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SINTESI DELLA GIORNATA FINANZIARIA DEL 26 MARZO 2014



Piazza Affari ha chiuso in rialzo con l’indice Ftse Mib che è tornato sopra quota 21.000 punti, a ridosso dei massimi del maggio 2011. Una sponda importante è arrivata dall’asta dei Ctz, collocati 2,5 miliardi di euro di titoli allo 0,707% (nuovo minimo storico), e dal balzo della fiducia dei consumatori italiani salita ai massimi dal 2011. Riscontri che si sono aggiunti a quelli di ieri Oltreoceano con la fiducia dei consumatori statunitensi che si è attestata su livelli che non si vedevano dal 2008. Sempre negli Stati Uniti oggi gli ordini di beni durevoli a febbraio hanno mostrato un progresso del 2,2%, battendo le attese degli analisti. Mentre sul mercato secondario lo spread Btp-Bund è sceso sotto i 180 punti base, a Piazza Affari l’indice Ftse Mib ha chiuso con un rialzo dell’1,37% a 21.108 punti.

Gli acquisti hanno premiato il comparto bancario: Montepaschi ha guadagnato l’1,82% a 0,239 euro, Popolare di Milano il 5,16% a 0,681 euro, Intesa SanPaolo l’1,50% a 2,294 euro, Mediobanca lo 0,64% a 7,82 euro, Ubi Banca l’1,91% a 6,39 euro, Unicredit l’1,17% a 6,44 euro. Ben comprati sul Ftse Mib anche i titoli del lusso: Yoox ha mostrato un progresso del 2,94% a 95,10 euro, Tod’s del 3,36% a 95,10 euro, Luxottica del 2,86% a 41,66 euro. Brillante performance di Mediaset (+3,81% a 4,024 euro) all’indomani dei conti 2013 che hanno visto il ritorno all’utile anche se è stata confermata la mancata distribuzione del dividendo. Debole Pirelli (-0,17% a 11,18 euro) alla vigilia della pubblicazione dei conti 2013. Il consensus vede per l’esercizio 2013 un utile netto pari a 339 milioni di euro, ricavi a 6,16 miliardi, un risultato operativo a 788 milioni e un debito netto a 1,38 miliardi di euro.
Finanza.com

ASTA CTZ E TITOLI DI LUSSO SPINGONO IL FTSE MIB
Scatto di Piazza Affari con l'indice Ftse Mib che rivede quota 21mila punti riportandosi così a ridosso dei massimi dal maggio 2011. Sponda importante al rally dei mercati è arrivata oggi dalla convincente asta Ctz e dal balzo della fiducia dei consumatori italiani ai massimi dal 2011. Riscontri che si sono aggiunti a quelli di ieri da oltreoceano con la fiducia dei consumatori statunitensi salita ai massimi a sei anni. 
Piazza Affari a metà giornata sale di oltre l'1%. L'indice Ftse Mib segna un progresso dell'1,07% a quota 21.046 punti. 
Asta Ctz da record e fiducia consumatori ai massimi dal 2011
Buoni i riscontri arrivati dall'asta Ctz con l'allocazione di titoli per 2,5 mld di euro al nuovo rendimento minimo storico. Il Tesoro ha assegnato oggi i titoli Ctz a due anni (scadenza dicembre 2015) al rendimento di assegnazione dello 0,707%, in calo rispetto allo 0,822% registrato nell'asta del 25 febbraio scorso. Si tratta del rendimento di assegnazione più basso dall'introduzione dell'euro. In aumento la domanda che è stata di 2,02 volte l'importo offerto contro le 1,72 volte dell'asta precedente. Oggi il Tesoro non ha invece provveduto al collocamento di Btpei poichè questo mese è già stato emesso via sindacato il nuovo BtpEi 2024.
La fiducia dei consumatori italiani è invece balzata a marzo a 101,7 punti, massimi dal giugno 2011. Fermi invece le vendite al dettaglio, invariate su base mensile a gennaio. 

Rally per Mediaset e comparto lusso
A fare la voce grossa oggi sul Ftse Mib ci sono diversi testimonial del comparto del lusso con Yoox in ascesa del 4,2%, +3,17% per Salvatore Ferragamo e +2,83% per Tod's
Tra i titoli più brillanti oggi spicca Mediaset (+2,68%) all'indomani dei conti 2013 che hanno visto il ritorno all'utile anche se è stata confermata la mancata distribuzione del dividendo. Il risultato netto di gruppo 2013 è stato positivo per 8,9 milioni di euro contro la perdita di 287,1 milioni del 2012. L'Ebit è passato da -235,4 a +246,3 milioni di euro. In calo il fatturato a 3.414,7 milioni dai 3.720,7 milioni nel 2012.
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FACEBOOK COMPRA OCULUS. QUALE SARA’ LA PROSSIMA MOSSA?
Facebook decide di investire sulla realtà virtuale. E lo fa comprando Oculus. A poco più di un mese dall'acquisizione record di WhatsApp la campagna acquisti del colosso americano dei social network non si arresta, anzi prosegue con l'acquisizione dell'azienda attiva nel settore della realtà virtuale per una cifra pari a 2 miliardi di dollari che include 400 milioni di dollari in contanti e 23,1 milioni di azioni Facebook. Il closing dell'operazione è atteso nel secondo trimestre del 2014. Oculus manterrà il suo quartier generale a Irvine in California.  

"Il mobile è la piattaforma di oggi, e ora ci stiamo preparando anche alle piattaforme di domani", ha dichiarato il numero uno di Facebook, Mark Zuckerberg, rimarcando che "Oculus ha la possibilità di creare la piattaforma più social che mai, e cambiare il modo di lavorare, giocare e comunicare". "Siamo entusiasti di lavorare con Mark e il suo team per offrire la migliore piattaforma di realtà virtuale nel mondo", ha dichiarato Brendan Iribe, co-fondatore e amministratore delegato di Oculus. "Crediamo che la realtà virtuale sarà fortemente definita da esperienze sociali che connettono le persone in nuovi e magici modi. Si tratta di una tecnologia dirompente e che permette al mondo di sperimentare l'impossibile, ed è solo l'inizio".

Lo scorso 20 febbraio il big di Menlo Park ha annunciato al mondo di avere comprato per una cifra pari a 19 miliardi di dollari a popolare applicazione di messaggistica istantanea che conta nel mondo un esercito di 450 milioni di utenti. Dopo gli ultimi colpi il mercato si interroga già sulle prossime mosse e acquisizioni di Facebook. 
Prima dell'opening bell il titolo Facebook sale di circa lo 0,71% a 65,35 dollari ad azione.
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ABOLIZIONE DELLE PROVINCE, IL GOVERNO PONE LA FIDUCIA
Primi problemi in Parlamento per il nuovo governo Renzi. Ieri la maggioranza è andata sotto due volte su due emendamenti presentati in commissione Affari costituzionali al Senato. Inoltre il voto sulla pregiudiziale di costituzionalità, richiesta dal Movimento 5 Stelle, non è passato per un pugno di voti. L'Aula del Senato ha respinto la richiesta del M5S sul ddl Province con 115 voti a 112 e un’astensione. 
Oggi è prevista la votazione definitiva del testo al Senato, che salvo imprevisti dovrebbe andare a buon fine in serata. Il via libera del Parlamento deve infatti arrivare in tempi brevissimi poiché senza l'approvazione del testo entro il 5 aprile, per le Province da eliminare scatterebbe l'incombenza del passaggio elettorale. 

Governo pone la fiducia
Il Consiglio dei Ministri di questa mattina ha così deciso di deliberare di porre la questione di fiducia sul disegno di legge recante disposizioni sulle Città metropolitane, sulle Province, sulle unioni e fusioni di Comuni (Ddl province) all’esame oggi del Senato. 
Renzi: con ddl Province via indennità per 3000 politici
"Se domani passa la nostra proposta sulle province, tremila politici smetteranno di ricevere un’indennità dagli italiani", è stato il messaggio via Twitter lanciato ieri dal premier Matteo Renzi, per puntellare al massimo la riforma che porterà alla abolizione delle Province. L'abolizione delle Province secondo il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Graziano Delrio, consentirà un risparmio di quasi 2 miliardi di euro e una riduzione delle cariche politiche. 
La riforma targata Delrio prevede, fino al 31 dicembre 2014, una fase di "accompagnamento” e quindi per 9 mesi le giunte provinciali continueranno a operare. Poi dal 1 gennaio 2015 la riforma entrerà nel vivo.

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LE CARAMELLE DI CANDY CRUSH DEBUTTANO A WALL STREET
Il grande giorno è arrivato: le caramelle di Candy Crush Saga, la celebre applicazione di giochi online del gruppo anglo-svedese King Digital Entertainment guidato dall'italiano Riccardo Zacconi (nella foto, è il Chief Executive Officer del gruppo), sono pronte a debuttare oggi a Wall Street con una valutazione pari a circa 7 miliardi di dollari. Grazie a questa operazione il produttore di videogiochi online raccoglie circa 500 milioni di dollari. 

Nell'Ipo King e gli azionisti Apax Partners e Index Ventures hanno venduto complessivamente 22,2 milioni di azioni, ad un prezzo di 22,5 dollari ad azione (la forchetta dell'Ipo era compresa tra 21 e 24 dollari). Lo ha comunicato ieri la società anglo-svedese che inizierà oggi gli scambi al New York Stock Exchange con il simbolo "KING". 

