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SINTESI DELLA GIORNATA FINANZIARIA DEL 27 MARZO 2014



Piazza Affari ha chiuso in rialzo una seduta che ha visto una nuova tornata positiva di emissioni di Bot. Il Tesoro ha collocato 7,5 miliardi di euro di Bot a 6 mesi con un rendimento dello 0,504%, in lieve aumento rispetto al precedente 0,455% che rappresenta il livello minimo dall’introduzione dell’euro. Si tratta comunque di un valore quasi dimezzato rispetto allo 0,82% dell’ultima asta del 2013. Negli Stati Uniti, dove gli indici di Wall Street proseguono debolmente, la lettura finale del Pil del quarto trimestre ha mostrato una crescita del 2,6% contro il +2,4% precedente. Gli analisti avevano pronosticato una crescita del 2,7%. In Ucraina il Fondo monetario ha raggiunto un’intesa con le autorità locali per prestiti tra 14 e 18 miliardi di dollari. Il totale degli aiuti internazionali raggiungerà i 27 miliardi nei prossimi due anni. In questo quadro a Piazza Affari l’indice Ftse Mib ha chiuso con un rialzo dello 0,31% a 21.173 punti.

Nel comparto bancario è finito sotto i riflettori il Montepaschi (+1,12% a 0,242 euro) dopo che la Fondazione Mps ha fatto sapere di aver venduto ancora ed essere così scesa al 12% della banca senese. Nel resto del comparto bancario gli acquisti hanno premiato Banco Popolare (+0,47% a 16,83 euro), Intesa SanPaolo (+1,13% a 2,32 euro), Mediobanca (+1,15% a 7,91 euro), Ubi Banca (+1,95% a 6,51 euro) e Unicredit (+0,62% a 6,48 euro). Mediolanum ha proseguito il rally con un rialzo del 3,24% a 6,84 euro. Anche ieri il titolo aveva beneficiato dei conti del 2013, chiuso con un utile netto in calo del 4% a 336,6 milioni di euro. L’utile pre imposte è invece salito del 9% a 544,1 milioni, raggiungendo il miglior risultato nella storia della società. Dopo la buona performance di ieri oggi le prese di beneficio hanno prevalso sui titoli del lusso: Tod’s è arretrata dell’1,84% a 93,35 euro, Yoox del 2,81% a 25,51 euro e Salvatore Ferragamo dello 0,93% a 21,24 euro. Eni (-0,27% a 17,90 euro) e Enel (+0,19% a 4,064 euro) sono finite sotto i riflettori. Oggi la Consob ha infatti fatto sapere che la People’s Bank of China detiene il 2,102% del colosso petrolifero e il 2,071% del gruppo elettrico.
Finanza.com

ITALIA: FIDUCIA IMPRESE IN PROGRESSO, ASTA BOT AI MINIMI STORICI
Fiducia imprese italiane ai massimi degli ultimi tre anni. Dopo il balzo della fiducia dei consumatori evidenziato ieri, oggi il sentiment positivo sulle prospettive del Belpaese è confermato dall'indice composito del clima di fiducia delle imprese italiane cresciuto a 89,5 dai 88,2 di febbraio. Si tratta del quinto rialzo mensile consecutivo che ha permesso all'indice di portarsi sui massimi degli ultimi 3 anni. 
Nel dettaglio dai dati Istat emerge che la fiducia delle imprese manifatturiere è salita a 99,2 da 99,1 di febbraio. Il consensus era per un progresso più marcato a 99,5 punti. Stabili le attese di produzione (5 il saldo) e migliorano i giudizi sugli ordini (da -25 a -23); il saldo relativo ai giudizi sulle scorte di magazzino passa da -3 a -1.  L’indice del clima di fiducia delle imprese di costruzione scende a 75,8 da 76,9 di febbraio. Migliorano le attese sull'occupazione (da -21 a -18 il saldo), mentre peggiorano i giudizi sugli ordini e/o piani di costruzione (da -50 a -54 il saldo). 
"Da notare - commenta Paolo Mameli, senior economist del Servizio Studi di Intesa Sanpaolo - come già visto nell’indagine di fiducia dei consumatori, il marcato miglioramento delle aspettative sull’andamento dell’economia in generale. Un segnale che l’evoluzione del quadro politico può aver sostenuto la fiducia delle imprese come quella delle famiglie". Mameli rimarca come il dato odierno sulla fiducia delle imprese mostra che "l’effetto benefico sulla fiducia dell’evoluzione del quadro politico sembra aver sostenuto meno la fiducia delle imprese che quella delle famiglie, come comprensibile dal fatto che la scelta finale sulla destinazione del taglio al cuneo fiscale sia stata fatta a vantaggio dei lavoratori anziché delle aziende".

Bot collocati al rendimento dello 0,50%, domani in asta Btp per massimi 10 mld
Sempre oggi nuova tornata positiva di emissioni di Bot con il costo del finanziamento del debito tricolore nei pressi dei minimi storici.  Il Tesoro italiano ha collocato oggi 7,5 miliardi di euro di Bot a 6 mesi con scadenza 30 settembre 2014. Il rendimento medio di assegnazione è stato pari allo 0,504%, in lieve aumento rispetto allo 0,455% dell'asta di Bot semestrali tenuta a fine febbraio e che rapresenta il livello minimo dall'introduzione dell'euro.  un valore quasi dimezzato rispetto allo 0,82% dell'ultima asta di Bot del 2013. Le richieste si sono attestate a 12,48 miliardi di euro, pari a un rapporto di copertura (bid-to-cover) di 1,66 volte contro le precedenti 1,44 volte dell'asta del mese scorso quando in offerta c'era un quantitativo maggiore di Bot (8,5 mld).
Ieri nuovi tassi minimi storici anche per il Ctz biennale allocato allo 0,707%. Domani sarà il turno dell'importante asta di titoli di Stato a medio-lungo termine per 7,5-10 miliardi di euro. L’asta prevede il collocamento di Ccteu al 2019 per 2,5-3,25 miliardi, Btp a 5 anni per 2-3 miliardi e decennali per 3-3,75 miliardi di euro.  
Finanza.com

FED: BOCCIATO IL PIANO DIVIDENDI DI CITIGROUP E DI ALTRE 4 BANCHE
La Federal Reserve (Fed) ha bocciato il piano dividendi di Citigroup, nell'ambito della seconda parte degli stress test bancari del 2014. La banca centrale americana infatti ha giudicato Citigroup (terza banca americana in termini di attivi) troppo fragile per permettersi di premiare gli azionisti e procedere all'acquisto di azioni. Per Citigroup è il secondo "no" della Fed alle sue strategie in tre anni e la bocciatura ha pesato sul titolo. L'azione ha perso oltre il 5% nel dopo mercato e nella sessione pre-market di questa mattina segna già un calo di oltre 6 punti percentuali.

Nella lista nera della Fed sono finite, insieme a Citigroup, anche tre importanti filiali di grosse banche straniere: le inglesi Hsbc e Rbs e la spagnola Banco Santander. Questi istituti hanno visto respinta la richiesta di premiare i soci con dividendi e buyback azionari. La quinta banca bocciata nella seconda fase degli stress test della Fed è stata quella dello Utah, la Zions Bancorporation, l'unica banca a non aver passato nemmeno la prima parte dell'esame (non raggiungerebbe la soglia di capitalizzazione Tier 1 del 5%, ma scivolerebbe al 3,5%). Sono invece stati promossi i piani degli altri 25 istituti della finanza. Tra questi, JP Morgan, Goldman Sachs, American Express, Bank of America e Morgan Stanley.

Gli stress test della Fed
Per il quarto anno, la Fed ha messo sotto esame i bilanci e i piani delle 30 maggiori banche degli Stati Uniti. Nella nota diffusa ieri sera dalla banca centrale americana, si rileva che "gli istituti Usa hanno notevolmente aumentato il loro capitale rispetto alla prima serie di stress test governativi nel 2009. La soglia di capitalizzazione Tier 1, che mette a confronto il capitale di alta qualità con le attività di rischio ponderate, delle 30 holding bancarie è più che raddoppiato, passando dal 5,5 per cento nel primo trimestre 2009 all'11,6 per cento nel quarto trimestre del 2013". 
Finanza.com

MPS: LA FONDAZIONE SCENDE AL 12%
La Fondazione Mps vende ancora. In diverse operazioni avvenute tra il 19 e il 24 marzo Palazzo Sansedoni ha venduto circa 358,5 milioni di azioni di Monte dei Paschi (pari al 3,069% del capitale dell'istituto di credito) a un prezzo che si aggira intorno agli 85,5 milioni di euro. Lo ha annunciato Borsa italiana in un comunicato di internal dealing. La Fondazione è così scesa al 12% del capitale di Mps.
La notizia è giunta in una giornata quella di ieri convulsa per la Fondazione Mps. In mattinata funzionari Consob e Guardia di Finanza hanno ispezionato gli uffici dell'ente senese e del suo intermediario di fiducia Mps Capital Services per far luce sui movimenti avvenuti recentemente sulle azioni Mps in concomitanza con la vendita del 12% di Rocca Salimbeni detenuto dall'ente. Obiettivo: capire se in quelle sedute possa essere riscontrata l'ipotesi di reato di insider trading, o in generale se ci possa essere stato qualche abuso di mercato. In particolare, il faro Consob si è acceso su due giornate di Borsa, quella del 5 marzo (quando il titolo Mps volò del 19,24% con scambi boom in scia ad alcuni rumors poi smentiti su una vendita di quote rilevanti da parte della Fondazione) e quella del 18 marzo (quando l'ente, assistito da Morgan Stanley, cedette il 12% della banca senese).
La stessa Fondazione in una nota ha comunicato che "la verifica ispettiva iniziata in data odierna da Consob – con il supporto della Guardia di Finanza – è finalizzata all’acquisizione di informazioni e documenti relativi alle trattative formali ed informali sulla cessione di una parte della quota detenuta in Banca Mps e sull’operatività in azioni relative al corrente mese. La Fondazione Mps ha come di consueto assicurato massime collaborazione e trasparenza in merito alle operazioni finanziarie compiute in questi mesi".
Sempre ieri, il presidente del Monte dei Paschi, Alessandro Profumo, ha annunciato che l'aumento di capitale partirà nella seconda metà di maggio. "Possiamo partire dopo il 12 maggio, occorre depositare la trimestrale, quindi 1-2 settimane dopo", ha detto il manager. "Mi auguro che restino azionisti che credono nella progettualità di lungo termine”, ha dichiarato Profumo parlando della Fondazione e su BlackRock: "Certamente sottoscriverà l’aumento di capitale”.
Positiva Mps a Piazza Affari. Il titolo sul Ftse Mib avanza dello 0,71% a 0,24 euro.
Finanza.com

