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SINTESI DELLA GIORNATA FINANZIARIA DEL 21 MARZO 2014



Piazza Affari ha chiuso in ribasso nonostante l’andamento positivo di Wall Street. Oggi a Piazza Affari era il giorno delle “tre streghe” dove sono scaduti i principali contratti su future e derivati. Sotto i riflettori sono finiti soprattutto gli Stati Uniti: da una parte la conferma del rating tripla A da parte di Fitch, dall’altra la presentazione dei risultati degli stress test da parte della Federal Reserve. Ventinove banche statunitensi su trenta hanno infatti superato con successo gli esami condotti dalla Fed che hanno coinvolto le maggiori istituzioni finanziarie del Paese. Dopo le polemiche dei giorni scorsi sulla tenuta dei conti pubblici italiani, oggi il premier Matteo Renzi ha assicurato che non vi è nessun conflitto ma grande fiducia nelle istituzioni europee. Il Tesoro ha annunciato la nuova emissione del Btp Italia dal 14 al 17 aprile. In questo quadro a Piazza Affari l’indice Ftse Mib ha ceduto lo 0,58% a 20.972 punti.

Contrastato il comparto bancario: Popolare di Milano ha guadagnato lo 0,82% a 0,675 euro e Intesa SanPaolo lo 0,61% a 2,304 euro. In territorio negativo sono invece finite Montepaschi (-2,14% a 0,233 euro), Mediobanca (-2% a 7,835 euro), Unicredit (-1,74% a 6,465 euro) e Banco Popolare (-0,40% a 17,33 euro). Restando nel settore finanziario Unipolsai ha svettato con decisione sull’indice Ftse Mib con un balzo del 9,79% a 2,734 euro. Il titolo della compagnia assicurativa ha sfruttato i conti del 2013 pubblicati ieri sera che hanno evidenziato un utile lordo di 1,17 miliardi di euro e netto di 694 milioni di euro, entrambi decisamente migliori rispetto a quelli indicati nel piano industriali. Galassia Finmeccanica sotto i riflettori dopo che il ministero dell’Economia ha dichiarato di condividere il piano strategico che prevede la concentrazione nei settori dell’Aerospazio e della Difesa. A fine seduta il titolo Finmeccanica ha mostrato una flessione del 3,17% a 7,02 euro, mentre la controllata Ansaldo STS ha ceduto l’1,99% a 8,115 euro. Andamento a due velocità per Eni (+2,33% a 18 euro) e Saipem (-1,09% a 17,09 euro).
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TELECOM ITALIA: IL PUNTO DELLA SITUAZIONE
Findim Group ha annunciato l'integrazione della lista dei candidati per il rinnovo del Cda di Telecom Italia da presentare all'assemblea del 16 aprile, ottemperando così alle disposizioni dello statuto del gruppo in materia di parità di genere. Nell'elenco sono entrati i nominativi dell'ingegnere Maria Elena Cappello e dell'avvocato Daniela Mainini. Non solo. "Findim Group - si legge in una nota - ha provveduto a rettificare le dichiarazioni, per un mero errore materiale nella compilazione della modulistica, dell'ingegnere Vito Alfonso Gamberale e dell'ingegnere Girolamo Di Genova chiarendo l'assenza di conflitti di interesse". Inoltre, prosegue la nota, "al fine di ottemperare alla completa indipendenza, Di Genova ha presentato in data odierna le proprie dimissioni dal consiglio di amministrazione della società Metroweb Italia.
L'attesa ora è per la lista che in giornata presenterà Assogestioni. Per ora la sfida per la presidenza di Telecom Italia è tra Vito Gamberale (proposto dalla lista Findim) e Giuseppe Recchi. L'attuale presidente di Eni è il candidato della lista Telco in cui figurano tra gli altri anche l'Ad di Telecom Marco Patuano e l'Ad di Terna Flavio Cattaneo. Oggi dovrebbe essere svelato anche il piano che Findim Group presenterà in assemblea.
Nel frattempo, diverse indiscrezioni di stampa riportano di un possibile deal che vedrebbe l'ex monopolista delle telecomunicazioni acquisire per 300 milioni di euro, una quota di minoranza di Metroweb. Quest'ultima ha un fatturato di circa 60 milioni e un Ebitda intorno ai 47 milioni di euro. Ne consegue, spiega Equita nel report odierno, una valutazione per l'asset di almeno 13 volte l'Ebitda (nel caso in cui la quota di minoranza fosse il 49%). "Si tratta di una valutazione elevata ma non è da escludere che non sia giustificabile in virtù delle sinergie industriali", spiega la Sim milanese. "Ci pare tuttavia poco opportuno l'acquisto di una minoranza. Inoltre si tratta di un deal che potrebbe attivare la reazione negativa dell’antitrust". Così il broker che conferma il giudizio buy e il target price a 1,05 euro.
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BTP ITALIA: NUOVA EMISSIONE IL 14 APRILE
Torna il Btp Italia, che a novembre aveva raccolto la cifra record di 22,3 miliardi di euro. La nuova emissione, come annunciato dal ministero dell’Economia, verrà effettuata da lunedì 14 aprile a giovedì 17 aprile, e la durata sarà di sei anni rispetto ai quattro dei precedenti collocamenti. Il nuovo Btp Italia sarà collocato in due fasi: i primi tre giorni, che potranno essere ridotti a due in caso di chiusura anticipata, saranno riservati ai risparmiatori individuali (retail), mentre la giornata del 17 aprile sarà riservata agli investitori istituzionali.

Per il resto il titolo continuerà a presentare le stesse caratteristiche finanziarie di quelli già proposti in passato: cedole semestrali indicizzate all’inflazione a cui si aggiunge il pagamento del recupero dell’inflazione maturata nel semestre, rimborso unico a scadenza e premio fedeltà per chi acquista all’emissione durante la prima fase e conserva il titolo fino a scadenza. Si tratta delle prima delle due emissioni annunciate dal Tesoro per il 2014.

Maria Cannata, il direttore generale del debito pubblico, questa mattina ripresa dalle principali agenzie di stampa ha dichiarato che il ministero dell’Economia stima per quest’anno circa 450 miliardi di euro come raccolta delle emissioni pubbliche. Ad oggi, ha sottolineato Cannata, è stato raccolto il 27% pari a circa 120 miliardi di euro.
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SPENDING REVIEW: VERSO MISURE PIU’ CONTENUTE
Nodo spending review per il governo che frena sul piano Cottarelli in particolare sul tema pensioni. Inoltre i risparmi sulla spesa per ben 34 miliardi di euro dal commissario alla spending review potrebbero andare ad avere risvolti negativi sull’economia. 
Il premier Matteo Renzi vorrebbe fermarsi a 20-25 miliardi e ha chiarito che l'ultima scelta sui tagli alla spesa pubblica spetterà all'esecutivo. In particolare il premier è orientato a non inserire il capitolo pensioni nel calderone della spending review, mentre Cottarelli aveva inserito 1,8 mld di tagli dal sistema previdenziale per arrivare a 3,3 mld nel 2016 andando a toccare le pensioni sopra i 26mila euro annui. 
Possibili effetti negativi su economia da tagli a spesa in beni e servizi
Parallelamente iniziano a sollevarsi preoccupazioni circa i possibili risvolti negativi della spending review sul percorso di ripresa economica intrapreso dall'Italia. Un'analisi del Centro studi di Unimpresa rimarca infatti la presenza del rischio di un effetto boomerang da tagli a spesa per beni e servizi.  "Attenzione ai tagli alla spesa pubblica: interventi non mirati potrebbero avere effetti negativi sull'economia e minacciare la ripresa economica. La spending review deve agire sulla spesa improduttiva e non su quella per beni e servizi. Il rischio concreto è quello di colpire gli strati più deboli della popolazione: in pratica un effetto boomerang", rimarca l'analisi condotta dal Centro studi di Unimpresa a cura da Luigi Scipione. Secondo il delegato alle politiche fiscali del comitato di presidenza di Unimpresa "dietro le annunciate strategie di rilancio dell’economia, esiste il pericolo che si finisca per sostenere politiche di fatto recessive. Il timore è di assistere a un "gioco a somma zero”, per cui da un lato si danno 82 euro in busta paga ai redditi medio-bassi, dall'altro si caricano altri oneri sulle spalle di famiglie e imprese, aggiungendo seri freni alla ripresa economica".  
"Rilanciare il mercato interno - spiega l'economista di Unimpresa - consentirebbe, tra altro, di scongiurare il rischio di ulteriore delocalizzazione delle imprese” poiché quando la crescita delle esportazioni non è accompagnata da una ripresa dei consumi interni crescono anche gli incentivi per gli imprenditori a trasferire all'estero le loro attività. 