Fondata nel 2002, King è una della maggiori società di intrattenimento interattivo per il mondo mobile ed è stata resa celebre dal gioco online Candy Crush Saga che conta 97 milioni di utilizzatori attivi al giorno e rappresenta circa il 78% dei ricavi annuali del gruppo. Candy Crush Saga è stata lanciata nel marzo del 2009 e nel 2013 è stata una delle applicazioni gratuite più scaricate.  

King ha un catalogo con oltre 180 giochi disponibili in 14 differenti lingue. Al 31 dicembre 2013 la società ha superato i 324 milioni di utenti unici attivi al mese. King ha registrato lo scorso anno utili per 567,6 milioni di dollari e ha visto il giro d'affari crescere fino a raggiungere quota 1,9 miliardi.

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REDDITOMETRO: ISTRUZIONI PER L’USO
L’art. 38 del D.P.R. 600/73 stabilisce che, il reddito complessivo delle persone fisiche può essere determinato dall’Agenzia delle Entrate mediante il c.d. “redditometro”, che consiste in una quantificazione presuntiva del reddito fondata sull’assunto, in base al quale l’entità delle spese sostenute nel corso dell’anno dal contribuente deve essere coerente con il reddito dichiarato.
Con il D.M. 24.12.2012 sono state emanate le disposizioni attuative della nuova disciplina e l’Agenzia delle Entrate, con le circ. 31.07.2013 n. 24 e 11.03.2014 n. 6, ha fornito numerosi chiarimenti ufficiali sull’ambito applicativo del c.d. “nuovo redditometro”.
Si evidenzia che tale tipologia di accertamento:
  • è possibile solo se tra il reddito dichiarato dal contribuente e quello accertato dall’Agenzia delle Entrate sussiste, anche per un solo anno, uno scostamento del 20%;
  • opera solo a partire dai controlli sull’anno 2009, in quanto per le annualità precedenti trovano ancora applicazione i coefficienti presuntivi di reddito disciplinati dal D.M. 10.09.92 (c.d. “vecchio redditometro”).
Procedimento
L’Agenzia delle Entrate non può, una volta esaminata la posizione fiscale del contribuente, procedere subito con la notifica dell’avviso di accertamento, ma deve, a pena di nullità del medesimo, instaurare un preventivo contraddittorio.
In virtù di ciò, non è automatico che dal controllo scaturisca l’accertamento, siccome il contribuente può, ancor prima di tale momento, dimostrare che l’entità del reddito dichiarato è coerente con le spese a vario titolo sostenute.
Se viene notificato l’accertamento, rimane impregiudicata la facoltà di proporre ricorso dinanzi alla Commissione Tributaria, contestando in ogni modo la quantificazione reddituale presunta dall’Agenzia delle Entrate.
È importante rammentare che nell’accertamento vanno indicati i motivi per cui le deduzioni difensive del contribuente non sono state condivise dal funzionario.
Il contraddittorio verrà focalizzato:
  • sui dati “certi” così come risultanti dalle banche dati, perciò, principalmente, sulle spese la cui esistenza non è messa in discussione;
  • sulle spese presunte legate al mantenimento di beni nella disponibilità del contribuente;
  • sull’eventuale “fitto figurativo”;
  • sulla quota di incremento patrimoniale attribuibile nell’anno;
  • sulla quota di risparmio formatasi nell’anno.
Notifica dell’invito a comparire
Il primo momento di confronto tra Agenzia delle Entrate e contribuente si ha mediante la notifica dell’invito a comparire.
Tramite tale atto, il contribuente viene invitato, appunto, a comparire per fornire dati e notizie rilevanti, nonché per esibire documenti relativamente alle spese sostenute nel corso dell’anno, o alle spese presunte dal D.M. 24.12.2012, relative al mantenimento di beni nella sua disponibilità, come autovetture, natanti e immobili.
Ricevuto l’invito a comparire, il contribuente ha l’obbligo di presentarsi alla data fissata per l’incontro e, se le giustificazioni che egli adduce vengono ritenute persuasive, la pratica potrà subito essere archiviata.
Occorre evidenziare che:
  • la mancata comparizione del contribuente può comportare l’irrogazione di una sanzione amministrativa da 258,00 a 2.065,00 euro;
  • in linea di principio, i documenti che non vengono prodotti a seguito di circostanziata e specifica richiesta contenuta nell’invito, non potranno più essere utilizzati in momenti procedimentali successivi (ciò non succede se nell’invito è presente un generico invito a produrre documenti idonei a giustificare la totalità delle spese sostenute).
Notifica dell’invito al contradditorio
Dopo l’invito a comparire, se il contribuente non ha fornito giustificazioni sul “come” è stato in grado di sostenere determinate spese oppure le ha fornite ma non sono state ritenute idonee per archiviare la pratica, verrà emesso un invito al contraddittorio, finalizzato all’accertamento con adesione.
Nell’invito sono contenute le imposte che si presumono evase.
Il contribuente, nel momento in cui riceve l’invito, può accettare integralmente la pretesa e, in tal caso:
  • bisogna pagare gli importi richiesti a titolo di imposta, anche in forma rateale senza la necessità di prestare alcuna garanzia;
  • le sanzioni da infedele dichiarazione (dal 100% al 200% della maggiore imposta) sono ridotte a un sesto del minimo.
Questa possibilità dovrebbe essere presa in considerazione solo quando sia difficile giustificare l’incoerenza tra reddito dichiarato e spese sostenute. Nelle altre ipotesi, può essere proficuo tentare la via dell’adesione e/o del ricorso, in modo da poter contestare l’entità del reddito presunto dall’Agenzia delle Entrate.
Nell’invito a comparire è fissata la data per il secondo confronto tra le parti, ove è possibile definire la vertenza con l’ufficio, eventualmente concordando una riduzione di quanto richiesto.
In tal caso, le somme possono essere pagate anche in forma rateale senza la necessità di prestare alcuna garanzia, e le sanzioni sono ridotte a un terzo del minimo edittale.
Notifica dell’accertamento
Se l’Agenzia delle Entrate e il contribuente non sono riusciti a trovare un accordo, viene notificato l’avviso di accertamento, che contiene l’intimazione al pagamento delle somme pretese.
Ove venga proposto ricorso occorre pagare, entro 60 giorni dalla notifica, un terzo degli importi richiesti a titolo di imposta.
Bisogna mettere in risalto che, ricevuto l’accertamento, il contribuente può:
  • prestare acquiescenza, fruendo della riduzione a un terzo delle sanzioni se versa le somme entro 60 giorni, anche in forma rateale senza prestare alcuna garanzia;
  • definire le sole sanzioni fruendo della loro riduzione a un terzo, potendo ricorrere per la sola imposta (gli interi importi richiesti a titolo di sanzione devono essere versati entro 60 giorni);
  • presentare ricorso (dopo la notifica del ricorso, le parti possono definire la vertenza tramite conciliazione giudiziale, potendo negoziare la pretesa, e in tal caso le sanzioni sono ridotte al 40% e gli importi possono essere versati ratealmente senza garanzia);
  • se gli importi richiesti a titolo di imposta non sono superiori a 20.000,00 euro, notificare il reclamo e stipulare, prima di trovarsi di fronte al giudice, un accordo di mediazione, con possibilità di negoziare la pretesa (in tal caso le sanzioni sono ridotte al 40% e gli importi possono essere versati ratealmente senza garanzia).
Difesa del contribuente
Il contribuente può dimostrare che il maggior reddito determinato dall’Agenzia delle Entrate:
  • non sussiste;
  • oppure sussiste, ma in misura inferiore.
A tal fine, bisogna documentare il possesso di:
  • redditi esenti totalmente o parzialmente, come alcune tipologie di borse di studio o i redditi di lavoro dipendente dei frontalieri;
  • redditi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta, come gli interessi attivi bancari, i dividendi derivanti da partecipazioni “non qualificate”, i proventi dei fondi comuni di investimento;
  • redditi soggetti a imposta sostitutiva, come gli interessi sui titoli di Stato e su altre obbligazioni, i proventi derivanti da gestioni patrimoniali individuali;
  • redditi legalmente esclusi dalla formazione della base imponibile (si può trattare di somme non soggette a tassazione nei confronti del contribuente accertato, come i prestiti di amici o di familiari, il tutto debitamente documentato);
  • redditi diversi da quelli posseduti nello stesso periodo d’imposta.
Oltre a ciò, è possibile censurare:
  • la possibilità di utilizzo del c.d. “redditometro”, dimostrando la mancanza dello scostamento del 20% tra reddito accertato e reddito dichiarato;
  • che il bene ritenuto nella disponibilità del contribuente è in realtà nella disponibilità di terzi (potrebbe essere l’ipotesi in cui il contribuente accertato è un semplice “prestanome”);
  • che l’incremento patrimoniale in realtà non è avvenuto a titolo oneroso ma a titolo gratuito (si pensi all’ipotesi della simulazione).
Finanzainchiaro


PMI: LA RECESSIONE NON E’ ANCORA FINITA
Nonostante i dati macroeconomici parlino di una lenta uscita dalla recessione, per le pmi che rappresentano gran parte del tessuto economico italiano, non è sempre così. Le imprese che percepiscono il mercato in contrazione sono il 46% del campione, in aumento di quasi il 20% sul 2012. Lo indicano i risultati dell’Osservatorio Politecnico di Milano-Cineas sul risk management nelle pmi italiane. L’indagine ha preso in considerazione un campione di 701 aziende distribuite su tutto il territorio nazionale e appartenenti a tutti i settori dell’economia, con particolare concentrazione nei macro-settori servizi (36%) e manifattura (41%).