DICHIARAZIONE DEI REDDITI: IMPRENDITORI PIU’ POVERI DEI DIPENDENTI
Imprenditori italiani sempre più poveri e con redditi medi inferiori a quelli dei lavoratori dipendenti. E’ il quadro che emerge dalle statistiche sulle dichiarazioni dei redditi delle persone fisiche (Irpef) relative al 2012 pubblicate oggi dal Dipartimento delle Finanze. 
Il reddito medio dichiarato dai lavoratori dipendenti è pari a 20.280 euro, mentre il reddito medio dichiarato dagli imprenditori è pari a 17.470 euro. Poco sotto ci sono poi i pensionati con a 15.780 euro. I lavoratori autonomi presentano invece il reddito medio dichiarato più elevato, pari a 36.070 euro,. 
E' però opportuno fare chiarezza su chi si fa rientrare nella categoria "imprenditori”. I dati del Dipartimento delle Finanze relativi alle dichiarazioni dei redditi ricomprendono tra gli imprenditori i titolari di ditte individuali, escludendo pertanto chi esercita attività economica in forma societaria. Inoltre la definizione di imprenditore non può essere assunta come sinonimo di "datore di lavoro” in quanto tra gli imprenditori sono compresi coloro che non hanno personale alle loro dipendenze.
Redditi 2012: il 5% dei contribuenti detiene quasi un quarto della ricchezza
In generale il quadro dipinto dai dati sulle dichiarazioni dei redditi 2012 vede un aumento dello 0,5% del reddito medio dichiarato dagli italiani che però si mantiene sotto la soglia dei 20mila euro (19.750 euro). L’analisi della distribuzione dei redditi evidenzia che l’ultimo ventile, ossia il 5% dei contribuenti con i redditi più alti, detiene il 22,7% del reddito complessivo, ossia una quota maggiore a quella detenuta complessivamente dalla metà dei contribuenti con i redditi più bassi. Il 90% dei soggetti dichiara invece un reddito complessivo fino a 35.819 euro.

Lombardia la Regione più ricca, Calabria ultima
L'analisi territoriale delle dichiarazioni dei redditi 2012 vede la conferma della Lombardia quale regione con reddito medio complessivo più elevato (23.320 euro), seguita dal Lazio (22.100 euro), mentre la Calabria ha il reddito medio più basso con 14.170 euro; nel 2012 il reddito medio nelle regioni del centro cresce meno della media nazionale.
Finanza.com

PENSIONI: LE ULTIMISSIME…PER ORA
Sempre più controverso il caso connesso alle pensioni per gli esodati e i lavoratori precoci: a riaccendere il dibattito ci ha pensato il Presidente della Commissione Lavoro Cesare Damiano, che ha richiamato l’attenzione del governo (Renzi e Poletti in primis) sui tanti temi connessi alla previdenza, dal caso del pensionamento per gli esodati sino alla necessità di intervenire in tema di pensione anticipata (unica vera ancora di salvezza per i lavoratori precoci) ed indicizzazione delle pensioni.
Nonostante la veemenza con cui l’esponente Pd continua a rimarcare i temi connessi alle pensioni per lavoratori precoci ed esodati – in merito ai quali Renzi, Poletti e il governo sono tenuti a considerare la salvaguardia di quasi 17.000 unità ottenuta durante l’esecutivo Letta -, le istituzioni paiono al momento concentrate altrove, coi tagli studiati da Cottarelli e il piano di smaltimento degli esuberi nel comparto pubblico ad aver toccato sin qui solo marginalmente il fronte previdenziale.
Come accennato in apertura, il dibattito sulle pensioni per esodati e lavoratori precoci non accenna a diminuire, con il Presidente della Commissione Lavoro Cesare Damiano ad aver riproposto in modo deciso alcuni dei temi più scottanti connessi al fronte previdenziale, come la riforma dell’istituto della pensione anticipata e l’intervento in tema di indicizzazioni (l’adeguamento degli assegni pensionistici all’inflazione).
Quello di offrire delle risposte concrete a due comparti sin qui rimasti a promesse e illusioni (agli esodati fu in particolare garantito un iter legislativo del quale non v’è traccia, mentre i sindacati continuano a chiedere invano, per i lavoratori precoci, uno smussamento delle penalizzazioni attualmente previste per chi accede all’istituto della pensione anticipata prima dei 60 o 62 anni di età) appare francamente un dovere che al momento Renzi, Poletti e il governo disattendono per via della trattazione di altre questioni, riforma del lavoro e scuola, ritenute prioritarie.
Una riforma della pensione anticipata pare in particolare l’unica chance per i lavoratori precoci, ma al momento il governo non intende darvi corso dati gli alti costi che comporterebbe.
Renzi in particolare si sta concentrando sulla riforma dell’IRPEF e va spesso evidenziando come i famosi 80 euro in più in busta paga non saranno ottenuti da un taglio alle pensioni, ma oltre che a non mortificare il fronte previdenziale con ulteriori tagli, sarebbe forse ora che si pensasse ad una riforma complessiva per un comparto che richiede interventi decisi ed immediati al di là dei fronti connessi dalle pensioni per gli esodati e per i lavoratori precoci.
A completare il quadro, le recenti dichiarazioni del ministro Poletti, che ha ribadito come le pensioni di invalidità saranno tagliate e come la legge Fornero non verrà modificata. L’auspicio corrente è che l’esecutivo disattento e distratto in quanto a previdenza possa presto lasciare il posto ad un governo attento e sensibile di fronte a casi dall’elevata emergenza sociale.
Rilevanti da questo punto di vista non solo le pensioni per esodati e lavoratori precoci ma anche la risoluzione del caso Quota 96 della Scuola, ancora fermo al palo.
Finanzainchiaro

TORNA LA VOGLIA DI ORO?
La crisi geopolitica e quella finanziaria hanno portato a un ritorno d'interesse degli investitori nei confronti dell'oro, come canale alternativo d'investimento. In occasione del Salone del Risparmio, Professione Finanza ha intervistato Riccardo Andriolo, presidente del Banco Metalli Preziosi da Investimento Spa (BMPI).
Con lo scoppio della crisi ucraina ha notato delle ripercussioni nel mercato dell’oro?
Gli impatti sugli equilibri geopolitici mondiali della recente crisi ucraina sono noti: il raffreddamento dei rapporti tra quello che, in tempi di Guerra Fredda, era definito “il Blocco occidentale” (Usa ed Eurozona) e l’allora acerrimo nemico, la Russia.
In realtà la crisi ucraina ha il pregio di confermare ancora una volta, laddove ce ne fosse ancora bisogno, la veridicità della teoria dei corsi e dei ricorsi di Gianbattista Vico: anche per l'Oro la storia si ripete...!
Infatti, analogamente alle altri crisi geopolitiche, si è assistito al ritorno degli investitori, in massa, al bene rifugio per eccellenza: l'Oro. Le sue quotazioni sono quindi tornate ai massimi da 4 mesi a questa parte, spinte dalle preoccupazioni degli investitori degli impatti sull’economia globale che questa crisi politica può avere.
Tra l'altro, in questa occasione, la Russia ha minacciato di abbandonare il dollaro laddove dovessero esserle comminate delle sanzioni. Ciò contribuirebbe, nella vera e propria "guerra" valutaria in corso, ad accrescere la propensione per l’Oro con conseguente aumento delle sue quotazioni (rectius a svalutare il dollaro nei confronti del metallo giallo).
Quali sono le caratteristiche del prodotto che lo rendono un investimento appetibile anche dal piccolo risparmiatore?
L’Oro rappresenta un investimento alternativo, il bene rifugio per eccellenza. È una Valuta di riserva mondiale, riconosciuto da tutti i Paesi e con una quotazione ufficiale continua, 24 ore su 24. È solido come gli immobili ma liquido come il denaro: è tangibile e fungibile, vale a dire che è un investimento che “si tocca con mano”; è facilmente disinvestibile, e altrettanto semplicemente trasferibile, sia nello spazio sia da un investitore ad un altro.
Non ha rischio di controparte in quanto non è associato ad alcuna obbligazione, a nessun debito e a nessuna promessa di terzi.
Ultimo, ma non meno importante, l’acquisto di Oro fisico da Investimento è esente da Iva (a differenza di altri investimenti alternativi, come per esempio l'argento e i diamanti).

Perche’ un cliente dovrebbe investire in oro?
L’Oro serve per bilanciare il portafoglio di investimento finanziario che, allo stato, è generalmente basato su carta, anche con l’obiettivo di beneficiare di vantaggi fiscali, di godere della sicurezza di un prodotto solido e tangibile.
D’altronde l’Oro è una valuta senza tempo, con migliaia di anni di storia e un valore intrinseco davvero unico.
Basti pensare che, nel medio e lungo termine, si è apprezzato da sempre e contro qualsiasi valuta cartacea e che, in ogni epoca, è stato un’assicurazione sul patrimonio “last resort”, e l’unica copertura contro il rischio politico e di inflazione.
L’Oro è un prodotto esclusivo tra gli asset fisici (come ad es. gli immobili, o i quadri), perché è mobile, frazionabile e fungibile, non ha costi di manutenzione o di gestione ed è facilmente trasferibile.
Inoltre, cosa importantissima, è un asset senza rischio di controparte: l’Oro infatti non ha un emittente che può fallire, o dal cui bilancio dipende il pagamento dell'impegno finanziario assunto, e non ha promesse di pagamento né debiti associati.
Se poi, con specifico riferimento all’Italia, si pensa che da più parti si auspicano imposte patrimoniali per risanare il bilancio dello stato e che l’Oro fisico, per definizione, sfugge a tale tipo di prelievo, la domanda dovrebbe essere: perché un cliente non dovrebbe investire in Oro?

Ha parlato di imposte patrimoniali. Qual è la fiscalita’ del prodotto “oro”?
L’oro, come detto, è esente da IVA in fase di acquisto. Ciò significa che rispetto ad esempio all’argento, il primo 22% di upside rappresenta un guadagno e non il recupero del costo che, per un investitore che agisce non in regime di impresa, è rappresentato dall’indetraibilità dell’IVA.
Sull’eventuale capital gain (calcolato con il LIFO), che deve essere dichiarato dall’investitore nel quadro RT della propria dichiarazione dei redditi non essendo prevista l’intervento di alcun sostituto di imposta, è prevista una imposizione sostitutiva al 20%. Il livello impositivo, pertanto, è analogo a quanto avviene per gli investimenti in obbligazioni o in partecipazioni non qualificate.
A differenza degli strumenti finanziari, però, il Testo Unico sulle Imposte dei Redditi prevede che, per le cessioni di metalli preziosi, in mancanza della documentazione del costo di acquisto, il costo di acquisto si considera pari al 75% del corrispettivo della cessione (l’imposta massima è pertanto pari al 5% del valore di vendita, ovvero il 20% del 25% del valore di vendita).
In relazione a una eventuale minusvalenza, la stessa potrà essere portata in diminuzione delle plusvalenze della medesima categoria realizzate in periodi di imposta successivi, non oltre il quarto, purché riportata in un apposito rigo del quadro RT della dichiarazione.
La presenza di oro da investimento nell’attivo ereditario del de cuius fa scattare l’obbligo, a carico degli eredi, di tener conto, ai fini della compilazione della dichiarazione di successione, del valore corrispondente all’oro ricevuto. Peraltro, per coniuge e parenti in linea retta, l’Oro rientra tra quegli asset (aziende, azioni, obbligazioni, altri titoli, quote sociali, altri beni) esenti da imposta fino a 1 milione di euro per ogni erede.

