potrebbe essere più efficace dei tentativi politici: da quando nel 2009 le banche centrali hanno cominciato a immettere enormi quantità di liquidità nell’economia globale, centinaia di miliardi di dollari sono finiti nelle casse russe, complice il forte interesse per i mercati emergenti da parte di investitori a caccia di rendimenti. Buona parte di questi fondi è confluita verso società controllate dallo stato, come il colosso energetico Gazprom, che conta tra i propri sostenitori i maxi fondi americani Pimco e BlackRock.
2. FONDI PER 325 MILIARDI IN 4 ANNI. La posta in gioco non è di poco conto: la Russia, insieme ad altre economie emergenti come Cina e Brasile, è stata tra i Paesi che più hanno beneficiato delle fibrillazioni dei mercati obbligazionari, seguite agli aggressivi programmi di acquisto di bond delle banche centrali globali. Stando a una ricerca di Thomson Reuters, negli ultimi quattro anni, i grandi investitori hanno destinato 325 miliardi di dollari in bond e titoli emessi dal Governo e da società russe e di questi 235 miliardi sono finiti nelle casse di gruppi come Gazprom e Sberbank. L’interesse è stato tale che Pimco, il maggiore gestore di fondi mondiale, ha introdotto nel 2010 un fondo incentrato proprio sull’obbligazionario dei mercati emergenti.
3. GOVERNI SCETTICI SU STRETTA FINANZIARIA. Proprio l’interruzione di questo flusso di fondi, dicono gli economisti, sarebbe uno strumento più efficace delle sanzioni, ma difficilmente sarà attuato, perché gli interessi in gioco sono molti e le società straniere continuano a fare affari con la Russia.
Un esempio dei giorni scorsi è tutto italiano: Unicredit e Intesa hanno venduto il 13% di Pirelli al gigante petrolifero Rosneft, che per altro avevano già una quota in Saras. Il punto è che da un lato le aziende, che vivono sui profitti, non amano restrizioni di questo tipo e dall’altro i governi sono spesso riluttanti a interferire con il libero flusso di capitale, come ha per altro sottolineato il presidente americano Barack Obama, che ha invitato alla cautela nel premere per misure che potrebbero creare turbolenze su mercati ancora fragili.
4. SOCIETÀ ATTENTE AL RISCHIO. Va detto che potrebbero essere le stesse aziende, in particolare i fondi comuni di investimento, a decidere autonomamente di rivedere o ridurre la propria esposizione, alla luce del dibattito sulla governance. «Gli investitori istituzionali cominceranno a sentirsi sotto pressione ed esamineranno in modo più attento gli investimenti in Russia. source
Ma è un territorio inesplorato, il costo di azioni di questo tipo è imprevedibile data la dimensione e l’importanza della Russia», ha detto Eswar Prasad, economista di Cornell e autore di libri sul ruolo delle economie emergenti nel sistema finanziario globale. «Bisogna introdurre nell’equazione anche i rischi in termini di governance», ha detto John-Paul Smith, analista di Deutsche Bank, facendo riferimento al fatto che le aziende russe attraggono ampie somme da parte degli investitori esteri. Per esempio, la Russia “pesa” per un 7,6% nell’indice di JP Morgan sull’andamento del mercato dei corporate bond, più di qualunque altro Paese.
Carlo Scalzotto per finanzanostop


PADOAN: IL PROBLEMA DELLA CRESCITA ITALIANA

ROMA (WSI) - "Il problema della crescita in Italia non si è manifestato con la crisi ma dura da molto tempo". E' quanto ha detto il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan, parlando in un convegno alla Luiss organizzato per la celebrazione del centenario della nascita di Guido Carli.

Secondo Padoan, "un ministro delle Finanze e dell'Economia non può non essere responsabile della crescita".

"Io non sarò solo il ministro del no ma anche il ministro del no", ha affermato, rivolgendosi al suo predecessore Fabrizio Saccomanni.

"Questo lavoro è molto più difficile di quanto io temessi", ha ammesso, precisando che "il governo sta lavorando a misure concrete". Detto questo "tendo a dire il meno possibile a meno che non abbia qualcosa da dire veramente, credo che, in questa fase, sia meglio che il dibattito resti sospeso e per i numeri speriamo che sia buoni".