In questo scenario, la leva più ricorrente di intervento per le piccole imprese è quella della sostituzione e del rafforzamento della struttura con nuove competenze manageriali. Dai dati analizzati dall'Osservatorio emerge che il 90% delle imprese che percepiscono il mercato in contrazione decide di operare cambiamenti all'interno della struttura di vertice, mentre il 45% apre a nuovi mercati che abbiano una domanda in crescita e/o disponibilità di materie prime a costi inferiori, in diminuzione rispetto al 2012 dove questa scelta veniva fatta dal 59% delle aziende. E’ carente invece la disponibilità ad effettuare nuovi investimenti nel Paese.

“Negli ultimi 5 anni le piccole e medie imprese italiane hanno risposto alla crisi con molte operazioni anche straordinarie, per la maggior parte entrando in nuovi mercati. Ciò ne ha aumentato il profilo di rischio" afferma Marco Giorgino, direttore di RiskGovernance del Politecnico di Milano. Il contesto economico è aggravato dall’immaturità con cui le pmi affrontano il rischio, tanto più che la percezione del rischio è piuttosto elevata.

I rischi finanziari sono quelli che vengono maggiormente percepiti come rilevanti, si passa da un 48% a un 58% nel 2013 e sono perciò quelli che assorbono maggiori risorse. In particolare, si registra un vertiginoso aumento delle imprese che hanno una significativa esposizione al rischio di credito (dal 30% al 78% del campione dal 2012 al 2013) e al rischio di liquidità (dal 15% del campione nel 2012 al 42% nel 2013). Diminuisce drasticamente, invece, il rischio inflazionistico che scende dal 53% a un 2%. “L’elevata percezione dei rischi finanziari da parte delle PMI è una diretta conseguenza della crisi economica” commenta Adolfo Bertani, Presidente di Cineas, secondo cui tuttavia: “è fondamentale una visione del rischio a 360 gradi affinché le PMI tornino a crescere. Spesso infatti è stata proprio la mancata percezione degli ‘altri rischi’ a determinare la chiusura di diverse realtà industriali.
Basti pensare, ad esempio, alle concerie della valle del Chiampo (Vicenza), un distretto fortemente ridimensionato a causa delle conseguenze legali e di business legate alla mancata gestione del rischio ambientale a cui era esposto”.
Professionefinanza


ASTA CTZ: I TASSI CALANO ALLO 0,70%, RENDIMENTO NEGATIVO
Tornano in asta i CTZ. Con l’assegnazione di 2,5 miliardi di Certificati di Credito del Tesoro Zero Coupon (CTZ) a 24 mesi, si è aperto oggi il trittico di aste di fine mese.  Il round di collocamenti proseguirà domani con i BOT semestrali, e terminerà venerdì con l’offerta di BTP a medio lungo periodo. 
Sul fronte dei tassi, non ci sono particolari novità: i rendimenti continuano a scendere dopo che lo spread è calato sotto i 200 punti e, sulla parte breve della curva, si viaggia ormai verso risultati netti nulli se non negativi. Per un investitore retail, quindi, non conviene più comprarli visto che, al netto di tasse e inflazione, alla fine si chiude in perdita. Diverso il discorso per gli istituzionali e le banche a cui lo Stato riconosce comunque delle commissioni di collocamento. Per quanto riguarda il BTP decennale, invece, il rendimento lordo si attesta intorno al 3,40%, ai livelli del 2011, e sembra essersi stabilizzato. Il clima più disteso che si respira sui mercati, nonostante la crisi politico-diplomatica per la questione Ucraina, ha spinto gli investitori stranieri e investire ancora nella carta italiana e, più precisamente, in quella periferica d’Europa. Scenario propedeutico alle elezioni europee del prossimo mese di Maggio, ma anche condizionato dalla politica monetaria della BCE che ha assicurato di voler mantenere il costo del denaro a livelli bassi ancora per molto tempo.
Tesoro assegna nuovi CTZ dicembre 2015 
In asta sono stati assegnati 2,5 miliardi di euro di CTZ a 24 mesi con scadenza dicembre del 2015 (Isin IT0004978208) a un tasso lordo del 0,707%, sui minimi da quando è stato introdotto l’euro e in discesa rispetto alla asta precedente (0,82%). Rispetto alla fine dello scorso anno lo scenario è migliorato sui paesi periferici con gli investitori che sono tornati a puntare con decisione su Italia e Spagna – commenta un trader. La fiducia dei consumatori è difatti migliorata questo mese: l’indice del clima di fiducia registra un significativo incremento, raggiungendo il valore di 101,7 da 97,7 del mese precedente. Dal nuovo esecutivo italiano, inoltre, adesso ci si aspettano radicali cambiamenti e profondi tagli alla spesa pubblica, cosa peraltro già avvenuta in Spagna. E infatti lo spread con Madrid si mantiene ancora in linea, se non a favore dei catalani con un rendimento sul decennale leggermente più basso di quello italiano. Sempre in tema di aste, è stata annullata quella relativa all’emissione di Btp€i, che solitamente avviene in concomitanza con la vendita di CTZ, in quanto è già assegnato 10 giorni fa e via sindacato un nuovo titoli di stato indicizzato all’inflazione con scadenza 2024. 
Pil italiano visto in debole crescita dal Fondo Monetario Internazionale 
Il Prodotto interno lordo dell’Italia crescerà quest’anno dello 0,6% e dell’1,1% nel 2015. Sono le stime del Fondo monetario internazionale contenute nella bozza del World Economic Outlook, anticipate dall’agenzia Ansa.
 “Ulteriori misure per far incrementare l’offerta di credito”, potrebbero far aumentare il Pil fino a oltre il 2%, in Italia, Francia, Irlanda e Spagna, si legge ancora nel documento del Fmi. La disoccupazione nel 2014 sarà del 12,4% e dell’11,9% nel 2015. Per quest’anno l’Italia come la Grecia, ma nel 2015 Atene spiccherà il volo staccandoci di netto. Secondo le previsioni del Fmi il pil italiano e quello greco, cresceranno nel 2014 dello 0,6%. Ma, mentre nel 2015 la nostra economia avanzerà solo dell’1,1%, quella greca farà un balzo del 2,9%. “Spingere il credito può far crescere il pil di oltre il 2%. Ulteriori misure – scrive il Fmi – per far ripartire l’offerta di credito in Italia, oltre che in Francia, Irlanda e Spagna, potrebbe far aumentare il Pil del 2% o oltre”. Il pil globale si rafforza, ma in Eurolandia rischi di deflazione. “L’attività globale si è rafforzata e un ulteriore miglioramento è atteso nel 2014-2015, con l’impulso che viene principalmente dalle economie avanzate»: è quanto prevede il Fmi, secondo cui il pil salirà del 3,6% nel 2014 e del 3,9% nel 2015. Ma la ripresa resta fragile e il Fmi indica tra i principali rischi quello della deflazione, in particolare in Eurolandia.
di Mirco Galbusera
investire oggi


LA BCE SCOPRE LA DEFLAZIONE: CI SARANNO TASSI NEGATIVI?

“Misure non convenzionali non sono da escludere”. La dichiarazione rivoluzionaria è arrivata niente di meno che dal governatore della Bundesbank, Jens Weidmann, nel corso di un’intervista rilasciata all’agenzia Market News. Poco prima, lo stesso Weidmann aveva avvertito che le misure non convenzionali di cui si discute in questi mesi sarebbero in gran parte inesplorate, quanto agli effetti, ai costi e alla loro efficacia, per cui prima di vararle, bisognerebbe studiarle bene.
Tuttavia, lo stesso governatore ha affermato che nel caso in cui l’euro continuasse ad apprezzarsi sui mercati valutari, egli riterrebbe preferibili i tassi negativi (sugli overnight) alle altre misure, in modo da evitare che l’euro forte impatti sulle prospettive d’inflazione. 
E da Parigi, il governatore della BCE, Mario Draghi, è intervenuto sul tema, sostenendo che Francoforte è pronta ad agire per assicurare la stabilità dei prezzi, nel caso di uno scenario al ribasso. In altri termini, Draghi teme che la bassa inflazione possa portare ad aspettative future altrettanto basse sulla crescita dei prezzi, mettendo a rischio la previsione di un tasso d’inflazione all’1% nel 2014, all’1,3% nel 2015 e all’1,5% nel 2016.
Cosa significano le parole di Draghi e quelle di Weidmann, lette congiuntamente? Che la BCE si tiene pronta a tagliare i tassi, qualora l’inflazione dovesse stabilizzarsi al ribasso o, addirittura, scendere ulteriormente. Decisivi saranno i dati preliminari per il mese di marzo, che saranno diffusi dall’Eurostat alla fine del mese. 
Ma non c’è in ballo solo la misura dei tassi. La Bundesbank sembra avere aperto clamorosamente anche alla possibilità che la BCE acquisti i bond sovrani dell’Area Euro, ma non direttamente, essendo vietato per statuto di monetizzare i debiti sovrani, bensì sul mercato secondario, ossia dalle banche, sostanzialmente.
Gli acquisti non sarebbero oggi così importanti, come nei lunghi mesi delle tensioni finanziarie, ma potrebbero risultare un espediente per immettere nuova liquidità sui mercati, evitando di sterilizzare le operazioni, come continua ad avvenire con il programma da 175 miliardi del 2011 (SMP).
Attenzione alla tempistica: non è per nulla casuale che la BCE si mostri a parole più accomodante in questi giorni. E’ accaduto che domenica sera, i risultati delle elezioni amministrative francesi abbiano premiato oltre le previsioni la destra anti-euro del Fronte Nazionale di Marine Le Pen, che si accinge anche a vincere le elezioni europee di maggio.
A Bruxelles, come a Francoforte, un pò tutti hanno capito che tra due mesi li attenderà una pesante bocciatura degli elettori europei, ennesimo messaggio di sfiducia verso le capacità dell’Europa di gestire la crisi. 
di Giuseppe Timpone
investire oggi


VENDESI PETROLIO, PREZZO COMPETITIVO!