L’investitore “medio” come può proteggere il proprio capitale con l’oro?
L’Oro è uno strumento per diversificare gli investimenti e tesaurizzare il patrimonio. Ciò, però, vale solo per l’Oro “fisico”, in quanto ETF/ETC sono un puro asset finanziario alla stregua di qualsiasi altro: i due strumenti armonizzati in Italia non prevedono la consegna di Oro, non hanno il deposito assicurato e i conti sono unallocated.
L’investitore deve quindi optare per la consegna dell’Oro in proprie mani o per la sua conservazione in cassette di sicurezza presso Istituti Bancari o alternativi.
Nella scelta di investire in Oro, assume rilevanza anche la scelta dei “tagli di lingotti idonei per le esigenze dell’investitore. Esigenze legate sia alla spesa previsionale, sia alla necessità di garantire la speditezza nel disinvestimento, consentendo che ciò avvenga anche parzialmente. Infatti, se investo 30 mila euro in un lingotto da 1 kg, laddove avessi la necessità di disinvestire solo 10 mila euro, non posso “tagliare” un terzo di lingotto; ben avrò fatto, quindi, ad acquistare 10 lingotti da 100 grammi anziché 1 lingotto da 1 kg.
Consideri che BMPI, sulla base della propria esperienza, ha creato i “Portafogli Oro” che rappresentano il mix ideale di lingotti per diverse tipologie di investitori e di spesa.
Con riferimento al prodotto, gli investitori devono pretendere Oro da investimento conforme agli standard Banca d’Italia e internazionali quali il London Good Delivery (LGD) in termini di misure, pesi e con titolo di purezza 995,0 o superiore.
Inoltre, suggeriamo, specie con riguardo all’aumento della volatilità delle quotazioni dell’Oro a cui abbiamo assistito dal 2013, una logica di accumulo progressivo a date fisse, assicurandosi una media di carico sempre performante.

Quanto si può investire in oro?
Dipende ovviamente dal tipo di investitore. Sulla base dell’esperienza estera, riteniamo che in un portafoglio standard si possa partire da un minimo del 5% per arrivare fino al 15% del portafoglio. Otre al 15% è consigliato avere una gestione attiva e professionale.

Come deve fare un cliente che vuole investire in oro?
BMPI, come operatore professionale in oro, ha attivato diversi canali di vendita. L’e-commerce, che consente di acquistare, fino a 3 mila euro, direttamente ed autonomamente i lingotti – con i massimi standard di garanzia di qualità e trasparenza; il canale di vendita diretto, per acquisti superiori a euro 3 mila; la rete dei procacciatori GOLDNET, capillarmente distribuita sul territorio nazionale, che consente di accompagnare l’investitore in ogni passo nell’acquisto di Oro; una rete di gioiellerie selezionate; alcuni Istituti di Credito.
Sinceramente è nella nostra mission cercare di supportare il cliente in tutte le fasi di scelta dell’investimento, pertanto abbiamo attivato e suggeriamo di contattare uno dei procacciatori Goldenet oppure direttamente la nostra struttura. 
Professionefinanza

PIAZZA AFFARI: TITOLI NEL MIRINO
Partenza negativa per Piazza Affari dove l'attenzione è concentrata soprattutto su Intesa, Mps, Telecom, Enel, Rcs e Mediolanum. Ecco, secondo la rassegna Reuters, i principali possibili movimenti attesi.
Mps. Titolo ancora sotto i riflettori, dopo che ispettori Consob e GdF hanno fatto visita alla sede della Fondazione Mps a Siena e a Mps Capital Services. Lo hanno detto fonti dell'autorità di vigilanza e a conoscenza della situazione, aggiungendo che al centro delle ispezioni c'è l'operatività sul titolo nelle ultime settimane e in particolare modo nelle giornate del 5 e 18 marzo. Quest'ultimo è stato il giorno in cui è stata messa in piedi la cessione accelerata del 12% della banca in mano alla Fondazione tramite Morgan Stanley. Intanto, per il presidente Alessandro Profumo l'aumento di capitale da 3 miliardi partirà nella seconda metà di maggio, una-due settimane dopo il 12. La Fondazione ha comunicato di avere venduto dal 19 al 24 marzo un altro 3% in suo possesso. Infine, secondo La Stampa Blackrock avrebbe l'8,5%.
Intesa. Titolo in luce a Piazza Affari in attesa della riunione del CdG e del CdS per l'approvazione del bilancio 2013 e del piano d'impresa. Secondo Gianfranco Carbonato, vicepresidente del consiglio di sorveglianza, i conti non risentiranno di svalutazioni degli avviamenti anche perché l'istituto ha già effettuato in passato pulizie di bilancio e non ha bisogno di nuovi interventi. Per l'AD di Eurizon Capital Tommaso Corcos avrebbe più senso quotare Banca Fideuram piuttosto che Eurizon Capital sgr e fra le priorità adesso c'è l'internazionalizzazione, rigorosamente per linee interne. Intanto, l'incremento al 5% della quota in Intesa Sanpaolo da parte di BlackRock è assolutamente positivo e ha ricevuto commenti favorevoli anche dalle fondazioni azioniste. Lo ha detto il presidente del consiglio di sorveglianza Giovanni Bazoli. Il piano industriale che sarà presentato venerdì darà un segnale positivo. E' l'unica anticipazione data sul piano, il primo firmato dal nuovo Ceo Carlo Messina, dal presidente del consiglio di sorveglianza Bazoli.
Banco Popolare. I diritti di opzione relativi all'aumento di capitale potranno essere esercitati dal 31 marzo al 17 aprile e saranno negoziabili sul Mta dall'inizio del periodo fino al 10 aprile.
Telecom. Titolo ancora sugli scudi. Per la scelta del nuovo presidente non c'è un patto di voto tra i fondi azionisti, che quindi si muoveranno in ordine sparso. Lo ha detto il coordinatore del comitato dei gestori Marco Vicinanza.
Mediaset. Il titolo potrebbe reagire in Borsa in scia alle parole del vice presidente Pier Silvio Berlusconi che, intervistato dal Corriere della Sera, a una domanda su un suo ingresso in politica risponde "mai dire mai, magari tra una decina d'anni, chissà" e sottolinea che il modo migliore per aiutare suo padre è occuparsi "al meglio di Mediaset". Sul recente crollo della raccolta pubblicitaria osserva che ciò che si è visto negli ultimi anni "non ha precedenti" ma ora "siamo pronti a cavalcare la ripresa, sperando arrivi presto" con tre linee di sviluppo: allargare il bacino degli spettatori, rafforzare la presenza nella pay tv e investire nella produzione di contenuti internazionali. Quanto alle ipotesi di partnership internazionali "sono arrivate diverse proposte interessanti, faremo la scelta che potrà assicurare maggiore sviluppo".
Enel. Il titolo potrebbe nuoversi in scia alle parole dell'adi Fulvio Conti che ha detto che è preferibile mantenere Enel Distribuzione nel perimetro del gruppo affinché tragga vantaggio dalle tecnologie del gruppo elettrico. Inoltre, ha detto che se lo Stato vendesse la propria quota del 31% in Enel, che gli rende il 4%, potrebbe rimborsare il Btp trentennale emesso con cedola del 7%. Intanto, la russa Ogk-5, controllata da Enel, ha approvato il nuovo business plan quinquennale che vede un Ebitda più basso per quest'anno, ma in crescita dal 2016.
Pirelli. La Crisi in Ucraina crea incertezze ai piani del gruppo di espansione in Russia e alla possibilità di sfruttare al meglio gli accordi con Rosneft, dicono gli analisti.
Mediolanum. Titolo in luce a Piazza Affari. La società ha archiviato lo scorso esercizio con un utile netto di 337 milioni, un numero in leggera flessione rispetto al 2012 che si colloca sotto le attese elaborate da SmartEstimates di 358 milioni. Parlando a Reuters l'ad di Banca Mediolanum e vicepresidente del gruppo Massimo Doris ha detto che per quest'anno prevede una raccolta netta superiore ai 3,3 miliardi di euro (4,58 miliardi di afflussi verso i fondi) del 2013.
Azimut. Il titolo potrebbe reagire alle parole del presidente e ad Pietro Giuliani che ha detto che la raccolta netta a marzo sarà inferiore ai livelli elevati registrati a gennaio e febbraio e nell'ordine di "qualche centinaio di milioni".
Carige. Titolo sotto i riflettori in attesa oggi della riunione del Cda per l'approvazione dei conti e del piano industriale che include anche l'aumento di capitale. Intanto, due fonti hanno confermato le indiscrezioni di stampa, secondo le quali la Fondazione ha chiesto al ministero del Tesoro l'autorizzazione a cedere sul mercato un pacchetto di azioni fino al 6% della banca.
Popolare di Sondrio. Ha chiuso il 2013 con utile e dividendo in crescita. (
Bim. Il titolo potrebbe muoversi in scia alla notizia che secondo il Sole 24 Ore sono quattro i gruppi in gara per la controllata di Veneto Banca, tre fondi di private equity stranieri e un gruppo industriale svizzero.
Cir. Il titolo potrebbe reagire alla notizia che la controllata Sorgenia ha firmato ieri la cessione di 5MW di fotovoltaico al fondo Usa Contourglobal per un enterprise value di poco superiore ai 20 milioni, scrivono alcuni quotidiani.
Rcs. Titolo sotto i riflettori. La partecipazione di Urbano Cairo è ferma al 2,84%, ma l'editore non esclude di poter eventualmente aumentare la quota e sottolinea che la composizione dei Cda si decide in assemblea in base ai rapporti di forza tra gli azionisti. Intanto, in attesa del Cda di domani i quotidiani tornano sul tema del reintegro del board. Secondo Repubblica è allo studio un rimpasto per coinvolgere tutti gli azionisti. Per Mf il consiglio sta iniziando a valutare modifiche alle regole della governance, a partire dal voto di lista. Alcuni quotidiani scrivono che sul tema dei bonus all'ad e altri manager il direttore del Corriere della Sera Ferruccio de Bortoli sarebbe pronto alle dimissioni.
Professionefinanza


LA BCE VERSO TASSI NEGATIVI SUI DEPOSITI
I BOT semestrali restano stabili sui minimi. Dopo aver toccato il mese scorso un rendimento dello 0,45%, i nuovi titoli di stato con durata di sei mesi assegnati oggi in asta dal Tesoro hanno registrato un rendimento di poco superiore.

