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SINTESI DELLA GIORNATA FINANZIARIA DEL 24 MARZO 2014



Inizio di ottava difficile per Piazza Affari complici le deboli indicazioni macro arrivate sia da Cina che dagli Usa. A turbare i mercati europei ha contribuito anche l'esito delle elezioni amministrative in Francia, con il trionfo del fronte anti europeista. In chiusura l'indice Ftse Mib ha ceduto l'1,65% a quota 20.626 punti.
A pesare sull'umore dei mercati del Vecchio continente già in avvio di giornata ha contribuito anche le ennesime deludenti indicazioni dalla Cina. L'indice cinese Pmi Hsbc è sceso a marzo a 48,1 punti dai precedenti 48,5 attestandosi sui minimi degli ultimi 8 mesi. Poi nel pomeriggio è arrivata anche la debole lettura dell'indice Pmi manifatturiero degli Stati Uniti calcolato da Markit e sceso a 55,5 punti a marzo dai 57,1 punti del mese precedente. Gli analisti si aspettavano un calo meno marcato a 56,5 punti.

Tra i pochi a schivare le vendite sul Ftse Mib è stata Mps (+1,54% a 0,2367 euro) che venerdì ha visto irrompere nell'azionariato Blackrock con una quota del 5,748% dell'istituto senese.

Arretramento per Finmeccanica (-1,07% a 6,945 euro) dopo un avvio di giornata in buon rialzo insieme alla controllata Ansaldo STS che invece ha conservato fino alla fine il buon umore andando a chiudere a +1,85%. A far da volano alcune indiscrezioni apparse nel weekend su La Repubblica secondo cui sarebbero giunte a Finmeccanica quattro offerte per Ansaldo STS e AnsaldoBreda da parte di General Electric, Hitachi, Thales e Bombardier. Inoltre Ansaldo Sts beneficia anche delle notizie in arrivo dal Perù. Il consorzio formato da Salini Impregilo, AnsaldoBreda e Ansaldo STS ha presentato l'unica offerta nella gara per la costruzione della seconda linea della metropolitana di Lima. Commessa da 6,6 miliardi di dollari, pari a 4,8 miliardi di euro. Secondo Banca Akros la quota di Ansaldo STS sarebbe pari a circa 480 milioni di euro, mentre la parte di pertinenza di AnsaldoBreda potrebbe valere sui 240 milioni di euro.
Finanza.com

GOVERNO PENSA A BONUS 80 EURO IN BUSTA PAGA AL POSTO DELLE DETRAZIONI IRPEF
Esecutivo al lavoro per mettere nero su bianco la promessa di garantire 80 euro extra in busta paga a partire da maggio. L'ultima ipotesi è quella di accantonare la strada dell'aumento delle detrazioni in busta paga per i redditi fino a 25mila euro lordi e indirizzarsi verso l'inserimento degli 80 euro in più a partire da maggio sotto forma di bonus in busta paga. 
Con l'avvicinarsi della scadenza chiave della presentazione del Documento di economia e finanza (Def), il premier Matteo Renzi sta lavorando con il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan per pervenire a un sistema che renda più visibile in busta paga l'aumento di 80 euro mensili rispetto alla soluzione prospettata nelle scorse settimane di un aumento delle detrazioni irpef. Secondo quanto riportato oggi dal quotidiano La Repubblica la soluzione percorribile sarebbe quella di inserire in busta paga un bonus che avrebbe il pregio di concentrarsi su alcune fasce di reddito prescelte tagliando la coda decrescente di sconti ai redditi sopra i 25mila euro e fino ai 55 mila che, seppur piccoli e a scalare, deriverebbero dal meccanismo delle detrazioni. 
L'intento del governo sarebbe di chiudere il cerchio inviando il Def e il Piano nazionale di riforme prima della scadenza del 15 aprile. In tal modo avrebbe poi più tempo per mettere insieme i decreti legge necessari per rendere effettivo il taglio del cuneo fiscale . Oltre agli aumenti di 80 euro in busta paga a partire da maggio, c'è in agenda anche la riduzione dell'Irap che sarà finanziata dall'aumento delle aliquote sulle rendite finanziarie (dal 20 al 26%). 
Intanto parallelamente va avanti la discussione in merito al reperimento delle risorse necessarie. Il taglio dell'Irpef costerà 6,6 miliardi di euro da maggio a dicembre e negli ultimi giorni il premier Renzi ha fatto intendere che le risorse da spending review potrebbero essere inferiori a quelle del piano Cottarelli, in particolare non dovrebbe essere compreso il contributo sulle pensioni. Buona parte delle risorse potrebbero comunque arrivare "in automatico" con le misure annunciate dal governo Renzi che secondo quanto riportato dall'Ansa andrebbero a incrementare dello 0,5% il potenziale di crescita del Pil italiano nel 2014 liberando 0,2 punti di deficit (circa 3,2 mld).
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BORSE INCERTE PER VITTORIA FRONTE ANTIEUROPEISTA IN FRANCIA E DATO PMI CINESE
Incertezza diffusa tra le principali Borse europee in un avvio di seduta e di settimana caratterizzato dall'esito delle elezioni amministrative in Francia, con il trionfo del fronte anti europeista. A pesare sull'umore dei mercati del Vecchio continente anche le ennesime deludenti indicazioni dalla Cina. L'indice cinese Pmi Hsbc è sceso a marzo a 48,1 punti dai precedenti 48,5. "La lettura flash dell'indice Pmi manifatturiero di marzo suggerisce che la crescita della Cina continua a rallentare", afferma Hongbin Qu, capo economista di Hsbc. "La debolezza è sostanzialmente dovuta a un ulteriore indebolimento della domanda interna. Ci aspettiamo che Pechino lanci una serie di misure per stabilizzare la crescita", aggiunge l'esperto.

Amministrative in Francia: Fronte Nazionale affossa Hollande

Trionfa il Fronte Nazionale, l'estrema destra di Marine Le Pen, alle amministrative in Francia, batosta invece per i socialisti del presidente Francois Hollande. Questo il risultato emerso dal primo turno nelle città in Francia. Un importante esito per il partito di estrema destra che ha conquistato il primo posto in molte città del Sud della Francia, mentre a livello nazionale ha raggiunto il 5% a livello nazionale, presentandosi solo in quasi 600 comuni sugli oltre 36mila.

Le elezioni municipali Oltralpe hanno segnato un elevato tasso di astensionismo intorno al 38%, un dato che mostra chiaramente la disaffezione dei francesi dalla politica. Sono oltre 36 mila i comuni francesi che sono andati alle urne. Il secondo turno si svolgerà domenica 30 marzo
Un risultato che è anche un chiaro messaggio nei confronti dell'Europa. Alla luce di questi risultati cresce il timore, in vista delle elezioni europee in calendario il 25 maggio, che l'estrema destra conquisti anche il Parlamento europeo. 

Intorno alle 9.30 a Londra l'indice Ftse mostra un calo dello 0,22% a 6.542,5 punti e a Francoforte il Dax cede lo 0,24% a 9.320 punti. Il listino parigino Cac40 cala dello 0,34% a 4.20,72 punti. Movimenti incerti per Piazza Affari, dove il Ftse Mib viaggia a 20.977,68 punti, mostrano una leggera crescita dello 0,03%.

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TELECOM ITALIA: ECCO IL PIANO INDUSTRIALE TARGATO FOSSATI
Findim Group di Marco Fossati, azionista di Telecom Italia con una partecipazione del 5%, ha alzato il velo sul piano industriale che presenterà all'assemblea del 16 aprile dell'azienda tlc chiamata al rinnovo del Consiglio e all'elezione del nuovo presidente. Il piano prevede la separazione di Telecom Italia in tre divisioni: telefonia mobile, fissa e una nuova business unit dedicata ai servizi, al fine di sostenere la crescita del gruppo e garantire una maggiore flessibilità finanziaria. La nuova organizzazione dovrebbe consentire alla compagnia di passare da una situazione di ex monopolio a una situazione di 'crescita imprenditoriale'. Il piano prevede anche il potenziamento di Tim Brasil anche per vie non organiche, passando attraverso alleanze con gli operatori fissi nazionali Gvt od Oi e una partnership in Italia con la Cassa Depositi e Prestiti per accelerare gli investimenti sulla rete.
Nel dettaglio della ripartizione in tre business area, l'unità della telefonia mobile e quella dei servizi dovranno puntare a realizzare partnership e joint venture. La divisione della telefonia fissa dovrà migliorare la propria struttura di rete attraverso un limitato aumento di capitale sostenuto da investitori istituzionali. Il progetto di Fossati è poi quello di istituire un Cda indipendente in modo da creare valore per tutti gli azionisti nel lungo periodo. Il piano, composto da 178 slide, è stato elaborato insieme alla consulenza del candidato presidente per Findim Vito Gamberale e Girolamo Di Genova e Franco Lombardi, candidati proposti da Fossati per il Cda, in collaborazione con la società Analysys Mason. Nei prossimi giorni verrà presentato agli investitori esteri in vista dell'assemblea.
Findim Group ha poi annunciato l'integrazione della lista dei candidati per il rinnovo del Cda di Telecom Italia, ottemperando così alle disposizioni dello statuto del gruppo in materia di parità di genere. Nell'elenco sono entrati i nominativi dell'ingegnere Maria Elena Cappello e dell'avvocato Daniela Mainini. Non solo. "Findim Group - si legge in una nota - ha provveduto a rettificare le dichiarazioni, per un mero errore materiale nella compilazione della modulistica, dell'ingegnere Vito Alfonso Gamberale e dell'ingegnere Girolamo Di Genova chiarendo l'assenza di conflitti di interesse". Inoltre, prosegue la nota, "al fine di ottemperare alla completa indipendenza, Di Genova ha presentato in data odierna le proprie dimissioni dal consiglio di amministrazione della società Metroweb Italia.
L'attesa ora è per la lista che presenterà Assogestioni. Per ora la sfida per la presidenza di Telecom Italia è tra Vito Gamberale (proposto dalla lista Findim) e Giuseppe Recchi. L'attuale presidente di Eni è il candidato della lista Telco in cui figurano tra gli altri anche l'Ad di Telecom Marco Patuano e l'Ad di Terna Flavio Cattaneo.
Nel frattempo, diverse indiscrezioni di stampa riportano di un possibile deal che vedrebbe l'ex monopolista delle telecomunicazioni acquisire per 300 milioni di euro, una quota di minoranza di Metroweb. Quest'ultima ha un fatturato di circa 60 milioni e un Ebitda intorno ai 47 milioni di euro. Ne consegue, spiega Equita nel report odierno, una valutazione per l'asset di almeno 13 volte l'Ebitda (nel caso in cui la quota di minoranza fosse il 49%). "Si tratta di una valutazione elevata ma non è da escludere che non sia giustificabile in virtù delle sinergie industriali", spiega la Sim milanese. "Ci pare tuttavia poco opportuno l'acquisto di una minoranza. Inoltre si tratta di un deal che potrebbe attivare la reazione negativa dell'antitrust". Così il broker che conferma il giudizio buy e il target price a 1,05 euro. Poco mossa l'azione sul Ftse Mib in rialzo dello 0,06% a 0,8235 euro.
Finanza.com