Qualcuno compri il petrolio curdo..!!
Vendesi prezzo competitivo, cinquecentomila barili di petrolio di ottima qualità stoccati nel porto turco di Ceyhan!
Non ci credete?
Eppure quel petrolio è proprio là, anche se non è in vendita. Almeno per ora.
Sembra strano che, in un mondo continuamente affamato di petrolio nonostante la crisi economica, ci sia un
quantitativo, non enorme ma neppure insignificante, che rimanga stoccato per mesi senza che lo si voglia vendere.
La bizzarra situazione ha, però, le sue spiegazioni e la storia comincia ben otto anni fa quando fu approvata la Costituzione irachena. Fu, allora, un atto di grande democrazia e i cittadini che la approvarono tramite referendum mostrarono di apprezzarne anche l’impostazione federalista. Purtroppo, come spesso succede anche con le comuni leggi, ne nacquero interpretazioni controverse su alcuni articoli e, in particolare, per quello che riguardava la gestione delle risorse petrolifere. Sia il Governo centrale sia la Regione Autonoma Curda sono d’accordo sul fatto che gas e petrolio siano un bene di tutta la nazione e non ne fanno una questione su come dovrebbero essere spartiti i loro proventi. Il problema sta in chi abbia la titolarità per firmare e porre le condizioni ai nuovi contratti di esplorazione e sfruttamento attuati con società terze. E soprattutto chi deve negoziare e curare i contratti di esportazione.
Bagdad ritiene che tutto il petrolio e il gas giacenti nel sottosuolo, indipendentemente se trattasi di vecchi pozzi o nuove esplorazioni o quale sia la loro collocazione geografica, spetti solamente al ministero centrale e alla società nazionale SOMO. I curdi, dal canto loro, forti del fatto che la Costituzione parla soltanto di pozzi in essere, ritengono invece che tutti i giacimenti, volutamente non esplorati dal governo di Saddam Hussein e giacenti nel territorio della Regione Autonoma, siano di competenza del governo curdo. Di là dalle interpretazioni giuridiche che sembrerebbero dare ragione ai Curdi, i motivi della presa di posizione di Erbil sono, contemporaneamente, politici ed economici.
Politici, perché sono indubbio che il poter stabilire a chi assegnare le esplorazioni, fissarne le condizioni, e decidere come e a chi vendere rappresenti una posizione di forza non indifferente. Inoltre, Erbil non si fida della volontà “federalista” del governo di Al Maliki. E ne ha ben donde! L’azione politica del Primo Ministro iracheno è sempre più evidentemente centralizzatrice, per non dire addirittura settaria sia contro i sunniti sia contro i Curdi. Sempre più numerose sono, infatti, le voci popolari che tendono ad assimilare il suo comportamento con quello di Saddam.
Ma ci sono anche, com’è ovvio, motivi economici. A parte la corruzione endemica, perfino esagerata, che avvolge i ministeri di Bagdad, i Curdi, che non hanno nessun rappresentante nella SOMO, hanno motivo di dubitare che le cifre delle vendite loro comunicate siano del tutto veritiere. Poiché alla Regione Autonoma spetta il 17% delle entrate generali dello Stato, e poiché la maggior parte di queste entrate deriva proprio dalla vendita di gas e petrolio, il non avere certezza sulla loro entità può significare differenze di decine o anche centinaia di milioni d dollari.
Dopo che il Parlamento curdo aveva approvato, nel 2007, la propria legge sul petrolio e cominciato ad attribuire concessioni per lo sfruttamento, il Ministro iracheno Shahristani minacciò subito tutte le società petrolifere che avessero accettato di negoziare direttamente con Erbil di non poter più lavorare nel resto dell’Iraq. Aggiunse pure che, qualora si trattasse di società che già godevano di concessioni, queste ultime sarebbero state loro ritirate. Per questo motivo, come primi assegnatari si fecero avanti solo piccole imprese petrolifere che non avevano nulla da perdere, ma lo scorso anno anche Exxon, già titolare di una concessione nel sud del Paese, ha “varcato il Rubicone”. Nulla per ora è successo di là dalle minacce verbali perché, anche per il potente Vice Primo ministro con delega all’energia, è impossibile rinunciare all’alta tecnologia e agli investimenti di quel colosso americano.
Dalla prima concessione a oggi, tuttavia, i rapporti tra potere centrale e quello regionale sono sempre stati difficili nonostante i numerosi tentativi di trovare un accomodamento. Nel frattempo, i turchi, desiderosi di diventare sempre più hub petrolifero per i rifornimenti dei Paesi sviluppati e in disaccordo con Baghdad per la questione siriana, hanno firmato con Erbil un contratto di collaborazione che ha previsto, tra l’altro, la realizzazione di un nuovo oleodotto che dal Kurdistan Iracheno arrivasse direttamente in Turchia senza toccare altro suolo iracheno. Questo oleodotto è stato poi realizzato ed ha trasportato, poco prima di Natale, i primi cinquantamila barili al giorno di petrolio curdo. Proprio quelli che oggi giacciono a Ceyhan.
Ovvia la reazione furibonda di Baghdad che ha minacciato pesantemente Ankara ma ha rilanciato, contemporaneamente, nuove negoziazioni con la propria Regione disubbidiente. Senza poter ora, per mancanza di spazio, scendere nei dettagli dobbiamo osservare che con il tipico modo negoziale mediorientale fatto di bluff, sorrisi e minacce, porte sbattute e quant’altro, tutte le bocce sono ferme e per questo anche i barili già esportati restano in attesa della futura vendita e di chi si deciderà possa farlo. Sia il Governo centrale sia i Curdi sia i Turchi continuano gli incontri, ben attenti a non fare atti che significhino il varcare quella linea rossa che non consentirebbe più di trovare una qualche futura soluzione. source
La partita, comunque, è grossa e gravida di conseguenze economiche e politiche enormi non solo per i diretti protagonisti. Basti pensare che la produzione attuale dell’intero Iraq è vicina ai tre milioni di barili al giorno ma punterebbe, Opec permettendo, ad arrivare ai sette o addirittura ai nove. Il solo Kurdistan oggi produce poco più di trecentomila barili ma è stimato velocemente arrivare nei prossimi anni ai due/tre milioni di barili al giorno. E a questi si aggiungono le potenzialità riguardanti il gas (in Kurdistan presente in grandissima quantità) che qualcuno considera addirittura superiori a quelle del petrolio.
Il 30 Aprile si terranno le elezioni politiche nazionali e, evidentemente, tutti i protagonisti avrebbero piacere di arrivarci forti di un accordo raggiunto, ma se e soltanto se tale accordo potrà anche essere sventolato davanti ai propri rispettivi elettori come un proprio successo
Carlo Scalzotto per Finanzanostop