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INDUSTRIA: BOOM DI ORDINI A GENNAIO
Inizio d'anno in forte crescita per gli ordini industriali italiani. A gennaio l'aumento congiunturale è infatti stato del 4,8%, il ritmo di crescita più elevato dal dicembre 2010. 

I dati diffusi dall'Istat evidenziano incrementi del 6,4% per quanto riguarda gli ordinativi esteri e del 3,8% per quelli interni. Nel confronto con il mese di gennaio 2013, l’indice grezzo degli ordinativi segna un aumento del 2,6%. L’incremento più rilevante si registra nella fabbricazione di mezzi di trasporto (+18,3%), mentre la flessione maggiore si osserva nella fabbricazione di apparecchiature elettriche e apparecchiature per uso domestico non elettriche (-8,1%).

In buona crescita anche il fatturato all'industria
Crescita sostenuta anche per il fatturato dell’industria. Al netto della stagionalità ha segnato un aumento dell’1,2% rispetto a dicembre, registrando incrementi del 2,4% sul mercato estero e dello 0,7% su quello interno. Nella media degli ultimi tre mesi, l’indice complessivo cresce dello 0,9% rispetto ai tre mesi precedenti (+1,0% per il fatturato interno e +0,8 per quello estero). Corretto per gli effetti di calendario (i giorni lavorativi sono stati 21 contro i 22 di gennaio 2013), il fatturato totale cresce in termini tendenziali del 3%, con aumenti del 6,7% sul mercato estero e dell’1,1% su quello interno.
Gli indici destagionalizzati del fatturato segnano incrementi congiunturali per i beni strumentali (+2,9%), per i beni intermedi (+1,3%) e per i beni di consumo (+0,2%) mentre l’energia registra una flessione (-0,5%).L'incremento tendenziale più rilevante si registra nella fabbricazione di macchinari e attrezzature (+8,8%), mentre la maggiore diminuzione nell’industria manifatturiera riguarda la fabbricazione di coke e prodotti petroliferi raffinati (-3,5%).
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UNIONE BANCARIA: L’INTESA RAGGIUNTA
E’ fatta. Dopo un negoziato durato circa 10 ore, il Parlamento Europeo, la Commissione Europea e il Consiglio dell’UE hanno raggiunto un accordo sul meccanismo unico di risoluzione bancaria, conosciuto anche come Unione Bancaria, dando una svolta ad una tematica che stava tanto a cuore a Mario Draghi ed era una delle condizioni necessarie per una continuazione costruttiva di quel progetto che fa acqua da tutte le parti, chiamato “Unione Europea”. Ecco in sintesi in cosa consiste il piano “Unione Bancaria” approvato nelle ultime ore, come scritto da Milano Finanza:
I) Il piano riguarda tutte le banche vigilate dal sistema di supervisione unica sotto l’egida della Bce e sarà il comitato esecutivo (board) di risoluzione a preparare i piani di fallimento di una banca, gestendo direttamente la risoluzione delle banche vigilate dall’Eurotower e di quelle transfrontaliere.
II) Alle autorità nazionali di risoluzione, invece, spetterà il compito di preparare il piano di fallimento e agire concretamente solo per gli istituti di credito che operano entro i confini nazionali e che non sono vigilati direttamente dalla Bce
III) Il processo decisionale ruoterà attorno al board della risoluzione unica, coinvolgendo i membri permanenti: Commissione, Consiglio, Bce e autorità di risoluzione nazionali. In linea generale sarà la Bce a notificare al board, alla Commissione e alle autorità nazionali interessate che una banca sta fallendo, e il board valuterà l’esistenza di un rischio sistemico, verificando le soluzioni finanziarie che coinvolgono il settore privato secondo procedure, modalità e ordine previsti dalle regole del bail-in. Il fondo di risoluzione entrerà in gioco solo a condizione che si sia seguito questo processo.
IV) Il board adotterà, inoltre, un piano di risoluzione che include il ricorso al fondo e qui emergerà il ruolo della Commissione europea, responsabile della valutazione degli aspetti discrezionali della decisione del board. L’esecutivo Ue potrà ratificare o obiettare e la sua decisione sarà sottoposta all’approvazione o all’obiezione dell’Ecofin (procedura di approvazione tacita).
V) Il fondo di risoluzione bancaria entrerà a regime in otto anni anziché nei dieci originariamente prospettati. Anche i fondi nazionali verranno mutualizzati più rapidamente con il 40% delle quote durante il primo anno e un ulteriore 20% nel secondo anno, mentre il restante 40% sarà spalmato sugli ultimi sei anni.
VI) Resta fuori dall’intesa il cosiddetto backstop, ovvero la rete di sicurezza, di cui si era invece parlato in precedenza e che avrebbe dovuto essere operativo per far fronte a imprevisti nel corso degli otto anni di transizione, mentre è stato confermato il conferimento alla Bce di un ruolo primario nelle decisioni sulla chiusura di una banca.
VII) L’iter che porterà all’adozione formale delle nuove regole prevedrà i seguenti step: dopo l’accordo raggiunto tra Parlamento e Consiglio Ue, si dovrà passare al voto formale e il Consiglio deciderà a maggioranza qualificata, mentre il Parlamento Ue voterà in seduta plenaria nell’ultima riunione di fine legislatura ad aprile.
Verrà quindi istituito uno fondo speciale assistenziale di circa 55 miliardi di euro, per aiutare i contribuenti a liberarsi dal carico delle banche problematiche. Questo fondo sarà formato da capitale che le stesse banche partecipanti al meccanismo avranno creato, ma non in 10 anni come previsto ma in 8. Inoltre il 40% del fondo sarà condiviso tra i paesi sin dall’inizio fino a raggiungere il 70% dopo tre anni. Quindi maggiore “mutualizzazione” del rischio bancario. Non è però previsto il backstop, il paracadute finanziario che avrebbe chiamato in causa anche il fondo salva-Stati Esm.
Inoltre si doveva paralre di un sistema di “protezione ” dei depositi bancari. Ma di questo non se n’è parlato proprio.
Resta di certo un meccanismo abbastanza complesso e problematico, caricando al sistema bancario stesso l’onere di finanziare eventuali situazioni critiche.  Le banche dovranno quindi salvare le banche e la logica, se ci pensate, ci sta, visto che sono gli stessi istituti di credito che hanno generato vari dissesti finanziari. Il sistema rappresenta però, secondo me, una buona base di inizio. Crea da subito una discreta struttura protettiva che il mercato potrà solo vedere positivamente, anche se dimensionalmente il fondo resta ovviamente discutibile, visto che troppe banche sono “too big to bail in / bail out”.
MA attenzione, viene fatta distinzione sulle dimensioni delle banche. Per quelle più grandi sarà competenza BCE, per quelle più piccole sarà competenza nazionale. Peccato che, guardando per esempio all’Italia, sono proprio gli istituti di credito di dimensioni medio –piccole che sono peggio messi, oggi. Ovviamente il board accoglie con entusiasmo l’accordo raggiunto. Io mi riservo la facoltà di analizzare meglio la situazione prima di giudicare.
Intermarketandmore

