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SINTESI DELLA GIORNATA FINANZIARIA DEL 18 MARZO 2014



Piazza Affari ha chiuso in rialzo con l’indice Ftse Mib che ha conquistato la soglia dei 21.000 punti, che non veniva violata da fine maggio del 2011. E’ stata una giornata ricca di sviluppi intorno alla crisi in Ucraina: Putin ha firmato l’annessione alla Russia della Crimea e la Casa Bianca ha annunciato che la prossima settimana si riunirà il G7 a L’Aia per fornire ulteriori mosse dopo le ultime mosse di Mosca. Domani l’attesa sarà invece rivolta alla riunione della Federal Reserve che dovrebbe ridurre a 55 miliardi di dollari il suo piano mensile di acquisto asset. Il listino milanese ha snobbato l’indice tedesco Zew di marzo sceso a 46,6 punti, il livello più basso dallo scorso agosto. Sul mercato secondario il rendimento del bond decennale italiano ha aggiornato i nuovi minimi dal 2006. In questo quadro a Piazza Affari l’indice Ftse Mib ha chiuso con un rialzo dello 0,86% a 21.038 punti.

Contrastato il comparto bancario. Il Montepaschi (+2,71% a 0,246 euro) ha sfruttato la promozione di Citigroup che questa mattina ha alzato il giudizio a neutral da sell. Gli acquisti hanno premiato anche Intesa SanPaolo (+3,22% a euro), Mediobanca (+2,02% a 7,825 euro) e Unicredit (+0,46% a 6,53 euro). Debole Ubi Banca (-1,15% a 6,43 euro) dopo la bocciatura di Cheuvreux a hold dal precedente buy. In territorio negativo è finita anche la Popolare di Milano che ha lasciato sul parterre l’1,45% a 0,68 euro. Ancora positiva Finmeccanica (+0,79% a 7,015 euro) dopo l’exploit di ieri alla vigilia della presentazione dei conti dell’esercizio 2013. Telecom Italia ha guadagnato l’1,94% a 0,839 euro con Blackrock che ha ridotto la propria quota al 4,813% dal 7,789% a cui era salita lo scorso dicembre. Pirelli (-3,56% a 11,35 euro) ha proseguito la strada del ribasso dopo che Rosneft è entrata nel capitale della Biccocca, mentre dall’azionariato è uscito il fondo Clessidra. Debole Fiat (-0,56% a 7,995 euro) dopo il dato sulle immatricolazioni in Europa.
Finanza.com

FITCH APPROVA LE PULIZIE DEI BILANCI DELLE BANCHE ITALIANE
Fitch rileva come i conti 2013 del comparto bancario italiano abbiano messo in luce gli sforzi fatti nella pulizia a fronte della ripresa economica e in vista dell'asset quality review della Bce di quest'anno. Per gli esperti questi sforzi hanno migliorato la salute del settore creditizio nazionale in una fase di stabilizzazione del contesto operativo, sebbene rimanga da vedere se sia necessario  un ulteriore impegno. L'agenzia di rating fa notare come gli istituti italiani abbiano riportato svalutazioni su crediti per oltre 20 miliardi di euro nel 2013, la maggior parte dei quali nel quarto trimestre, mentre le sofferenze abbiano raggiunto i 156 miliardi di euro, ai livelli più alti dalla fine del 1990.
Gli alti costi sui debiti inesigibili riflettono anche gli sforzi delle banche e della Banca d'Italia di ridurre l'impatto dell'esame della Bce. E' questo è stato, in particolare, il caso di Unicredit. La banca meneghina ha effettuato circa il 70% del totale delle svalutazioni annunciate e per gli analisti sarà i grado di riportare nel 2014 oneri da svalutazioni su crediti inferiori significativamente rispetto all'anno scorso. Per Fitch le grandi banche italiane che hanno già pubblicato i conti possono contare su un Common equity Tier 1 ratio oltre il 9% nel 2013, il che dovrebbe renderle ben posizionate rispetto agli esami Bce, specialmente per chi ha adottato un approccio più rigoroso nei confronti dell'asset quality review.
Intesa Sanpaolo riporterà i risultati 2013 la prossima settimana e Fitch ritiene che l'appuntamento sarà la conferma che Ca'de Sass sia la banca che possiede capitale e capacità di generazione di utili superiori a quelli di altri competitor.
Finanza.com