RENZI: NESSUN CONFLITTO CON UE, ITALIA AL SEMESTRE CON RIFORME
Nessun rapporto conflittuale, ma grande fiducia nelle istituzioni europee. Così il presidente del Consiglio italiano, Matteo Renzi, nel corso della conferenza stampa a Bruxelles al termine della seconda giornata di lavori del Consiglio europeo. "Non mi pare che ci sia alcun rapporto conflittuale con le istituzioni europee, abbiamo grandissima fiducia nelle istituzioni europee e un grande desiderio di investire nell'Europa che non rappresenta il nostro passato ma il nostro futuro", ha dichiarato l'ex sindaco di Firenze rispondendo alle domande dei giornalisti.

Semestre europeo: bisogna arrivare con gigantesco lavoro riforme 

Il premier Renzi si è soffermato ampiamente sul semestre europeo, un tema discusso in mattinata anche durante l'incontro con il numero uno del Consiglio europeo, Herman Van Rompuy. "I lavori di questo consiglio europeo sono molto importanti in vista del semestre europeo che non deve essere considerato un appuntamento burocratico. L'Italia ci può arrivare avendo molto da dire e da fare soltanto se prima farà un gigantesco lavoro sulle riforme", ha spiegato Renzi. Per il presidente del Consiglio "le riforme sono il punto centrale, e per le riforme il punto centrale sono i tempi di attivazione". Renzi ha poi dato l'appuntamento al 2 luglio a Strasburgo per vedere cosa è stato fatto dal suo Governo sul fronte delle riforme. E trai prossimi appuntamenti in programma Renzi ha ricordato il vertice sulla disoccupazione giovanile che si terrà a Torino.

E dopo le polemiche delle ultime ore, Renzi ha rimarcato senza molti giri di parole che "l'Europa è casa nostra e non si va con il cappello in mano”. "Ho trovato lontana dalla realtà e strana la ricostruzione fatta (il riferimento è ai sorrisi tra Barroso e Van Rompuy). Bisogna far sorridere le famiglie italiane. Ho un dovere verso l'Italia e non verso l'Europa".
"Il peso degli interessi sul debito è superiore rispetto a quello sull'istruzione - ha poi affermato il premier che ribadisce che in Europa non si va con un atteggiamento di sudditanza -  Noi non siamo in competizione, noi siamo una parte fondamentale dell'Europa. Non veniamo qui a prendere ordini, si chiama commissione ma non è commissione d'esame. Si tratta di presenza del Paese". 

Quanto alla spending review il presidente del consiglio ha detto che "il lavoro di Cottarelli è un buon punto di partenza", anche se su alcune cose non è d'accordo. "Gli 80 euro che daremo non li andremo a prendere dai pensionati e nemmeno dai disabili", ha assicurato Renzi da Bruxelles, precisando che "in alcuni settori si può fare di più". E infine Renzi ha confermato l'impegno del governo sul fiscal compact. "E' un impegno che confermiamo, con tutti i paletti che sono stati messi".
Finanza.com


PENSIONE ANTICIPATA ED ESODATI: NOVITA’ CONTRASTANTI

Continua a rimanere estremamente caldo il capitolo costituito dalla riforma delle pensioni 2014: tra i numerosi fronti aperti in tema di previdenza, quelli costituiti da un riassetto della pensione anticipata e dalla risoluzione della vertenza che ormai da anni sferza la categoria degli esodati ex ministro del Lavoro Cesare Damiano ad aver recentemente riproposto entrambi i capitoli con grande vigoria.
A sorprendere e non poco è piuttosto l’atteggiamento del premier Renzi, che pur parso attivo e dinamico nel proporre le prime soluzioni a quelli che lui e il suo governo ritengono essere i principali temi del momento continua ad ignorare il capitolo riforma pensioni 2014, con conseguenze sociali pesantissime, a cominciare da chi non ha né lavoro nè pensione (gli esodati) per finire a quanti in questi mesi hanno a che fare con salatissime decurtazioni pecuniarie subordinate all’accesso alla pensione anticipata.
Come accennato, fra i temi più scottanti all’interno di quelli che compongono il caso riforma delle pensioni 2014, riordino della pensione anticipata e risoluzione del caso esodati paiono i più rilevanti, con il presidente della Commissione Lavoro ad aver riproposto entrambe le problematiche in combinato alla necessità di affrontare anche la questione della indicizzazione delle pensioni: ‘Non bisogna dimenticare il tema delle pensioni, è un fatto di equità sociale. Reperire le risorse per lo sconto fiscale da erogare ai lavoratori dipendenti nel mese di maggio 2014 è fondamentale’.
‘Più in dettaglio la questione si pone da due punti di vista, cioè affrontare e risolvere il tema degli esodati sul quale la Commissione Lavoro ha approvato una nuova proposta di legge che tiene conto dei 17.000 nuovi salvaguardati conquistati con il Governo Letta, e aprire il tavolo di confronto con il ministro del Lavoro Giuliano Poletti per affrontare la questione della indicizzazione delle pensioni’. Tradotto, il capitolo ‘riforma pensioni 2014’ va affrontato con maggiore decisione.
Gli stessi esodati sono rimasti alla promessa di un iter legislativo ad hoc che avrebbe risolto la propria vertenza entro marzo, ma la cosa non si è mai concretizzata, complice la successiva caduta del governo Letta e l’insediamento di un esecutivo al momento miope di fronte alle numerose emergenze sociali che solo una riforma delle pensioni in questo 2014 potrebbe risolvere.
Pur non avendo direttamente toccato l’argomento, nel corso di precedenti interventi il presidente della Commissione Lavoro si è spesso concentrato sul tema delle pensione anticipata, in merito alla quale vorrebbe maggiore flessibilità e penalizzazioni decisamente ridotte per chi accede all’istituto stesso della pensione anticipata. Tali penalizzazioni, che poi si traducono in pesanti decrementi sugli importi degli assegni mensili, risultano fortemente accentuate per chi accede alla pensione anticipata prima dei 62 e dei 60 anni, con ciò rendendo l’istituto quasi inutilizzabile ai più.
L’emergenza previdenziale sembra in definitiva giunta ad un punto di rottura, con migliaia e migliaia di lavoratori in attesa di una riforma delle pensioni ormai da troppo tempo. Nonostante un livello di tensione così elevata, sin qui il premier Renzi non si è mai davvero cimentato in un iter di risoluzione del caso degli esodati o di intervento in tema di pensione anticipata, ignorando a tal punto la questione della riforma delle pensioni 2014 da non riservargli un minimo spazio neanche all’interno del Jobs Act.
L’unico significativo intervento si è avuto con riferimento alla spending review 2014, con Renzi ad aver espresso un secco no alla proposta formulata da Cottarelli di statuire l’introduzione di un prelievo sulle pensioni al di sopra dei 26.000 euro.
Che tra Damiano e Renzi possa allora consumarsi uno scontro dialettico? Difficile al momento fare delle previsioni, di certo il Premier deve mostrare maggiore decisione nell’affrontare i temi previdenziali ancora insoluti. Ne va delle dignità di migliaia di lavoratori che dopo una vita di contributi hanno diritto ad un meritato riposo.
Finanzainchiaro


ASSEMBLEE BOLLENTI: COME GIOCARE QUESTA CARTA

Assemblee bollenti. A breve, con le assemblee degli azionisti di primavera chiamate ad approvare i bilanci dell'esercizio appena chiuso, prenderà il via la nuova tornata di nomine e di piani industriali ad alta tensione.
IL BALLETTO DELLE NOMINE Già in questi giorni si inizia sul mercato a parlare di liste e di candidature. Ma non è così semplice, soprattutto dopo il nuovo cambio di rotta nei palazzi romani. Sono molte le poltrone in ballo (oltre ai rinnovi delle società quotate, è bene tener conto di tutte le altre società a partecipazione pubblica in scadenza, Poste comprese, con l'approvazione del bilancio 2013 per un totale di 630 poltrone solo per quanto attiene alle società a partecipazione pubblica ), ancora di più gli interessati alle stesse che, pur di assicurarsi un posto al sole, stanno studiando strategie e contromosse da mettere in atto entro il prossimo mese. Le prime date da segnarsi sul calendario sono quelle a 25 giorni dall'assemblea, termine entro cui è previsto il deposito delle liste. Ad aprire le danze saranno Finmeccanica e Telecom Italia (rispettivamente 15 e 16 aprile) per cui, a giorni, gli schieramenti dovrebbero essere ben delineati. Ma si tratta solo dell'inizio con un termine ben preciso: l'assemblea. Insomma per giocarsi la partita sulle assemblee bollenti c'è almeno un mese di tempo per posizionarsi sulle società a più alta tensione. E' bene tuttavia muoversi ora per accendere i fari sul tema e non lasciarsi scappare il treno.