PIAZZA AFFARI PROCEDE BENE
Ancora la nostra Borsa sugli scudi
Bene Finmeccanica sorretta da motivazioni speculative, in rialzo i bancari (con un paio di eccezioni), in calo A2A e Snam.
Qualche dato macro migliore delle previsioni ha giovato alla Borsa americana che ha riportato ottimismo anche sui listini del Vecchio Continente.
Al solito Piazza Affari ne ha beneficiato più delle altre in particolare per i rialzi messi a segno dai titoli del comparto bancario che ancora una volta, con un paio di eccezioni, hanno fatto da traino al nostro indice principale.
Ed ecco così che il Ftse Mib (+0,56%) torna nuovamente sopra quota 21.000 punti ed il trend rialzista, al momento, sembra salvo.
Best performer di giornata Finmeccanica (+2,84%) tornata al centro delle attenzioni degli investitori semplicemente per motivi speculativi, la ripartenza del titolo rende ora alla portata il raggiungimento di quota 8 euro, un livello storicamente non elevatissimo, ma se pensiamo che venti mesi fa il titolo era arrivato a valere poco più di 2,5 euro …
Termina sul massimo di giornata, proprio ad un soffio da quota 8 euro Mediobanca (+2,70%) il cui trend positivo non conosce soste.
Ed è ripartito con vigore anche Bper (+2,38%), alle sue spalle un titolo che non smette di stupire, si tratta di Stmicroelectronics (+1,86%) che punta decisamente verso il livello dei 7 euro.
Altalenante Prysmian (+1,73%), ma la seduta odierna potrebbe esser stata un punto di svolta.
A seguire le nostre due Big Bank, Unicredit (+1,54%) ed Intesa Sanpaolo (+1,24%) che danno ancora un incoraggiante segnale di vivacità che contagia tutto l’indice.
Non tutti però hanno terminato le contrattazioni in rialzo, le vendite si sono abbattute in particolare su A2A (-2,20%) che ora deve trovare il prima possibile un livello sul quale “appoggiarsi” per rifiatare dopo la lunga corsa culminato sopra quota 1 euro.
In calo Bpm (-1,83%) che ha perso un po’ l’appeal speculativo, giornata difficile anche per Snam Rete Gas (-1,77%) che ora andrà monitorata con attenzione.
Torna sotto quota 4 euro Mediaset (-1,48%) che in queste ultime due sedute ha perso quanto guadagnato nelle prime due di quest’ottava che si concluderà domani.
Ed infine segnaliamo la battuta d’arresto di Atlantia (-1,18%), un altro titolo che ultimamente aveva corso molto.
Giancarlo Marcotti per Finanza In Chiaro

UNIPOLSAI BATTE LE ATTESE, ORA SI ASPETTA LA CONVERSIONE 
Raffica di promozioni per UnipolSai, che vola in Borsa all'indomani della presentazione - a mercati chiusi – dei conti 2013, che hanno evidenziato un utile netto consolidato (post fusione) di 694 milioni e un combined ratio danni migliorato al 93,3% dal 101,9% del 2012.
Il mercato premia soprattutto la decisione della compagnia, nata dall'integrazione in un'unica società di Unipol Assicurazioni, Fonsai, Milano Assicurazioni e Premafin, della distribuzione di un dividendo di 0,19559 euro per ogni UnipolSai ordinaria, 19,64133 euro per ogni azione di risparmio A e 0,22497 euro le azioni di risparmio di categoria B, il cui pagamento sarà dal 22 maggio, con stacco cedola il 19.
Soddisfatti gli analisti, per la maggioranza dei quali il gruppo ha realizzato profitti netti, dividendo e premi lordi superiori alle loro stime. Questa, per esempio, l'opinione di Banca Imi e Mediobanca, che hanno rispettivamente una raccomandazione add con un target price a 2,50 euro e un rating outperform sulla società con un prezzo obiettivo di 2,8 euro.
Ciò che colpisce di più è la cedola sulle azioni ordinarie e risparmio B di UnipolSai. Nessuno si aspettava dividendi così alti soprattutto in un anno così difficile", spiega un trader, che aggiunge che il dividendo sulle ordinarie equivale a un dividend yield dell'8% circa, mentre quello sulle risparmio di categoria B equivale a un dividend yied di oltre il 9%. Da rilevare, inoltre, che per esempio, nel caso dell'azione ordinaria il dividendo proposto è quasi il doppio delle previsioni di Kepler Cheuvreux. Situazione simile per Equita sim, che stimava una cedola dimezzata di 0,09 e 0,12 euro rispettivamente per le ordinarie e le risparmio di tipo B.
La sorpresa a livello di utile si spiega prevalentemente con l`ottimo andamento della gestione finanziaria e del vita che hanno beneficiato del calo dei tassi di interesse”, spiega Equita sim, che sul titolo UnipolSai mantiene il rating buy e il target price a 2,47 euro, ma anticipa: "Aggiorneremo il modello dopo una lettura più approfondita dei conti: sulla base delle prime analisi ci sembra ragionevole attendersi un rialzo delle stime di utile netto e conseguentemente della valutazione di UnipolSai tra il 5% e il 10%".
Cè' poi un altro elemento che fa volare la galassia Unipol in Borsa. “Sono i valori prospettici del piano, ampiamente raggiungibili, che dimostrano quindi che il titolo tratta a sconto rispetto al settore”, commenta un altro trader.
Per il 2015, per esempio, ieri l'AD Carlo Cimbri ha confermato il raggiungimento di un utile netto di 814 milioni, contro i 694 milioni del 2013. "I conti nel complesso sono superiori a quelle che erano le precedenti attese di piano, che, al momento, non verrà però rivisto", commenta Icbpi.
Quanto ad altri temi che possono alzare l'appeal sul gruppo, c'è l'incremento del flottante. Cimbri ha infatti confermato l'intenzione della compagnia di convertire le azioni di risparmio in azioni ordinarie, il che potrebbe aumentare il flottante del titolo. "Se ci saranno le condizioni, nei prossimi mesi lavoreremo per semplificare la categoria di azioni", ha detto l'ad, secondo cui rivedere la struttura del capitale può valere fino a 1 miliardo.
Professionefinanza
PIAZZA AFFARI. TITOLI NEL MIRINO
Partenza cauta per Piazza Affari, dove l'attenzione è concentrata su UnipolSai, Finmeccanica, Impregilo Salini, Mediobanca e Carige. Ecco, secondo la rassegna reuters, i principali possibili movimenti attesi.
Intesa. Il titolo potrebbe muoversi in scia alla notizia del Sole che scrive che la banca prevede una riduzione delle filiali, ma che gli esuberi verranno ricollocati nel gruppo. Il quotidiano anticipa poi anche altri elementi del piano.
Mediobanca. Il titolo potrebbe reagire alla notizia che Vincent Bolloré ha svalutato di altri 20 milioni il suo 6% di Mediobanca, ma ha ribadito la sua intenzione a salire all'8%. Lo scrive il Sole24Ore.
Banca Carige. Titolo ancora sugli scudi. La Fondazione studia la cessione di un pacchetto di azioni attraverso un accelerated bookbuilding in vista dell'aumento di capitale della banca, scrive Mf.
Eni. Il titolo potrebbe risentire della notizia che la società in questo momento non ha alcuna trattativa con nessuno per la cessione di Saipem.
Intanto, il numero uno di Eni, Paolo Scaroni, vede un futuro "piuttosto fosco" per South Stream - il gasdotto sottomarino che, attraversando il Mar Nero, dovrebbe portare gas russo in Europa bypassando l'Ucraina via Balcani - a seguito della crisi legata all'annessione della Crimea alla Russia.
Finmeccanica. Titolo ancora sotto i riflettori. La società è fiduciosa di raggiungere il suo target di deconsolidare il settore trasporti, cioè Ansaldo Breda e Ansaldo Sts, in tempi rapidi, in particolare dopo il sostegno ricevuto dal governo. Intanto, il segretario della Uilm Giovanni Contento, contrario alla cessione all'estero delle due aziende di Finmeccanica del settore trasporti ritiene che potrebbe essere Fincantieri la "piattaforma" italiana per le aziende del settore.
Telecom. Titolo in luce a Piazza Affari. La società vede un'altra possibilità per attivare la partnership con la Cassa Depositi e Prestiti per investire sulla rete di nuova generazione (Ngn), cioé acquistare una partecipazione in Metroweb, rimanendo fedele alla strategia di evitare lo scorporo della rete in rame. Secondo il Sole24Ore, la candidatuire di Vito Gamberale e Girolamo di Genova per il nuovo cda del gruppo, presentate dalla lista Fossati, dovranno avere il via libera dell'assemblea, in quanto presenti nel consiglio di Metroweb, che opera in concorrenza con Telecom Italia. Secondo Mf, il governo è pronto a varare una modifica del Golden Power che limiterà il potere di veto contro la possibile scalata a gruppi italiani da parte di operatori non europei.
Salini Impregilo. Titolo sotto i riflettori, dopo la presentazione del nuovo piano industriale 2014-2017 che, pur più conservativo rispetto a quello presentato meno di un anno fa, vede ancora una forte crescita, che lo porterà a raggiungere in tre anni ricavi pari a 7 miliardi e un Ebitda di 800 milioni. Ma il futuro del gruppo inizierà a essere ridisegnato già nel 2014, con l'annunciata cessione della Todini Costruzioni e l'ampliamento del flottante oltre il 25%, tramite un aumento di capitale e un placement.
Intanto, Pietro Salini dice in un'intervista al Sole24Ore che il gruppo punta a un'altra grande acquisizione, ma non in Italia, guarda agli Stati Uniti e all'Unione Europea.
Rcs. Secondo il Sole24Ore, sono chiusi i colloqui con il fondo Clessidra per la cessione delle radio.
UnipolSai. Titolo in luce a Piazza Affari, dopo che ieri la società – a mercati chiusi – ha presentato i conti del 2013, con un utile netto consolidato di 188 milioni che include la perdita del comparto bancario per 296 milioni di euro e gli accantonamenti posti dalla capogruppo sulla controllata Unipol Banca oltre ai costi di integrazione. L'AD Carlo Cimbri ha detto al Sole24Ore che, per aumentare il flottante, è possibile una conversione delle risparmio. Intanto, Unipol Banca ha preparato un piano industriale che prevede un aumento di capitale da 100 milioni.
Piaggio. Il titolo potrebbe reagire alla notizia che la società ha registrato nel 2013 una perdita netta di 6,5 milioni dopo oneri non ricorrenti legati a una transazione con l'agenzia delle entrate, una contrazione dei ricavi ed un Ebitda margin in lieve calo. L'azienda vede comunque un aumento dei volumi trainato per circa tre quarti dall'Asia e prevede per il 2017 ricavi a 1,750 miliardi, con un Cagr del 9,6%.
Hera. Il titolo potrebbe muoversi in scia alla notizia che la società ha chiuso il 2013 con ricavi pari a 4.579,7 milioni di euro, in crescita dell'1,9% e con un mol di 830,7 milioni (+25,5%). L'azienda punta a riprendere i negoziati per arrivare a un' integrazione con l'emiliana Aimag subito dopo l'estate; nel frattempo la multiutility con sede a Bologna guarda a espandersi anche al di fuori dell'Emilia-Romagna e, segnatamente, nel Veneto e nelle Marche.
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RIFORMA PENSIONI 2014: COSA CAMBIA CON LA SPENDING REVIEW
Mini riforma delle pensioni 2014 e stretta sulla pensione anticipata per le donne, pensione di guerra e pensione di accompagnamento nel mirino nel commissario straordinario alla spending review, Carlo Cottarelli che starebbe studiando tutti i possibili tagli alla spesa pubblica per trovare la copertura finanziaria adeguata per mettere in atto le misure ideate dal Premier Renzi nel Jobs Act. Ma cosa potrebbe cambiare in tema di riforma delle pensioni 2014 con il piano sulla spending review del commissario Cottarelli?
Riforma pensioni 2014 spending review
Nel mirino della spending review potrebbero rientrare, nuovamente dopo la riforma Fornero 2012, le pensioni e alcuni capitoli in particolare.
Riforma pensione anticipata donne
Secondo le ultime indiscrezioni si starebbe valutando la possibilità di aumentare l’anzianità contributiva per l’accesso alla pensione anticipata per le donne dagli attuali 41 a 42 anni, con un risparmio stimato di  200 milioni di euro nel 2014 e a un miliardo a regime.