RISPARMIO: CIRCA LA META’ DEGLI ITALIANI NON INVESTE PROPRIO
La crisi economica ha reso gli italiani ancora più prudenti in ottica di investimento e molto avversi al rischio. A ormai cinque anni dallo scoppio della crisi finanziaria globale, il sondaggio Global Investor Pulse di BlackRock evidenzia come il futuro finanziario desta ancora forte preoccupazione negli italiani che però si stanno attivando per migliorarlo. Quasi la metà degli interpellati, il 46%, afferma di rivedere e controllare regolarmente i propri risparmi e investimenti. 
Focus eccessivo su esigenze di breve termine
Negli italiani continua a prevalere un atteggiamento all'investimento orientato al breve termine, e solo il 34% dichiara di risparmiare in un ottica di lungo periodo. "Gli investitori italiani sono eccessivamente focalizzati sulle esigenze di breve termine – sottolinea Bruno Rovelli, Head of Investment advisory BlackRock Italia -  un atteggiamento che può incidere sulla loro capacità di preservare e accrescere il patrimonio nel lungo periodo. A causa del contesto macroeconomico incerto, gli italiani sono diventati estremamente prudenti e avversi al rischio. Un’ampia percentuale detiene liquidità e obbligazioni a basso rendimento, mentre il 55% dichiara di non fare investimenti”.

Massima avversione al rischio
L’avversione al rischio degli italiani risulta molto elevata con il 58% degli intervistati non è disposto a correre alcun rischio con il proprio denaro, rispetto alla media europea del 53%. Circa la metà (41%) intende mantenere invariata la propria allocazione in liquidità nei prossimi 12 mesi, mentre solo il 23% pensa di ridurla, e il 25% intende incrementarla. Il 58% degli italiani ritiene importante ottenere un reddito dai propri investimenti, anche se solo il 27% afferma di conoscere i migliori investimenti che generano reddito disponibili oggi e circa la metà (43%) ritiene che attualmente gli investimenti orientati al reddito siano più rischiosi rispetto a cinque anni fa. 
In portafoglio soprattutto titoli di Stato e fondi indicizzati
Le obbligazioni si confermano l’investimento preferito: il 52% degli investitori italiani ha in portafoglio titoli di Stato e il 34% detiene fondi obbligazionari indicizzati. Tuttavia, alla domanda sulla possibilità di ottenere gli stessi rendimenti dalle obbligazioni in futuro, il 40% degli italiani ha fornito una risposta negativa, mentre il 26% ha risposto in modo affermativo. "Emerge quindi l’esigenza di aiutare le persone a definire correttamente le proprie aspettative circa gli investimenti obbligazionari – rimarca BlackRock - illustrando la necessità di prendere in considerazione strategie più dinamiche e flessibili”. 

Le aspettative per la pensione
Dal Global Investor Pulse di BlackRock emerge che un numero sempre crescente di italiani è prossimo a un pensionamento che si preannuncia più lungo e attivo che in passato. Questo mette in luce il preoccupante divario tra aspettative e realtà. Gli italiani ambiscono ad una rendita pensionistica di 33.000 euro annue, ottenibile solo risparmiando la somma approssimativa di 595.400 euro. È inoltre significativo che solo il 25% conti di raggiungere il livello di reddito desiderato, e solo il 29% ritenga di comprendere quanto sia effettivamente necessario risparmiare per la pensione.

Alla domanda in merito a come intendano finanziare la propria pensione, il 21% dei rispondenti ha indicato gli schemi pensionistici pubblici e il 16% la liquidità e i conti di deposito, mentre un altro 13% si aspetta un contributo dai piani pensionistici aziendali. Solo il 9% intende finanziare la propria pensione attraverso un piano previdenziale personale.
Finanza.com

SPENDING REVIEW: ECCO IL PIANO COTTARELLI
E’ finalmente arrivato il piano di tagli predisposto da Carlo Cottarelli, nell’ambito della riorganizzazione della spesa pubblica che dovrebbe portare a consistenti risparmi in grado di incidere in maniera strutturale sul debito pubblico del nostro Paese. A regime l’intervento complessivo triennale è pari a 33,9 miliardi di euro. La cosiddetta "Spending Review”, consegnata dal commissario straordinario e anticipata da alcuni organi di stampa, prevede una serie di tagli che dovrebbero interessare in particolare i costi della politica, il settore della Difesa, i trasporti e le pensioni.