ATTENZIONE NULLA E' SCONTATO: LE RIPERCUSSIONI DELLO SHAREHOLDERS RIGHTS Nulla è scontato. Tanto più che le più recenti normative (il cosiddetto shareholders rights del 2010 compresi record date, ovvero legittimazione all'intervento assembleare ai titolari delle azioni registrati almeno sette giorni prima e proxy, ovvero deleghe di voto) hanno ampliato notevolmente, rispetto al passato, le opportunità di partecipazione dell'azionariato alle assemblee, soprattutto per quanto riguarda la partecipazione dei fondi stranieri, sempre più presenti anche a Palazzo Mezzanotte come “il caso” Blackrock insegna e decisamente più propositivi rispetto alla media finora emersa dagli investitori istituzionali italiani (non è un caso che i fondi attivisti siano tutti stranieri). Un aspetto che potrebbe scardinare i vertici del potere acquisito, se si considera che la maggior parte delle società quotate a Piazza Affari non è controllato da azionisti di maggioranza assoluta. Non solo. I vecchi noccioli duri, veri e propri principati di controllo con il 20-30% del capitale, si stanno disgregando, a vantaggio di nuove maggioranze e anche degli azionisti stessi di minoranze.

GLI APPUNTAMENTI DA TENERE SOTT'OCCHIO, QUANDO E PERCHE'
1-NOMINE
-Cnh: 16 aprile rinnovo cda. Sarà interessante verificare
-Enel: 22 maggio-rinnovo cda con un occhio in particolare per la poltrona attualmente occupata dall'a.d. Fulvio Conti (in Enel da quasi vent'anni seppure con ruoli diversi). A livello gestionale tra i punti caldi del colosso elettrico vi sono: la riduzione dell'ingente indebitamento seguito al rafforzamento in Spagna e il piano di dismissioni in corso.
-Eni: 8 maggio-rinnovo cda e collegio sindacale. Occhio inoltre alla possibile decisione su spin off della controllata Saipem. Paolo Scaroni, attuale amministratore del gruppo, siede sulla poltrona operativa più elevata dal 2005. Negli ultimi mesi tuttavia l'ombra delle inchieste giudiziarie si è allungata anche sul Cane a sei zampe. Tra i papabili si è fatto il nome di Vittorio Colao, numero uno di Vodafone e Flavio Cattaneo (a.d. di Terna a sua volta in scadenza) o infine il manager interno Claudio De Scalzi o nfine Claudio De Scalzi (a.d. Di Enel Green Power). Per Scaroni alcuni ipotizzano il passaggio alla presidenza
-Finmeccanica: 15 aprile- rinnovo cda e cessioni di controllate, dopo Ansaldo Energia ceduta a dicembre al Fondo Strategico per 277 milioni di euro, toccherà ad Ansaldo Breda e a Ansaldo Sts. L'azionista di riferimento è il Tesoro con il 30,2% del capitale e l'azienda è ovviamente di interesse strategico per lo Stato. Le indagini giudiziarie hanno travolto gli ultimi due presidenti del colosso della difesa tricolore, Pier Francesco Guarguaglini e Giuseppe Orsi. Oggi la gestione è affidata dallo scorso luglio e Gennaro (ex capo della polizia) e al direttore generale Alessandro Pansa. Ma i punti interrogativi non mancano. Tra i nomi emersi come possibili papali a un ruolo di primo piano in Finmeccanica anche quello di Franco Bernabè, ex presidente esecutivo di Telecom Italia.
-Pirelli: 9 maggio- rinnovo cda. L'appuntamento è cruciale, a maggior ragione dopo l'ingresso a monte nell'azionariato del gruppo di Rosneft
-Stm: 21 giugno- consiglio di gestione e consiglio di sorveglianza
-Telecom Italia: 16 aprile-rinnovo cda, piano industriale e cessioni. Su Telecom Italia è prorpio il caso di dire che può ancora accadere di tutto. La spaccatura Telco/Findim è solo l'inizio. Anche stavolta, probabilmente, sarà caccia all'ultimo voto.
-Terna: data da definire tra il 9 e il 27 maggio - rinnovo cda e consiglio sindacale

2-PIANI INDUSTRIALI E GOVERNACE
-Acea: data da definire-governace. La tensione tra azionisti è alle stelle. Potrebbero emergere sorprese
-Assicurazioni Generali-28/30 aprile. Determinante per comprendere meglio il futuro degli altri principati e salottini. A iniziare da Telecom Italia partecipata appunto dal Leone di Trieste.
-Banca Carige: 29 aprile-governance e piano industriale. Il gruppo genovese è alle prese con il rilancio industriale che potrebbe passare da un allargamento dell'azionariato.
-Banca Mps: 29 aprile governance e piano industriale. Con la discesa della Fondazione (e di altri soci storici come la famiglia Menarini) nel capitale della società, sarà ancora più determinante l'appuntamento societario per capire come si muoverà il gruppo e con quali azionisti. All'orizzonte inoltre si staglia il colossale aumento di capitale che dovrebbe esser effettuato entro l'estate.
-Bpm: data da definirsi tra il 18 e il 27 aprile-governance (quello “cooperativo” d sempre nell'occhio del ciclone delle istituzioni e dei fondi) e aumento di capitale.
-Credem: 30 aprile-piano di eventuale espansione e rafforzamento
-Mediaset: 29 aprile. Potrebbe essere interessante capire, al di là delle evoluzioni politiche sulla scena italiana (se scenderà nell'arena delle europee un altro componente della famiglia Berlusconi o meno), lo sviluppo industriale del gruppo a livello di partnership o valorizzazioni di asset (come per Premium), rafforzamenti (si parla di una possibile crescita nel digitale spagnolo) ed ulteriori espansioni (la controllata Ei Towers non ha distribuito il dividendo in prospettiva di possibili nuovi investimenti)
-Rcs: 8 maggio- governance e piano. Per quanto riguarda il gruppo che edita Il Corrire della Sera, primo ( e potente quotidiano italiano), la tensione è sempre alle stelle soprattutto dopo le ultime spaccature nell'azionariato (Fiat da una parte e tutti gli altri dall'altra con le banche per ora alla finestra). In assemblea potrebbero emergere nuovi interessanti sviluppi. Da tenere sott'occhio (anche a livello, ovviamente, operativo industriale)
-Unicredit: 13 maggio-piano. In assemblea potrebbero emergere nuovi interessanti spunti riguardanti la valorizzazione (tramite Ipo o cessioni totali o parziali) delle controllate.
Professionefinanza