Indicizzazioni, pensioni guerra, reversibilità
Il capitolo pensioni nella spending review riguarderebbe anche il blocco dell’indicizzazione delle pensioni a partire dal 2015 e una stretta sugli assegni di guerra e sulle pensioni di reversibilità.
 Riforma pensioni accompagnamento: arriva la stretta?
Sulle pensioni di accompagnamento si pensa ad una soglia massima di erogazione. Queste infatti potrebbero essere rogate solo in caso di reddito pari o inferiore a 30mila euro annui individuali e 45mila euro in caso di reddito familiare.
Riforma pensioni 2014: le parole dei ministri Madia e …
Sulle pensioni e i possibili tagli pochi giorni fa  era intervenuta anche Marianna Madia, neo ministro alla  Semplificazione, secondo cui se un pensionato intende continuare a lavorare, dovrebbe lasciare metà della sua pensione allo Stato, in quanto bloccherebbe l’entrata al lavoro della nuova generazione.
 .. Poletti
Risponde alle affermazioni della Madia il ministro del Lavoro Giuliano Poletti, secondo cui togliere ai pensionati la possibilità di lavorare è ingiusto, al massimo occorre individuare quei casi in  cui  i pensionati non possano lavorare. Secondo il titolare del Welfare, è necessario individuare, casomai, quelle modalità che permettono a chiunque lo voglia di avere qualcosa da fare.
di Alessandra Caparello
investire oggi


GOVERNO RENZI: RIDUZIONE DELE TASSE E I CONTI CHE NON TORNANO

Facciamo qualche conto al provvedimento fiore all’occhiello della politica economica del Governo Renzi, cioè la detassazione dei redditi di 10 milioni di lavoratori dipendenti.
Partiamo da una delle poche cose certe che si conosce, che desumiamo dal comunicato stampa ufficiale, pubblicato sul sito del Governo:
Si legge:
…Tra le misure previste, la relazione approvata ha individuato in 10 miliardi di euro le risorse per consentire l’aumento della detrazione Irpef in busta paga ai lavoratori dipendenti sotto i 25 mila euro di reddito lordi, circa 10 milioni di persone, dal 1° maggio prossimo, per un ammontare di circa 1000 euro netti annui a persona. Gli atti tecnici e legislativi verranno approvati nelle prossime settimane
Da queste poche righe possiamo desumere 4 cose:
1) il governo intende stanziare 10 miliardi di euro per ridurre le tasse;
2) verranno ridotte a circa 10 milioni di contribuenti;
3) i contribuenti interessati sono solo ed esclusivamente lavoratori dipendenti con un reddito lordo di 25000 euro annui;
4) percepiranno circa 1000 euro annui aggiuntivi, a prescindere dal livello di reddito.
Quindi, da quanto scritto, sembrerebbe  che l’azione del Governo intenda concentrarsi solo ed esclusivamente sui lavoratori dipendenti con determinate caratteristiche, escludendo, ad esempio, qualche milione di pensionati che vivono con un assegno che non supera i 500 euro mensili. Ma lasciamo stare.
Da quanto annunciato dal governo appare subito evidente che i conti non tornano. E non tornano per il semplice motivo che i contribuenti che hanno caratteristiche conformi a quelle individuate dal Governo (reddito da lavoro dipendente, sotto ai 25 mila euro annui lordi) sono circa 15 milioni di persone.
I dati della tabella sotto riportata sono desunti dal sito del Dipartimento delle Finanze e si riferiscono alle dichiarazioni dei redditi del periodo di imposta 2011.