Agli investitori istituzionali e retail è stato offerto un tasso dello 0,505% per 182 giorni di maturazione. Tradotto, significa che, in questo momento, prestare soldi allo Stato per 6 mesi non conviene più. Come dimostrato dal bid to cover (1,66), inferiore a quello dell’asta CTZ (0,202) di ieri Al netto dell’inflazione (0,70%), delle imposte sugli interessi (12,50%) e dei costi bancari e del bollo sul deposito titoli (0,02%), il rendimento reale alla fine del periodo di maturazione è indubbiamente negativo. E’ la classica situazione che viene a crearsi in uno scenario di costo del denaro a zero, che anticipa la deflazione – osservano gli esperti. Sul fronte finanziario, comunque, lo Stato italiano ha ritrovato la fiducia degli investitori stranieri e le prospettive di miglioramento dei conti pubblici sono legate anche alla minore spesa per interessi sul debito. Come dimostra lo spread fra decennale italiano e tedesco, sceso sotto i 180 punti base, e tornato ai livelli del 2011. Ma anche come osserva Moody’s che potrebbe considerare un miglioramento del rating sovrano dell’Italia nel caso di un effettivo rafforzamento delle prospettive economiche del paese.

Bot semestrali, il rendimento scende allo 0,505%
I BOT venduti oggi dal Tesoro per 7,5 miliardi di euro vanno a sostituire 8,57 miliardi in scadenza fra tre giorni, quindi meno del fabbisogno richiesto a breve termine. E anche a un costo inferiore. L’asta odierna ha infatti visto i Bot a sei mesi segnare un tasso lordo finale dello 0,505% contro lo 0,45% dell’asta di febbraio, quindi in leggera risalita e in linea con i minimi di aprile 2013 (vedi grafico). Ad influire sulla domanda è stata anche l’asta dei CTZ tenutasi ieri che ha visto i rendimenti a 24 mesi scendere a 0,70% con richieste superiori alla media. Alla data dello scorso 14 marzo 2014, la circolazione di BOT era di 144,790.765 miliardi, dei quali 49,225.080 miliardi a 6 mesi e 95,565.685 miliardi a 12 mesi. Secondo i recenti dati diffusi dalla la Banca d’Italia, circa il 60% dei titoli di debito pubblico nazionale è di proprietà degli italiani, di cui il 46% in mano alle banche e il restante 14% in mano a famiglie di risparmiatori. Percentuale che è andata incrementandosi rispetto a due anni fa quando la speculazione faceva temere il peggio per la tenuta delle finanze pubbliche. Termometro indicatore dello stato di salute delle finanze rimane comunque  il BTP decennale il cui tasso è sceso al 3,41%. Rispetto solo a tre mesi fa lo scenario, del resto, è radicalmente mutato, tenendo in considerazione non soltanto il taglio del tasso di riferimento BCE ma soprattutto il collocamento ‘monstre’ del Btp Italia di novembre e il conseguente drastico alleggerimento delle esigenze di raccolta del Tesoro per l’anno in corso. Operazione che dovrebbe ripetersi il prossimo mese di aprile con una nuova edizione speciale del BTP Italia.

BCE verso taglio in negativo sui depositi
Il numero uno della Bundesbank Jens Weidmann – riferisce la Reuters – ha affermato che un taglio in negativo dei tassi sui depositi overnight rientra tra le opzioni a disposizione della BCE, per contrastare l’eccessivo apprezzamento della valuta unica, aggiungendo che non è nemmeno da escludere la possibilità che Francoforte acquisti asset dalle banche per combattere i rischi deflazionistici che gravano sulla zona euro. E l’esponente finlandese del direttivo, Liikanen, ha spiegato che la banca centrale deve essere consapevole dei rischi della bassa inflazione e che la possibilità di portare in negativo i tassi sui depositi non è più questione controversa.
L’attesa di una nuova mossa sui tassi della BCE, guidata da Mario Draghi, senz’altro sostiene la parte breve della curva che favorisce il carry trade verso la carta italiana – osserva un trader. I titoli di stato a breve offrono un rendimento superiore sia a quelli tedeschi ma che a quelli spagnoli (il due anni italiano offre un rendimento dello 0,93%, contro lo 0,87% del pari scadenza spagnolo), cosa che la rende appetibile soprattutto ora, il debito pubblico tricolore e le nuove emissioni. Come dimostrato dalla forte domanda di CTZ in asta ieri: il bid-to-cover è salito a 2,02 dall’1,78 della precedente asta.
di Mirco Galbusera
Investireoggi

UE E USA: LE SANZIONI CONTRO MOSCA CHE NON CI SARANNO
I paesi occidentali giustificano l’adozione di sanzioni contro Mosca con la presunta incostituzionalità del referendum in Crimea. Ma è tutta una farsa. In primo luogo, la costituzione ucraina è stata sospesa dal governo fantoccio di Victoria Nuland a Kiev. In secondo luogo, le sanzioni contro la Russia, se fatte seriamente, avrebbero gravi ripercussioni contro l’Occidente.
Il Cancelliere Merkel ha oltrepassato il ridicolo affermando, nel dibattito al Bundestag il 13 marzo, che la Germania dipende dal gas russo “solo” per il 35% dei suoi consumi totali di energia. Inoltre, la Germania esporta in Russia per 33,7 miliardi e importa per 37,1. Il secondo partner nell’UE è l’Italia, che esporta per 10 miliardi e importa per 18, in gran parte gas e petrolio (il 15% del petrolio e il 30% del gas complessivi). Inoltre l’ENI è partner di Gazprom nella costruzione del gasdotto Southstream, che dovrebbe rifornire l’UE di gas russo direttamente, senza passare per paesi terzi. La Francia è il terzo partner commerciale nell’UE, con 9,1 miliardi di export. La Francia è attualmente impegnata in forniture militari navali per 1,3 miliardi. La riunione congiunta del Consiglio di Cooperazione Franco-Russo sulla sicurezza in programma per il 18 marzo a Mosca non è stata disdetta e l’Eliseo ha indicato che “non ci sarà alcun cambiamento nella collaborazione militare franco-russa”. A livello finanziario, ogni sequestro consistente di asset finanziari russi all’estero si ripercuoterebbe sulle banche occidentali. Secondo i dati della Banca per i Regolamenti Internazionali, le banche e i fondi americani sono esposti per 75 miliardi di dollari verso la Russia. Le banche inglesi, francesi e tedesche lo sono per 140 miliardi, secondo il Financial Times. È questo che ha spinto Jürgen Fitschen, manager della Deutsche Bank, a dichiarare al Wochenzeitung che “dobbiamo impedire a tutti i costi una riedizione della Guerra Fredda”. 
Ciononostante, la mera minaccia di sanzioni ha già provocato un massiccio ritiro di fondi e vendite di titoli da ambo le parti. Le imprese russe ritirano miliardi dalle banche occidentali, particolarmente a Londra, e dal 1 marzo sono stati venduti 105 miliardi di dollari di titoli del Tesoro USA dal conto di custodia per acquirenti esteri presso la Fed. Non c’è la prova, ma si presume che siano proprietari russi. Sull’altra sponda, secondo il Financial Times del 16 marzo, “un autorevole banchiere moscovita ha detto che il 90% degli investitori esteri si stanno comportando come se le sanzioni fossero già state adottate… banchieri e trader dicono che le banche USA hanno venduto massicciamente titoli di stato russi”. source
Nel frattempo, la missione FMI in Ucraina potrebbe condizionare gli aiuti ad una “sforbiciata” dei titoli in mano agli obbligazionisti.
Tutto ciò potrebbe provocare un forte choc finanziario con conseguenze incalcolabili sul sistema finanziario globale già in bancarotta.
Carlo Scalzotto per Finanzanostop

OBAMA: PRIORITA’ E’ LIBERO COMMERCIO TRANSATLANTICO
ROMA (WSI) - Papa Francesco invoca un impegno universale contro la povertà: lei ha identificato la battaglia per ridurre le diseguaglianze estreme nella società come la sfida cruciale della nostra era. Dunque, siete impegnati tutti e due su questi temi, ma il Pontefice che lei incontra oggi per la prima volta non sembra riconoscere il ruolo avuto dalla globalizzazione nella creazione di ricchezza anche in Paesi poveri, mentre gli Stati Uniti sono stati il principale motore di questo processo di internazionalizzazione delle economie. Che tipo di sforzo comune è possibile tra lei e il Papa? Quali risultati si propone di raggiungere nel mondo e negli Stati Uniti?

«Sono profondamente grato a Sua Santità per aver manifestato la volontà di ricevermi. Il Santo Padre ha ispirato le genti di tutto il mondo e anche me col suo impegno per la giustizia sociale e il suo messaggio di amore e compassione, specialmente per le persone che, tra tutti noi, sono più povere e vulnerabili. Lui non si limita a proclamare il Vangelo: lui lo vive. Siamo stati tutti colpiti e commossi dalla sua umiltà e dai suoi atti di misericordia. La sua testimonianza, il semplice fatto di andare sempre a cercare il contatto con gli ultimi, con coloro che vivono nelle condizioni più difficili, ha anche il valore di un richiamo: ci ricorda che ognuno di noi ha la responsabilità individuale di vivere in modo retto, virtuoso. Noi sappiamo che, vista la sua grande autorità morale, quando il Papa parla, le sue parole hanno un peso enorme. Questo è il motivo per il quale mi sono riferito a lui nel mio discorso sulle sperequazioni nella distribuzione del reddito.

«Negli Stati Uniti, negli ultimi decenni, abbiamo assistito a una forte crescita del gap tra i guadagni di coloro che hanno già i livelli di ricchezza più elevati e la famiglia media. È diventato anche più difficile per gli americani che lavorano duro risalire la scala del benessere e garantire una vita migliore alle loro famiglie. E questo non è di certo solo un problema degli Stati Uniti: è una questione che ritroviamo in molti Paesi di tutto il mondo. E non è solo un problema economico: al fondo di tutto c’è una questione etica. Io credo che, incalzandoci di continuo, il Papa ci metta sotto gli occhi il pericolo di abituarci alle sperequazioni. Di abituarci, cioè, a questo tipo di disuguaglianze estreme fino ad accettarlo come normale. È un errore che non dobbiamo commettere. Credo che questo sarà uno dei principali temi della nostra conversazione.