Solo per l’anno in corso, le proposte in questione dovrebbero prevedere risparmi per un ammontare complessivo di 3 miliardi di euro, con una serie di sforbiciate anche dolorose per i costi sociali che comporterebbero. Va peraltro precisato che per quanto concerne alcune voci, come le pensioni, per le quali sarebbe previsto un contributo speciale di 1,4 miliardi di euro, il premier Renzi ha già assicurato che non ci saranno interventi.

Nel’elenco consegnato da Cottarelli, i risparmi più consistenti arriverebbero dall’”efficientamento diretto”, ovvero una serie di provvedimenti sui beni e servizi (800 milioni), riduzione del numero dei dirigenti della Pubblica Amministrazione (500 milioni), auto blu, corsi di formazione, consulenze, riorganizzazione telematica del settore appalti che nell’insieme porterebbero a risparmiare oltre 2 miliardi di euro.

Due miliardi di tagli sarebbero invece il contributo dei trasferimenti inefficienti, con un miliardo e mezzo di fondi statali alle aziende soprattutto quelle dell’autotrasporto, 300 milioni di trasporto ferroviario e 100 milioni di quello pubblico locale pronti alla sforbiciata.

Molto ampio l’intervento sul settore pensionistico, con le pensioni di reversibilità nel mirino per complessivi 100 milioni a partire dal 2016, cui andrebbero ad unirsi altri 100 milioni di euro degli assegni di accompagnamento (a partire dal 2015), 200 milioni (dall’anno in corso) riguardanti la revisione delle pensioni di guerra e, soprattutto, l’innalzamento dell’età contributiva riguardante le donne ai fini dell’ottenimento della pensione di anzianità, che dai 41 anni attualmente previsti salirebbe a 42, venendo parificata a quella degli uomini.

Altro capitolo che potrebbe rivelarsi corposo, anche se non sono state ancora specificate le cifre in ballo, è quello della Difesa, con la riduzione dei contestati F35 al primo posto, seguita dalla dismissione di 385 caserme ormai inutilizzate. Questi due interventi sono peraltro già stati anticipati dal ministro alla Difesa, Roberta Pinotti, nei giorni passati e ad essi potrebbe affiancarsi la vendita della portaerei Garibaldi.

La politica dovrebbe a sua volta contribuire per complessivi 400 milioni, con interventi su Regioni e Comuni e una stretta al finanziamento pubblico dei partiti, mentre 200 milioni sarebbero il contributo derivante dalla riorganizzazione delle Province e della spesa degli enti pubblici.

Naturalmente il complesso di provvedimenti dovrà essere discusso all’interno della compagine governativa, dove probabilmente saranno anche oggetto di dibattito i costi sociali che alcuni di questi suggerimenti comporterebbero. In particolare i nuovi interventi sulle pensioni potrebbero essere ampiamente limitati, come ha del resto specificato Renzi nel corso di una puntata di "Porta a Porta”.
Finanza.com

LA CORTE COSTITUZIONALE TEDESCA APPROVA IL FONDO ESM
La Corte costituzionale tedesca ha confermato la legalità del Meccanismo permanente europeo di Stabilità (Esm), il fondo salva-Stati dell'Eurozona, rigettando in questo modo i ricorsi presentati nei suoi confronti. I giudici teutonici hanno spiegato che "nonostante gli obblighi assunti, l'autonomia di bilancio del Bundestag è sufficientemente salvaguardata". Già lo scorso settembre la Corte nel giudizio preliminare si era espressa in modo favorevole, come anche il Parlamento tedesco.
In particolare, l'Alta Corte tedesca ha spiegato come l'Esm non ha violato il diritto del Parlamento di Berlino di decidere in materia di bilancio e ha ribadito però che l'impegno della Germania nel fondo deve essere limitato a 190 miliardi di euro. In caso di ulteriori stanziamenti, questi devono passare da un'approvazione parlamentare. Con lo stesso giudizio è stato inoltre stabilito che il Patto di Bilancio europeo è conforme alla costituzione tedesca. Il giudice ha poi ricordato che la questione dell'Outrights Monetary Transactions (Omt), ossia lo scudo antispread promosso dalla Bce, è stata scorporata e rimandata al giudizio della Corte di giustizia europea.
I ricorsi erano stati presentati da un gruppo di circa diecimila euroscettici, tra cittadini tedeschi, partiti politici, associazioni e privati, che avevano deciso di impugnare il meccanismo europeo contestando una lesa autonomia del Bundestag sul bilancio nazionale. 
Zew peggio delle attese
Nel frattempo è giunta la pubblicazione del dato sull'indice Zew sulle aspettative economiche in Germania, la cartina tornasole sulla fiducia nell'economia teutonica. L'indice a marzo è sceso a marzo a 46,6 punti rispetto ai 55,7 punti della precedente rilevazione. Il dato è inferiore alle attese degli analisti ferme a 52 punti. "Nel sondaggio di questo mese la crisi in Crimea sta pesando sulle aspettative economiche per la Germania. Tuttavia, l'indicatore suggerisce che la ripresa economica non è attualmente a rischio", ha commentato Clemens Fuest, presidente dell'istituto Zew.
Finanza.com