Quindi, le risorse che Governo vorrebbe stanziare per finanziare la manovra  non sono sufficienti per garantire 1000 euro a tutti i lavoratori dipendenti che hanno un reddito lordo annuo inferiore a 25000 euro. E questo è un primo dato.
Andiamo avanti nel ragionamento. Il governo, per ridurre le tasse alla platea di contribuenti considerati e assegnare loro i 1000 euro promessi, attribuirà (lo dice il comunicato stampa) delle detrazioni aggiuntive rispetto a quelle in essere. L’attuale impianto normativo prevede la totale detrazione d’imposta  per i redditi da lavoro dipendente che non superano gli 8.000 euro annui circa. Quindi, costoro, che nel caso in esame sono quasi 4 milioni di contribuenti, non pagano l’Irpef per effetto delle detrazioni da lavoro dipendente spettanti. Da ciò se ne deduce che,  non pagando l’imposta, non sarebbero avvantaggiati dalla proposta di Renzi, che, a questo punto, sarebbe destinata solo ai redditi compresi tra gli 8000 e i 25000 euro, oltre 11 milioni di contribuenti.
Ma anche per i redditi immediatamente successivi agli 8000 euro e fino a poco più di  11000 euro, considerate le detrazioni ora vigenti e la detrazione aggiuntiva di 1000 euro che il governo vorrebbe assegnare, l’imposta risulterebbe parzialmente capiente al fine di poter essere abbattuta dalla detrazione aggiuntiva proposta dal Governo. Ecco quindi che la platea dei contribuenti si ristringe ulteriormente di  oltre un milione  di contribuenti, avvicinandosi a circa dieci milioni di contribuenti che, stando al tenore letterale del comunicato del governo e al ragionamento sopra osservato, sarebbero interessati al beneficio dei mille euro annui.
Da quanto appena affermato se ne deduce  che il governo vorrebbe lasciare fuori da questa misura redistributiva proprio quei redditi più bassi, cioè la parte più debole della catena. Che poi sarebbero quei percettori di reddito con una propensione al consumo più alta, quindi di maggior  impatto sul ciclo economico (seppur marginale, vista l’esiguità delle somme trattate).
Quindi, un numero considerevole di contribuenti esclusi. A meno che non si crei un meccanismo di imposta negativa che consenta di attribuire una sorta di sussidio monetario elargito dalla stato. Ma, in questo caso, non ci sarebbero abbastanza soldi per tutti (15 milioni di contribuenti), posto il fatto che la somma che il governo vorrebbe stanziare, nella migliore dell ipotesi e ammesso che si individuino le risorse necessarie per finanziarie la manovra, non supererà i 10 miliardi di euro.
Senza poi dimenticare che l’idea bizzarra di voler assegnare mille euro per ogni lavoratore dipendente con un reddito netto annuo inferiore ai 15000 euro, a prescindere dal livello del reddito percepito, oltre a creare un effetto distorsivo di  equità (perché i redditi più alti avrebbero lo stesso beneficio dei redditi più bassi), genererebbe anche il paradosso che chi dispone  di un reddito appena superiore ai 15000 euro, magari 15001 euro, verrebbe del tutto escluso escluso dal beneficio. Al tempo stesso sarebbe  incentivato a ridursi il proprio reddito appena sotto i 15000 euro, al fine di godere dei 1000 euro. Una situazione paradossale, direi.
Un ragionamento a parte lo merita l’individuazione delle risorse necessarie per finanziare il taglio.
Proprio ieri, il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Delrio,  in un’intervista rilasciata al Corriere delle Sera, ha affermato che il Governo potrebbe finanziare il taglio del cuneo fiscale per la parte relativa al 2014 con una spending review, nell’ordine di 4-5 miliardi di euro, ma anche con entrate straordinarie come l’Iva sui pagamenti della pubblica amministrazione o il rientro dei capitali. E se questo non bastasse si prenderebbe in considerazione un lieve rialzo del deficit/Pil dal 2,6%.
Alcune considerazioni sono d’obbligo.
Al netto del fatto che, per il 2014, le risorse necessarie per finanziarie il  taglio delle tasse sono ridotte in ragione del periodo temporale inferiore all’anno (la riduzione partirebbe da maggio), vi è, innanzitutto, il problema che la manovra di politica economica di carattere strutturale annunciata dal Governo, verrebbe finanziata con entrate una tantum, peraltro assai aleatorie (rientro capitali, Iva sui pagamenti della Pa).
La stessa spending review  non è detto che porti nell’anno in corso a risparmi dell’ordine di quelli enunciati da Delrio. E questo anche per ammissione dello stesso Cottarelli. Vi è poi la questione relativa alla possibilità di utilizzare del deficit aggiuntivo oltre al 2,6% evocata da Delrio, pur rimanendo entro al 3%. In questa ipotesi andrebbe considerato che il livello del 2,6% è calcolato ipotizzando una crescita del Pil dell’1%. Ma stando alle previsioni di crescita elaborate da più o meno tutte le istituzioni internazionali, il PIl, nel 2014 crescerà molto meno dell’1% ipotizzato dal Governo nella Nota di Aggiornamento dal DEF dello scorso ottobre. Ed è verosimile pensare che questo sia già oltre il 3%.
Arrivati a questo punto possiamo concludere che il sospetto sia proprio quello che il Governo, nell’annunciare l’iniziativa -magari per fini propagandistici,  anche in vista delle prossime elezioni europee- non abbia tenuto conto della realtà dei numeri, assai differenti rispetto a quelli “immaginati dal Governo.
Paolo Cardenà per Finanzanostop


UCRAINA: PRELIEVO FORZOSO STILE CIPRO

NEW YORK (WSI) - Lo spettro del prelievo forzoso si aggira in Ucraina.

Il ministero delle Finanze del paese sta proponendo di adottare infatti nel paese un approccio molto simile a quello che venne imposto ai titolari dei conti correnti di Cipro.

Come? Imponendo una nuova tassa sui depositi che eccedono la soglia dei 100.000 hryvnja.

Di fatto, si legge che "il Parlamento ucraino è pronto a considerare alcune proposte di legge che vieterebbero depositi bancari in valuta estera e introdurrebbero una tassa del 25% sugli interessi sui depositi di banche e altre istituzioni finanziarie, laddove l'interesse ricevuto superi il tasso stabilito dalla National Bank of Ukraine di più del 5%".

Tutto questo avviene dopo che il Fondo Monetario Internazionale ha discusso nei mesi precedenti l'ipotesi di una patrimoniale globale.

In un documento che è stato tenuto ben nascosto, spicca un paragrafo che recita: ""The sharp deterioration of the public finances in many countries has revived interest in a "capital levy"— a one-off tax on private wealth—as an exceptional measure to restore debt sustainability".

Ovvero: "il forte deterioramento delle finanze pubbliche di diversi paesi ha rinnovato l'interesse nella tassazione sul capitale - una tassa strardinaria sul patrimonio - come misura eccezionale per ripristinare la sostenibilità del debito".
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NUOVO BTP ITALIA A SEI ANNI

ROMA (WSI) - Da lunedì 14 a giovedì 17 aprile 2014 verrà emesso un nuovo Btp Italia, della durata di sei anni anziché quattro come nelle passate emissioni, collocato sul mercato in due fasi: i primi tre giorni dal 14 al 16 aprile (che potranno essere ridotti a due in caso di chiusura anticipata) saranno riservati ai risparmiatori individuali ed altri affini, mentre la giornata del 17 aprile (con eventuale chiusura anticipata prima del termina naturale delle contrattazioni) sarà riservata agli investitori istituzionali.

Il premio di fedeltà verrà riconosciuto esclusivamente alla partecipanti alla prima fase della distribuzione che abbiano mantenuto il titolo sino alla scadenza, in conformità a quanto stabilito nelle precedenti emissioni.

"Abbiamo idea che l'operazione andrà bene perché le richieste continuano ad arrivare - ha commentato Maria Cannata, responsabile della Direzione Debito pubblico del ministero dell'Economia - ma forse non ci sarà la valanga delle ultime volte. Dobbiamo vedere, ci teniamo flessibili".

La stima dell'ammontare complessivo della raccolta delle emissioni pubbliche per il 2014 è di circa 450 miliardi e finora è stato realizzato il 27%, circa 120 miliardi.

Cannata ha spiegato inoltre che la stima potrebbe anche diminuire "perché a inizio anno abbiamo ridotto un pochino i Bot", ma ha tuttavia aggiunto, nell'ambito di un ragionamento sulle eventuali nuove coperture da reperire per i nuovi interventi annunciati dal governo Renzi, che "è scontato che se ci sarà bisogno di reperire altre risorse ci sarà una revisione al rialzo".

Per il resto, ha spiegato Cannata nel corso di un briefing con i giornalisti al Tesoro, il nuovo BTP continuerà a presentare le stesse caratteristiche finanziarie di quelli già proposti a partire dal 2012: cedole semestrali indicizzate al Foi (ex tabacco) a cui si aggiunge il pagamento del recupero dell'inflazione maturata nel semestre (con la previsione di un floer in caso di deflazione) rimborso unico a scadenza e premio fedeltà per chi acquista all'emissione durante la prima fase della distribuzione e conserva il titolo fino a scadenza.

L'emissione annunciata è la sesta del Btp Italia e la prima delle due annunciate dal Tesoro per il 2014.

Le innovazioni introdotte, spiega il ministero, sono in linea con quanto già annunciato nelle linee guida della gestione del debito pubblico 2014, con l'obiettivo, da un lato, di mantenere la certezza della piena allocazione ai risparmiatori individuali, che continuano a manifestare un interesse considerevole nei confronti del titolo e dall'altro di consentire al Mef di perseguire in modo ancora più efficiente gli obiettivi di gestione del debito pubblico, in particolare con riferimento alla modulazione delle scadenze dei titoli per i prossimi anni.(TMNEWS)
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ALERT PENSIONI? SITUAZIONE AL LIMITE

ROMA (WSI) - L'Inps è ad una "situazione limite" nella quale non ci sono "ulteriori margini" per tagli alla spesa e al personale "senza incidere sui livelli di servizio per la cittadinanza".

E' quanto si legge nel documento consegnato dal commissario straordinario Vittorio Conti alla commissione parlamentare di controllo sugli enti previdenziali.

E' necessario "portare a compimento la riforma della governance dell'Istituto che, attraverso la chiara definizione dei ruoli di indirizzo, gestione e controllo, possa assicurare corretta rappresentanza degli stakeholder, rapidità nelle scelte gestionali ed efficaci meccanismi di trasparenza e controllo". Afferma il commissario straordinario.

"Il raggiungimento degli ambiziosi risultati attesi nel contesto delineato, nonostante l'attuazione delle azioni di sviluppo, porta, tuttavia, l'Istituto", che da gennaio 2012 ha incorporato Inpdap ed Enpals, "ad una situazione limite nella quale non sarebbe più possibile sfruttare ulteriori margini di efficientamento senza incidere sui livelli di servizio per la cittadinanza", si legge nel testo.