"Non possiamo permetterci di buttare al vento gli sforzi enormi di consolidamento fiscale che sono stati fatti", ha sottolineato il ministro, ma "io penso sia il momento di dire che bisogna cambiare la direzione dell'agenda della politica economica in Europa e non solo perché suona bene".

"In determinate condizioni macroeconomiche e di finanza pubblica, se si vuole fare un discorso serio sulla crescita in Europa, sono del tutto d'accordo che servono misure strutturali, scegliendo quali misure strutturali mettere nell'agenda e quali no. Io continuo a pensare che ci sia un potenziale di crescita non sfruttato".
Wallstreetitalia


CRISI UCRAINA FINIRA’ PER INDEBOLIMENTO EURO. APPROFITTIAMONE

NEW YORK (WSI) - Nella novella The Missile Gap lo scrittore di fantascienza intelligente Charles Stross immagina che Unione Sovietica e Stati Uniti, qualche anno dopo una crisi di Cuba finita a bombe atomiche, continuino faticosamente a farsi guerra in un pianeta che, dopo le numerose esplosioni nucleari del 1962, ha cambiato forma e tipo di campo gravitazionale.

Nel nuovo mondo postatomico non si riesce più a lanciare i missili, che ricadono a terra appena partiti, e ci si deve accontentare di un conflitto a bassa intensità.

Si scoprirà nel finale che il nuovo mondo non è altro che un sofisticato laboratorio-zoo che una specie aliena di insetti bionici, in un’altra galassia, ha ricostruito con finalità di ricerca storica e scientifica dopo che gli umani, nel loro mondo originario, si sono suicidati milioni di anni prima.
La novella è una perfetta illustrazione delle tesi di Nick Bostrom, un filosofo che insegna a Oxford e che è diventato famoso per la sua teoria della realtà simulata, un pugno nello stomaco per le nostre certezze e i nostri sogni di gloria. I casi sono due, dice Bostrom. O accettiamo il fatto assai probabile che civiltà come la nostra, giunte a un certo grado intermedio di evoluzione tecnologica che rende loro possibile autodistruggersi, si suicideranno prima di raggiungere un livello elevato di conoscenze oppure ipotizziamo che riusciranno a sopravvivere ed evolvere.

Nel secondo caso è ragionevole pensare che almeno alcune di queste civiltà sofisticate, per sfizio o per scienza, costruiscano (o abbiano già costruito) quantità enormi di mondi virtuali popolati da topolini di laboratorio e altre specie da esperimento. Tra le realtà simulate, praticamente illimitate nel numero, e l’ipotesi di un unico mondo reale (come quello in cui crediamo di vivere) non c’è gara. È statisticamente molto, molto probabile che quella in cui viviamo non sia altro che una realtà simulata. In pratica, conclude serenamente Bostrom con l’aiuto di numerose equazioni, o stiamo per finire suicidi in tempi brevi oppure siamo già adesso semplici programmi di un simulatore, come nella saga di Matrix.

Seth Klarman, un gestore che parla poco e performa in modo spettacolare, sostiene che dopo la catastrofe del 2008 quello che resta delle nostre economie è stato messo sotto una grande cupola di Plexiglas virtuale. Da allora viviamo in un idilliaco Truman Show globale dove tutto sembra funzionare per il meglio e dove ci viene impedito di farci del male.

I mercati salgono, tutti sono ottimisti e sereni, i tassi sono a zero, la liquidità è abbondante e i pochi scettici sono benevolmente irrisi e considerati simpatici mattacchioni. La differenza rispetto al film è che a essere manipolato e anestetizzato non è solo il povero Truman ma tutto il mondo che vive sotto la cupola. Come finirà, conclude Klarman, lo sappiamo dal film.

Fuori dalla cupola, come il regista del Truman Show, vivono banchieri centrali ed economisti perfettamente consapevoli della precarietà delle cose. La Cina è fragile, il Giappone è fragile, l’Europa è fragile, il Sud America è fragile, la Russia è fragile.

Restano gli Stati Uniti. Dal 2008 sono l’unica regione strutturalmente solida. Purtroppo, dalla fine della crisi, non sono più capaci di crescere come un tempo. Si concede che possano arrivare al 3 per cento (e perfino superarlo) per quest’anno e per il prossimo ed è per questo che, nella cupola, si sta facendo festa. In regia, tuttavia, si sa che questa accelerazione è una tantum e che la velocità di crociera dell’economia americana è scesa irrimediabilmente al 2 per cento e che i margini di profitto delle imprese hanno raggiunto il limite massimo.