ALLARME SICUREZZA BANCOMAT CON LA DISMISSIONE DI XP
Non sarà un cyber-collasso, ma è meglio che le banche corrano ai ripari. In fretta. A partire dal prossimo 8 aprile Microsoft smetterà di fornire i supporti per l’aggiornamento e la protezione di Windows XP, il sistema operativo più diffuso al mondo. 
Una scelta che rischia di creare problemi seri per il 95% dei bancomat e il 40% dei pc mondiali, tutti legati al software lanciato nel 2001 dal gruppo di Bill Gates: tra meno di venti giorni i sistemi saranno più vulnerabili agli attacchi degli hacker e dei virus. Per i privati la situazione è semplice: basta un aggiornamento. Per gli istituti, invece, è po’ più ingarbugliata: il processo di adeguamento sarà più lungo. 
«Fortunatamente Microsoft ha deciso di prolungare fino al luglio del 2015 il supporto del suo sistema Antivirus Security Essentials. Questo garantirà una maggior tutela ma non una completa immunità», ragiona Andrea Draghetti, specialista in sicurezza informatica. Più che gli sportelli, secondo Draghetti, rischiano i computer installati nelle banche, più vulnerabili perché più esposti. «Gli impiegati hanno accesso ad una serie di informazioni ben più vasta di un semplice bancomat e inoltre, spesso, non hanno limitazioni nelle movimentazioni di denaro». 
Secondo la Reuters, per cautelarsi, molte società (Jp Morgan in testa) avrebbero già stipulato accordi con Redmond affinché i tecnici di Microsoft continuino a fornire aggiornamenti di sicurezza. Si calcola che per il solo supporto agli Atm britannici si spenderanno dai 50 ai 60 milioni di sterline. Ieri, dalle pagine del Financial Times, il direttore della sicurezza dei computer di Microsoft Timothy Rains ha cercato di rassicurare gli utenti. Troppo poco per allontanare lo spettro degli attacchi: secondo Jaime Blasco, ricercatore della Allien Vault, «più persone utilizzano lo stesso software, più aumentano i pericoli». La soluzione? Creare sistemi informatici ad hoc ma – dice lo specialista – «le aziende lo considerano troppo costoso». 
Gli istituti italiani, sul fronte della sicurezza digitale, continuano a tenere alta la barra. Lo scorso anno hanno investito 4,2 miliardi di euro confermando la spesa del 2012. L’attenzione per l’hi-tech trova conferma anche nelle previsioni di spesa formulate dalle banche per il 2014: secondo uno studio che viene presentato oggi al Forum Abi Lab di Milano, la metà dei gruppi, infatti, prevede addirittura di incrementare gli investimenti in tecnologia (50%), mentre quasi un terzo pensa di mantenere costante il budget Ict rispetto al 2013. 
Giuseppe Bottero
Finanzainchiaro