«Per quanto mi riguarda, cercherò di illustrare al Pontefice le iniziative che stiamo prendendo negli Stati Uniti per creare lavoro, aumentare i salari e i redditi complessivi e, in definitiva, aiutare le famiglie ad andare avanti. In giro per il mondo la globalizzazione e lo sviluppo dei commerci hanno contribuito in pochi decenni a portare centinaia di milioni di persone fuori dalla povertà. Ma il Papa ha ragione quando dice che questi progressi non hanno raggiunto un numero sufficiente di esseri umani, che troppa gente resta indietro. È per questo che ho promesso che gli Stati Uniti lavoreranno coi loro partner nel mondo con lo scopo di sradicare la povertà estrema entro i prossimi vent’anni e sono ansioso di ascoltare i pensieri del Papa su come possiamo vincere la nostra sfida».

Papa Bergoglio è un leader religioso che conduce le sue battaglie etiche senza avere rilevanti vincoli di governo. Il Pontefice ha pronunciato discorsi molto forti, ha usato parole potenti — il capitalismo senza scrupoli descritto come una nuova forma di tirannia — ma, al tempo stesso, è stato talmente umile da stupire il mondo dichiarando: «Chi sono io per giudicare?». Ora, se è vero che molte delle battaglie per promuovere il rispetto dei diritti umani e la dignità dell’uomo sono comuni a voi e alla Chiesa, è anche vero che in passato ci sono stati disaccordi profondi su diverse questioni, dalla contraccezione all’aborto. Considerato tutto questo, come può papa Francesco ispirare il leader del Paese più potente al mondo nel suo tentativo di definire una leadership americana basata maggiormente sulla prosperità economica e la difesa dei valori universali piuttosto che sulla forza militare?

«Una delle qualità che ammiro di più nel Santo Padre è il suo coraggio nel parlare senza peli sulla lingua delle sfide economiche e sociali più grandi che ci troviamo ad affrontare nel nostro tempo. Questo non significa che siamo d’accordo su tutte le questioni, ma sono convinto che la sua sia una voce che il mondo deve ascoltare. Lui ci sfida. Lui ci implora di ricordarci della gente: soprattutto della povera gente, la cui vita è condizionata proprio dalle decisioni che noi prendiamo. Lui ci invita a fermarci a riflettere sulla dignità che è innata in ogni essere umano. E, come abbiamo già avuto più volte modo di toccare con mano, le sue parole contano. Con una sola frase egli è in grado di focalizzare l’attenzione del pianeta su una questione urgente. Il Papa è in grado di spingere le genti del mondo a fermarsi a riflettere. E magari a rivedere certe vecchie abitudini: cominciare a trattarsi reciprocamente con maggiore senso della compassione e della dignità.

«Come presidente, una delle cose che ho cercato di fare è stata quella di riorientare la leadership americana. Abbiamo concluso la guerra in Iraq e concluderemo anche quella in Afghanistan alla fine di quest’anno. Man mano che ci allontaniamo da questo sfondo dominato dai confitti militari, ho posto una rinnovata enfasi sulla diplomazia. Credo lo si veda da un ampio ventaglio di iniziative, compreso il nostro negoziato sul programma nucleare iraniano e lo sforzo di creare le condizioni per una pace durevole in Terra Santa tra israeliani e palestinesi. Nessuna nazione è perfetta, ma la determinazione americana e i sacrifici dei nostri uomini e delle nostre donne in uniforme hanno aiutato a liberare nazioni dalla tirannia, difendere l’Europa durante la Guerra fredda e difendere in ogni parte del mondo i diritti umani universalmente riconosciuti dalle genti. In effetti sostenere questi valori universali e promuovere la prosperità economica sono elementi centrali della mia politica estera. Lavoriamo per incrementare gli scambi commerciali e gli investimenti che creano opportunità e posti di lavoro, sollevando molta gente dalla sua condizione di povertà.

«Il nostro sforzo sul fronte dell’agricoltura e della sicurezza alimentare punta a raggiungere entro un decennio l’obiettivo di sollevare 50 milioni di abitanti dell’Africa subsahariana oltre la soglia di povertà. E non c’è nessuna nazione che fa più degli Stati Uniti e in più parti del mondo, per riaffermare il valore universale dei diritti umani. La campagna aerea della Nato in Libia, tanto per fare un esempio, fu concepita per evitare il massacro di un numero immenso di civili. Il nostro vuole essere un impegno infaticabile affinché cresca il numero degli esseri umani ai quali vengono riconosciuti i diritti fondamentali, compresa la libertà religiosa».

In cinque anni alla Casa Bianca lei non era mai stato a Bruxelles. Ora ha appena concluso la sua prima visita all’Unione Europea. L’Italia assumerà presto la presidenza della Ue. Quali progressi nei rapporti Usa-Europa possono essere ragionevolmente conseguiti nel semestre a guida italiana? L’obiettivo di chiudere in tempi relativamente rapidi il negoziato per il Ttip, la nuova partnership transatlantica focalizzata sul «free trade» e gli investimenti, si è rivelato più arduo del previsto da raggiungere. E la forza dell’euro, che aiuta le esportazioni americane, rende la ripresa più difficile in Italia e nel resto d’Europa.

«L’incontro di ieri a Bruxelles col presidente Van Rompuy e col presidente Barroso è stato per me un’occasione preziosa per riaffermare i legami straordinari tra l’Unione Europea e gli Stati Uniti. A tenerci uniti ci sono valori condivisi: i diritti universali dell’uomo, certo, ma soprattutto la consapevolezza che dobbiamo fare di tutto per difenderli in ogni parte del mondo. Rappresentiamo, insieme, la più grande rete di relazioni economiche del mondo e siamo partner nella gestione delle grandi questioni globali: che si tratti degli sforzi diplomatici con l’Iran o di lavorare per alleviare le sofferenze del popolo siriano o, come avviene in questi giorni, di affrontare la grave situazione che si è creata in Ucraina. Come ho detto a Bruxelles, credo che Stati Uniti ed Europa possano fare ancora di più, lavorando uniti, per migliorare le condizioni comuni di prosperità e di sicurezza. Confido nella presidenza italiana che inizierà in estate per raggiungere questi obiettivi. È di questo che abbiamo discusso l’altro ieri all’Aia col primo ministro, Matteo Renzi. Credo davvero che lui riuscirà a rendere molto produttivo il periodo nel quale l’Italia avrà questa importante leadership.

«Come lei ben sa, una delle nostre principali priorità, nel rapporto con l’Europa, è quella di concludere la Transatlantic Trade and Investment Partnership. Un successo della Ttip avvicinerebbe ulteriormente le nostre economie, renderebbe i nostri Paesi più competitivi nell’economia globale, spingerebbe la crescita e sosterrebbe la creazione di nuovi posti di lavoro. Un simile accordo si risolverebbe anche in sostanziali risparmi per i consumatori e nell’apertura di nuove opportunità per le imprese europee e americane, comprese quelle piccole e medie alle quali tengo molto e che so essere assai importanti per l’economia italiana. Al tempo stesso dovremo mantenere elevati standard di protezione dei consumatori, della salute e della sicurezza dei cittadini, delle condizioni di lavoro e della tutela dell’ambiente. La Ttip è, come diciamo noi, una "win-win opportunity", un’occasione nella quale hanno tutti da guadagnare, l’Europa e gli Usa: per questo sono fermamente convinto che arriveremo in porto».

L’Italia presto ospiterà una manifestazione internazionale molto importante: l’Expo 2015. L’Esposizione universale offrirà l’occasione di presentare e discutere le sfide che il nostro pianeta deve affrontare: dall’utilizzo ottimale di risorse che sono sempre più limitate come l’acqua, alla protezione dell’ambiente naturale. L’Expo 2015 sarà anche un palcoscenico per promuovere il mangiare sano. Aggiungendoci, magari, un po’ di sapore italiano che so essere molto apprezzato dalla famiglia Obama. Proprio di recente gli Stati Uniti hanno deciso di svolgere un ruolo di rilievo nell’ambito dell’Expo di Milano.

«Il fatto che l’Expo si tenga proprio in Italia è un riflesso della forte leadership che l’Italia ha esercitato per molti anni nella lotta contro la fame e la malnutrizione. Trovo moralmente oltraggioso che nel 2014 ci siano ancora centinaia di milioni di persone nel mondo che soffrono l’ingiustizia di vivere senza abbastanza cibo per sfamarsi. Ecco perché quella di migliorare l’agricoltura e la sicurezza alimentare è diventata una priorità chiave negli sforzi dell’America di promuovere lo sviluppo globale. Abbiamo la possibilità di salvare una quantità innumerevole di vite. A Milano so che stiamo lavorando alacremente coi nostri partner per mettere insieme uno straordinario padiglione degli Usa che mostrerà le innovazioni promosse dall’America in varie aree, dalla sicurezza alimentare a una maggiore abitudine a mangiare cibi sani. Quest’ultima questione, come lei ben sa, ci sta molto a cuore, in casa Obama. Michelle ha fatto un lavoro straordinario per quanto riguarda la promozione di diete più equilibrate e di stili di vita più salutari, soprattutto per quanto riguarda l’infanzia. E, ovviamente, noi americani adoriamo la cucina italiana. Quindi ci aspettiamo che dall’Expo vengano fuori nuove idee e nuovi stimoli».

Il Mediterraneo. "La vostra leadership è benvenuta".

Importante che la Tunisia sia stata il primo viaggio di Renzi Le primavere arabe sono finite male. La tragedia della guerra civile in Siria. La rivoluzione libica che ha portato al potere un governo che non riesce a controllare tutto il Paese. Gli Stati Uniti sembrano orientati a ridurre la loro presenza diretta nel Mediterraneo proprio mentre questa è divenuta di nuovo un’area fortemente instabile. In un mondo che è sempre più multilaterale, l’Italia e gli altri Paesi dell’area dovranno prendersi maggiori responsabilità in Libia, in Medio Oriente e perfino nella protezione delle rotte di accesso al Golfo Persico?

«Gli straordinari cambiamenti e le situazioni tumultuose del mondo arabo affondano le loro radici nel desiderio della gente comune di vivere con dignità e prosperità, decidendo del suo futuro. Fin dall’inizio io ho avvertito che qui non ci sarebbe stata la possibilità di percorrere un sentiero rettilineo. La guerra civile siriana e la morte di tanti innocenti, uomini donne e bambini, è una enorme tragedia. Gli Stati Uniti si sono impegnati con molta energia nello sforzo diplomatico per cercare di porre fine ai combattimenti, promuovendo una transizione nella quale i diritti del popolo siriano vengano rispettati. L’Italia ha, poi, giocato un ruolo vitale nella campagna aerea lanciata tre anni fa per proteggere il popolo libico. E ora l’Italia e gli Stati Uniti stanno lavorando insieme per migliorare le capacità di difesa del governo centrale di questo Paese, per addestrare le sue forze di scurezza e per migliorare i servizi di base che devono essere forniti al popolo libico.