Richard Koo sostiene che le cose non andranno tanto bene nemmeno per gli Stati Uniti. Il Quantitative easing, una volta ritirato dalla circolazione, provocherà l’intorpidimento spiacevole tipico di ogni fase di disintossicazione. Nella sua distopia Koo vede nel futuro una lunga ed estenuante teoria di giorni di nuvole basse e scure, senza catastrofi ma anche senza mai un momento di sereno.

Il Qe, dice infatti Koo, non ha fatto salire l’inflazione ma ne ha aumentato la pericolosità potenziale. Non è mai successo, del resto, che una banca centrale abbia preannunciato un aumento dei tassi con un’inflazione all’1.09 per cento e ancora in discesa. Se la Fed lo fa è perché è consapevole dei rischi di inflazione improvvisa che stiamo correndo. I rialzi dei rendimenti a breve, conclude Koo, ci salveranno da un crollo dei bond ma metteranno una cappa di piombo sulla crescita, che resterà strutturalmente asfittica.

Il professor Shiller, dal canto suo, sostiene che l’immobiliare americano è meno forte di quello che sembra e che le borse sono piuttosto care. E tuttavia, pragmaticamente, dice che le azioni saliranno ancora "perché è così che vanno le cose in questi casi".

Alla fine, per chi investe, va bene così. Le borse non scenderanno e probabilmente continueranno ad andare abbastanza bene. È però importante raccontarsi le cose giuste e non razionalizzare troppo il rialzo dicendo che tutto va benissimo.

Per dirla tutta, si ha l’impressione che i registi fuori dalla cupola, come gli alieni della novella di Stross, stiano cambiando il campo gravitazionale del nostro mondo protetto. Come i missili di Stross, che cadono a terra dopo poche decine di metri di volo per impedire che possano trasportare testate nucleari in campo nemico, i rialzi di borsa di questo 2014 sono effimeri per evitare che le bolle azionarie, per adesso contenute, assumano proporzioni preoccupanti e pericolose.

Quanto ai bond, sembra che i nostri Lord Protettori parlino (in America) di aumento dei tassi a breve per impedire che salgano quelli a lungo, decisivi per il mercato dei mutui sulla casa. Tutto sembra dunque muoversi, nelle parole, affinché nulla si muova sul serio, né le azioni né i bond. Anche nel mondo magico del Quantitative easing, a ben vedere, tutto sembra per aria affinché nulla cambi per davvero, se non i rapporti relativi tra i Lord Protettori.

L’America pratica infatti il tapering e si prepara a mettere in soffitta il Qe. Guarda caso, però, il Giappone la sta sostituendo con importi molto simili e l’Europa, udite udite, non considera più il Qe come teologicamente scorretto e si dichiara pronta a iniziarlo in caso di necessità.

Per il principio dei vasi comunicanti non ha importanza da quale tubo venga immessa l’acqua, conta solo la quantità totale versata. Lo si è visto con il Qe americano, che ha fatto salire il prezzo degli asset non solo negli Stati Uniti, ma in tutto il mondo. Il nome e il cognome di chi immette liquidità contano però nella determinazione dei tassi di cambio. Chi pratica il Qe vede (e vuole vedere) indebolirsi la propria moneta, chi non lo pratica si rassegna a vedere il suo cambio rafforzato.

L’euro si è apprezzato dopo il 2012 contro tutte le valute, emergenti e sviluppate, fino a che le esportazioni tedesche sono andate a gonfie vele. Ora che per Bmw, Daimler e Volkswagen diventa ogni giorno più difficile vendere in Cina, in India e in Russia la prospettiva tedesca cambia. Le quattro auto in più che acquisteremo in Italia e Spagna rispetto all’anno scorso non compensano l’indebolimento su mercati ormai molto più grossi dei nostri. Quanto alle vendite in America, le Toyota fabbricate in Giappone sono diventate ancora più competitive grazie alla svalutazione dello yen.

La goccia che ha fatto traboccare il vaso e costretto la Bundesbank alla revisione del suo apparato dogmatico è l’Ucraina.

Avevamo già scritto che il ritorno della guerra fredda, frettolosamente archiviato dai mercati come caso chiuso, ci accompagnerà a lungo. Sarà, verosimilmente, una conflittualità a bassa intensità, ma sarà in ogni caso dannosa per tutti.