AZIONI DI RISPARMIO: TORNA DI MODA LA CONVERSIONE

Da Italcementi, a Indesit, fino ad arrivare a UnipolSai e a Intesa Sanpaolo. Tra certezze e scommesse cresce il fermento a Piazza Affari tra i possessori di azioni a risparmio in vista di una conversione in azioni ordinarie. Gli occhi vanno subito su Indesit e UnipolSai, i cui titoli a risparmio lo scorso venerdì hanno chiuso in rialzo di circa 8 punti percentuali proprio in attesa di una trasformazione in ordinarie e oggi hanno proseguito in questa tendenza.
Quello di scommettere sulla conversione delle risparmio è una strategia che torna ciclicamente di moda”, spiega Edoardo Liuni di Trading Room Roma, che poi suggerisce, per chi volesse puntare sulla conversione, di accumulare sui minimi a più riprese, approfittando della fase di debolezza. “Mai acquistare, invece, l’intero ammontare in un'unica soluzione”, prosegue l'esperto, che aggiunge che “in tutti i casi, come ora, in cui cominciano a ventilarsi ipotesi di conversione, anche a causa della eccessiva onerosità nel mantenere quotate le azioni di risparmio, quest'ultime diventano quasi più speculative delle ordinarie”. Paradossalmente, però, pur garantendo un rendimento più alto in termini di dividendo, le azioni di risparmio quotano sempre a sconto rispetto alle ordinarie. “Questo è dovuto principalmente al fatto che l'interesse per i risparmiatori è anche legato alla possibilità di contare di più nelle scelte decisionali intraprese dalla società e di riflesso detenere azioni più speculative nei momenti di crescita dei mercati. Infatti, studi empirici dimostrano che lo sconto tra le azioni di risp e quelle ordinarie si allarga in caso di mercati rialzisti”, prosegue Liuni, che però precisa che i titoli di risparmio assumono un ruolo speculativo nei casi in cui cambiamenti societari di natura straordinaria comportano anche la votazione dell'assemblea degli azionisti di risparmio.
La conversione rappresenta un buon compromesso per le azioni di risparmio che acquistano in termini di diritti, ma perdono potere in termini di dividendo”, commenta Vincenzo Longo, strategist di IG, che parla della conversione come di una scommessa per i prossimi mesi.
Ma quali sono i titoi interessati?
Primo fra tutti UnipolSai. Nel corso di un’intervista rilasciata al Sole24Ore Carlo Cimbri, numero uno del gruppo assicurativo, ha ventilato la possibilità di convertire le azioni di risparmio di categoria A e B in ordinarie, con l’obiettivo di aumentare il flottante della società, precisando che nei prossimi mesi lavorerà su questa operazione.
Ma mentre UnipolSai entrerà nel dattaglio del tema solo nei prossimi mesi, ci sono altre società che già hanno approvato la conversione. Questo il caso di Indesit, il cui cda venerdì scorso ha deliberato la conversione obbligatoria delle azioni di risparmio (circa lo 0,5% del capitale totale) in ordinarie in rapporto di uno a uno e dopo il pagamento di un dividendo alle risparmio di 4,5 centesimi. “La conversione garantirebbe che un`eventuale operazione carta contro carta non possa essere bloccata dagli azionisti di risparmio e garantirebbe inoltre agli azionisti di risparmio le stesse tutele degli azionisti ordinari in tema di Opa obbligatoria in caso di operazione cash”, spiega Equita sim, che aggiunge poi che l'operazione sostiene quindi le ipotesi speculative. Tra le indiscrezioni di stampa, poi ipotizza la cancellazione delle azioni proprie, “operazione che però non avrebbe conseguenze sul deal a nostro avviso”, prosegue la sim. Sempre per quanto riguarda Indesit, le indiscrezioni danno per imminente la nomina di un advisor, mentre la candidata all'acquisizione potrebbe essere Whirpool, seguita da Haier e Arcelik. E anche Intermonte, che conferma il giudizio speculative buy sul titolo, pensa che Indesit stia "preparando il terreno" per un'operazione straordinaria.
Intanto, la prima conversione che arriverà in porto sarà quella di Italcementi, che nei giorni scorsi ha annunciato l’integrazione con la controllata Ciments Francais. Il riassetto prevede il lancio di un’offerta pubblica sul gruppo francese, finanziato attraverso un aumento di capitale da 450 milioni di euro, e la conversione delle risparmio. “Il prossimo step sarà l'assemblea speciale degli azionisti di risparmio fissata per il 7 aprile”, aggiunge Exane Bnp Paribas, che ha un rating outperform sulla società dei Pesenti. Qualora la conversione proposta venga approvata dall'assemblea speciale degli azionisti di risparmio e dall'assemblea straordinaria degli azionisti ordinari, i titolari di azioni di risparmio che non abbiano concorso all'adozione della relativa deliberazione potranno esercitare il diritto di recesso entro quindici giorni dalla data di iscrizione delle deliberazioni di conversione obbligatoria ai sensi dell'art. 2437-bis cod. civ. Lo ha precisato Italcementi, aggiungendo che al riguardo, si rende noto, che il valore di liquidazione delle azioni di risparmio di Italcementi, in relazione alle quali dovesse essere esercitato il diritto di recesso, è stato determinato in 3,519 euro per ciascuna azione.
Sul mercato, in tanto, cresce il pressing sulle azioni di risparmio di Intesa Sanpaolo, in vista della presentazione del piano industriale, che sarà sottoposto all'approvazione definitiva dei consigli di sorveglianza e gestione il 27 marzo e presentato a mercato e stampa il giorno dopo. Quello della conversione delle risp di Ca' de Sass è un tema che ritorna ciclicamente in Borsa. Alla fine dello scorso anno, per esempio, in conference call, il ceo Carlo Messina, interpellato sul tema, aveva rafferddato i bollori dicendo”: Non c'è nulla sulle azioni di risparmio".
Professionefinanza

PIAZZA AFFARI: TITOLI NEL MIRINO
Partenza negativa per Piazza Affari dove l'attenzione è concentrata soprattutto su, Mps, Unicredit, Indesit, Ansaldo e Telecom. Ecco i principali possibili movimenti attesi.
Indesit. Il titolo resta sotto i riflettori, nonostante il cda di venerdì non abbia fornito aggiornamenti in merito al processo di aggregazione o cessione, ma abbia deliberato la conversione obbligatoria delle azioni di risparmio (circa lo 0.5% del capitale totale) in ordinarie in rapporto di 1:1 e dopo il pagamento di un dividendo alle risparmio di 4,5 centesimi. “La conversione garantirebbe che un`eventuale operazione carta contro carta non possa essere bloccata dagli azionisti di risparmio e garantirebbe inoltre agli azionisti di risparmio le stesse tutele degli azionisti ordinari in tema di Opa obbligatoria in caso di operazione cash”, spiega Equita, che poi aggiunge che l`operazione sostiene quindi le ipotesi speculative. Tra le indiscrezioni di stampa, si ipotizza la cancellazione delle azioni proprie, “operazione che però non avrebbe conseguenze sul deal a nostro avviso, e l`imminente nomina di un advisor per Indesit tra Jp Morgan, Deutsche Bank o IMI”, proseguono gli analisti. Per quanto riguarda il deal, i giornali riportano Whirpool come la più determinata, seguita da Haier e Arcelik.
Mps. Titolo sugli scudi dopo che Blackrock ha comunicato di detenere una quota del 5.8%, diventando cosi il secondo azionista dietro alla fondazione (15%, destinata probabilmente a ridursi al 10% post aumento di capitale) e davanti ad Axa (2%).
Moncler. Titolo in luce a Piazza Affari in seguito all'aggiornamento dei titoli sul Ftse Mib. Da oggi Moncler ha preso il posto di Ansaldo Sts nell'indice principale milanese.
Ansaldo Sts. Titolo sugli scudi in Borsa. In seguita dei cambi dei titoli sui listini italianai, Ansaldo Sts è uscita dal Ftse Mib ed è stata inserita nel Ftse Mid cap al posto di Tamburi Investment Partners.
Prysmian. Titolo sotto i riflettori dopo l'intervista al ceo Battista sul Corriere Economia, con focus su M&A. Il ceo ha spiegato che se capita l`occasione buona la società è pronta per un`altra operazione importante. Hanno diversi dossier che stanno analizzando, anche se è difficile trovare una società simile a Draka sul mercato. Focus su Nord America per cavi speciali e oil&gas, Mare del Nord in Europa sempre per oil&gas; inoltre la società non è presente in Corea.
Unicredit. Titolo sotto i riflettori in Borsa dopo la notizia che venerdì sera Moody's Investors Service ha annunciato di aver confermato la valutazione di lungo e breve termine assegnata a UniCredit a “Baa2/Prime-2”. Ridotta invece la valutazione “standalone” che da “baa3” passa a “ba1”. L'outlook è stabile. Il downgrade riflette “l’andamento dei conti societari e la minaccia per la redditività causata dal deterioramento dei prestiti, in particolare di quelli domestici”. Intanto, Ifr, il servizio Thomson Reuters, riferische che Unicredit ha dato mandato a un pool di banche per la gestione di un'emissione perpetua in dollari, callable dopo il decimo anno. Secondo Ifr le capofila dell'operazione sono Citigroup, Hsbc, Societe Generale Cib, Ubs e la stessa Unicredit, che ha in programma di condurre una serie di roadshow in Europa e in Asia per l'emissione, che verrà inserita nel common equity Tier 1 se la cedola dovesse essere del 5,125%.
Maire Tecnimont. Il titolo potrebbe muoversi in scia alla notizia che la società si è aggiudicata, tramite le sue controllate Tecnimont, KT Kinetics Technology e Stamicarbon, nuovi contratti relativi a attività di licensing, technology packages, procurement e servizi di ingegneria per un ammontare complessivo pari a circa 45 milioni di euro. Lo ha spiegato l'azienda in una nota, aggiungengo che tali contratti, relativi al core business Oil & Gas, Petrolchimico e Fertilizzanti, sono stati aggiudicati in Europa, Nord e Centro America e Medio Oriente, "consolidando ulteriormente la strategia di crescita del gruppo nel campo delle attività ad alto contenuto e quindi dalla marginalità più elevata".
Beni Stabili. Il titolo potrebbe reagire alla notizia che la società perfezionerà un private placement di obbligazioni senior non garantite per un importo nominale complessivo di 250 milioni di euro. Lo ha spiegato il gruppo in una nota. Le obbligazioni saranno emesse con un valore nominale unitario di 100.000 euro e multipli di 1.000 euro fino a un massimo di 199.000 euro, con una durata di 5 anni e con una cedola fissa del 3,5% su base annua. La data di emissione e regolamento delle obbligazioni è fissata per il 31 marzo.