L'attuazione delle norme sulla spending review, previste a partire dal 2012, "e quindi il conseguimento di obiettivi di riduzione delle spese di funzionamento pari a 515,7 milioni di euro strutturali da riversare annualmente in entrata al bilancio dello Stato, unita alle norme sulla contrazione del personale dell'Inps, che prevedono la riduzione del 20% degli uffici dirigenziali, di livello generale e non, e del 10% della spesa complessiva relativa al numero dei posti in organico del personale non dirigenziale, configurano uno scenario gestionale nel prossimo triennio, dove", elenca Conti nel documento, "è sostanzialmente raggiunto il limite massimo di produttività pro-capite media mensile del personale, calcolato come rapporto tra i livelli di produzione attesi (come rappresentativa della domanda di servizi) e il personale in forza; esiste una oggettiva difficoltà a tendere nel mantenimento della qualità dei servizi erogati ai cittadini connessa soprattutto all'aumento delle giacenze e al prolungamento dei tempi di risposta; si avverte l'esigenza di monitorare costantemente il rischio reputazionale derivante dalla crescita costante delle attività in funzione dei crescenti bisogni e la consapevolezza che si dovrà, in funzione di quest'ultimo, agire secondo precise priorità gestionali".
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BARROSO – VAN ROMPUY: RISATINE SU RENZI

BRUXELLES (WSI) - Ad una domanda sul programma del premier italiano il presidente della Commissione e quello del Consiglio Ue si guardano e sorridono. L’episodio ricorda quello avvenuto nel 2011 tra Merkel e Sarkozy (GUARDA VIDEO qui sotto, a cura di Vista).

Corsi e ricorsi. Ancora una volta un presidente del Consiglio vittima di sorrisi più o meno velati e ironici da parte di leader europei. Gli sguardi che si sono scambiati oggi il presidente del Consiglio europeo, Herman Van Rompuy, e quello della Commissione, Manuel Barroso, quando è stato chiesto loro un giudizio sugli ultimi provvedimenti annunciati dal presidente del Consiglio, Matteo Renzi, hanno fatto tornare alla mente quanto avvenne il 23 ottobre del 2011, sempre a Bruxelles e in occasione di un Consiglio europeo. Il presidente francese Nicolas Sarkozy e la cancelliera tedesca Angela Merkel reagirono infatti con sorrisi ironici e ben più palesi rispetto a quelli di oggi, quando fu chiesto loro se da Silvio Berlusconi avessero ricevuto rassicurazioni sulle misure che l'Italia avrebbe preso.
"Il premier italiano vi ha rassicurato sui provvedimenti che prenderà il suo governo?" chiese un giornalista ai due leader europei. La risposta fu un'occhiata fugace e un sorriso complice che suscitò una gran risata da parte di tutta la stampa presente. Poi il presidente francese si ricompose e rispose: "Abbiamo fiducia nel senso di responsabilità dell'insieme delle autorità italiane, politiche, finanziarie ed economiche".

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Botta e risposta tra l'Ue e l'Italia sui vincoli di bilancio. Al monito del presidente della Commissione Ue, Josè Manuel Barroso, perche' siano rispettati gli impegni presi in sede europea (''fondamentale'' per la fiducia nell'Italia e nell'Ue) , ha prontamente replicato il presidente del consiglio, Matteo Renzi, arrivato a Bruxelles per prendere parte al Consiglio europeo: ''L'Italia sta rispettando tutti i vincoli'.

Ma, dopo l'incontro tra i due, i commenti sono stati positivi da parte di entrambi: ''Bene, molto bene'', ha tagliato corto Renzi con i giornalisti, sull'esito del faccia a faccia; e dello stesso tenore sono state le dichiarazioni di Barroso: ''L'Europa sosterrà le riforme in Italia", ha scritto in un tweet.

Successivamente in una pausa dei lavori del Consiglio europeo, Renzi ha ribadito il rispetto dei vincoli da parte dell'Italia, sottolineando, tuttavia, che l'Ue deve ''risolvere i problemi''. Proprio perché rispettiamo i vincoli, ha insistito, ''talvolta faccio fatica a capire le polemiche. L'Italia - ha affermato ancora -non viene in Europa come uno studente fuori corso, ma come un Paese fondatore che rispetta i vincoli. Per chi vuole conoscere i numeri invito ad aspettare il Def tra qualche giorno".

In mattinata il presidente del consiglio aveva incontrato le Regioni e i Comuni. Secondo quanto riferito dal presidente della Conferenza delle Regioni, Vasco Errani, la richiesta di Renzi all'Ue è che i fondi strutturali vengano esclusi dai vincoli posti dal Patto di stabilità. "Il Governo porrà la questione a Bruxelles, come già fatto dal precedente Esecutivo, poi vedremo quale sarà l'esito", ha riferito Errani, sottolineando anche che "sulle riforme costituzionali i tempi sono acceleratissimi: entro fine mese l'obiettivo è di arrivare ad un momento di sintesi".

Intanto ha preso il via la prima giornata del Consiglio Europeo con una discussione dedicata al semestre Ue, cioè all'adozione formale delle raccomandazioni rivolte dalla Commissione ai singoli Paesi in vista della stesura dei documenti programmatici (Def) per il 2015. Il Consiglio dovrebbe anche sbloccare l'intesa per lo scambio dei dati nazionali nel quadro della lotta all'evasione fiscale. E darà sicuramente il benvenuto all'accordo trovato in extremis tra Parlamento, Commissione e Consiglio per completare il quadro normativo che consentirà di dare vita all'Unione bancaria europea. Successivamente i leader dei 28 Paesi Ue affronteranno la crisi ucraina. Sul tavolo ci saranno le ipotesi di nuove sanzioni e l'annullamento del vertice bilaterale Ue-Russia previsto per giugno; o quanto meno la sospensione dei lavori preparatori.

In mattinata il presidente del consiglio aveva incontrato le Regioni e i Comuni. Secondo quanto riferito dal presidente della Conferenza delle Regioni, Vasco Errani, la richiesta di Renzi all'Ue è che i fondi strutturali vengano esclusi dai vincoli posti dal Patto di stabilità. "Il Governo porrà la questione a Bruxelles, come già fatto dal precedente Esecutivo, poi vedremo quale sarà l'esito", ha riferito Errani, sottolineando anche che "sulle riforme costituzionali i tempi sono acceleratissimi: entro fine mese l'obiettivo è di arrivare ad un momento di sintesi".

In una nota di Palazzo Chigi, diffusa al termine degli incontri, si informa che il presidente del Consiglio ha chiesto alla Conferenza delle Regioni tempi certi e un contributo da protagonisti nel processo di trasformazione del Senato e sulla riforma del titolo V". "La settimana prossima - afferma ancora la nota - il Governo intende chiudere il testo della riforma" del Senato e del titolo V "comprensivo delle proposte positive che arriveranno dalle Regioni".

Renzi ha chiesto anche all'Anci e ai sindaci che hanno preso parte all'incontro sulla riforma del Titolo V e del Senato un coinvolgimento in prima persona nel processo di trasformazione delle istituzioni. Il contributo normativo, spiega la nota di Palazzo Chigi, sarà valorizzato nel testo della riforma.

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Matteo Renzi è a Bruxelles per il Consiglio europeo, e nel primo pomeriggio ha incontrato il presidente della Commissione Ue Josè Manuel Barroso.

Un incontro «molto positivo», «l’Europa sosterrà le riforme in Italia»: così Barroso ha scritto in un tweet. Il premier, arrivando al Consiglio europeo, ha solo detto ai giornalisti: «Bene, molto bene». L’incontro è durato circa un’ora e mezza nella sede della commissione Ue mentre i vari capi di stato e di governo stavano già cominciando ad arrivare al palazzo che ospita oggi e domani il consiglio Ue.

Poi Renzi in una breve conferenza stampa ha aggiunto: «Noi rispettiamo tutti i vincoli e quindi talvolta faccio fatica a capire le polemiche». «Per chi vuole conoscere i numeri invito ad aspettare il Def tra qualche giorno», ha continuato. «L’Italia non viene in Europa come uno studente fuori corso ma come un Paese fondatore che rispetta i vincoli».

Prima che i due si vedessero, si era registrato un botta e risposta a distanza. Barroso aveva chiarito: «Il rispetto degli impegni presi» in sede europea è «fondamentale» per la fiducia nell’Italia e nell’Ue. Renzi aveva subito replicato: «L’Italia rispetta tutti i vincoli».