La Russia è il maggiore mercato automobilistico d’Europa, più grande di quello tedesco. A Mosca e a San Pietroburgo, poi, non girano utilitarie, ma vetture ad alto margine. La Germania non ha nessuna voglia di passare alla terza fase delle sanzioni antirusse, quella economica, ma risentirà comunque di quelle già in vigore adesso, perché la domanda russa scenderà. Quanto a gas e petrolio, la Russia sta accelerando il più possibile la riconversione del suo export dall’Europa alla Cina. Occorrerà del tempo, ma la strategia, già impostata da un paio d’anni, è chiarissima.

La politica energetica della Germania, spesso indicata in Italia come esemplare per l’attenzione per le rinnovabili, era in realtà già caotica e disfunzionale prima dell’Ucraina e oggi appare allo sbando. Con il nucleare in via di smantellamento accelerato e con il gas europeo tre volte più caro di quello americano le centrali tedesche vengono oggi alimentate a carbone.

Il risultato di questo capolavoro è più inquinamento, una sovraproduzione di rinnovabili sussidiate, una rete incapace di gestire i picchi, un costo finale dell’energia doppio che in Francia e la fuga della grande chimica di base verso gli Stati Uniti. Da oggi si aggiunge il rischio che la Russia chiuda i rubinetti in un momento in cui non ci sono impianti per rigassificare il gas liquido importabile dall’America o dal Qatar. Certo, la Russia ha bisogno di soldi e non taglierà le forniture se non come ritorsione estrema, ma non è una vita tranquilla.

L’Ucraina rimarrà sull’agenda non solo perché la Russia non si rassegnerà mai alla sua perdita, ma anche perché in America ci sono dinamiche politiche interne che obbligano Obama, che di suo starebbe fermo, ad alzare la voce. I repubblicani incalzano l’esecutivo per esaltarne le contraddizioni. I democratici, dal canto loro, sono tradizionalmente più falchi dei repubblicani in politica estera e questa volta hanno anche precise ragioni elettorali per tenere alta la tensione. Gli americani di origine polacca e ucraina sono parecchi milioni e votano tradizionalmente democratico. A Chicago, il feudo di Obama, i polacchi sono particolarmente numerosi e non è un caso che il senatore dell’Illinois Durbin, obamiano ortodosso, spinga il suo capo ad alzare il tiro contro la Russia. Il mondo, insomma, non è bello come appare. Grazie a questo, in cambio, avremo finalmente un euro più debole e una Germania più flessibile. Approfittiamone.
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BORSA MOSCA: E’ IL MOMENTO DI RIENTRARE?

MOSCA (WSI) - L'indice Micex ha recuperato terreno salendo nel finale a +0,89% a 1.343,85 punti, dopo il brusco dietrofront seguito alla notizia di alcune esplosioni a Mosca.

La Borsa di Mosca ha comunque perso -10% nel corso del primo trimestre del 2014 ed è entrata in un mercato orso. I tassi sui bond con scadenza nel febbraio del 2027 si sono attestati oggi al 9,14%, in calo -28 punti base su base settimanale.

Bloomberg mette comunque in rilievo che, su base settimanale, l'azionario russo e il rublo hanno riportato guadagni e che la borsa di Mosca sta ritornando a livelli precedenti la decisione del presidente Vladimir Putin di annettere la Crimea alla Russia.

I dati raccolti da EPFR Global e riportati da UralSib Capital indicano che nella settimana terminata il 26 marzo, i fondi azionari che investono in Russia sono stati interessati da flussi in entrata per un valore di $219 milioni. La Borsa di Mosca presenta le valutazioni più convenienti tra i 21 mercati dei paesi in via di sviluppo monitorati da Bloomberg.

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MOSCA (WSI) - Dopo che un palazzo è collassato in Russia in seguito a un'esplosione, la Borsa di Mosca ha bruciato i timidi guadagni iniziali è ha preso la via dei ribassi.

Al momento l'indice di riferimento dell'azionario russo, già scosso dagli ultimi avvenimenti in Ucraina e in particolare in Crimea, si attesta poco sopra il supporto dei 1.330 punti.

Non si conoscono altri dettagli dell'incidente per ora.
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LA MOSSA DI USA E SAUDITI PER COLPIRE MOSCA ALLE SPALLE

NEW YORK (WSI) - Per abbassare i prezzi del petrolio e colpire la Russia nel cuore delle sue attività energetiche, Stati Uniti e Arabia Saudita sono pronte ad attingere dalle riserve strategiche per inondare i mercati di oro nero.