Telecom. Titolo sotto i riflettori dopo il piano di Findim che prevede l`accelerazione degli investimenti e lo sviluppo di partnerships. Il socio di minoranza Findim (5% del capitale) ha predisposto infatti un business plan da suggerire al management di Telecom,che prevede la creazione di 3 divisioni (fisso, mobile, servizi) e due mercati geografici. “I rispettivi veicoli dovrebbero accogliere nuovi capitali anche per via di partnership per accelerare gli investimenti”, spiega Equita sim, che apprezziamo la visione industriale predisposta dal socio di minoranza.
Professionefinanza

TASSAZIONE RISPARMIO: IN ARRIVO STANGATA ANCHE SUL CAPITAL GAIN DEI BTP?
Novità in arrivo sulla tassazione delle rendite finanziarie. Il governo Renzi ha annunciato già nei giorni scorsi l’aumento dell’aliquota dal 20% al 26%, con l’obiettivo di racimolare 2,6 miliardi per abbattere del 10% l’Irap sulle imprese. Tuttavia, ad oggi Palazzo Chigi ha sempre smentito che i titoli di stato siano sottoposti alla stangata, rassicurando che BoT e BTp continueranno ad essere sottoposti all’aliquota agevolata del 12,5%.
Tale aliquota si ha attraverso l’imposizione del 20% – applicato a tutte le rendite – sul 62,5% dei proventi derivanti dagli investimenti in titoli di stato. Adesso, pare che essa possa salire anche per i bond sovrani al 20% effettivo o, addirittura, al 26%, la stessa nuova aliquota che sarà prevista su tutte le altre rendite.  
Ma secondo alcune indiscrezioni, la tassazione agevolata al 12,5% continuerebbe a riguardare solo i proventi derivanti dalle cedole o dai rimborsi, non anche le plusvalenze (“capital gains”) realizzate attraverso il trading, ossia vendendo il titolo prima della scadenza. 
Stangata sui titoli di stato?
Facciamo un esempio pratico: quando compro un titolo, il suo rendimento è dato sia dalla cedola periodica staccata (x%), sia dalla differenza di prezzo tra il rimborso e l’acquisto. Se ho acquistato un bond con cedola annua del 3% a 90 e dopo 10 anni mi verrà rimborsato al 100% del suo valore nominale, il mio rendimento annuo sarà pari a 3% + (100 – 90 /10)% = 4%. Per i titoli senza cedola, come i BoT, l’unico rendimento è dato dalla differenza tra il prezzo di rimborso e quello di acquisto del titolo.
Nulla vieta a un investitore di vendere il titolo prima della scadenza, magari per monetizzare l’aumento di valore che si è registrato sul mercato secondario dal momento dell’acquisto. La novità di cui dicevamo potrebbe colpire proprio quest’atto, al fine di indurre probabilmente l’investitore a trattenere il titolo fino alla scadenza, anche se la stangata potrebbe essere controproducente per lo stesso Tesoro, in quanto il mercato potrebbe scontare tale novità, richiedendo un prezzo più basso alle aste o una cedola più alta all’emissione, in modo da compensare l’aggravio fiscale per il caso di vendita anticipata del bond. Il discorso varrebbe, in particolare, per i bond di medio-lunga durata, i quali raramente vengono tenuti fino alla scadenza dagli investitori istituzionali, cosa molto più comune per il piccolo risparmiatore.
di Giuseppe Timpone
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TASI. PER LA CONTE UNA PATRIMONIALE PEGGIO DELL’IMU

La Tasi, la tassa servizi indivisibili comunali che insieme alla Tari, la tassa rifiuti e all’Imu, costituisce la nuova IUC, è una vera e propria patrimoniale.
Tasi 2014: è una patrimoniale
A dare questa affermazione è stato il Presidente della sezione autonomie della Corte dei conti, Mario Falcucci, secondo cui la base imponibile Tasi, costituita dal valore catastale dell’immobile somiglia sempre più alla vecchia IMU, l’imposta municipale propria, nonostante la Tasi, la tassa sui servizi indivisibili comunali, quali la manutenzione delle strade, la pubblica illuminazione ecc doveva essere una service tax che “come accade in altri paesi europei” – ha confermato Falcucci – “incide sugli occupanti, e quindi anche sugli inquilini di immobili a uso abitativo sulla base di parametri di massima dei benefici derivanti dai servizi comunali, qual è la superficie dell’abitazione, tenendo conto dell’ampiezza e della composizione della famiglia occupante”.
Aliquote Tasi 2014
Vale la pena a questo punto ricordare tutta la disciplina sulla Tasi 2014, quindi calcolo, aliquote e scadenza. In merito alle aliquote Tasi 2014, ogni comune può decidere in piena autonomia di innalzare le aliquote sino allo 0,8 per mille e tale aumento potrà essere finalizzato ad introdurre, da parte dei singoli comuni, le detrazioni Tasi. Le aliquote Tasi 2014 potranno arrivare ad un aumento anche fino allo 0,8 per mille, spalmate tra il 3,3 per mille sull’abitazione principale e l’11,4 sugli altri immobili. 
 Detrazioni Tasi 2014
A  seconda della soluzione scelta dal singolo comune gli incassi sono stimati tra 1,3 e 1,7 miliardi e potranno essere finalizzati ( nella precedente formulazione si parlava di “destinazione esclusiva”)  all’istituzione di detrazioni per le famiglie come quelle previste per l’Imu. A tal proposito il Governo aveva suggerito ai comuni di decidere per quanto riguarda le detrazioni Tasi alla stessa maniera già prevista per le detrazioni IMU e come logica conseguenza prevedere l’esenzione dal pagamento della Tasi per chi già risulta esente dal pagamento Imu ( per maggiori dettagli si rinvia Tasi, nessun pagamento per chi è già esente IMUTasi: aliquote, detrazioni ed esenzioni. Ecco le ultime novità
Scadenza pagamento Tasi 2014
Infine, in merito alla scadenza Tasi 2014, si prevede che ogni comune decide anche le scadenza Tasi e scadenza Tari 2014, fermo restando la possibilità di pagare in un’unica soluzione  entro il 16 giugno di ciascun anno,  tramite modello F24 o bollettino postale.
Alessandra Caparello
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RISPARMIO: 5 SEMPLICI REGOLE DA SEGUIRE

Risparmiare senza rinunciare alla qualità della vita?
Per quanto possa sembrare impossibile, in tempo di crisi questa diventa la tendenza vincente, ed è bene che ognuno di noi diventi un buon amministratore se vuole restare a galla in attesa che la tempesta economica e finanziaria passi, lasciando il posto a tempi migliori. Quixa, società assicurativa del gruppo Axa, suggerisce un vademecum del buon risparmiatore, che può essere sintetizzato in cinque parole chiave da
tenere sempre in mente.
1. FISSARE BENE GLI OBIETTIVI.
Un po’ come quando ci si mette a dieta, se in testa non si ha uno scopo chiaro e non si sa bene per che cosa risparmiare, tagliare le spese diventa più difficile. Risparmiare invece in vista di un acquisto importante (l’auto nuova, un viaggio, o semplicemente una spesa quotidiana importante che non si ha immediatamente il budget per affrontare) può aiutare ad educare il proprio portafoglio. Quixa suggerisce di fare una lista delle cose che desideriamo e di quelle che realmente ci servono, e incominciare ad acquistare soltanto queste ultime. Quando si sarà risparmiato a sufficienza, saremo pronti per affrontare il nostro obbiettivo di spesa.
2. SUL WEB OPPORTUNITA’ ALTERNATIVE E CONVENIENTI.
Di questi tempi, la fedeltà non paga più come in passato, almeno non nell’ambito dei consumi. Basta un po’ di buona volontà per accorgersi che per uno stesso prodotto esistono offerte di pari qualità a prezzi più convenienti: è il principio su cui i comparatori di tariffe on line hanno costruito la propria fortuna. E allora perché non utilizzarli? Tariffe Rc auto, conti deposito, tariffe telefoniche, ma anche beni di consumo come smartphone e tablet, che spesso sono venduti a prezzi diversi sul web e nei punti vendita: navigando in rete e confrontando le tariffe si può sempre trovare l’occasione giusta, risparmiando parecchio.
3.  LA CONDIVISIONE DI AUTO E BICI RIDUCE LE SPESE.
“To share” sta diventando il verbo del risparmio: mettere in comune un bene in modo che tutti possano goderne con spese minori. E’ una nuova modalità, che si rifà all’antico baratto, che ci traghetta attraverso l’economia della crisi.
Sono tanti i sensi del “condividere”: usare insieme lo stesso servizio, come nel caso dei trasporti (vedi il car sharing o il bike sharing); condividere uno spazio (reale come i mercatini dell’usato, o virtuale come eBay) per scambiare o vendere beni che, magari, non ci servono più o addirittura servizi, come nel caso della piattaforma di sharing economy Timerepublik . Un altro modo per condividere, secondo Quixa, è fare squadra al momento dell’acquisto: se un gruppo di persone acquista una grande quantità di prodotto, lo sconto è assicurato.
4. I VANTAGGI DEL CHILOMETRO ZERO E DELLA GEOLOCALIZZAZIONE.
Quixa suggerisce di preferire i prodotti a chilometro zero, solitamente più freschi e convenienti rispetto a quelli che passano per la lunga filiera del trasporto. Ma un’altra tendenza “territoriale” si profila per chi vuole risparmiare usando il tablet o lo smartphone: molti produttori sfruttano la geolocalizzazione satellitare di questi apparecchi per mettere a disposizione applicazioni che, quando qualcuno transita in determinate zone, propongono loro offerte personalizzate nel negozio più vicino.
5. LA CONSAPEVOLEZZA FA LA DIFFERENZA.
Sempre secondo la ricerca, la cosa importante è capire davvero cosa ci serve, cosa ci viene offerto, e se l’offerta che abbiamo davanti è quella giusta per noi o se non se ne possa trovare una migliore cercando nei luoghi meno frequentati, per non ritrovarci a fare spese inutili.
Nella scelta di qualsiasi servizio occorre stare attenti a cosa è incluso nel prezzo e a cosa non lo è, per non avere spiacevoli sorprese. Infine, capire bene quando un oggetto è davvero da buttare: riparare invece di gettare via può ridare nuova vita alle cose rimandando le spese, e riciclare gli oggetti apparentemente inservibili può essere anche un piacevole gioco di fantasia. source
Carlo Scalzotto per Finanzanostop


IN FRANCIA VITTORIA DI ASTENSIONISTI E ANTIEUROPEISTI
PARIGI (WSI) - Il Front National, l'estrema destra francese, ha messo a segno un risultato spettacolare alle amministrative di ieri in Francia, contrassegnate da una debacle dei socialisti di Francois Hollande e da un buon risultato della destra moderata dell'Ump.