UN COMMENTO AL JOBS ACT DI RENZI

Il ‘piano’ per il lavoro e la crescita del neo-premier ha avuto il proprio battesimo. Trattasi per il momento di un programma, di un memoradum di propositi (per quanto presentati con efficace determinazione) in cui si preannuncia una riduzione fiscale che dovrà portare circa 80 euro netti medi in busta paga in più ai lavoratori con redditi annui fino a 25 mila euro lordi e riguarderà esclusivamente il lavoro dipendente e assimilato (cocopro) mediante il meccanismo delle detrazioni (o, in alternativa, del taglio ai contributi previdenziali).
Si tratterebbe di un investimento di circa 10 miliardi di euro. Prescindendo dagli altri profili evidenziati in modo più o meno critico (tempi realistici, coperture e quant’altro) vorrei limitarmi ad osservare che l’annuncio è già una precisa scelta di campo – di cui per la verità non siamo sorpresi. Non siamo sorpresi anche se il Renzi proviene da una regione che dovrebbe avergli insegnato qualcosa. In Toscana le indagini più recenti (tra cui Excelsior, realizzata da Unioncamere e Ministero del Lavoro) evidenziano un ulteriore ridimensionamento del lavoro dipendente e i dati sull’occupazione diventano positivi solo se si passano al setaccio le imprese da 50 addetti in su, quelle che in un sistema caratterizzato da micro-impresa diffusa rappresentano (per quanto significative possano essere le correlate realtà aziendali) una netta minoranza. A livello di imprese il 2013 si chiude con un saldo positivo di circa 1.000 imprese (28 mila nuove imprese e 27 mila cessate) ma il dato quantitativo, si sa, nulla dice circa la solidità, la vitalità dei soggetti imprenditoriali neo-nati, accompagnandosi comunque ad una crisi crescente del mondo artigianale, alla perdita verticale di imprese nel settore agricolo oltre che nell’edilizia. Uno spicchio del Paese ormai distante anni luce dalla realtà degli anni ’60-’70, che ci racconta un quadro socio-economico in profondo e strutturale mutamento, che ridisegna la mappa del benessere e dello sviluppo, dell’inclusione e dell’esclusione sociale.
Possiamo dire che l’Italia da tempo è transitata in un’economia post-fordista, con lenta (nei decenni) ma inesorabile decadenza della grande industria (la parabola di Fiat ne rappresenta il paradigma) e una perdita di centralità del modello tradizionale di lavoro salariato. Anche sul piano legislativo -a partire dalla ben nota legge Treu (del 1997) e a proseguire con le successive -questo mutamento ha trovato un riconoscimento in istituti giuslavoristici in parte inediti, in parte adattati – per quanto in modo spesso maldestro e burocratico – alle rinnovate esigenze dell’economia e della società. E’ ormai un universo sociale ‘consolidato’, tutt’altro che ignoto alle istituzioni! Quello dei lavoratori fuoriusciti e non più rientrati nel circuito occupazionale, dei giovani e giovanissimi al loro esordio nel mondo del lavoro, di artigiani e piccoli imprenditori, lavoratori autonomi e professionisti, insomma del popolo delle partite Iva, del lavoro autonomo, artigiano e della piccola impresa, messo in ginocchio dalla crisi, inviso al sistema delle banche e del credito, invisibile alle cure delle istituzioni pubbliche (tranne che al fisco e agli enti previdenziali), sempre più angustiato nel presente (a livello economico e sociale) e privo di prospettiva (si pensi non solo all’attività nel breve-medio termine ma anche all’iniquo assetto previdenziale, per il lungo termine); non è questo, per lo più, l’universo sempre più sgomento dei nuovi esclusi, di cui neppure la politica che si vende come la più coraggiosa intende intercettare bisogni ed istanze? Non sono dunque tra costoro molti di quelli che la politica, la legislazione, la propaganda, con decenni di scelte mirate, hanno contribuito a relegare nell’invisibilità/’intoccabilità” sociale? O si pensa che questo universo sia invariabilmente composto da sciacalli-evasori senza scrupoli, da un popolo da emarginare e fare oggetto di riprovazione sociale e di cui è perciò lecito dimenticare, quando si tratta di fare cose importanti, perfino l’esistenza? Il programma del neo-premier è stato giustamente definito di ‘sinistra’, (io aggiungo) nel senso di ‘conservatore’, come è vero che il conservatorismo è (da sempre) la cifra della sinistra in Italia, invariabile al mutare dei suoi protagonisti collettivi (partiti) e individuali (leaders).
La pretesa-malintesa ‘rivoluzione liberale’ del neo-premier reca il segno inconfondibile della propria origine e della propria destinazione anzitutto culturali; un mondo che (r)esiste evidentemente immutato nella visione di burocrati, sindacalisti e politici che hanno fatto fortuna, in passato, sul modello fordista e che non vogliono assolutamente farne a meno. Un mondo che è strutturalmente opposto agli obiettivi di equità e di solidarietà che pure afferma di voler perseguire, perché congenitamente opposto all’idea di ‘aprire’ le finestre di una società vieppiù chiusa, di liberarla dalla cappa opprimente di un sistema divenuto vecchio e superfetato (su sé medesimo), di scommettere sull’individuo, sul singolo piuttosto che trincerarlo nei recinti della paura, del solidarismo, della coercizione e della irresponsabilità.
Questo programma è talmente di sinistra che rischia di spaccare ulteriormente la società tra ‘outsiders’ ed ‘insiders’, tra soggetti più o meno ‘protetti’ e soggetti spesso del tutto privi di qualunque copertura. La sinistra italiana anche con il suo leader non ancora quarantenne -continuerà a perseguire una visione iniqua e duale della società, così come attesta la decisione di innalzare il livello delle detrazioni per una parte di italiani piuttosto che abbassare le aliquote fiscali per i redditi bassi/medio-bassi di tutti i cittadini (come primo step di un possibile progetto di ben più ampio respiro teso a ridimensionare drasticamente la Pubblica Amministrazione e a pervenire ad un ribasso di tutte le aliquote).     Si dovrebbe augurare buona fortuna al neo-premier ma, se questa è l’alba della sua esperienza di governo, quando il sole sarà alto non troveremo affatto un’Italia più libera, fiorente, equa.
Paolo Marini da L’Indipendenza


GESTIONE BANCHE ITALIANE IN MANO A FIGURE TIRANNICHE

ROMA (WSI) - "Le analisi condotte a livello internazionale sulla governance delle banche hanno fatto emergere un quadro con molte ombre, fra tutte la mancanza di una visione e pianificazione di vertice". La critica alla gestione degli istituti di credito italiani proviene direttamente dal capo dipartimento vigilanza della Banca d’Italia, Carmelo Barbagallo. La qualità del governo societario delle banche, secondo Via Nazionale, è sicuramente migliorata, ma vi sono ancora "margini non trascurabili di miglioramento".

I "profili di criticità più ricorrenti" riguardano in particolare "la presenza di figure che egemonizzano il processo decisionale e sintomi di ridotta funzionalità dell’organo amministrativo". Problematico è poi il numero dei componenti dei consigli, che "permane in media elevato; non sempre è assicurata nel board la presenza di esperienze adeguate e diversificate e il ruolo svolto dal presidente non è sempre coerente con la funzione non esecutiva assegnatagli".

"Gli interventi proposti nel documento in consultazione da Bankitalia intervengono sulle aree di maggiore debolezza", spiega Barbagallo, annunciando che "le disposizioni definitive sul governo societario saranno emanate nell’arco di qualche settimana". Già le attuali disposizioni, ricorda, "chiedono alle banche di evitare composizioni pletoriche del board. E una corretta applicazione di questo principio contribuisce ad assicurare la funzionalità dell’organo e a contenere i costi connessi con una compagine eccessivamente numerosa". Le nuove norme "chiedono consiglieri congrui per numero e professionalità, nominati attraverso un processo trasparente; consiglieri consapevoli del proprio ruolo e attivamente partecipi alle decisioni aziendali". E suggeriscono di evitare la commistione di ruoli: "Il presidente è, ed è opportuno che rimanga, una figura non esecutiva".

Mentre la Banca d’Italia critica la gestione all’italiana delle banche, la Consob si preoccupa invece del tocco straniero negli istituti della Penisola. Il numero uno dell’Authority, Giuseppe Vegas - riferendosi all’aumento della presenza dei fondi esteri nelle banche italiane - ricorda che "ogni iniezione di capitale dall’estero nelle banche italiane deve essere valutato positivamente, ma qualche rischio può esserci e bisogna vigilare".

E aggiunge: "Di recente alcune strutture consolidate del Paese non sono in grado di fare il rafforzamento patrimoniale, e anche alcune fondazioni, e ad esse si vanno sostituendo i fondi che aumentano la presenza nelle banche. Giusto? Sbagliato? Non ne farei una questione di nazionalità. Bisogna vedere se queste partecipazioni assumono una rilevanza sistemica".
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ACQUA CONTAMINATA PER 700.000 PERSONE

PESCARA - "L'acqua contaminata è stata distribuita in un vasto territorio e a circa 700 mila persone senza controllo e persino a ospedali e scuole". E' il duro passaggio della relazione dell'Istituto Superiore di sanità che ha analizzato per l'Avvocatura dello Stato le acque contaminate dalla mega discarica di veleni tossici nel pescarese.

"La qualità dell'acqua è stata indiscutibilmente significativamente e persistentemente compromessa", prosegue la Relazione dell'ISS depositata agli atti del processo di Chieti dove sono sotto processo i vertici di Montedison e Solvay con oltre 20 indagati dopo l'inchiesta del Corpo Forestale. Il guasto "per effetto dello svolgersi di attività industriali di straordinario impatto ambientale in aree ad alto rischio per la falda acquifera e per le azioni incontrollate di sversamento", spiega il documento.

"La mancanza di qualsiasi informazione relativa alla contaminazione delle acque con una molteplicità di sostanze pericolose e tossiche, solo una parte delle quali potrà essere tardivamente e discontinuamente oggetto di rilevazione nelle acque, ha pregiudicato la possibilità di effettuare nel tempo trattamenti adeguati alla rimozione delle stesse sostanze dalle acque".

Così si legge nella relazione di 70 pagine che i consulenti tecnici dell'Avvocatura dello Stato Pietro Comba, Ivano Iavarone, Mirko Baghino e Enrico Veschetti hanno stilato sulla vicenda della mega discarica di veleni industriali di Bussi e sulla contaminazione delle falde acquifere della Val Pescara.

"Del significativo rischio in essere non è stata data comunicazione ai consumatori che pertanto non sono stati in condizioni di conoscere la situazione ed effettuare scelte consapevoli", si legge tra le conclusioni. Ci sono quindi "incontrovertibili elementi oggettivi coerenti e convergenti nel configurare un pericolo significativo e continuato per la salute della popolazione esposta agli inquinanti attraverso il consumo e l'utilizzo delle acque", chiude l'Istituto Superiore della Sanità. (ANSA)
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ADDIO INDENNITA’ PER 3000 POLITICI

ROMA (WSI) - "Se domani passa la nostra proposta sulle Province, tremila politici smetteranno di ricevere un'indennità dagli italiani #lavoltabuona". Lo ha scritto su Twitter il presidente del Consiglio, Matteo Renzi.