«Tutto questo riflette il ruolo essenziale che l’Italia svolge nel Mediterraneo. L’Italia non solo contribuisce a un rilevante numero di iniziative di peacekeeping, ma guida anche la forza internazionale in Libano. E il primo ministro Renzi, scegliendo la Tunisia per il suo primo viaggio all’estero, ha mandato un importante messaggio circa l’impegno del suo Paese nella regione. Io ho detto ripetutamente che la situazione del mondo è migliore quando aumenta il numero dei Paesi che contribuiscono a garantire il mantenimento delle condizioni di pace e sicurezza a livello internazionale. Proprio per questo continuiamo a vedere come benvenuta la leadership dell’Italia nel Mediterraneo e oltre. Per quanto, poi, riguarda la presenza Usa nel Mediterraneo, voglio essere molto chiaro: non stiamo affatto pensando di ridurla. Anzi, il nostro coinvolgimento nel Mediterraneo sta crescendo, non si sta restringendo. Così come cresce la nostra partnership con l’Italia e gli altri alleati. Siamo molto grati al governo e al popolo dell’Italia per l’ospitalità che è stata data ai 30 mila americani in uniforme, uomini e donne, che sono basati nel vostro Paese assieme alle loro famiglie. Vorrei ancora ricordare che appena un mese fa la prima di quattro unità navali della classe Aegis (incrociatori lanciamissili dotati di efficacissimi sistemi di protezione antimissile, ndr) è arrivata in Spagna dove supporterà il sistema di difesa missilistica balistica della Nato e contribuirà ad altre missioni marittime nella regione. In aggiunta, di recente gli Stati Uniti e la Spagna hanno firmato un accordo che estende nel tempo ed espande il dispiegamento di una forza americana di risposta rapida a Moron, nella penisola iberica. Quindi credo che nessuno dovrebbe nutrire dubbi sul nostro impegno per la sicurezza di una regione che è così vitale per tutte le nostre nazioni».
Wallstreetitalia

PADOAN: NON TOCCHEREMO LE PENSIONI
ROMA (WSI) - Il governo manterrà la promessa di dare più soldi in busta paga a chi guadagna meno. Lo assicura il ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, in una lunga intervista al quotidiano la "Repubblica" in cui ha garantito anche che "il governo non toccherà le pensioni" e che saranno rispettati gli accordi con l'Ue.

"Onoreremo la promessa e lo strumento sarà quello delle detrazioni Irpef. Che è appunto uno sgravio permanente", ha sottolineato il ministro. Della partita tra sgravi Irap o Irpef Padoan ha affermato che "più che un 'derby', questa è una 'amiche- vole'. In base alle simulazioni di medio termine, gli sgravi Irpef o gli sgravi Irap danno risultati simili, in termini di sostegno alla crescita e all'occupazione. Ma al di là di questo mix, l'intera politica economica del governo è costruita per benefici a svariati segmenti della popolazione".

Sulla tassazione delle rendite finanziarie ha poi spiegato che "la nostra ipotesi di tassazione delle rendite ci allinea alla media europea. Capisco che per coprire lo sgravio Irap aggraviamo un'altra imposta. Ma c'è evidenza empirica che, anche a parità di gettito complessivo, se si tassano più le rendite e meno l'impresa e il lavoro l'economia cresce di più. È quello che vogliamo".

Sul tema pensioni Padoan ha ribadito che "su questo punto il presidente del Consiglio si è già espresso. E non c'è altro da aggiungere", mentre sui tagli della spending review e sul monito arrivato ieri dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, di non fare tagli 'immotivati', ha sottolineato che "sul tavolo non ci sono tagli lineari, come nel passato. La revisione della spesa non è un elenco di misure spezzatino, ma un quadro organico di risparmi. L'operazione funziona se lo sforzo è ben distribuito. Ed è significativo, e perfino simbolico, che il presidente del Consiglio abbia spostato a Palazzo Chigi la funzione della Spending Review".

Nessun accantonamento poi per il ddl sui pagamenti dei debiti della pubblica amministrazione. Inoltre Padoan ha assicurato, in merito al Documento di Economia e Finanza che "entro la prima settimana di aprile sarà tutto fatto" e che l'Iatlia rispetterà gli impegni assunti con l'Unione europea. Sia per il contenimento del deficit sia per l'abbattimento del debito secondo quanto previsto dal Fiscal Compact.
(TMNews)
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MERCATI DECORRELATI E SENZA VOLUMI
MILANO (WSI) - La mancanza di volatilità sulla maggior parte dei fronti sta portando, o meglio, ha portato, alla decorrelazione totale tra strumenti finanziari, valutata sia intermarket sia intramarket. Eccezion fatta per lo yen.

Borse, valutario e materie prime

Questi i comparti, definiamoli così, sui quali vogliamo ragionare questa mattina, partendo questa volta dai listini. Ieri ipotizzavamo rialzi di brevissimo periodo, che sono avvenuti durante la mattinata su tutti i fronti, per poi passare ad avere gli indici americani in forte correzione ribassista, pur non essendo andati a rompere i supporti principali, gli indici europei in lieve correzione ribassista sul fronte tedesco e che hanno mantenuto i guadagni su quello italiano ed il Nikkei questa notte che è andato a effettuare dei buoni recuperi, senza essere seguito dai future americani.

Sulla salita dell’indice giapponese, abbiamo avuto una corrispondente discesa dello yen giapponese, unica correlazione che può essere considerata sia dal punto di vista operativo, sia da quello dell’analisi, con tutte le altre coppie di valute che non hanno mostrato correlazioni particolari considerando la loro possibile dipendenza dall’andamento del dollaro.

L’euro è rimasto infatti in laterale, con lievissimi tentativi di partenza a rialzo del dollaro americano, la sterlina ha tentato delle partenze rialziste (il che significa dollaro a ribasso) dopo aver rotto le resistenze di breve che abbiamo indicato ieri ed il dollaro australiano ha continuato la propria corsa a rialzo, andando a correggere durante il pomeriggio per tornare sui massimi questa notte. In tutto questo, l’oro è rimasto sotto pressione proseguendo il suo ribasso di brve periodo senza far caso a quanto stesse succedendo sugli altri strumenti, con il petrolio ancora in laterale all’interno di un canale lievemente rialzista.

Dati macro: poche reazioni

Se non si parla di economie oceaniche o britannica, i dati macro si stanno rivelando deboli per quanto concerne la propria capacità di muovere i mercati. Siamo in attesa infatti di potenziali svolte sul fronte delle politiche monetarie europee (un miraggio), che fanno passare in secondo piano le rilevazioni economiche che mostrano comunque uno stato di salute non buono dell’area euro, ma già conosciuto. In America invece, dopo tutti i ragionamenti fatti sulla nuova forward guidance della Federal Reserve, gli occhi saranno puntati su disoccupazione e soprattutto inflazione, con un esempio lampante di ieri, dove un buon miglioramento a livello di ordini di beni durevoli (+2.2% sul mese di febbraio, contro un precedente -1.3% ed aspettative di +0.8%) non ha portato a reazioni particolari. L’idea è dunque quella di lavorare sui singoli strumenti, lasciando da parte qualsiasi attività comparativa tra diversi lidi, affidandoci ai livelli tecnici di attenzione, soprattutto se valutati su time frame a partire dalle 4 ore in avanti (a meno di lavorare in intraday puro, con riferimenti sui 15 minuti, ma questo è un altro tipo di operatività), in quanto le congestioni createsi potrebbero portare a buoni aumenti di volatilità, una volta superati questi confini.

QUADRO TECNICO

EurUsd: pessima la volatilità sull’EurUsd, che non ha portato a nessuno strappo ribassista una volta superata l’area di reverse pensata intorno a 1.3785. I confini più importanti da curare risultano passare intorno ad area 1.3750 e 1.3850, oltre i quali potremmo assistere ad evoluzioni verso i punti statici precedenti. Andare ad ipotizzare livelli da seguire all’interno di questa congestione, siamo sinceri, diventa difficile data la mancanza di reazioni particolari della price action. L’unica cosa possibile da notare su un time frame a 1 ora è che le medie rimangono impostate a ribasso e che i prezzi potrebbero sentire l’area passante tra 1.3800 e 1.3810 come resistenza., per tentativi di ritorno verso i minimi (se superato il primo scoglio di 1.3765) e con l’idea che passaggi a rialzo di area 1.3820 potrebbero portare a tentativi di estensione verso i massimi (anche se qui è difficile valutare la possibilità di ingressi long se non dopo 1.3835.

UsdJpy: rottura a ribasso della congestione avvenuta, con estensione fino ai primi livelli di supporto statico, che sono intervenuti ponendo fine a quello che sarebbe potuto risultare un movimento nei dintorni di 50/70 punti (l’altezza della congestione).Dopo la frenata abbiamo vissuto un forte rientro dei prezzi che hanno seguito l’andamento del Nikkei, riportandosi all’interno dei confini studiati ieri. Curiamo a questo punto 101 ¾ anziché 101.90 per rotture importanti, con l’idea che un ritorno sotto quest’ultimo livello potrebbe essere propedeutico al raggiungimento del primo livello indicato e 102.40 su eventuali rialzi, per puntate verso gli ultimi livelli di confine statici, passanti per 102.60.

EurJpy: rottura avvenuta anche su EurJpy, che ha seguito il cambio principale UsdJopy. Qui, la correzione da valutare su un time frame orario si è fermata all’interno dell’area rappresentata dalle due medie a 21 e 100, e siamo ripartiti con un ribasso che se dovesse superare area 140.1/4 potrebbe dare buona linfa al cross, che potrebbe tentare estensioni verso 139.85. Sopra 141.25 può cambiare lo scenario, con potenziali tentativi di approfondimento verso 141.50 ed in estensione 141.80.

GbpUsd: l’idea rimane che un eventuale ritorno sopra 1.6565 potrebbe essere propedeutico ad accelerazioni fino a 66 figura. Così scrivevamo ieri ed il cambio sembra averci ascoltati, per cui la strategia difensiva è andata abbastanza bene. Siamo ora nei pressi della media a 100 a 4 ore, che indica un’area passante appena sotto il punto rotondo di 1.6600, che però passa sotto un’area di resistenza statica non ancora avvicinata dai prezzi, che su un time frame orario si stanno muovendo all’interno di quella che potrebbe risultare una bandierina di continuazione, appoggiatasi alla media a 21 che potrebbe fungere da supporto. Possibile dunque valutare estensioni verso 1.6600 e 1.66 ¼, con l’idea che un ritorno sotto1.6560 potrebbe portare ad estensioni verso 1.6510, sempra che 1.6545 venga superato.