«Renzi chiederà che i fondi Ue vengano esclusi dai vincoli del Patto di stabilità»

Il premier, hanno detto questa mattina Errani e Fassino, a Bruxelles chiederà che i fondi strutturali vengano esclusi dai vincoli posti dal Patto di stabilità, così come gli investimenti per l’edilizia scolastica e il dissesto idrogeologico.

Oggi in programma anche una riunione di lavoro dei Capi di Stato e di Governo col presidente del Parlamento Europeo e la prima sessione di lavoro del Consiglio. Domani mattina in programma invece un incontro bilaterale con Van Rompuy.
Wallstreetitalia


RINCARI IN VISTA PER TRENI E AUTOBUS

ROMA (WSI) - Costa molto - troppo - e rende poco, troppo poco. Il sistema dei trasporti pubblici è una giungla che conta oltre 1700 società partecipate dagli enti locali, drena dai conti dello Stato 5 miliardi l’anno e lascia tutti scontenti: viaggiatori e amministratori. Per centrare questo scoraggiante risultato, oltretutto, spendiamo più di quasi tutti gli altri Paesi europei. Chiaro che la macchina va rivista.

Giusto ieri il ministro dei trasporti Maurizio Lupi ha toccato uno dei punti centrali della questione: «Le Ferrovie possono svolgere un ruolo importante nella razionalizzazione del trasporto pubblico locale, ma non possono essere utilizzate per ripianare i bilanci delle tante aziende locali in crisi». I contratti di servizio, insomma, non funzionano.

Il motivo è presto detto: secondo i numeri del commissario per la spending review Carlo Cottarelli nel resto d’Europa i biglietti pagati dai viaggiatori coprono il 50-60% della spesa sostenuta dall’azienda di trasporto per organizzare il servizio. In Italia la copertura si ferma al 22%. Il messaggio è chiaro: per colmare la distanza bisognerebbe più che raddoppiare le tariffe. Il che equivale a scatenare una rivoluzione.

Se si mettono invece a paragone gli investimenti per chilometro sostenuti dagli altri Paesi europei per la rete ferroviaria, scopriamo che i costi sostenuti dall’Italia sono più alti del 55%. Anche su questo fronte spendiamo troppo.

Le tavole di Cottarelli indicano che le strade da percorrere per rendere più efficiente il trasporto sono due: la prima è senz’altro sfoltire le poltrone e l’apparato delle partecipate locali, anche attraverso fusioni tra società diverse. Ancora Lupi: «Ci sono Comuni che hanno quattro o cinque aziende, e alla luce degli sprechi che comporta questa situazione è evidentemente necessaria una razionalizzazione con l’accorpamento di queste aziende». E qui si tratta di mettere d’accordo i campanili - arte in cui l’Italia non eccelle - e per di più di farlo nei servizi pubblici - materia sensibilissima perché intrecciata profondamente con gli interessi elettorali di chi amministra. Il classico scambio tra il mondo della politica e quello del sindacato, consenso in cambio di un serbatoio di posti di lavoro garantito, genera da sempre sprechi giganteschi.

Seconda strada: «aumentare le tariffe». La documentazione di Cottarelli lo dice esplicitamente (e lo dice addirittura due volte). Compito che sarà complicatissimo anche nella migliore delle ipotesi, quella in cui si riesca a migliorare il servizio, figurarsi se dovesse cominciare la sarabanda della razionalizzazione delle linee, del taglio dei rami secchi e via risparmiando. Tagliare e migliorare insieme (anche se questo vorrebbe Lupi) sembra davvero una chimera, eppure è chiaro che un intervento è indispensabile.

Da sindaco di Firenze, Matteo Renzi ha affrontato il problema nella sua città. E lo ha fatto cedendo (ma non privatizzando) Ataf - l’azienda dei trasporti fiorentini - a Busitalia, società controllata dalle Ferrovie e quindi, risalendo la catena, allo Stato. Nel passaggio da Palazzo Vecchio a Palazzo Chigi, insomma, il premier si ritrova di nuovo il problema in casa. I liberalisti convinti pensano che il passo successivo, la privatizzazione, sia l’unico modo per evitare casi come quello di Roma, dove il deficit del trasporto ha raggiunto 1,6 miliardi.

Sul fronte opposto chi teme che il privato stringa troppo la cinghia. E ricorda con un certo timore quanto è successo a Genova in novembre, dove l’ipotesi di privatizzare gli autobus ha portato a uno sciopero che ha paralizzato la città per una settimana. E alla fine ha bloccato tutto.
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STANNO SVALUTANDO LE NAZIONI PER NON SVALUTARE L’EURO

Che l’euro fosse un progetto politico ancora prima che economico (e ancora meno sociale) lo si è capito da tempo. Da quando, un anno e mezzo fa, la Grecia è stata “salvata” a tutti i costi. Salvata da un debito abnorme che però, dopo il “salvataggio” è diventato ancora più schiacciante, ingestibile e soprattutto insolvibile anche sul lunghissimo periodo. Per quale motivo? Più che ovvio: per produrre ricchezza la prima cosa da fare è creare domanda e lavoro, riattivare i consumi e la fiducia, oltre che gli investimenti. Tutte cose che Atene ha dovuto giocoforza tagliare. Per questo motivo la base che appunto crea denaro, si è inesorabilmente assottigliata portando all’economia ancora meno frutti. La metafora del contadino è lampante: non si può pretendere di sfamare una popolazione quando le terre per coltivare vengono bloccate e sfruttate per l’edilizia: meno terreni fertili = meno cibo. E lo stesso dicasi per l’economia: come si può pretendere di riavviare un sistema quando il motore che lo alimenta viene deliberatamente sabotato?
E l’esempio non è solo per la Grecia (quello è il più lampante), ma anche e soprattutto per l’Italia la quale, a differenza di Atene e Madrid non ha mai chiesto aiuti di nessun tipo, mentre invece li ha forniti agli altri. una potenza che probabilmente ha intimorito i poteri forti dell’Europa i quali, adesso, individuata l’ultima roccaforte di salvezza della popolazione, quella che ha permesso la sopravvivenza di un popolo morigerato e soprattutto previdente (almeno nelle generazioni passate), adesso punta a tassare (se non a prelevare in maniera deliberata) anche quella. Stiamo parlando dei risparmi, già adocchiati da Bruxelles e (mal)visti come capitale fermo (anche se usato per chi non ce la fa ad arrivare a fine mese, strangolato da tasse e disoccupazione imposte dall’Europa stessa, ma tant’è…). Un’Italia che aveva superato nelle classifiche mondiali anche la Gran Bretagna, nonostante la notevole zavorra, per Roma, della corruzione, della malavita e della discrepanza economica fra un nord industrializzato e produttivo e un sud anchilosato dall’assistenzialismo.
Innegabile perciò che, vedendo quanto sta accadendo, la popolazione tutta, in primis quella francese che da tempo deve combattere con i sintomi di una strisciante crisi che ormai relega la nazione tra quelle più a rischio, scelga e appoggi sempre più spesso i movimenti contrari all’Europa. A prescindere da come la pensano. Il che spiegherebbe l’avanzata di Alba Dorata in Grecia come a suo tempo fu per il nazionalsocialismo in una Germania devastata dalla Prima Guerra Mondiale. Accade così che la diffidenza verso la moneta unica e il concetto di unione europea, arrivi anche a chi nell’unione c’è ma non adotta l’euro (per sua fortuna). Caso emblematico quello dell’Inghilterra di Nigel Paul Farage, leader dell’UKIP, nonchè deputato europeo e co-presidente del gruppo Europa della Libertà e della Democrazia il quale, cosciente del pericolo costituito da un euro strumento delle banche e dei poteri forti più che della popolazione, aveva già avvertito di ritirare i soldi dalle banche. E il tempo gli ha dato ragione.
E forse gli darà ragione anche questa volta. Infatti secondo il politico, che con ogni probabilità si sarà ispirato all’esperienza italiana del passato, nel caso di due paesi con cicli economici differenti, uno dei due, il più debole, è costretto, ovviamente a svalutare la propria moneta, cosa che il Belpaese era solito fare con cadenza quasi prevedibile. Almeno fino a quando è stato padrone della propria moneta. Non essendo più padrone della moneta cosa svaluta? Se stesso. Regalandosi perciò come vittima sacrificale sull’altare dei paesi più forti (in percentuale maggiore al nord Europa). La soluzione? Adottare una moneta che permetta di rispecchiare la realtà economica del sud, quasi ormai omologato tra le varie nazioni ridotte alla crisi perenne.
Rossana Prezioso per Trend-online
UNICREDIT SOGNA IN GRANDE, MA DUE SFIDE L’ATTENDONO
Unicredit continua a sognare di raggiungere un utile netto di 6,6 miliardi di euro, in linea con il massimo storico registrato nel 2007 (su base pro-forma), poco prima dell'inizio della crisi. Nel precedente piano industriale, lo stesso obiettivo doveva essere raggiunto nel 2015 e ora è stato spostato al 2018. Nel piano precedente, gli analisti di Banca Akros avevano evidenziato che le ipotesi sul costo del rischio di credito erano troppo ottimistiche.