L'Aula del Senato proseguirà con la discussione generale del ddl sulle Province e le città metropolitane ma solo domani inizieranno le votazioni. Il voto finale è previsto per le 18. Valeria Fedeli, vicepresidente del Senato, ha spiegato in Aula che non sarà possibile iniziare per ora l'esame degli emendamenti, presentati fino alle 17 di oggi, sono circa 3mila, perchè devono ancora passare il vaglio della commissione Bilancio. Domani è prevista anche la replica del relatore e del governo.

Al di là delle procedure però il provvedimento sconta le tensioni all'interno della maggioranza che oggi l'hanno vista andare sotto in commissione su un paio di voti, nulla di fondamentale, ha chiarito il relatore Francesco Russo, ma che danno il senso dei problemi che la riforma ha sollevato, determinante l'assenza di Mario Mauro (PI) ma anche Ncd ha fatto mancare il suo sostegno. Anche sulle pregiudiziali del resto si è sfiorato per soli 4 voti di scarto il rischio di vedere affossato il ddl Delrio che, se modificato a Palazzo Madama, dovrà ritornare alla Camera per il via libera definitivo con tempi strettissimi. E' infatti indispensabile che la riforma entri in vigore prima dei primi di aprile per evitare che alle amministrative si debbano tenere anche le provinciali.

In ogni caso seguirà a questo provvedimento di riorganizzazione degli enti locali anche la riforma costituzionale che abolirà del tutto le Province. Ma la fibrillazione politica di oggi è per lo più legata ad altre partite, e non a caso vede protagonisti i piccoli partiti che a Palazzo Madama possono far pesare i loro voti molto più che alla Camera: in ballo ci sono la legge elettorale e la riforma del Senato che da domani Matteo Renzi porterà al dibattito con i gruppi parlamentari del Pd per avviare subito dopo l'iter proprio in Senato.

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Le auto blu all'asta su eBay: veri tagli o solo propaganda?

In vendita Maserati, Audi e Lancia. Molte sono fuori produzione. E Renzi rischia di guadagnare un pugno di euro. Intanto il Consip si prepara ad acquistare 5.500 auto blu nuove.

di Andrea Indini

Il battitore d'asta è pronto a far cassa. Dalle slide a eBay. "Venghino, siori, venghino", gigioneggiava Matteo Renzi in conferenza stampa annunciando la svendita delle auto blu e strappando qualche sorriso smaliziato ai più.

Perché, se da una parte piazzare le berline ministeriali fa sicuramente colpo sul sentimento anti casta, dall'altra è subito circolato il dubbio che i danée in arrivo nelle casse dello Stato potrebbero essere di gran lunga inferiori rispetto alle aspettative. Il piazzista di Palazzo Chigi inizierà a mettere il parco auto su eBay già tra qualche giorno. Si inizia con una prima tranche di 25 auto. E subito si capirà l'aria che tira.

"Se riusciamo raccontiamo anche chi sono i singoli ministri che le hanno utilizzate - scherzava il premier sempre in conferenza stampa - se qualcuno volesse comprarsi l'auto che ha usato La Russa, perché no?". Ora che è finito il tempo delle battute sornione e delle spacconate da televendita, Palazzo Chigi deve passare ai fatti. Sul sito della presidenza del Consiglio apparirà a giorni un banner per tener d'occhio le offerte dell'ultimo minuto. Si parte con le prime 170 auto blu che saranno messe all'asta in sei tranche da venticinque pezzi. Alla concessionaria di Palazzo c'è un po' di tutto, anche cimeli che non vengono nemmeno più prodotti.

Dalla Maserati 139 Quattroporte, il cui prezzo di mercato viaggia intorno ai 50mila euro, alle Lancia K, che di euro ne vale poco più di un migliaio, e la Lancia Thesis, che a seconda delle condizioni potrebbe far intascare dai 2.500 ai 12mila euro. Cifre tutt'altro che da capogiro. Su eBay finiranno anche le Volvo S60 del Viminale che potrebbero essere piazzate a massimo 9.500 euro, se sono di prima serie (ora fuori produzione), o a massimo 30mila euro, se di seconda. Nel calderone potrebbero finire anche le Bmw 52d del ministero di Giustizia, le Alfa 159 e 156 del Viminale e le Audi A6. Queste ultime sono stimate intorno ai 50mila euro.

Ma quanto andrà a guadagnare Renzi con la spending review delle auto blu? Impossibile dirlo. Nel piano firmato dal commissario Carlo Cottarelli rientrano in quei 100 milioni di euro di risparmio che vanno sotto il capitolo "riduzione delle consulenze e delle auto blu". Un po' vago. Quando sedeva a Palazzo Vecchio, Renzi ci aveva già provato coi tagli agli sprechi. Non gli era andata granché bene. Per quattro berline di grossa cilindrata, tre Alfa Romeo e una Volvo, aveva portato nelle casse del Comune di Firenze poco più di 17mila euro. Una magra consolazione, insomma. Lo stesso buco nell'acqua rischia di ripetersi. Anche perché vendere le auto blu dei ministeri è una mossa di facciata.

Come spiega il Corriere della Sera, al netto delle vetture in uso da Fiamme Gialle, carabinieri e polizia, le 58.688 auto blu costano "quasi 950 milioni di euro tra spese di acquisto, noleggio, gestione personale". Ma il grosso di questa fetta non è nelle mani di Renzi. "Le Regioni hanno oltre 51mila auto, oltre il 90% del totale - ricorda il presidente del Formez, Carlo Flamment - e sono proprio loro i centri di spesa più evidenti". Tanto che da qui al 2015 sono già calendarizzati nuovi acquisti. Il Consip avrebbe già messo gli occhi su 5.500 berline da acquistare entro il 2015. Un'operazione che dovrebbe costare intorno ai 55 milioni di euro. E questi, a differenza dell'introito dell'asta, sono certi.
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BCE SI PREPARA A MISURE NON CONVENZIONALI

FRANCOFORTE (WSI) - Mario Draghi vuole a tutti i costi uscire a testa alta dalla crisi, assicurando che la politica espansiva della Banca Centrale europea sosterrà la ripresa economica nei prossimi anni e che "nel caso di uno scenario di rischio al ribasso farà "tutto il necessario per mantenere la stabilità dei prezzi".

La crescita economica "resta la sfida più grande", spiega il presidente della BCE in un intervento a Parigi, aggiungendo che "la politica fiscale può supportare la crescita assicurando una migliore composizione del consolidamento, meno focalizzata sull'aumento delle tasse e più sulle priorità di spesa".

Riguardo al legame che unisce i vari stati membri, il governatore della BCE ha dichiarato che in Europa nessuno può credibilmente sostenere che "il ritorno ad una semplice giustapposizione delle politiche nazionali migliorerà la situazione di uno qualsiasi dei nostri paesi" e che è solo grazie alle nostre "politiche coerenti a livello transnazionale che siamo riusciti ad ottenere risultati positivi. Solo attenendoci a questa lezione continueremo ad ottenerli", ha specificato poi Draghi.
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UNA BUONA NOTIZIA: “IL MONDO” CHIUDE

TORINO (WSI) - "Il Mondo non uscirà più: una buona notizia! Si sente ripetere alla nausea che una testata che chiude è sempre un danno per l'informazione. Frottole! La fine del settimanale il Mondo è un vantaggio per i risparmiatori italiani. Non parliamo certo dell'omonimo giornale diretto dal 1949 al 1966 da Mario Pannunzio, che finalmente non dovrà più rivoltarsi nella tomba.

Parliamo degli ultimi trent'anni. Cioè da quando, a metà degli anni '80, cominciarono a diffondersi in Italia il risparmio gestito e la previdenza integrativa. Il Mondo sembrò subito essere il loro ufficio stampa. Sorvoliamo sugli strafalcioni, ricorrenti a iosa nelle sue pagine. Il grave sono titoli, sommari, commenti e interi articoli adatti a inserzioni o spot pubblicitari, non a un foglio d'informazione. Il Mondo non lo leggeva quasi nessuno, ma i suoi articoli, opportunamente fotocopiati, erano l'ideale quale supporto per le vendite porta porta e agli sportelli di banche e assicurazioni.

Se chiudessero anche il Sole 24 Ore (nessuna speranza) e l'inserto CorrierEconomia del Corriere della Sera (qualche possibilità), il livello medio dalla stampa economica italiana farebbe un balzo insù. A esso sono da attribuire molte delle colpe delle perdite dei risparmiatori italiani. Vedasi Stupidario n.1 e Stupidario n.2.
Sul cattivo giornalismo del Mondo si potrebbe scrivere un libro. Per cominciare c'è la tesi di Giacomo Barzaghi, laureatosi nel 2006 a Padova con relatore Raffaele Fiengo, sindacalista del Corriere della Sera. Titolo: "La mancata tutela del risparmiatore nell’informazione finanziaria. I casi de Il Mondo e di Milano Finanza".

Per esempio:

Il 5-8-1985 il Mondo parte col 1° rapporto/guida sui fondi di investimento, a cura dell’ufficio studi (?) del Mondo e della Fideuram. Ma come? La Fideuram era la principale rete di vendita porta a porta di fondi comuni! Che imparzialità ci si poteva aspettare da chi faceva i soldi proprio vendendo fondi? E infatti l’imparzialità non c’era.