AudUsd: buona la situazione tecnica sull’australiano, con il mercato che si trova ora in congestione tra 0.9215 e 0.9245, che potrebbe rappresentare un rettangolo da sfruttare con ordini OCO. In caso di rottura ribassista, da seguire attentamente un 4 ore per valutare eventuali frenate sulla media a 21, con l’idea che soltanto un approfondimento sotto area 0.9130 (statica) potrebbe lasciare spazio a discese verso figura. L’area di resistenza più significativa continua ad essere 0.92 ¾ (da seguire attentamente la possibilità della formazione di una doppia divergenza ribassista su un time frame daily).

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FUTURES PIU’ DEBOLI DOPO I DATI, RIALZO TASSI PIU’ VICINO?
New York - Futures sui principali indici della borsa Usa deboli, (vedi valori a fondo pagina) reduci dalla perdita peggiore in due settimane, che ha tagliato i guadagni dello S&P 500 da inizio anno a +0,2%.

L'analisi tecnica suggerisce di prestare attenzione per lo S&P 500 al supporto di 1840,880 e alla resistenza a 1864,240.

Resa nota l'ultima revisione del Pil Usa del quarto trimestre. La crescita è stata superiore a quanto inizialmente reso noto, con una revisione al rialzo a +2,6% da +2,4%, pressocché in linea con le stime degli analisti. Balzo componente spese consumatori al ritmo più alto in tre anni.

Meglio delle attese le richieste iniziali dei sussidi di disoccupazione, che si sono attestate al minimo in quattro mesi, scendendo -10.000 a 311.000.

I mercati riducono i guadagni, la solidità dell'economia Usa fa tornare sotto i riflettori i timori sull'adozione di una politica monetaria più restrittiva, che si tradurrà prima o poi in un rialzo dei tassi di interesse.

Occhio a Citigroup, che non ha passato gli stress test della Fed, e che si è vista quindi rifiutare il piano per il proprio capitale. Secondo la Federal Reserve, la banca americana non ha compiuto progressi sufficienti nel migliorare la gestione del rischio e le attività di controllo. Titolo sotto pressione, cede -6% circa.

JP Morgan invece in rialzo +1% circa dopo aver proposto l'aumento del dividendo trimestrale da 38 a 40 centesimi per azione e un piano di buyback del valore di $6,5 miliardi.

In generale, le banche americane hanno annunciato dividendi per un ammontare superiore ai $60 miliardi e operazioni di buyback, dopo che la Fed ha approvato i piani di 25 su 30 istituti nei suoi stress test annuali.

Tra i titoli, in recupero King Digital, produttore del popolare videogame "Candy Crush Saga), +1,8% dopo il crollo superiore a -15% nel giorno del suo sbarco a Wall Street. La sua Ipo, stando ai dati di Renaissance Capital, è stata la paggiore dell'anno. Il titolo, offerto a un prezzo di collocamento di $22,50, ha chiuso a $19.

Facebook in ripresa oltre $60, dopo che le quotazioni hanno riportato la perdita peggiore dal settembre del 2012, scivolando -6,9%, dopo la notizia dell'acquisizione di Oculus per $2 miliardi.

In ambito valutario, l’euro -0,14% a $1,3762; dollaro/yen +0,21% a JPY 102,24. Euro/yen +0,02% a JPY 140,67.

Sul fronte delle commodities, i futures sul petrolio +1,84% a $101,02, oro -1,33% a $1.293,90 l'oncia.

Alle 13.53 circa ora italiana (le 8.53 di New York), i futures sull’indice S&P500 +1 punto a 1.843,50 punti.

I futures sul Nasdaq virano in negativo, -0,50 a 3.572,30 punti.

I futures sul Dow Jones +11 punti a 16.190 punti.
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META’ ITALIANI DICHIARA MENO DI 15.000 EURO
ROMA (WSI) - La metà dei contribuenti non supera 15.654 euro di reddito complessivo dichiarato. In media gli italiani ne mettono in tasca 19.750. Il 5% dei paperoni dichiara più della metà del totale. I lavoratori dipendenti più degli imprenditori. E' quanto emerge dalle statistiche sulle dichiarazioni dei redditi delle persone fisiche (Irpef) del Dipartimento delle Finanze relative all'anno d'imposta 2012.

Reddito medio a 19.750

A livello nazionale il reddito complessivo totale dichiarato è pari a 800 miliardi di euro mentre il reddito medio è pari a 19.750 euro (+0,5% rispetto all'anno precedente). Nel 2012, ricorda il Mef, non concorrono alla formazione del reddito complessivo il reddito da abitazione principale ed i redditi fondiari di immobili non locati.

La metà dei contribuenti dichiara meno di 15 mila euro

Ma se si sposta l’attenzione sul reddito complessivo dichiarato dal contribuente mediano, che rispetto alla media non è influenzato da valori particolarmente elevati, avverte il Mef, il reddito (lordo) scende a 15.654 euro. Ciò significa che la metà dei contribuenti non supera tale valore.

Il 5% dichiara un quarto del reddito complessivo

La ricchezza è in mano a pochi. Il 5% dei contribuenti con i redditi più alti, detiene infatti il 22,7% del reddito complessivo, ossia una quota maggiore a quella detenuta complessivamente dalla metà dei contribuenti con i redditi più bassi. Il 90% dei soggetti dichiara invece un reddito complessivo fino a 35.819 euro.

Diminuiscono i lavoratori dipendenti

Dalle dichiarazioni di redditi per il 2012 risultano 350 mila lavoratori dipendenti in meno rispetto a al 2008. Rispetto ad allora si registra un calo di 190 mila pensionati, di 32 mila imprenditori e 138 mila soggetti che dichiarano reddito da partecipazione. In compenso i lavoratori autonomi tra il 2008 e il 2012 sono 128mila in più.

Giù i redditi medi

"In termini di redditi medi dichiarati, tenendo conto dell'inflazione, in quattro anni il reddito medio degli autonomi è calato in termini reali del 14,3%, quello degli imprenditori dell'11% e quello dei dipendenti del 4,6%, mentre il reddito medio da pensione è aumentato del 4,6%". I lavoratori autonomi dichiarano in media 36.070 euro, i dipendenti 20.280 e gli imprenditori 17.740. Fanalino di coda rimangono i pensionati con 15.780 euro.

80% degli autonomi dichiara meno di 20mila euro

Circa l'80% dei lavoratori autonomi e la stessa percentuale degli imprenditori con contabilità ordinaria dichiara al fisco un reddito inferiore a 20.000 euro. Sotto la stessa soglia sono invece circa il 60% dei dipendenti e il 70% dei pensionati.

Lombardia in testa, Calabria fanalino di coda

La regione con reddito medio complessivo più elevato è la Lombardia (23.320 euro), seguita dal Lazio (22.100 euro), mentre la Calabria ha il reddito medio più basso con 14.170 euro. Nel 2012 il reddito medio nelle regioni del centro cresce meno della media nazionale.

Zero Irpef per più di 10 milioni di contribuenti

Più di 10 milioni di soggetti hanno un'imposta netta Irpef pari a zero, si tratta prevalentemente di contribuenti con livelli reddituali compresi nelle soglie di esenzione, ovvero di contribuenti la cui imposta lorda si azzera con le numerose detrazioni riconosciute dal nostro ordinamento. L'imposta netta Irpef ha un valore medio di 4.880 euro ed è dichiarata da circa 31,2 milioni di soggetti (il 75% del totale dei contribuenti). (Rainews)
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RUMOR IN RUSSIA: AL VIA I CONTROLLI DI CAPITALE
ROMA (WSI) - I mercati sono innervositi dalle tensioni geopolitiche in Russia e speculano che il presidente Vladimir Putin dovrà avviare misure di controllo dei capitali, nel tentativo di arginare una fuga di depositi dal paese.

Era già successo prima della crisi in Ucraina e dell'annessione della Crimea, regione ucraina filo russa. Ora il fenomeno non potrà che peggiorare (vedi stime Banca Mondiale più sotto). I $70 miliardi previsti sono una somma molto più alta di quella anticipata in precedenza.

La Banca mondiale stima che il Pil di Mosca cederà l'1,8% quest'anno se la crisi in Ucraina dovesse aggravarsi. Secondo lo scenario peggiore, a questa contrazione ne seguirà una del 2,1% nel 2015.

Lo scenario più favorevole vede una rallentamento della crescita all'1,1% contro l'1,3% del 2013 e del 2015.

Quanto alla fuga di capitali, potrebbe attestarsi a 150 miliardi di dollari quest'anno e 80 miliardi l'anno prossimo, secondo i calcoli di Birgit Hansl, economista della Banca Mondiale.

Lunedì il vice ministro dell'Economia ha affermato che queste fughe di capitali dovrebbero essere pari a 65-70 miliardi di dollari per i primi tre mesi dell'anno. Nel 2013 erano stati pari a 62,7 miliardi in totale.
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NAPOLITANO A RENZI: NO A TAGLI IMMOTIVATI
ROMA (WSI) - ''Ritengo ci sia una grossissima questione: il passaggio da tagli che abbiamo conosciuto assolutamente immotivati'' a tagli ragionati in base ''a un nuovo ordine di priorità''. Lo ha detto il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, in visita all'ANSA in occasione dell'anteprima del nuovo sito dell'agenzia. Parole condivise dal premier, Mattero Renzi: 'Un principio sacrosanto' quello enunciato dal Capo dello Stato.

Per Napolitano, il tema dei tagli alla spesa pubblica è assai rilevante e va affrontato con una ratio diversa dal passato. Quando, ha spiegato, ci sono stati ''tagli assolutamente immotivati, che non richiedevano quasi motivazione''. Erano tagli e basta - ha detto Napolitano - sulla base di percentuali e di parametri, indipendentemente da quello che c'era dietro ai numeri''.

Quindi ''la questione è grossa perchè non c'è segmento di spesa pubblica che non abbia in sè interessi fondamentali, interessi non fondamentali, particolari o generali. E' un coacervo sul quale la Spending dovrebbe intervenire con capacità selettiva''.