L'idea circola da diverse settimane e lo stesso George Soros ne ha parlato. Per i critici non è un'opzione fattibile e avrebbe comunque un effetto solo temporaneo. I sauditi, sostengono loro, potrebbero sempre ridurre la produzione per riportare l'equilibrio e mantenere i prezzi sui livelli attuali.

Tuttavia, la possibilità di un'azione coordinata di questo tipo da parte delle due super potenze innervosite dalle manie espansionistiche di Putin non è affatto da escludere.

Ne ha discusso il giornalista Steve LeVine in un pezzo su Quartz, sezione di scienze e tech dell'Atlantic. Obama, dopo tutto, si incontrerà proprio oggi, di ritorno dall'Italia, con il re Saudita.

L'Ucraina parteciperà alle trattative, che secondo il giornalista potrebbero focalizzarsi sulla vendita di 500 mila, 750 mila barili al giorno dalle riserve strategiche di greggio (Strategic Petroleum Reserve).

Se gli Usa dovessero strappare all'Arabia Saudita la promessa che non ridurranno la produzione di petrolio per ribilanciare i prezzi, l'impatto sarà pressoché immediato.

Sarebbe un brutto colpo per Putin. Circa il 70% delle entrate provenienti dalle esportazioni in Russia vengono infatti dalla produzione di petrolio e gas naturale, pertanto anche una svalutazione minima avrebbe un impatto significativo.
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OBAMA A ROMA: LA NOTIZIA NEGLI USA E’ L’INCONTRO CON IL PAPA. RENZI SNOBBATO

ROMA (WSI) - Per Renzi si profila lo stesso destino di Berlusconi: osannato dai media in patria, che non fanno che parlare di lui, e completamente ignorato all'estero.

I due giorni del presidente americano Obama a Roma hanno sicuramente avuto la loro importanza e rilevanza, specialmente se si considerano i mezzi e la sicurezza che la capitale italiana ha messo a disposizione. Qualcosa di mai visto prima.

Dall'atterraggio di Obama, al decollo, direzione Arabia Saudita, la città è stata praticamente messa sotto sopra.

All'arrivo, interdizione di volo per l'intera area, centro di Roma sorvegliato speciale, tra i blindati delle forze dell'ordine con mille agenti in campo, forze speciali italiane, auto corazzate statunitensi e gli 007 della Casa Bianca che scortano il corteo presidenziale.

Nell'aeroporto di Ciampino invece sono atterrati una decina di aerei C-130, dai quali sono uscite oltre venti auto corazzate con a bordo gli uomini della sicurezza della Casa Bianca. A scortare Obama nei suoi spostamenti poi almeno duecento agenti delle forze speciali statunitensi e dei corpi militari, tra cui anche una rappresentanza dei marines.

Ma le forze dell'ordine italiane non sono state da meno: la polizia di frontiera di Fiumicino ha seguito Obama fino all'uscita dall'aeroporto. Poi il compito è stato affidato alle forze speciali italiane, come i Nocs (Nucleo operativo centrale di sicurezza) e il Gis (Gruppo di intervento speciale).
Lungo il percorso sono stati previsti posti di blocco e chiusure del traffico oltre a continue bonifiche e controlli serrati.

Nelle aree attraversate dal corteo presidenziale i sistemi elettronici e cellulari sono andati a volte in tilt per qualche minuto, neutralizzati dai sistemi 'jammer' lungo il percorso per impedire interferenze elettromagnetiche o l'attivazione di congegni a distanza.

Ma non è tutto perché è stata anche bonificata la zona di villa Taverna, nel quartiere Parioli, sede della residenza dell'ambasciatore statunitense in Italia, che ospita il presidente Obama. Chiusa al traffico Viale Rossini e deviate le linee 52, 53, 168, 217, 233 e 910.

I servizi di controllo sono stati estesi anche alle vie limitrofe fino a via Veneto, dove si trova l'ambasciata Usa. Gli artificieri hanno controllato i secchi della spazzatura, cassonetti, autovetture parcheggiate e tombini. I controlli sono stati compiuti anche con unità cinofile.