ITALIA E BANCHE: AGENZIE DI RATING CONTRADDITTORIE
Agenzie di rating agli opposti. Mentre Fitch promuove le banche italiane, Moody's mette nel mirino il ritardo italiano nel mettere in moto le riforme, iniziando da quelle legate al mercato del lavoro, e precisa che nell’immediato futuro non ci sarà un miglioramento del rating sovrano dell’Italia, che dovrebbe rimanere nella parte più bassa dei giudizi con l’”investment grade”.
Secondo Fitch, la pulizia dei bilanci in vista dell'asset quality review realizzata dagli istituti italiani nel 2013 ha migliorato lo stato di salute complessivo del sistema in concomitanza con la stabilizzazione dello scenario operativo. Attenzione però. L'agenzia dice che resta comunque da vedere se non servano sforzi ulteriori. Il riferimento va ai circa 20 miliardi di svalutazioni effettuati lo scorso anno dagli istituti italiani. Primo fra tutti Unicredit, con un importo di quasi 14 miliardi nell'intero 2013. E quelle banche italiane che non hanno fatto pulizia sui portafogli "probabilmente sperimenteranno alte svalutazioni sui crediti anche quest'anno, seppur al di sotto dei livelli dell'anno scorso", precisa l'agenzia di rating che ora scommette sui conti 2013 di Intesa Sanpaolo che saranno annunciati la prossima settimana. "Confermeranno che l'istituto ha capitale e capacità di generazione di utile superiori a quelle dei competitor italiani", precisa Fitch.
Intanto se Fitch promuove gli istituti di credito, Moody's punta il dito contro l’Italia che rimane in ritardo su diverse riforme, soprattutto quelle legate al mercato del lavoro. Da rilevare che a metà febbraio Fitch aveva migliorato da negativo a stabile l'outlook sul rating sovrano Baa2 dell'Italia. "L'Italia è in ritardo su parecchie misure, in particolare sulle riforme del mercato del lavoro" si legge nel report di Moody's, che in contrasto sottolinea le "importanti riforme del mercato del lavoro" intraprese in Grecia, Spagna e Portogallo, insieme ad altre riforme per migliorare la sostenibilità dei sistemi pensionistici, per incrementare la competitività e la flessibilità dei mercati domestici e per migliorare il clima per gli investimenti.