La spending review, ha insistito il Presidente della Repubblica, deve intervenire ''con capacità selettiva, il che però presuppone discorsi che ancora assai poco vengono fatti''. Bisogna considerare ''quali sono le presenze realmente essenziali per l'interesse nazionale''

Napolitano è intervenuto anche sul tema delle riforme: ''Si tratta di vedere se stiamo uscendo da vari tunnel - ha rilevato -. Tunnel di discussioni ripetitive e inconcludenti sulle riforme, sulla riorganizzazione del Paese''. (ANSA)
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MERCATI VOLATILI E IN ORDINE SPARSO. C’E’ IL MOTIVO
Primi segni di debolezza su alcuni titoli e su alcuni settori, come già in precedenza segnalati fanno temere l’inizio di un cambiamento di direzione. Una sopravvalutazione che in realtà potrebbe essere sul punto di uscire allo scoperto dopo 5 anni di mercato toro a fronte di dati macro che, generalmente, continuano ad essere deboli e non correlati alla forza delle quotazioni.
azioni sopravvalutate
Secondo le dichiarazioni di Henry Blodget effettivamente gli investitori potrebbero trovarsi davanti azioni sopravvalutate a fronte di prestazioni future scadenti. Lo stesso dicasi per il mercato obbligazionario. La media? Secondo lui, anche se non è il caso di vendere, non si potrà andare oltre al 2% di rendita.
Troppi i motivi di incertezza e troppe le paure sul fronte geopolitico. Soprattutto difficile distinguere il confine tra la semplice querelle diplomatica e la vera e propria minaccia. Di fronte a questo, le reazioni dei mercati sono state lievi ma generalmente improntate alla prudenza, ben consapevoli che il conflitto di sicuro non è nelle corde dei rappresentanti politici, ma che comunque il rischio di una logorante guerra nei nervi è tuttora possibile.
Russia poco influente ma...
Come mai? Sicuramente un evento che resta ancora isolato nel suo panorama, per quanto riguarda il problema geopolitico, ma altra questione, invece, è la guerra finanziaria, più subdola, che resta il ricatto di Mosca all’Europa, sempre più in disaccordo con gli Usa per la natura delle sanzioni da prendere, visto che il Vecchio Continente è dipendente dall’energia di Putin e non può nemmeno sfruttare lo shale gas che permette agli Usa una certa autonomia
Ma la paura serpeggia più che altro a causa di un pericoloso precedente, quello della Georgia nel 2008, quando la Russia investe deliberatamente la zona.
David Kotok, Ceo e co-fondatore di Cumberland Advisors, consiglia di non uscire dal mercato, destinato a continuare a crescere, a dispetto dei timori: i rischi di una guerra sono minimi e nessuno degli attori in scena la vuole. Nervosismo? Forse, ma questo può permettere agli investitori di virare le proprie preferenze su aree e settori specifici. Secondo lui meglio preferire l’azionario statunitense a quello europeo, e su questa scelta predilige gli energetici come anche tutti i titoli legati al settore immobiliare.
Small cap
Purtroppo, il problema iniziale, quello della sopravvalutazione, non può essere limitato solo alle grandi capitalizzate, o almeno questa è l’opinione che si sta diffondendo a Wall Street. Dopo un inizio anno interessante e un 2013 in cui il Russell 2000, l’indice specializzato nelle piccole capitalizzazioni aveva registrato un +37%, superando persino l’S&P500 con il 29,5%, le small cap stanno attraversando un momento difficile, mostrando alcune crepe nella corazza, come fa notar Steven DeSanctis , small- cap strategist di Bank of America Merrill Lynch.
Le azioni iniziano a diventare troppo costose dopo il rally dei mesi passati e, cosa ancora più grave, quando le piccole iniziano a diventare anche care, le performance crollano. A questo si aggiungano le stime di profitto in calo (tasso di crescita degli utili al 17,8 % dal 20,1% precedente stimato sempre da BofA.
Rossana Prezioso per Trend-online

INTESA, IL ROMPICAPO DEI CONTI DEL 2013
Il titolo Intesa Sanpaolo sale dello 0,70% a 2,31 euro in attesa della presentazione dei risultati 2013 e del nuovo piano industriale. Secondo le stime del consenso, la banca dovrebbe chiudere il quarto trimestre 2013 con un net interest income in calo del 7% anno su anno a 2.030 milioni di euro, un total income a 4.017 milioni (-11%) e, a fronte di accantonamenti per perdite su crediti pari a 3 miliardi di euro, con un utile netto di 480 milioni di euro (-83 milioni nel quarto trimestre 2012). Il dividendo, atteso stabile, dovrebbe essere pagato in contanti: 5 centesimi per azione.

Tuttavia gli analisti di Kepler Cheuvreux in una nota di oggi (rating hold e target price a 2,10 euro confermati sul titolo) avvertono che l'ispezione della Banca d'Italia rende abbastanza difficile fare previsioni sul quarto trimestre. Nelle loro stime hanno assunto accantonamenti per perdite su crediti nel solo quarto trimestre pari a quasi 3,9 miliardi, un dato che porterebbe gli accantonamenti totali per l'intero esercizio a 8,2 miliardi di euro, il che implicherebbe un costo del rischio di 225bps rispetto ai 125bps del 2012.

Questo a sua volta porterebbe la copertura sui crediti problematici al 46,2% a fine 2013 dal 42,7% di fine 2012 e dal 44,5% di settembre 2013, di cui il 63,5% sulle sofferenze e il 27% su incagli. Considerando alcune voci una tantum, tra cui la plusvalenza netta da 2,2 miliardi di euro derivante dalla rivalutazione della quota del 42,4% in Banca d'Italia e la plusvalenza da 82 milioni derivante dalla cessione dell'1,3% di Generali, oltre a 42 milioni di oneri di ristrutturazione e un miliardo di svalutazione dell'avviamento, gli analisti di Kepler Cheuvreux si attendono nel quarto trimestre un utile netto di 193 milioni (833 milioni per l'intero esercizio, la metà degli 1,6 miliardi del 2012).

Per far capire quanto sia difficile fare previsioni sul quarto trimestre di Intesa Sanpaolo, si rimanda alla nota di oggi di Citigroup (neutral e target price a 2,10 euro) che invece si aspetta un utile netto di 596 milioni di euro con accantonamentoi per 2,9 miliardi. Il focus è naturalmente sul nuovo piano industriale. Secondo le ultime indiscrezioni, il nuovo piano sarà focalizzato sulla riorganizzazione del risparmio gestito (Fideuram e Intesa Private) e sul rilancio della Banca dei Territori per raggiungere un Roe intorno al 10%.

Gli analisti di Kepler Cheuvreux si aspettano che la banca si concentri maggiormente sulla crescita dei ricavi più che sul taglio dei costi con una continua attenzione sulla solidità patrimoniale. "Ci aspettiamo che il piano prosegua lungo il percorso del piano precedente, presentato nel 2011, quindi su una crescita sostenibile dei ricavi, sulla riduzione dei costi, mantenendo un basso profilo di rischio, un'elevata liquidità e una forte base di capitale", aggiungono a Citigroup.

Intesa Sanpaolo ha un solido bilancio/funding e una solida posizione a livello di capitale, è l'unica banca italiana che tratta sopra il P/TBV (1,1 volte contro 0,7 dell'Italia), quindi molti la considerano solida come una "roccia", prosegue l'analisi di Citi. Per diventare una "rock-star", ad esempio mostrare una maggiore redditività, gli esperti della banca d'affari credono che Intesa dovrà puntare su obiettivi ambiziosi ma realizzabili a livello di ricavi e prestiti, su una forte riduzione dei costi, sulla distribuzione di dividendi elevati, su un rinnovamento della divisione Banca dei Territori con una semplificazione della struttura, su azioni volte a sbloccare il valore del business del risparmio, oltre a focalizzarsi sul franchise dell'Europa centro orientale e sulle sofferenze.

Guardando i target dei piani industriali presentati recentemente dalle altre banche italiane, gli analisti di Citi notano che in media si aspettano una crescita media annua dei ricavi del 2,5% nel periodo 2013-2016 con un costo del rischio di 75bp e un Rote del 7-8% al 2016. Intesa mira a un Roe del 10% al termine del piano. "Ci aspettiamo che raggiunga un Rote del 9% nel 2016, con un Core Tier 1 Basilea 3 dell'11,5% e un payout del 60%. Se Intesa raggiungesse il target di un Roe al 10%, la valutazione implicita potrebbe essere pari a 2,80 euro" quando attualmente Citi ha un target price sul titolo a 2,10 euro (rating neutral).
Milano Finanza

COMMENTO IN CHIUSURA
Piazza Affari ha chiuso in rialzo una seduta che ha visto una nuova tornata positiva di emissioni di Bot. Il Tesoro ha collocato 7,5 miliardi di euro di Bot a 6 mesi con un rendimento dello 0,504%, in lieve aumento rispetto al precedente 0,455% che rappresenta il livello minimo dall´introduzione dell´euro. Si tratta comunque di un valore quasi dimezzato rispetto allo 0,82% dell´ultima asta del 2013. Negli Stati Uniti, dove gli indici di Wall Street proseguono debolmente, la lettura finale del Pil del quarto trimestre ha mostrato una crescita del 2,6% contro il +2,4% precedente. Gli analisti avevano pronosticato una crescita del 2,7%. In Ucraina il Fondo monetario ha raggiunto un´intesa con le autorità locali per prestiti tra 14 e 18 miliardi di dollari. Il totale degli aiuti internazionali raggiungerà i 27 miliardi nei prossimi due anni. In questo quadro a Piazza Affari l´indice Ftse Mib ha chiuso con un rialzo dello 0,31% a 21.173 punti. Nel comparto bancario è finito sotto i riflettori il Montepaschi (+1,12% a 0,242 euro) dopo che la Fondazione Mps ha fatto sapere di aver venduto ancora. In diverse operazioni avvenute tra il 19 e il 24 marzo Palazzo Sansedoni ha venduto circa 358,5 milioni di azioni della banca senese (pari al 3,069% del capitale dell´istituto di credito) a un prezzo che si aggira intorno agli 85,5 milioni di euro. La Fondazione è così scesa al 12% del capitale di Mps. Nel resto del comparto bancario gli acquisti hanno premiato Banco Popolare (+0,47% a 16,83 euro), Intesa SanPaolo (+1,13% a 2,32 euro), Mediobanca (+1,15% a 7,91 euro), Ubi Banca (+1,95% a 6,51 euro) e Unicredit (+0,62% a 6,48 euro). Mediolanum ha proseguito il rally con un rialzo del 3,24% a 6,84 euro. Anche ieri il titolo aveva beneficiato dei conti del 2013, chiuso con un utile netto in calo del 4% a 336,6 milioni di euro. L´utile pre imposte è invece salito del 9% a 544,1 milioni, raggiungendo il miglior risultato nella storia della società. Il totale delle masse gestite e amministrate si è attestato a 57,83 miliardi di euro, in crescita del 12% rispetto al 2012. Dopo la buona performance di ieri oggi le prese di beneficio hanno prevalso sui titoli del lusso: Tod´s è arretrata dell´1,84% a 93,35 euro, Yoox del 2,81% a 25,51 euro e Salvatore Ferragamo dello 0,93% a 21,24 euro. Eni e Enel sono finite sotto i riflettori. Oggi la Consob ha infatti fatto sapere che la People´s Bank of China detiene il 2,102% del colosso petrolifero e il 2,071% del gruppo elettrico. A Piazza Affari Eni ha lasciato sul parterre lo 0,27% a 17,90 euro, mentre Enel è avanzata dello 0,19% a 4,064 euro.
Finanzaonline