In piena crisi finanziaria il Mondo pubblica imperterrito un grafico della società "Anima" a esaltazione dei fondi comuni (21-11-2008, pag. 48). Grafico svettante che si ferma al 2006 e nasconde così al lettore i crolli per i mutui subprime (2007) e il fallimento della Lehman Brothers (2008).

Il 20-8-2010 strilla in copertina un servizio sui risparmi degli italiani: "Il tesoretto" di Leo Campagna e Daniela Stigliano, dove spicca un grafico intitolato come uno spot pubblicitario: "Meglio i fondi comuni" (pag.16).

Peccato che il consiglio, oltre che deleterio, faccia violenza agli stessi dati pubblicati: i fondi comini appaiono andati peggio! La conclusione dell’articolo: "l’indice dei fondi comuni si è comportato meglio rispetto al giardinetto finanziario degli italiani dal 2005 a oggi". Affermazione priva di qualunque riscontro, smentita da ogni ricerca seria, per es. da quelle di Mediobanca, e al posto giusto solo in una réclame (i venditori di fondi ringraziano).

Un direttore radiato. Non tutte le testate possono vantare un direttore radiato dall'Ordine dei Giornalisti per una storia di soldi corrisposti da una banca. Il Mondo sì. Gianni Gambarotta si lasciò il giornale nel 2006, appunto per la radiazione dall'Ordine, cosa che il Mondo tenne ben nascosta ai suoi lettori.

Fiuto giornalistico. Alcuni collaboratori del Mondo però eccellono. Vedi Enrico Cisnetto che difende a spada tratta Massimo Faenza e la sua banca Italease (17-11-2006 pag. 22). Accortosi che "tutti si chiedono che cosa ci sia dietro gli ottimi risultati dell’istituto di credito specializzato nel leasing", spazza via ogni perplessità.

Titola "Il caso Italease non nasconde segreti". Ne seguì il crollo delle azioni Italease, un costoso salvataggio, l'arresto e condanna di Faenza. Fiuto giornalistico confermato nell'esaltazione senza riserve di Antonio Mastrapasqua all'Inps: "i risultati ottenuti di Mastrapasqua in questi anni li raccontano i numeri" e "ha trasformato il più grande ente previdenziale europeo [...] in un gioiellino" (7-2-2014 pag. 7). Infatti poco dopo Mastrapasqua fu costretto a dimettersi.

Contenitori di pubblicità. Il peggio del Mondo sono stati, se è possibile, i suoi dossier. Vedi per esempio uno dei ripetuti e terribili "dossier risparmio gestito" (10-3-2006, pagg. 64-76). Di 13 pagine ben 6 sono di pubblicità. A stento si notano sostanziali differenze con le altre 7.

L'ultimo direttore. L'ultimo a dirigere il Mondo è stato Enrico Romagna-Manoja, che non ha voluto sfigurare. Nei suoi editoriali insiste che il "risparmio gestito [...] deve restare una componente fondamentale nel portafoglio delle famiglie italiane" (20-3-2009 pag. 9), incurante del suo fallimento, dimostrato da varie analisi (ufficio studi Mediobanca ecc.).

Sotto il titolo "Ritorno in Borsa con bond-appeal" sostiene, a parte le varie espressioni entusiastiche, che l’offerta delle azioni Enel Green Power è tale "da far assomigliare l’investimento più alla sottoscrizione di un bond che non a una scommessa azionaria" (22-10-2010, pag. 9). L'Enel ringrazia, ma l'affermazione è del tutto falsa. Quelle azioni non avevano nulla di un’obbligazione: né interessi fissati dal regolamento, né garanzia di rimborso.

Scrive che il salvataggio della Grecia è avvenuto "senza toccare i singoli risparmiatori" (29-3-2013 pag. 7). Invece avevano perso più del 70%. Riporta la sparata che "la gestione del denaro contante comporta in Italia una spesa annua di 10 miliardi di euro" (15-11-2013 pag. 7): ringraziano le banche italiane, cui il contante dà fastidio perché non ci raschiano nessuna commissione.

Banca Intesa-Sanpaolo. Ma se è il Mondo è stato un giornale non inutile, bensì dannoso, non è solo colpa di redattori e autori. A comandare nei giornali è (logicamente) la proprietà. Capiservizio, capiredattori, direttori, responsabili della pubblicità ecc. non contano assolutamente nulla. E fra chi controlla la RCS-Rizzoli Corriere della Sera spicca Banca Intesa-Sanpaolo, cui fa ovviamente gioco che le testate controllate spingano qualunque immondizia finanziario-previdenziale. Così le sarà più facile rifilarla ai malcapitati clienti.

P.S.: Avevo proposto ad alcune testate, anche on line, qualche commento sulla chiusura del Mondo. Ma cane non mangia cane. Quanti giornalisti, opportunamente pagati, non si sarebbero comportati anche peggio? Per questo il blog di Beppe Grillo resta uno dei rari spazi di libertà d'espressione in Italia."
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ITALIA: FONDI PRONTI A COMPRARE

ROMA (WSI) - Erano anni che l’Italia non raccoglieva un interesse simile sui mercati. Con lo spread tornato dov’era due anni e mezzo fa, le quotazioni di Intesa Sanpaolo mai così alte dalla fine del 2008 e il titolo Unicredit risalito ai livelli di metà 2011, il Paese inizia a rivedere i segni del denaro che affluisce dall’estero.

Sono talmente tante decine di miliardi, che nella piccola euforia finanziaria di questi mesi un dettaglio rischia di passare inosservato: ciascuno di quegli euro ha una data di scadenza. Non necessariamente è ravvicinata, ma la fiducia che il Paese raccoglie oggi nella City o a Wall Street non è a tempo indeterminato. Sarà soggetta a verifiche ogni pochi mesi.

Giovedì della scorsa settimana un gruppo di investitori si è ritrovato nella sede di Royal Bank of Scotland, nel miglio quadrato della City di Londra. I gestori di fondi presenti erano circa trecento e in aggregato rappresentavano istituzioni che controllano ogni giorno molte migliaia di miliardi di dollari sui mercati globali. Fra gli altri c’erano colossi americani come Blackrock, Fidelity, Blackstone, hedge fund di punta come quello di George Soros o Glg, fondi pensione, banche, più l’antica aristrocrazia europea del risparmio gestito con Schroders. Per una giornata gli investitori hanno ascoltato presentazioni sull’Italia, fra le quali quella di Maria Cannata, la dirigente del Tesoro che gestisce il debito pubblico.

A un certo punto però è stato chiesto ai presenti come la pensavano, con un sondaggio anonimo. Ed è solo allora che è emerso come il Paese oggi goda più del beneficio del dubbio, che di una fiducia definitiva. Moltissimi sui mercati aspettano di misurare la capacità del Paese di cambiare e modernizzarsi, prima di decidere davvero di crederci.

Il 70% degli investitori raccolti ha sì detto che nei prossimi tre mesi «comprerà asset italiani», mentre solo il 30% non pensa di farlo. L’analisi dei problemi però è venuta subito dopo. In modo sorprendente per un gruppo di operatori finanziari, solo una minoranza pensa che i grandi problemi del Paese nel lungo periodo siano il debito pubblico o i prestiti inesigibili che gravano sulle banche. Quasi tutti guardano alle condizioni reali: per il 21% il principale problema è un mercato del lavoro dalle regole asfittiche. Quasi altrettanti (il 20% della platea raccolta da Rbs a Londra) pensano invece che a pesare di più sull’Italia in prospettiva sia il «rischio politico»: l’incapacità di avere coalizioni stabili e la minaccia dei gruppi populisti e anti-euro come M5S. Terza ombra da rimuovere, secondo gli investitori, quella che riguarda «criminalità e corruzione ». Il debito pubblico viene solo dopo nella gerarchia dei rischi, sintomo e non causa di tutti i mali.

Ovvio dunque che i grandi investitori della City vedano un programma di lavoro già scritto per il governo di Matteo Renzi. Il 37% indica la riduzione della spesa e della burocrazia come la riforma più importante. Il 28% vuole una seria nuova riforma del lavoro e il 21% si aspetta che arrivi a compimento il cammino della legge elettorale. Ancora una volta interventi di tipo finanziario, dalla riforma del fisco e un riassetto delle banche, sono messi in seconda fila fra le cose da fare.

Poi però gli organizzatori di Royal Bank of Scotland hanno chiesto ai loro ospiti: «Pensate che il governo Renzi riuscirà ad approvare riforme sostanziali?». Qui il 38% dei presenti in sala ha risposto di sì e il 62% ha detto di no. Anni di governi italiani che stilano programmi, annunciano impegni, quindi galleggiano fino alle elezioni o al suicidio, hanno lasciato il segno nelle menti degli investitori esteri. Non è un caso se, fra quelli riuniti la settimana scorsa, più di uno su tre (il 35%) ammette di essere frenato dal puntare di più sul Paese dalla «stagnazione nelle riforme».

E più di due su tre (il 67%) avverte che proprio l’assenza di progresso nelle riforme potrebbe spingerlo a liquidare le proprie posizioni sull’Italia. La fiducia a Renzi è a tempo. Se finirà nello stesso «pantano» in cui ha accusato Letta di essersi cacciato, gli investitori non tarderanno a farglielo sapere. Voteranno con il portafogli, contro il premier e soprattutto contro l’Italia. Se invece le riforme sul lavoro, la spesa o la burocrazia saranno credibili, allora la piccola euforia dei mercati di questi mesi sarà stata solo l’antipasto. Poi, in teoria, viene la vera ripresa.