Infine il Colosseo. La visita organizzata per mostrare al presidente americano il più famoso monumento capitolino é praticamente riuscita in quello che il comune di Roma non è mai stato in grado di fare per decenni. I camion bar e i finti gladiatori, anche quelli senza permesso, che stazionano nelle vicinanze, sono stati fatti spostare.

Insomma per 48 ore Roma è risultata come un bunker impenetrabile, dove era quasi pericoloso muoversi.

Ma tutto questo risalto in Italia, dall'altra parte dell'Oceano invece è stato assente. I principali giornali Usa hanno parlato della visita romana di Obama come viaggio per incontrare il Papa. Renzi è stato menzionato in poche righe, mentre Napolitano spesso ignorato, nonostante le parole di stima pronunciate dal leader statunitense.

Per i vari Washington Post, New York Times, Los Angeles Times e Miami Herald, l'incontro tra Obama e Renzi, insomma, valeva quanto David Beckham che si vorrebbe comprare il Manchester United.
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UNICREDIT: INDAGATI PROFUMO E GHIZZONI

ROMA (WSI) - Un’inchiesta giudiziaria finora segreta riaccende la miccia dei derivati bancari, quei prodotti finanziari ad altissimo rischio che hanno dissestato i bilanci di migliaia di aziende private ed enti pubblici.

La Procura di Bari ha chiuso una delicata indagine, condotta con tecniche da antimafia, sulle cause del fallimento dell’industria Divania, che prima del crac dava lavoro a 430 operai e vendeva in mezzo mondo i suoi divani fabbricati in Puglia.

L’avviso di conclusione dell’istruttoria, notificato dalla Guardia di Finanza, chiama in causa 16 dirigenti di Unicredit, tra cui spiccano l’amministratore delegato Federico Ghizzoni e il suo predecessore Alessandro Profumo, oggi presidente del Monte dei Paschi.

Per i banchieri l’accusa-base è di bancarotta: Divania era un’azienda sana che, secondo i magistrati, fu mandata in rovina da Unicredit attraverso ben 203 derivati-trappola, «falsamente presentati come contratti a costo zero», che in realtà hanno esposto l’azienda a «rischi illimitati», concretizzatisi in «perdite accertate per oltre 15 milioni di euro», provocando così prima la chiusura della fabbrica e poi il fallimento, decretato nel giugno 2011.

Nell’atto d’accusa il pm Isabella Ginefra scrive di aver ricostruito l’intera catena di produzione dei derivati, dalle sedi centrali alle direzioni regionali. Al livello più alto, sempre secondo l’accusa, era personalmente Profumo a «elaborare, dirigere e coordinare le strategie di commercializzazione dei derivati alle aziende».

Ghizzoni invece è sotto indagine per la scelta finale di negare la restituzione a Divania dei profitti incamerati da Unicredit: a provare che ne era informato, è anche una dettagliatissima raccomandata (con ricevuta di ritorno) inviatagli il 5 aprile 2011 da Francesco Saverio Parisi, il titolare di Divania.

L'INCHIESTA COMPLETA SULL'ESPRESSO IN EDICOLA DA VENERDI' 28 MARZO
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GLI STIMOLI DELLA CINA SONO UN’ARMA A DOPPIO TAGLIO