Senza precedenti l'astensionismo che ha sfiorato il 40%, secondo il ministero degli Interni.

L'Ump è in vantaggio tanto nella capitale Parigi, dove invece i pronostici davano in testa la candidata Ps, che a Marsiglia, dove il candidato Ump è in vantaggio. Nelle due città si andrà al ballottaggio tra due settimane. Invece il FN di Marine Le Pen si è assicurato già al primo turno diverse città del sud, fra queste Perpignan, Avignone, Forbach, Béziers, Fréjus, Tarascon.

In totale, secondo i risultati quasi definitivi annunciati dal ministro degli Interni Manuel Valls, la destra ha raccolto il 46,54% dei voti espressi, la sinistra il 37,74%, l'estrema destra il 4,65% e l'estrema sinistra lo 0,58%.

Il voto amministrativo designa per sei anni i consiglieri municipali di circa 36.700 comuni francesi che poi saranno chiamati ad eleggere il futuro sindaco. (TMNews)
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BANCHE: IL GIORNO DEL GIUDIZIO

ROMA (WSI) - Le banche italiane sono finalmente arrivate al giorno del giudizio. Dopo decenni di gestione miope, conservatrice, clientelare, azionisti e manager stanno ora per essere inchiodati alle proprie gravi responsabilità. E dovranno presto rispondere dei molti misfatti compiuti in passato, quando le cose andavano bene. E' l'ora che ciò accada, poiché un sistema bancario malato è parte consustanziale della crisi che attanaglia il nostro Paese. Non è più tollerabile che i banksters soffochino la liberta' economica e il progresso dei cittadini.

Secondo uno studio recente di Goldman Sachs (banca spregiudicata ma dove almeno il tasso di competenza e' triplo rispetto alle concorrenti) gli istituti di credito italiani in crisi che dovranno rafforzare il capitale attingendo al mercato in vista degli "stress test" previsti dalla Banca Centrale Europea nel 2014 e nei prossimi anni, avranno bisogno di una cifra complessiva tra i 17 miliardi di euro e nel "peggiore dei casi" fino a 23 miliardi di euro. Insomma: le banche annaspano e hanno un disperato bisogno di ossigeno.

I grandi marchi del sistema creditizio che per primi saranno obbligati a rastrellare soldi sono almeno 15 per una somma aggregata di circa 7 miliardi. Tra questi, il Monte dei Paschi di Siena, terza banca del paese, Banca Popolare di Milano e Banco Popolare, rispettivamente quinto e sesto istituto di credito per patrimonio. Inoltre Carige (Cassa di Risparmio di Genova) e nel nordest, la Banca Popolare di Vicenza.

Secondo il Financial Times, che qualche settimana fa ha dedicato al sistema bancario in Italia una lunga analisi intitolata Tempo di modernizzare, gli istituti della penisola hanno performato peggio di tutti gli altri europei nei primi "stress test" del 2011 ordinati da Ue e Bce dopo la recente drammatica crisi finanziaria globale. La banca peggiore in assoluto è MPS, che infatti negli ultimi 4 anni è stata già salvata 3 volte dallo stato (cioè da noi contribuenti) allo scopo di evitare il crack e il contagio di sistema.

Sulla banca toscana - la più antica del mondo - sono tuttora in corso diverse inchieste della magistratura, non solo perche' e' sempre stata gestita come ente subappaltatore del potere politico locale, ma anche per l'uso illegale di derivati che sarebbero serviti per coprire gli enormi buchi di bilancio (MPS ha accusato un perdita di oltre 8,5 miliardi complessivi nel triennio 2011-2013).
Portafoglio banche con debiti sovrani dei paesi Piigs (maggio 2011).
Le maggiori banche, insomma, per la prima volta vedono il loro potere messo seriamente in discussione. Lo stesso presidente della Bce Mario Draghi (mai gli si potrebbe imputare di essere di parte, cioè italiano) creando scompiglio tra i colleghi banksters ha parlato senza mezzi termini di possibile "fallimenti", nel presentare gli "stress test" che saranno condotti su tutti gli istituti europei. La Bce lancerà a novembre un "asset quality review", ovvero la revisione della qualità degli attivi, per monitorare la solidità delle banche. L'esame di Eurotower durerà 12 mesi. Inoltre, l'Ue ha varato di recente l'Unione bancaria che dal gennaio 2015 avrà il compito di chiudere o ristrutturare le 130 banche principali dell'area euro che si trovassero in difficoltà. Alle autorità nazionali spetterà il compito di preparare i piani di fallimenti.

Draghi è stato chiaro: "Alcuni istituti avranno bisogno di fallire"; "se devono fallire, dovranno farlo, non c'è alcun dubbio su questo" ha detto. E Goldman Sachs, illustrando il suo outlook su come gli "stress test" andranno a finire, sembra già aspettarsi - in stile avvoltoio - che qualche grande marchio in effetti finisca presto "pancia all'aria": le vittime ci saranno, anticipa la potente banca di New York.

Ci si è messa anche l'agenzia di rating Moody's, pur con una reputazione macchiata dalla crisi 2008 (non avevano previsto nulla di quel che sarebbe successo) ma oggi in cerca di riscatto, quindi solerte divulgatrice di report oggettivi e oltremodo severi. Fatto sta che Moody's ha lanciato l'allarme proprio sulle banche italiane: l'agenzia annuncia che farà le pulci ai 15 principali istituti, ovvero Banca Carige, Mps, Creval, Bper, Bpm, Popolare Sondrio, Popolare Vicenza, Banco Popolare, Credem, Iccrea, Intesa SanPaolo, Mediobanca, Unicredit, Ubi Banca, Veneto Banca.
Titoli di Stato italiani nel portafoglio delle banche estere e nazionali.
Nelle previsioni del "Credit outlook" di Moody's si parla di "impatto negativo" per le banche che presentano indici di capitale deboli. Il documento segnala per la prima volta quali sono gli istituti più a rischio, citando in particolare Banca Carige (rating B2 sotto revisione per downgrade), Bpm (B1 negative, E+/b2 stable) e Credito Valtellinese (Ba3 negative, E+/b1 stable) per il basso livello di capitale; Mps (B3, negative) e Banco Popolare (Ba3, negative) per la debolezza della qualità degli asset. L'agenzia precisa che Banca Carige, Banca Popolare e Mps prevedono di raccogliere capitali sul mercato o attraverso la cessione di attività. Infatti proprio in questi giorni Mps ha confermato tale scenario, annunciando che vendera' al mercato il 12% del proprio pacchetto azionario. Per gli analisti, le banche che presentano indici di capitale vicini o sotto la soglia dell'8% del Common Equity Tier fissato dalla Bce, incontreranno difficoltà nell'ovviare alle carenze di liquidità attingendo a risorse private. Di conseguenza "aumentano le probabilità di fallimento o intervento pubblico" per salvare gli istituti, con "perdite per i detentori dei bond junior", dal momento che allo stato attuale delle cose "non esiste alcuna evidenza di una misura per bloccare eventuali deficit di capitale". Tradotto: queste banche o faranno bancarotta o finiranno sulle spalle dello stato, cioè di noi contribuenti, già stramazzati da tasse e redditi in calo.

Stando al Financial Times (che ha elaborato dati Bce e Thompson Reuters) al dicembre 2013 l'Italia aveva 694 banche, rispetto alle 623 della Francia e 358 della Gran Bretagna. Gli istituti italiani hanno in totale 33mila filiali a raffronto delle 38 mila di Francia e 12.000 di UK, e 310.000 dipendenti (416mila, 454mila). Pare increbile, oggi, ma fino al 2010 le banche italiane erano considerate tra le più solide in Europa e anche rispetto a quelle americane, per via del legame con il territorio e per una conduzione prudente, quasi ostile all'innovazione. Caratteristiche che avevano in apparenza permesso di far fronte meglio alla crisi globale.
L'offerta di credito in Europa: Italia, la peggiore in assoluto.
Ma l'esplodere delle tensioni sul debito sovrano europeo dei Piigs (Portogallo, Italia, Irlanda, Grecia e Spagna), l'attacco simultaneo all'euro e ai Btp italiani dell'estate 2011, e soprattutto la totale e malsana dipendenza e interconnessione tra sistema bancario e il colossale debito pubblico dell'Italia, che ammonta a oltre 2 trilioni di euro, negli ultimi 2 anni hanno messo alla scoperto l'intrinseca debolezza del sistema bancario italiano.

La recessione che da 3 anni attanaglia il Paese, con una perdita complessiva dal 2011 di -9% del Pil, ha fatto il resto. Per il credit crunch (stretta creditizia) le banche hanno completamente smesso di prestare soldi alle piccole e medie imprese, per cui la ex presunta forza del sistema creditizio tricolore si e' trasformata in un terribile handicap. Senza dimenticare l'altra grande anomalia, e cioè il fatto che il bilancio delle banche è composto in gran parte dai titoli di stato del debito sovrano (Bot e Btp).

C'è poi il capitolo dei prestiti in sofferenza, cioè inesigibili, quelli per cui il debitore non riesce piu' a star dietro al pagamento degli interessi (l'allarme scatta dopo 90 giorni): in Italia sono saliti a fine 2013 al nuovo record storico di 155 miliardi di euro (+20% rispetto a un anno prima) stando ai dati dell'Abi (Associazione Bancaria Italiana) e di Bankitalia. Via Nazionale stima che i prestiti inesigibili continueranno a salire senza tregua nei prossimi anni. La crisi non molla la presa.