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RISCHIO BOLLA. IL SETTORE DA EVITARE

Tutto nasce anche in seguito all’affaire Herbalife dove George Ackman miliardario gestore di un hedge fund, ha scommesso un milione di dollari sul crollodella società da lui accusata di essere sorretta da un enorme schema Ponzi, alla base del quale ci sarebbero conti gonfiati non da veri e propri investimenti e utili, ma solo dal continuo reclutamento di venditori. Un’operazione che per molti è addirittura senza precedenti, con la raccolta di nominativi e testimonianze contro la ditta. Certo è che in un settore di particolare importanza come quello del biotech, dove si tratta della salute e delle tecniche farmaceutiche per salvare milioni di vite umane, il problema non è indifferente. Infatti voci come la ricerca sulle cellule staminali, gli antitumorali o la lotta al Parkinson e alle malattie cardiache attirano l’attenzione della popolazione, degli investitori e, ovviamente, di chi sfrutta la situazione.
E le azioni spesso salgono (e scendono) senza motivo.
Bolla oppure no?
La domanda è quella classica da un milione di dollari (anzi, meglio di euro…). Infatti i titoli dei giornali parlano di un evento a dir poco miracoloso, quello del rialzo delle quotazioni sul settore biotech. Il che avrebbe anche una logica: popolazione che invecchia, sfruttamento delle conoscenze anche nel campo dell’agricoltura, ottimizzazione delle rese per le coltivazioni. Quindi i punti a favore ci sarebbero tutti. Solo che… Solo che molti nomi “vantano” un effetto traino o di un ottimismo che potrebbe essere non giustificato.

Un esempio? Geron in calo del 58% dall’inizio dell’anno. Debolezza del mercato? No, solo la decisione da parte delle autorità sanitarie di bloccare alcuni suoi prodotti. Quindi errore della società
I nomi
Altro nome Cerese qui ci spostiamo sul settore agricolo. Non cambiano invece i dati negativi -37 %. Nonostante le necessità di un settore, come quello delle colture, soggetto a gravi perdite per il maltempo, giustificherebbero invece un rialzo.
Xoma, Cytrx e Celldex Therapeutics tutte e tre con un - 39%. La prima vittima di conti negativi all’inizio del mese, la seconda invece al centro di uno scandalo e una possibile indagine da parte delle autorità di vigilanza, mentre la terza è in una situazione anche peggiore visto che si trova in calo vistoso nonostante abbia beneficiato di vari investimenti effettuati nel campo della ricerca oncologica, voce particolarmente sensibile e capace di attrarre capitali. Da qui la paura di un titolo sopravvalutato. Sopravvalutazione che potrebbe aver coinvolto anche la NewLink Genetics e la Raptor Pharmaceuticals entrambe con un -37%. Ma la lista pubblicata è lunga Agenus (-33 %), Galena Biopharma(-32 %), Zogenix (-32 %), Novavax (-34 %) e Oramed Pharmaceuticals (-27 %).
Sulla base di queste cifre è difficile dire come e perchè molti parlino di una serie di ottime performance. Indubbio il fatto che nel 2013 ci sia stato un aumento di Ipo e M&A e che a fronte di queste perdite si registrino i famosi sopra citati “miracoli” come quello del +450% di Intercept Pharma, ma resta pur sempre il fatto che i nomi che possono registrare performance a tre cifre sono sempre di meno e soprattutto sono sempre di più quelle che in passato lo hanno fatto senza mantenere le promesse.
Sembra essere già più ottimista JP Morgan che se di una bolla può temere l’insorgere, in particolare sulle small cap, preferisce mantenersi ottimista sui grandi nomi. Una implicita ammissione di bolla?
Rossana Prezioso per Trend-online


VEGAS: AIUTARE I RISPARMIATORI A SCEGLIERE

Per riconquistare la fiducia dei risparmiatori le banche hanno ancora molto da recuperare, anche se qualcosa inizia a cambiare. Prova ne è la raccolta boom di prodotti del risparmio gestito che l'industria italiana sta vivendo. Ma per non ricadere negli stessi errori del passato, quando sono stati venduti a ignari risparmiatori prodotti poco adatti alle loro esigenze e al loro profilo di rischio, occorre un intervento a livello centrale. Anche una maggiore fiducia nel sistema bancario consente infatti di far ripartire lo sviluppo.

A questo pensa il presidente della Consob Giuseppe Vegas, che ha lanciato l'idea di una moratoria, su base volontaria, con le società emittenti per immettere sul mercato prodotti più semplici. Vegas, in occasione di un convegno all'Abi sui doveri e le responsabilità degli amministratori bancari, ha sottolineato che «dobbiamo aiutare i consumatori a scegliere più facilmente i prodotti finanziari e superare la sfiducia che hanno dimostrato in questi tempi di crisi», ha auspicato il numero uno della commissione di vigilanza dei mercati finanziari.

"In Belgio, ad esempio c'è una moratoria su base volontaria per il retail e qualcosa è allo studio anche in Germania", ha ricordato Vegas. "Non possiamo aspettare l'entrata in vigore della Mifid review fra due anni. Dobbiamo anticiparla e si può fare con una sorta di moratoria verso i prodotti complessi. Questo ci permetterà di togliere qualche ombra e far ripartire il sistema", ha aggiunto Vegas che ha sottolineato di aver già avuto alcuni incontri con l'Abi in questo senso.

La moratoria, ha spiegato il presidente della Consob, sarebbe su base volontaria e coinvolgerebbe quindi le emittenti che volessero parteciparvi e che avrebbero, aderendo alla moratoria, meno controlli. "I prodotti", ha specificato il presidente della Consob, "devono rappresentare pura convergenza di interesse fra banca e risparmiatore"

In Italia "abbiamo dato già corso a incontri con l'Abi per valutare una sorta di moratoria in cui gli emittenti si dichiarano favorevoli a emettere prodotti finanziari più semplici che avranno meno controlli. In questo modo", ha proseguito, "si può creare un sistema di maggiore fiducia e semplicità del prodotto. Questo può togliere qualche ombra e può far partire il sistema finanziario che, insieme al sistema bancario, possono schiacciare l'acceleratore di sviluppo. Se questo accordo in porto in tempi rapidi possiamo creare una leggere crescita di benessere", ha concluso Vegas.
Milano Finanza


COMMENTO IN CHIUSURA

Piazza Affari ha chiuso in rialzo con l´indice Ftse Mib che è tornato sopra quota 21.000 punti, a ridosso dei massimi del maggio 2011. Una sponda importante è arrivata dall´asta dei Ctz, collocati 2,5 miliardi di euro di titoli allo 0,707% (nuovo minimo storico), e dal balzo della fiducia dei consumatori italiani salita ai massimi dal 2011. Riscontri che si sono aggiunti a quelli di ieri Oltreoceano con la fiducia dei consumatori statunitensi che si è attestata su livelli che non si vedevano dal 2008. Sempre negli Stati Uniti oggi gli ordini di beni durevoli a febbraio hanno mostrato un progresso del 2,2%, battendo le attese degli analisti. Mentre sul mercato secondario lo spread Btp-Bund è sceso sotto i 180 punti base, a Piazza Affari l´indice Ftse Mib ha chiuso con un rialzo dell´1,37% a 21.108 punti. Gli acquisti hanno premiato il comparto bancario: Montepaschi ha guadagnato l´1,82% a 0,239 euro, Popolare di Milano il 5,16% a 0,681 euro, Intesa SanPaolo l´1,50% a 2,294 euro, Mediobanca lo 0,64% a 7,82 euro, Ubi Banca l´1,91% a 6,39 euro, Unicredit l´1,17% a 6,44 euro. Restando nel comparto finanziario Mediolanum è avanzata del 3,67% a 6,625 euro dopo aver chiuso il 2013 con un utile netto in calo del 4% a 336,6 milioni di euro. L´utile pre imposte è salito del 9% a 544,1 milioni, raggiungendo il miglior risultato nella storia della società. Il totale delle masse gestite e amministrate si è attestato a 57,83 miliardi di euro, in crescita del 12% rispetto al 2012. Ben comprati sul Ftse Mib anche i titoli del lusso: Yoox ha mostrato un progresso del 2,94% a 95,10 euro, Tod´s del 3,36% a 95,10 euro, Luxottica del 2,86% a 41,66 euro. Brillante performance di Mediaset (+3,81% a 4,024 euro) all´indomani dei conti 2013 che hanno visto il ritorno all´utile anche se è stata confermata la mancata distribuzione del dividendo. Il risultato netto del gruppo di Cologno Monzese è stato positivo per 8,9 milioni di euro contro la perdita di 287,1 milioni del 2012. L´Ebit è passato da -235,4 a +246,3 milioni di euro. In calo invece il fatturato a 3,41 miliardi dai 3,72 miliardi del 2012. Debole Pirelli (-0,17% a 11,18 euro) alla vigilia della pubblicazione dei conti 2013. Il consensus, calcolato come media aritmetica semplice delle previsioni prodotte da un campione di analisti finanziari che seguono il titolo Pirelli, vede per l´esercizio 2013 un utile netto pari a 339 milioni di euro, ricavi a 6,16 miliardi, un risultato operativo a 788 milioni e un debito netto a 1,38 miliardi di euro. Per il 2014 l´utile netto è previsto a 439 milioni, i ricavi a 6,24 miliardi, l´utile operativo a 846 milioni e il debito netto a 1,07 miliardi di euro.
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