Professionefinanza

PIAZZA AFFARI: TITOLI NEL MIRINO
Partenza lievemente negativa per Piazza Affari, dove l'attenzione è concentrata ancora su Pirelli, Fiat, ma anche Azimut, Mps e Unicredit. Ecco, secondo la rassegna Reuters, i principali possibili movimenti attesi.
Eni. Titolo sotto i riflettori di Piazza Affari. La società ha analizzato l'ipotesi dello spin off e della vendita degli asset della perforazione di Saipem, valutati da alcuni analisti 4,5 miliardi di euro, ma i piani sono in stand-by a seguito dell'incertezza legata all'attuale management in vista del rinnovo dei vertici il prossimo mese. Lo dicono tre fonti a conoscenza della vicenda. Intanto, il Cda ha deliberato l'emissione di uno o più prestiti obbligazionari, in una o più tranche, per un importo massimo complessivo di 1,5 miliardi di euro da collocare presso il pubblico retail in Italia entro il 31 luglio 2015.
Pirelli. Titolo ancora in luce a Piazza Affari. Ieri Rosneft, società russa prima al mondo per riserve e produzione di greggio, ha puntato sulla società e deciso di investire poco più di 500 milioni di euro per una quota indiretta del 13% nella società.
Unicredit. Il titolo resta in luce a Piazza Affari in attesa della possibile Ipo di Pioneer. Inoltre, alcuni quotidiani riportano un'intervista del presidente Giuseppe Vita all'Handesblatt in cui dichiara che Hvb è strategica e non in vendita.
Telecom. Titolo ancora sotto i riflettori. Secondo Il Messaggero la lista messa a punto da Telco, con Giuseppe Recchi proposto come presidente e Marco Patuano confermato ad, dovrebbe avere oggi il via libera di IINtesa Sanpaolo e poi essere esaminata dal comitato nomine di Mediobanca . Il quotidiano indica tra i papabili della lista anche Flavio Cattaneo, ad di Terna e la baronessa Denise King Smill.
Banco Popolare. Il titolo potrebbe muoversi in scia alla notizia che Goldman Sachs detiene il 2,116% del capitale di Banco Popolare dal 7 marzo scorso.
Fiat. Titolo sotto i riflettori di Piazza Affari, dopo che si è appreso che Chrysler sta richiamando 18.092 Fiat 500L negli Stati Uniti a causa di un problema di trasmissione che impedisce alle auto di uscire dai parcheggi. Intanto, secondo i dati Acea le immatricolazioni di auto in Europa a febbraio sono cresciute del 7,6%, mentre per il gruppo Fiat l'incremento è stato del 5,8%.
Finmeccanica. Il titolo potrebbe reagire alla notizia che un giudice del tribunale di Milano ha respinto una richiesta da parte dell'India di incassare garanzie bancarie per 278 milioni di euro da Finmeccanica, relativamente alla cancellazione di un ordine per 12 elicotteri di AgustaWestland. Il governo indiano presenterà appello. Intanto, le Ferrovie Olandesi (Ns), Ansaldo Breda e la sua capogruppo Finmeccanica hanno raggiunto un accordo che definisce la loro controversia, accordo che prevede la riconsegna di tutti i treni V250 a Breda a fronte della restituzione di 125 milioni di euro alla Ns.
Mps. Titolo ancora sugli scudi. Secondo MF non è venuta meno l'ipotesi di una cordata di fondazioni del Nord con Cariplo in testa accanto a Cariverona, Carilucca e Carifirenze che acquisterebbe quote sotto il 5% per un investimento intorno a 150-200 milioni. Il quotidiano scrive che l'intenzione della Fondazione è di cedere subito il 20% e poi diluirsi al 5% con l'aumento di capitale. Tuttavia - aggiunge - la riduzione del debito a 255 milioni consentirebbe all'ente di non fare altre cessione limitandosi alla vendita dei diritti in sede di aumento. MF ricorda poi l'interesse di fondi sovrani come Qatar Investment Authority o Aabar e di potenziali investitori Usa e inglesi come JC Flowers e Blackstone.  
Luxottica. Ha rivisto le condizioni di una linea di credito da 500 milioni di euro revolving, abbassandone il costo ed estendendola all'aprile 2019.   
Azimut. Titolo in luce a Piazza Affari. La società ha siglato un accordo in Turchia con Notus Portfoy Yonetimi per una partnership nel risparmio gestito.
A2A. Titolo sotto i riflettor. Renato Ravanelli, attuale direttore generale di A2A, è in pole per diventare l'AD della superutility lombarda post riforma della governance dal duale al tradizionale. Scontato l'appoggio di Milano, sul suo nome si sta lavorando per un via libera anche da Brescia, l'altro socio forte della multiservizi. In cambio Brescia otterrebbe la nomina di Alessandro Triboldi, da poco dimessosi come direttore generale del comune, ad AD di A2A Ambiente, il polo che raggruppa tutte le attività ambientali del gruppo con sede nel capoluogo bresciano.
Atlantia. Il titolo potrebbe muoversi in scia alla notizia del Sole 24 Ore, secondo il quale starebbe per partire un'altra volta il processo di vendita delle torri tlc. Il quotidiano riporta rumors di un'assegnazione del mandato a Banca IMI.
Cir. Titolo ancora sugli scudi. Secondo il Corriere della Sera le banche creditrici di Sorgenia invieranno una nuova lettera a Cir in cui chiedono di mettere sul tavolo almeno 150 milioni. In alternativa scatterebbe la conversione dei propri crediti in capitale.
Credem. La banca non è alla ricerca di acquisizioni ed è concentrata sullo sviluppo per linee interne autofinanziato, senza ricorrere ad un aumento di capitale.
Amplifon. Il titolo potrebbe muoversi in scia alla notizia che la società conta di chiudere acquisizioni in Germania e Brasile entro il 2014. E' quanto ha detto a Reuters l'ad del gruppo, Franco Moscetti.
Professionefinanza