Vista la valanga di dati macro a dir poco deludenti, in molti hanno iniziato a pensare all’annuncio in grande stile di una serie di stimoli economici da parte del gigante cinese. Il che, al solo pensiero delle proporzioni che potrebbe avere, è stato sufficiente per riuscire a far cambiare il vento sui mercati, indirizzandoli verso una positività ritrovata.
Una serie di speculazioni anche solo teoriche, avvalorate dagli ultimi avvenimenti: secondo l'agenzia di stampa Xinhua il premier cinese Li Keqiang ha ribadito questa settimana che il governo è pronto per prendere provvedimenti mirati a sostegno dell’economia. Dichiarazione che, ovviamente, è anche un’implicita ammissione di calo delle performance del gigante cinese ma è stata un ottimo aiuto per le borse asiatiche recentemente colpite proprio dallo stesso fattore negativo.
Appunto, “mirata”: cn ogni probabilità ci saranno investimenti focalizzati e provvedimenti diretti su aree specifiche ritenute “sottoproducenti” o in difficoltà (tecnologici e assicurativi), strategia che ottimizzerebbe il ritorno ed eviterebbe al contempo il fenomeno sempre più dilagante della corruzione nelle amministrazioni periferiche, favorita dai finanziamenti a pioggia. Ma fino a che punto una strategia del genere potrà essere chiamata “stimolo monetario”?
Ad ogni modo, adesso tutto sta a capire quando, data la paranoica lentezza del sistema e della macchinosità che caratterizza gli iter burocratici di Pechino (macchinosità che potrebbe far concorrenza all’Italia).
Secondo gli analisti di Nomura un pacchetto di primi provvedimenti potrebbe essere preso direttamente dal prossimo trimestre, sotto forma di taglio delle riserve obbligatorie da parte delle banche cinesi (un taglio di circa 50 punti base), operazione che Pechino ha già preso diverse volte in passato e di fronte alla quale i mercati hanno sempre agito in maniera positiva. Quindi, in teoria, già stata. Altra soluzione, invece, sarebbe un provvedimento più “concreto” come quello previsto dalla serie di riforme presenti nelle decisioni finali dell’ultimo congresso del partito comunista: potenziare le infrastrutture. In realtà anche questa soluzione già adottata e non sempre con ottimi risultati, nonostante l’adozione di diverse agevolazioni fiscali. Stando a un rapporto Reuters in cantiere ci sarebbero 23 miliardi di dollari in investimenti nel settore ferroviario.
Resta però un’unica certezza: le aspettative eccessive su un annuncio a breve e dettagliato potrebbero venire deluse facilmente: il governo cinese, a parte rari casi, non è solito fare annunci e dare molti dettagli sulle sue intenzioni future. - See more at: http://www.trend-online.com/prp/stimoli-economiici-cina/2.html#sthash.TB0ZpEEI.dpuf
Rossana Prezioso per Trend-online

SPAGNA E GERMANIA GETTANO OMBRE SU INFLAZIONE UE
I numeri relativi all'inflazione spagnola e tedesca gettano ombre sulla lettura del dato complessivo dell'Eurozona che verrà pubblicato lunedì. Nel dettaglio, l'inflazione armonizzata preliminare spagnola a marzo è scesa dello 0,2% anno su anno, al di sotto del consenso degli economisti e del dato di febbraio, entrambi a +0,1%. "La lettura", sottolinea Annalisa Piazza, strategist di Newedge, "rappresenta il primo caso di deflazione dal 2009, quando l'indice dei prezzi al consumo venne trascinato al ribasso da un ampio declino dei prezzi delle commodity".

Per l'esperta il dato non è una completa sorpresa in quanto il Paese ha sofferto a causa della lunga recessione registrata negli ultimi trimestri e il suo gap di produzione è molto ampio, con assenza di pressioni dalla domanda interna. Inoltre le riforme del mercato del lavoro hanno spinto il suo costo al ribasso per cercare di guadagnare competitività. Infine un altro fattore da non sottovalutare è l'effetto dell'austerità fiscale sui prezzi amministrativi. Detto questo, "la lettura odierna non è una grossa sorpresa poiché le pressioni legate alla deflazione hanno fatto scendere i prezzi da più direzioni negli ultimi trimestri", aggiunge Piazza.

L'inflazione della Spagna non è stata l'unica a deludere le attese degli analisti. Anche i dati preliminari di marzo giunti dai singoli Lander tedeschi "hanno sorpreso al ribasso", sottolinea Piazza, precisando che "5 regioni su 6 hanno riportato un'inflazione al di sotto delle previsioni". Di conseguenza, ha deluso anche l'indice dei prezzi al consumo in Germania a marzo che, secondo la lettura preliminare, è cresciuto dello 0,3% a livello mensile (+0,4% mese su mese il consenso) dopo il +0,5% mese su mese di febbraio. L'inflazione ha inoltre rallentato su base annuale all'1% dall'1,2% di febbraio (+1,1% il consenso).