Se si dovesse tener conto di questa voce - cioè dell'alto numero di prestiti in default o pre-default - pare chiaro che le esigenze di ricapitalizzazione della banche italiane sono sempre piu' ampie, drammatiche e urgenti. Anche il Fondo Monetario Internazionale ha lanciato lo stesso identico allarme: la bassa redditività degli istituti dovuta al fatto che le banche non prestano all'economia reale per via della crisi, mentre i crediti in essere nel frattempo continuano a deteriorarsi, oltre al legame troppo stretto con il debito sovrano (titoli di stato) sono i veri motivi dell'alto livello di rischio tuttora presente nel sistema bancaro italiano, scrive il Fmi.

Cosa si può fare allora perché i prestiti inesigibili non mandino in bancarotta le banche? Le piu' aggressive - comprese i due colossi italiani TBTF (too big to fail: troppo grandi per fallire) Unicredit e Banca Intesa - stanno cominciando a vendere il loro asset "tossici" ad alcune finanziarie e fondi specializzati soprattutto americani, come KKR (Kohlberg Kravis Roberts & Co.) che, avendo i muscoli per tenerli a lungo, ricomprano il credito deteriorato a prezzi molto scontati.

Unicredit, per esempio, ha preferito prendere di petto la situazione, buttando sul tavolo tutto il "bruttume" dei suoi bilanci, e annunciando pochi giorni fa la più colossale perdita della storia bancaria europea: un rosso di bilancio di 14 miliardi di euro, pari a oltre 20 miliardi di dollari (la perdita sarebbe stata anche più ampia se non fosse intervenuta la rivalutazione delle quote in Bankitalia voluta dal governo a favore dei banksters). Ma non è finita qui. I negoziati per sbolognare al mercato gli asset "tossici" non sono facili. Infatti i compratori - i fondi avvoltoio - pagano in media 30 centesimi per 1 euro e in certi casi appena 10, quindi con uno sconto del 70-90% rispetto al valore originale pre-crisi di quel cespite ormai svalutato.
Crediti deteriorati: nel nostro paese sono saliti a fine 2013 al nuovo record storico di 155 miliardi di euro.
Tuttavia se l'operazione si conclude la banca si libera del credito tossico o in default, anche se fondamentale poi e' che la perdita (-70/90%) appaia effettivamente in bilancio (come ha fatto Unicredit). Molti bankers in privato ammettono che per le banche italiane la soluzione migliore sarebbe un'altra: il governo, ovvero lo stato, potrebbe dar vita a una "bad bank", un istituto pubblico nuovo a cui rifilare tutti gli asset "marci" del sistema. Come avvenne in Spagna con la Sareb, nata con una cinquantina di miliardi di capitale dopo il crollo del mercato immobiliare.

Ma c'è un ma: l'andamento reale dell'economia italiana, e non quello fasullo sbandierato dai media dei "poteri forti", lasciano intendere che i famosi segnali di ripresa per ora non si vedono affatto. In aggiunta alla viziosa e nociva interdipendenza tra banche e debito pubblico, che continua a crescere, avendo toccato a gennaio 2014 il nuovo massimo storico di 2085 miliardi di euro. Per questi motivi, ammettono gli stessi banksters (in privato, non in pubblico) l'ipotesi della "bad bank" in Italia e' impraticabile.

Francesco Daveri, professore di Economia all'Università di Parma, ha detto al FT: "Se una bad bank fosse creata oggi, con molte piccole e medie aziende che ancora vanno in fallimento, e con sempre più prestiti in sofferenza, i costi di finanziamento del debito pubblico italiano diventerebbero ancora più alti". Poiché già adesso tali costi sono pari a 85 miliardi di euro l'anno per il solo pagamento degli interessi (soldi sifonati all'economia reale, ai cittadini, alle famiglie e alla creazione di nuovi posti di lavoro) prima o poi le banche, e la politica, dovranno porsi il problema del non pagamento, o della ristrutturazione, di questo gigantesco, odioso e ingiusto debito pubblico. Per poter davvero ricomiminciare da zero.
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BLACKROCK CONTINUA A FARE ACQUISTI IN ITALIA
NEW YORK (WSI) - L'appetito vien mangiando e il boccone Mps, dopo IntesaSanpaolo e Unicredit, non ha saziato la fame di Blackrock per i «prodotti» made in Italy. Il gigante d'investimento americano - il più grande fondo finanziario del mondo - sta preparando l'assalto alle medie imprese italiane. Il colosso Usa venerdì è salito al 5,75% del Monte dei paschi di Siena e ora è il secondo socio della banca presieduta da Alessandro Profumo dopo la Fondazione di palazzo Sansedoni, scesa al 15%.

Un'operazione che conferma il vivo interesse per le banche della Penisola (secondo azionista sia di Unicredit col 5,2% sia di Intesa col 5%, è poco sotto il 5% in Ubibanca) e, in generale, per il listino di piazza Affari: Blackrock ha infatti una posizione di primo piano in Telecom (attorno al 5%), Generali (3%), Fiat Industrial (4%), Mediaset (2%) e ha circa il 5% di Atlantia, Azimut e Prysmian.

Lo shopping sul listino milanese non si è certamente esaurito venerdì con l'ingresso nel capitale di Rocca Salimbeni. Del resto, le scelte vengono dettate da un algoritmo e per ora l'Italia è tra le mete preferite, tenuto conto che Brasile e Russia sono da poco finite nella lista nera di Blackrock. Sta di fatto il colosso guidato da Larry Fink - ebreo della California che in 20 anni ha creato un colosso da 4.300 miliardi di dollari di investimenti su scala globale - potrebbe far scattare l'operazione «pmi».

Il progetto, per ora ancora a livelli embrionali, è allo studio con i vertici della Cassa depositi e prestiti. Pochi giorni fa, secondo indiscrezioni, emissari di Blackrock arrivati dalla sede di Londra hanno incontrato a Roma Bernardo Bini Smaghi, responsabile progetti speciali di Cdp. Sul tavolo, la creazione di un «fondo dei fondi» volto a incentivare il mercato dei mini bond. Si tratta di strumenti di indebitamento, sostenuti, ma senza successo, dal decreto «Destinazione Italia» varato a febbraio dal governo di Enrico Letta.

La Cdp sta passando al setaccio varie soluzioni volte ad aiutare le aziende per utilizzare queste speciali obbligazioni che hanno l'obiettivo di aggirare il credit crunch. I prestiti bancari ormai vengono sistematicamente negati e servono alternative per finanziare lo sviluppo delle imprese. La Cassa vuole sfruttare l'enorme liquidità inutilizzata di Blackrock e dare così un nuovo sostegno alle medie aziende del Belpaese. Il piano sembra trovare il gradimento del colosso Usa che, proprio per studiare a fondo l'economia italiana, ha intensificato le visite dentro i nostri confini: dal quartier generale londinese, i «pellegrinaggi» di manager Blackrock in Italia si sarebbero intensificati da inizio anno.

D'altra parte, per comprare un titolo sul listino di piazza Affari bastano grafici e slide, mentre per investire nella cosiddetta economia reale serve una conoscenza diretta del territorio. E forse non è un caso che quest'anno la convention dei 150 top manager Blackrock si terrà in Italia, a Milano.

Comunque, non sarebbero solo i soldi dello «zio Sam» ad alimentare il fondo disegnato dalla Cdp. I soldi americani potrebbero essere accompagnati da altre fonti di liquidità: la Cassa intenderebbe coinvolgere nel progetto enti di previdenza e fondi pensione. Alcuni approfondimenti su questa opzione dovrebbero essere al centro di una riunione, in programma l'1 aprile, tra l'alta dirigenza della Cdp e i rappresentanti della Covip, l'autorità di vigilanza sulla previdenza complementare.

Il tutto sotto l'attenta regia del presidente della spa controllata dal Tesoro, Franco Bassanini. Che sta progressivamente mutando la natura della Cdp. Senza dimenticare, che lo stesso esecutivo di Matteo Renzi scommette sulla Cassa per sbloccare definitivamente il pagamento dello stock di debiti della pubblica amministrazione nei confronti delle imprese. La crescita del pil italiano, insomma, passa da via Goito.