DELLA CRISI IN CRIMEA BENEFICERA’ LA TURCHIA
L’annessione della Crimea alla Russia, dopo il referendum celebrato domenica scorsa, ha già avuto come conseguenza l’annuncio di sanzioni da parte di USA ed Europa contro singole personalità politiche, militari e dell’oligarchia finanziaria in Russia. Si tratta solo dell’inizio di una vera guerra commerciale e finanziaria, che potrebbe portare all’isolamento internazionale di Mosca. 
Nel solo mese di febbraio, gli investitori hanno venduto 216 milioni di dollari di obbligazioni russe, sintomo di un inizio di fuga dei capitali dal paese. A potere beneficiare maggiormente di questa crisi è la Turchia, con la lira che ha recuperato il 2,5% da quel 27 gennaio, quando era crollata ai minimi storici di 2,39 contro un dollaro USA, tanto da indurre la banca centrale ad alzare bruscamente i tassi. Nel frattempo, il rublo ha perso oltre il 5%.
Ma sono anche altri i segnali, che ci indurrebbero a pensare che per Ankara potrebbe esserci un futuro finanziario forse più roseo degli ultimi mesi appena trascorsi. I rendimenti sui titoli a due anni sono saliti a marzo di soli 4 punti base all’11,27%, mentre sui corrispondenti titoli russi, il balzo è stato dell’1,48% o 148 punti base. E il costo per assicurare un titolo di stato turco a 5 anni è sceso questa settimana di 31 punti base al di sotto di quello russo, lo spread più ampio dal settembre 2009.
Un altro dato, riportato da Goldman Sachs, evidenzia il trend negativo per Mosca: i deflussi di capitali nel primo trimestre di quest’anno sono aumentati del 60%, rispetto allo stesso periodo del 2013, arrivando a 45 miliardi di dollari.
Per timore di essere colpiti dalle sanzioni, diversi oligarchi russi potrebbero trasferire i propri investimenti in stati come la Turchia, dove i controlli sono ritenuti un pò più blandi, approfittando anche del fatto che Ankara è il secondo paese tra i 20 della lista stilata da Bloomberg per livello di rendimenti offerti sui titoli a due anni in valuta locale. La Russia è al quarto posto.
Alcuni rischi restano
Certo, il beneficio non sarà per nulla scontato per la finanza turca. Se la dovrà vedere con le altre economie emergenti, come dimostrano i seguenti dati: dall’inizio dell’anno, i bond indonesiani hanno guadagnato il 5,8%, quelli egiziani il 4,5%, quelli indiani il 3% e i messicani il 2,9%.
In più, alla fine della prima settimana di marzo, risultano venduti 957 milioni di dollari in bond turchi, il dato più alto dagli 1,2 miliardi della prima settimana di febbraio. E bisogna tenere conto della crisi politica in atto ad Ankara, dove il premier Erdogan deve affrontare il più forte calo di popolarità da quando governa il paese dal 2002, a seguito a uno scandalo di corruzione, esploso a dicembre. E alla fine del mese si terranno le elezioni amministrative. 
Di certo, però, dinnanzi ai timori della comunità finanziaria per la figura di Vladimir Putin, quella del premier Erdogan potrebbe essere rivalutata e i capitali internazionali potrebbero fluire proprio verso la Turchia.
di Giuseppe Timpone
investireoggi


LONDRA: IN ARRIVO UNA NUOVA BOLLA FINANZIARIA?