Dopo le letture sotto le attese sia per quanto riguarda la Spagna che la Germania, sottolinea ancora Piazza, c'è il rischio che anche il dato relativo all'Eurozona di lunedì possa deludere le previsioni. Questi numeri "non sono i benvenuti" e rappresentano "uno scenario che la Bce è pronta a contrastare con qualsiasi strumento di politica monetaria che sia necessario". L'esperta esclude però che "una lettura al di sotto delle attese possa spingere la Bce ad agire nel prossimo meeting del 3 aprile. L'Eurotower infatti sa bene che l'inflazione rimarrà ben al di sotto del 2% per un lungo periodo di tempo e l'Istituto dovrebbe tollerare una certa volatilità stagionale. Comunque sia il tono della prossima conferenza stampa della Bce dovrebbe essere piuttosto da colomba poiché la Banca centrale non può permettersi che si manifestino rischi al ribasso sull'inflazione nel breve termine". Il cambio euro/dollaro tratta ora a quota 1,3761.
Milano Finanza

COMMENTO IN CHIUSURA
Piazza Affari ha chiuso in deciso rialzo con l´indice Ftse Mib che ha guadagnato l´1,53% a 21.498 punti, livelli che rappresentano i nuovi massimi dal maggio del 2011. Il listino milanese è stato sostenuto dal rally del comparto bancario dopo che il Tesoro ha collocato Btp a 5 e 10 anni per complessivi 6,75 miliardi di euro. Entrambi i titoli sono stati collocati al nuovo rendimento minimo dall´introduzione dell´euro: 3,29% per il decennale e 1,88% per il Btp a 5 anni. L´attesa per la prossima settimana è rivolta verso la riunione della Bce, soprattutto dopo l´apertura di Jens Weidmann, numero uno della Bundesbank, verso misure di allentamento quantitativo. A sostenere i listini azionari anche le dichiarazioni del premier cinese, Li Kegiang, che si è detto pronto a sostenere l´economia in particolare attraverso investimenti infrastrutturali. Acquisti sostenuti sul comparto bancario trainato soprattutto dal Banco Popolare (+6,95% a 18 euro) e Intesa SanPaolo (+3,53% a 2,402 euro). L´istituto scaligero vedrà partire lunedì 31 marzo l´aumento di capitale da 1,5 miliardi di euro che si concluderà il prossimo 10 aprile. Intesa SanPaolo ha presentato questa mattina il piano d´impresa 2014-2017 in cui prevede di raggiungere a fine piano in utile netto pari a 4,5 miliardi di euro. Il Common equity ratio nel 2017 è atteso al 12,2%. La banca ha chiuso il 2013 con una perdita netta di 4,55 miliardi di euro rispetto ai profitti per 1,6 miliardi registrati nel corso del 2012. A pesare una svalutazione prudenziale per 5,8 miliardi di euro nel quarto trimestre e nell´intero 2013. Ben comprati anche gli altri titoli del settore: Montepaschi ha guadagnato il 4,42% a 0,252 euro, Popolare di Milano il 3,68% a 0,703 euro, Bper il 3,89% a 8,805 euro, Ubi Banca il 2,14% a 6,655 euro, Unicredit lo 0,84% a 6,535 euro. Mediolanum (-0,07% a 6,835 euro) debole rispetto alle due sedute precedenti, che avevano beneficiato della pubblicazione dei conti 2013. Positiva Eni (+1,56% a 18,18 euro) in scia alle indiscrezioni sul Mozambico. Circa un anno fa il gruppo guidato da Paolo Scaroni aveva venduto il 20% del consorzio Area 4 in Mozambico alla cinese Cnpc portando a casa 3,4 miliardi di euro, di cui 3 miliardi di plusvalenza. Nell´ultimo presentazione a Londra, l´Ad Scaroni aveva annunciato l´intenzione di scendere intorno al 35% del consorzio. Questa mattina La Repubblica scrive che Eni avrebbe dato mandato a Merrill Lynch il mandato per cedere un altro 15% in Mozambico. I pretendenti, a detta de La Repubblica, sarebbero due colossi cinese dell´energia: la stessa Cnps e Sinopec. Pirelli ha guadagnato il 3,20% a 11,58 euro all´indomani dei conti. La società guidata da Marco Tronchetti Provera ha annunciato di avere chiuso il 2013 con un giro d´affari in rialzo dell´1,2% a 6,14 miliardi di euro. L´utile netto è invece scivolato del 21,7% a 306,5 milioni rispetto ai 391,5 milioni del corrispondente periodo 2012. Per il 2014 il management di Pirelli indica un Ebit consolidato a 850 milioni di euro, investimenti entro i 400 milioni e una generazione di cassa superiore a 250 milioni. Il fatturato consolidato dovrebbe invece attestarsi a 6,2 miliardi di euro. Infine acquisti anche su Telecom Italia (+1,48% a 0,851 euro) che ha sfruttato la promozione di Berenberg a buy dal precedente hold.
Finanzaonline