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ATTENZIONE: L’8 APRILE IL 95% DEI BANCOMAT POTREBBE ESSERE KO
Windows il sistema operativo che ha segnato un’epoca, che ha permesso, con le sue icone intuitive, al singolo utente di gestire la sua vita informatica in maniera autonoma. Una “finestra” letteralmente, verso un altro mo(n)do di intendere l’informatica. E adesso che l’informatica ha cambiato pelle, più mobile, meno statica, più “indossabile” meno da scrivania, Windows lascia questo modo e per la precisione è proprio Windows Xp una tra le sue ultime versioni a non ricevere più aggiornamenti dai sistemi di sicurezza. Troppo vecchio, troppo costoso. Ma anche troppo diffuso. Infatti proprio la sua casa, la Microsoft, è al centro di un paradosso tipico dei nostri tempi: regina dei Pc, è indietro nel mobile, con il risultato che, mentre da un punto di vista del profitto, conviene puntare su App e iPhone, dall’altro, la sicurezza (che limita i rendimenti perchè spesso investimento a perdere) è trascurata. Ecco allora che, senza aggiornamenti, Windows XP diventa una finestra, si, ma aperta a tutti gli hacker. E il fatto che a rischio siano non solo i Pc di aziende e uffici (in Europa Windows è più diffuso di Apple anche nelle case), ma soprattutto i bancomat, la dice lunga sulla situazione.
I costi dell'assistenza
Una situazione che invece sottolinea un’inadeguatezza della Pa e delle Pmi anche quelle made in Usa (il 10% degli uffici statunitensi si regge ancora su sistemi operativi obsoleti)che difficilmente puntano su un aggiornamento di software (e ancora meno di hardware) come anche sull’aggiornamento delle capacità informatiche dei propri dipendenti (e nella PA italiana lo sappiamo bene, a partire dai database periferici sempre perennemente scollegati da quelli centrali… ma maglio evitare l’argomento…). Non solo, ma moltissime realtà vedono uffici distaccati che potrebbero non solo bloccarsi, ma avere difficoltà anche di assistenza tecnica. Infatti non si tratta solo di Windows Xp ma delle sue varie “versioni” adattate per le diverse esigenze (dai singoli uffici alle banche, agli ospedali, agli uffici di accettazione). In altre parole potrebbero essere sistemi la cui conoscenza è lavoro per personale specializzato non sempre reperibile.
Si prepara perciò la guerra del tutti contro tutti e in un mondo iperconnesso è proprio l’ultima cosa che ci vorrebbe, specie se in questa iperconnessione si trovano in mezzo tutti i nostri soldi (obbligo di conto corrente, ricordate?). E qui casca l’asino: la maggior parte dei bancomat è a base di Windows Xp. Il The Day? l’8 aprile, quando ufficialmente non saranno più forniti aggiornamenti ma solo antivirus ancora per 12 mesi, giusto il tempo per fare uno spin off il prima possibile, con l’aggravante della fretta che è sempre cattiva consigliera.
Non solo soldi
A questo si aggiunga anche il fatto che la migrazione da un sistema a un altro (fosse anche la versione più recente) è sempre fonte di incertezze da parte dell’utente (e quindi un elemento dissuasore), ma anche di spesa. E non sempre l’ente (come anche il privato, però) valuta correttamente il rapporto rischio beneficio e ne trae le dovute conseguenze. Ovvero: costa di più un sistema fin troppo “open” inteso come esposto a sgradevoli scorribande, con perdita di clienti e rischi per la sicurezza, la salute e i soldi, oppure investire maggiormente in una migrazione consapevole e controllata, come anche, magari, un aggiornamento delle capacità dei dipendenti?
E se il problema si limitasse “solo” a questo allora ok, ma il problema invade anche un’altra sfera persino più sensibile: quello della Sanità (prenotazioni di prestazioni e visite, pagamento ticket, appuntamenti per visite specialistiche) e quello del trasporto aereo. E in questo caso gli investimenti da fare non hanno prezzo. Veramente.
Rossana Prezioso per Trend-online

MEDIOBANCA: I TITOLI SU CUI PUNTARE
Il report mensile di Mediobanca Securities sul portafoglio dei titoli italiani long-short ha avuto una performance del +3,2% dall'ultimo aggiornamento del 24 febbraio (-11,8 % dal lancio nell'ottobre 2013) rispetto al +3,2% dell'indice Ftse Mib. I settori lusso (long su Luxottica -3,3% rispetto a short su Ferragamo -12,8%), finanziario (long su UnipolSai +15,8% contro lo short su Generali, -4,2%) e media (long su L'Espresso -3,1%, short su Mediaset -5,3%) hanno contribuito positivamente alla performance mensile.

Questa è stata influenzata negativamente da energia e utilities (long su Eni +3,3% rispetto a short su Enel +7%) e industriali (long su Cnh -3,6% rispetto a short su Interpump +8,5%). Gli analisti hanno quindi aggiornato il loro indice Pulse che nel mese di febbraio ha confermato il trend di fondo positivo già visto a gennaio (da 0,08 a 0,07 rispetto al -0,19 a dicembre). Così ecco i nuovi titoli long di Mediobanca: Pirelli e Unicredit al posto di Cnh e Luxottica, e i nuovi short: Cementir e Intesa Sanpaolo in sostituzione di Interpump e Ferragamo.

Nello specifico, tra i titoli long consigliati da Mediobanca c'è Eni: i dividendi e il buyback sono i fattori chiave in un settore petrolifero attualmente poco attraente. Eni si caratterizza come il titolo meno costoso tra le major oil integrate europee. Invece nel caso de L'Espresso, i risultati 2013 hanno confermato una generazione consistente di free cash flow; inoltre la società editoriale ha ancora spazio per contenere le spese e offre possibilità di M&A (possibile deal con Telecom Italia sulle frequenze Tv).

Pirelli riporterà i risultati 2013 il prossimo 27 marzo e gli analisti di Mediobanca si aspettano che siano buoni. Il recente calo del titolo, secondo gli esperti, è una opportunità d'acquisto. Invece, la recente pulizia di bilancio attuata da Unicredit offre una maggiore visibilità anche per quanto concerne la crescita del Rote della banca. Infine, siccome la redditività del mercato auto italiano dovrebbe rimanere buona quets'anno, gli esperti di Mediobanca sono positivi su UnipolSai, scambiata a sconto rispetto al settore e con uno dei più elevati rendimenti del dividendo.

Per quanto riguarda i titoli short: gli analisti di Mediobanca vedono un aumento dei rischi al ribasso per Cementir a causa degli obiettivi del piano industriale, che risentono di un mercato italiano più debole del previsto, e dell'instabilità politica in Egitto. Poi, nonostante Enel abbia registrato la migliore performance tra le utility europee negli ultimi sei mesi (+42,6% rispetto al +10,4% del settore), il colosso elettrico ha abbassato il rendimento dei dividendi al 3,5% rispetto al 5% del settore, ma secondo gli analisti il management dovrebbe focalizzare l’attenzione sul rafforzamento dello stato patrimoniale.

Per quanto riguarda Generali, il rendimento dei reinvestimenti dovrebbe restare al di sotto del rendimento corrente nei prossimi trimestri e questo potrebbe mettere sotto pressione le stime del consenso per quest'anno. Il premio a doppia cifra a cui tratta Intesa Sanpaolo rispetto a Unicredit dovrebbe ridursi poiché la pulizia di bilancio fatta da Piazza Cordusio dovrebbe dimezzare il premio di capitale e mettere a rischio il dividendo.

In più, gli analisti di Mediobanca ritengono che l'obiettivo di riduzione dei costi del business plan sia già ampiamente scontato nell'attuale quotazione di Intesa Sanpaolo. Infine, gli esperti giudicano negativamente la posizione di Mediset perché lo scenario competitivo domestico è sempre più aggressivo e i telespettatori risultano in calo in termini assoluti. Senza contare che rimane una bassa visibilità sul trend della raccolta pubblicitaria e che le stime del consenso a rischio.
Milano Finanza

COMMENTO IN CHIUSURA
Inizio di ottava difficile per i mercati complici le deboli indicazioni macro arrivate sia da Cina che dagli Usa. A turbare i mercati europei ha contribuito anche l'esito delle elezioni amministrative in Francia, con il trionfo del fronte anti europeista. In chiusura l'indice Ftse Mib ha ceduto l'1,36% a quota 20.626 punti. A pesare sull'umore dei mercati del Vecchio continente già in avvio di giornata ha contribuito anche le ennesime deludenti indicazioni dalla Cina. L'indice cinese Pmi Hsbc è sceso a marzo a 48,1 punti dai precedenti 48,5 attestandosi sui minimi degli ultimi 8 mesi. Poi nel pomeriggio è arrivata anche la debole lettura dell'indice Pmi manifatturiero degli Stati Uniti calcolato da Markit e sceso a 55,5 punti a marzo dai 57,1 punti del mese precedente. Gli analisti si aspettavano un calo meno marcato a 56,5 punti. Tra i pochi a schivare le vendite sul Ftse Mib è stata Mps (+1,54% a 0,2367 euro) che venerdì ha visto irrompere nell'azionariato Blackrock con una quota del 5,748% dell'istituto senese. Arretramento per Finmeccanica (-1,07% a 6,945 euro) dopo un avvio di giornata in buon rialzo insieme alla controllata Ansaldo STS che invece ha conservato fino alla fine il buon umore andando a chiudere a +1,85%. A far da volano alcune indiscrezioni apparse nel weekend su La Repubblica secondo cui sarebbero giunte a Finmeccanica quattro offerte per Ansaldo STS e AnsaldoBreda da parte di General Electric, Hitachi, Thales e Bombardier. Inoltre Ansaldo Sts beneficia anche delle notizie in arrivo dal Perù. Il consorzio formato da Salini Impregilo, AnsaldoBreda e Ansaldo STS ha presentato l'unica offerta nella gara per la costruzione della seconda linea della metropolitana di Lima. Commessa da 6,6 miliardi di dollari, pari a 4,8 miliardi di euro. Secondo Banca Akros la quota di Ansaldo STS sarebbe pari a circa 480 milioni di euro, mentre la parte di pertinenza di AnsaldoBreda potrebbe valere sui 240 milioni di euro. Tra i peggiori performer del Ftse Mib spiccano Yoox (-5,48%) e Moncler (-3,67%). Quest'ultima al debutto oggi all'interno dell'indice Ftse Mib al posto di Ansaldo Sts. Ansaldo Sts è passata nel Ftse Mid cap al posto di Tamburi Investment Partners. Tra i peggiori anche banco Popolare che ha ceduto poco più del 4%. In affanno anche Intesa Sanpaolo (-2,52%) che venerdì diffonderà i conti 2013 e il nuovo piano.
Finanzaonline