Questa volta non credono che il problema di credibilità stia lì, visto che la pulizia di bilancio ha posto le basi per un miglioramento stabile e sostenibile del deterioramento dei crediti con un costo del rischio sulle attività core visto in calo (31bps) in cinque anni, un obiettivo che non sembra più aggressivo di quello dei competitor.

Questa volta, invece, gli esperti di Banca Akros credono che il piano sia troppo ottimista per quanto riguarda l'accelerazione della crescita dei ricavi attesi nel periodo 2017-2018. Infatti, il tasso medio annuo di crescita del 5% in cinque anni è diviso tra un cagr del 3% nel 2013-2016 e del 7% nel 2017-2018, con una generazione di ricavi che passa dal 5,1-5,2% dei crediti verso clientela nei primi tre anni al 5,8% entro il 2018.

Riconoscendo che la generazione di ricavi dipenderà parecchio dall'evoluzione dei tassi di interesse, gli esperti di Banca Akros preferiscono essere più prudenti su questo punto e quindi hanno una stima di utile netto di un miliardo di euro sotto il target della banca con un Rote al 10,2% nel 2018 (Unicredit lo vede al 13%), appena in linea con il costo del capitale di Piazza Cordusio.

La discontinuità principale di questo piano è rappresentata dalla separazione delle attività bancarie core dal portafoglio crediti non-core in Italia, su cui il gruppo riferirà separatamente su base trimestrale. "A nostro avviso, le sfide di Unicredit nella gestione delle attività non core saranno due. In primo luogo catturare l'opportunità di cedere i crediti non performanti a prezzi allineati coi valori di carico in modo da ridurre al minimo le potenziali minusvalenze e liberare liquidità". Come dimostrato da un'altra grande banca tedesca quotata, la percezione del mercato su questa capacità può essere una chiave molto importante per la valutazione di Unicredit.

La seconda sfida per gli esperti di Banca Akros è migliorare i crediti deteriorati e la piattaforma UCCMB che attualmente gestisce 10 miliardi di euro di crediti non performanti. A tal fine, la banca sta studiando una potenziale cessione di UCCMB a un partner specializzato.
Unicredit continuerà anche a ridimensionare la sua rete di filiali retail in Europa occidentale, soprattutto in Italia, dove altri 400 sportelli (11%) saranno chiusi. La ristrutturazione della rete consentirà 8.455 riduzioni dell'organico in cinque anni, di cui 5.700 in Italia, portando i risparmi sul costo del personale a 292 milioni di euro entro il 2016 e a 693 milioni entro il 2018. I costi di ristrutturazione una tantum sono stati parzialmente registrati nel bilancio 2013 (727 milioni), mentre altri 650 milioni saranno contabilizzati nel 2016.
Invece Unicredit considera la Polonia e l'Europa centro orientale una forte area di crescita tanto che investirà 1,3 miliardi di euro in questi mercati. L'obiettivo è quello di continuare ad aumentare l'allocazione del capitale in quest'area dal 23% del 2013 al 30% al 2018. L'approccio di investimento sarà accoppiato con una razionalizzazione in tutte le diverse aree geografiche. Infine, il gruppo promuoverà l'acquisizione di clienti nell'asset gathering. Questo processo dovrebbe essere intensificato con la quotazione di Fineco.
"Dopo la presentazione dei risultati 2013 e del business plan, aumentiamo il nostro target price di Unicredit da 6,5 a 7 euro ma ribadiamo la nostra raccomandazione hold sul titolo in quanto se i target 2016, come un Rote all'8%, sono realizzabili, gli obiettivi al 2018, con un Rote al 13%, sono troppo ottimistici, a nostro avviso", concludono gli analisti di Banca Akros.
Milano Finanza

COMMENTO IN CHIUSURA
Piazza Affari ha chiuso in ribasso nonostante l´andamento positivo di Wall Street. Oggi a Piazza Affari era il giorno delle "tre streghe" dove sono scaduti i principali contratti su future e derivati. Sotto i riflettori sono finiti soprattutto gli Stati Uniti: da una parte la conferma del rating tripla A da parte di Fitch, dall´altra la presentazione dei risultati degli stress test da parte della Federal Reserve. Ventinove banche statunitensi su trenta hanno infatti superato con successo gli esami condotti dalla Fed che hanno coinvolto le maggiori istituzioni finanziarie del Paese. Dopo le polemiche dei giorni scorsi sulla tenuta dei conti pubblici italiani, oggi il premier Matteo Renzi ha assicurato che non vi è nessun conflitto ma grande fiducia nelle istituzioni europee. Il Tesoro ha annunciato la nuova emissione del Btp Italia dal 14 al 17 aprile. In questo quadro a Piazza Affari l´indice Ftse Mib ha ceduto lo 0,58% a 20.972 punti.

Contrastato il comparto bancario: Popolare di Milano ha guadagnato lo 0,82% a 0,675 euro e Intesa SanPaolo lo 0,61% a 2,304 euro. In territorio negativo sono invece finite Montepaschi (-2,14% a 0,233 euro), Mediobanca (-2% a 7,835 euro), Unicredit (-1,74% a 6,465 euro) e Banco Popolare (-0,40% a 17,33 euro). Restando nel settore finanziario Unipolsai ha svettato con decisione sull´indice Ftse Mib con un balzo del 9,79% a 2,734 euro. Il titolo della compagnia assicurativa ha sfruttato i conti del 2013 pubblicati ieri sera che hanno evidenziato un utile lordo di 1,17 miliardi di euro e netto di 694 milioni di euro, entrambi decisamente migliori rispetto a quelli indicati nel piano industriali. A spingere il titolo anche il dividendo proposto, pari a 0,19559 euro per ogni azione ordinaria, che risulta superiore alle previsioni degli esperti.

Galassia Finmeccanica sotto i riflettori dopo che il ministero dell´Economia ha dichiarato di condividere il piano strategico che prevede la concentrazione nei settori dell´Aerospazio e della Difesa. Questa mattina Il Corriere della Sera ha ipotizzato che potrebbe essere Fincantieri a rilevare AnsaldoBreda da Finmeccanica. L´articolo del CorSera non ha citato cita Ansaldo STS ma, a detta degli esperti di Equita, "sarebbe una sorpresa se il deal venisse finalizzato solo per Breda. Nel caso anche STS venisse coinvolta riteniamo si riduca la probabilità di massimizzare l´upside da M&A". A fine seduta il titolo Finmeccanica ha mostrato una flessione del 3,17% a 7,02 euro, mentre la controllata Ansaldo STS ha ceduto l´1,99% a 8,115 euro.

Debole Campari (-0,77% a 5,75 euro) con gli analisti di Ubs che hanno rivisto il target price a 5,50 euro dal precedente 5,70 euro, confermando il giudizio sell. "Nel 2014 ci aspettiamo una crescita organica delle vendite del 3,3% e una crescita dell´Ebit del 4,7%. Riduciamo le attese sull´Eps 2014 del 13% e assumiamo una crescita organica dell´Eps dell´1,7% nel 2014 e del 13% nel 2015", ha scritto Ubs. Andamento a due velocità per Eni (+2,33% a 18 euro) e Saipem (-1,09% a 17,09 euro). Ieri l´Ad del Cane a sei zampe, Paolo Scaroni, durante un'audizione alla Camera ha affrontato alcuni tematiche calde del gruppo petrolifero. In particolare il top manager ha dichiarato che nessuna trattativa è in corso su un´ipotetica fusione di Saipem con la norvegese Subsea 7. Non sono mancati anche i riferimenti alla crisi ucraina in corso, crisi che tocca da vicino il progetto del gasdotto South Stream. Scaroni non sa se a questo punto il progetto verrà realizzato perchè la crisi ucraino-russa metterà in forse le molte autorizzazioni che i Paesi europei dovranno dare per la realizzazione dell'opera.
Finanzaonline




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