Sono ormai mesi che a Londra si parla di una nuova bolla immobiliare, ed in effetti i dati lasciano pochi dubbi: mese su mese, l’aumento dei prezzi delle case è stato dell’1.1% a Londra, mentre quello annuale è di oltre il 15% (9.4% a livello nazionale), il tutto mentre i salari crescono circa dell’1% annuo. Una salita vertiginosa ma non certo estemporanea – ed anzi in linea con la storia degli ultimi trent’anni.
Tutto cominciò con la privatizzazione delle council house – le case
popolari – avvenuta sotto il governo Thatcher e che pose le basi per un decisivo cambiamento della struttura sociale ed economica del paese: le case si trasformavano da bene di prima necessità in bene d’investimento, la società si commodificava, trasformando i cittadini in proprietari. Dal punto di vista politico fu un successo: vendendo, con un forte sconto, le case agli inquilini, il governo conservatore si assicurò i decisivi voti di parte della working class. Dal punto di vista prettamente economico, quella privatizzazione fu però un disastro: è vero che la vendita della case popolari portò 40 miliardi di sterline nelle casse dello Stato; si creò però, allo stesso tempo, una posizione di rendita, per i grandi immobiliaristi che, comprate le case dagli inquilini divenuti proprietari, le affittarono a prezzo rialzato. Ed a pagare il conto, salato, è proprio lo Stato che finanzia gli affitti delle ex-case popolari sotto forma dihousing benefits per le fasce più disagiate della popolazione. Vendere basso, per poi ri-affittare alto, non proprio un modello di buona politica. Soprattutto, si posero le basi per una nuova struttura sociale ed economica: in contemporanea con le privatizzazioni, il governo impedì alle autorità locali di utilizzare i proventi delle vendite per rimpiazzare gli immobili venduti, diminuendo fortemente l’offerta – che il mercato privato non ha mai provveduto ad aumentare – e creando quindi le condizioni per un colossale aumento dei prezzi delle abitazioni, da cui appunto scaturì anche il rincaro degli affitti.
L’aumento vertiginoso dei prezzi non sarebbe però potuto accadere senza la spinta del credito, che facilitava l’indebitamento delle famiglie per comprare le abitazioni. La casa divenne la base dell’economia del debito, e finanza e costruzioni furono la vera spina dorsale del boom economico del New Labour, generando profitti costruiti su bolle: più si prestava, più il prezzo delle case aumentava, creando di conseguenza più domanda di denaro per mutui. Il risultato, oltre ad una consistente redistribuzione di ricchezza a favore dei possessori di case, fu quella che possiamo definire illusione monetaria: come nel caso dell’inflazione che può portare ad un aumento dei livelli nominali dei salari, si tratta di un effetto ottico della moneta che aumentando artificialmente la ricchezza grazie alla costante crescita dal valore immobiliare, finanzia livelli di consumo indipendenti dal reddito.
Nemmeno la crisi dei subprime– nata per altro in Inghilterra dove fu Northern Rock, uno dei principali fornitori di mutui, ad andare a gambe all’aria ancora prima di Lehman – riuscì a bloccare questa perenne rincorsa verso l’alto. Poco importa che, durante il picco della crisi, gli inglesi riducessero i loro acquisti di case; c’era, e c’è, un mondo intero disposto a rimpiazzarli. Prima arabi e russi, con tanto cash a disposizione. Poi, man mano, greci impazienti di trasferire all’estero i loro instabili euro, italiani e spagnoli impauriti dalla crisi e francesi attratti dalle favorevoli condizioni fiscali. E poi ancora, altri arabi in fuga dalle primavere che mettevano a rischio i loro conti in banca, turchi preoccupati dall’instabilità politica; e naturalmente frotte di cinesi, che comprano a scatola chiusa, pur di mettere in circolazione un po’ dei loro denari – specialmente se di provenienza dubbia. source
Con i prezzi delle case in aumento nel pieno della recessione, il governo inglese decise di aumentare la posta con l’introduzione del famoso schema Help to Buy, grazie al quale anche coloro che intendono acquistare per la prima volta ma si ritrovano privi di un capitale sufficiente per accedere ai mutui, possono farlo grazie ad una garanzia governativa. Come dire, una nuova spinta verso i subprime, accesso al credito sempre più facilitato e senza nessun legame reale con il reddito. Un aiuto per chi non può permettersi la casa? In realtà è una spinta, a indebitarsi sopra le proprie possibilità; non a caso nel report sull’inflazione di Febbraio della Banca d’Inghilterra, il governatore Carney ha sottolineato che “le famiglie risparmiano meno e spendono di più e questo ha portato ad un rafforzamento del mercato immobiliare”. I veri beneficiari dello schema governativo sono i soliti noti: banche che possono mettere più denaro in circolazione (l’80% dei prestiti bancari, se si escludono quelli interni al settore finanziario, vanno in mutui per case o attività commerciali), grandi costruttori che dominano il mercato, possessori di case contro affittuari.
Insomma, la riproposizione pressoché identica di quelle ricette che hanno portato al collasso di qualche anno fa.
Carlo Scalzotto per finanzanostop


ITALIA SEMPRE PIU’ POVERA: REDDITO FAMIGLIE SCESO DI 2400 EURO IN 5 ANNI

ROMA (WSI) - Il reddito annuale della famiglia media italiana è calato di 2.400 euro tra il 2007 e il 2012, quasi il doppio della media della zona euro (1.100 euro). Lo riferisce l'Ocse nel rapporto annuale sugli indicatori sociali spiegando che la perdita di reddito è legata al ''deterioramento del mercato del lavoro,soprattutto per i giovani''. Oltre alle difficoltà del lavoro per i giovani ad avere un impatto importante sulla vita delle persone e' anche la "debole protezione per chi ha problemi lavorativi": nel 2011, il 13,2% ha dichiarato di non potersi permettere di comprare cibo a sufficienza (contro il 9,5% nel 2007) e il 7,2% di aver rinunciato a far ricorso a delle cure mediche per motivi economici.

Tra il 2007 e il 2010, il tasso di povertà tra i giovani (18-25 anni) in Italia è aumentato di tre punti percentuali, arrivando al 15,4%, e quello degli under 18 di 2 punti percentuali al 17,8%. Lo riporta l'Ocse nel suo rapporto annuale sugli indicatori sociali. Giovani e giovanissimi sono così diventati le fasce d'età con il tasso di povertà più elevato, davanti ai quarantenni (13,4%) e agli over 75 (11,7%). Un trend che, secondo gli esperti Ocse, si sta confermando anche per gli anni successivi. La percentuale di giovani italiani che sono disoccupati o inattivi, e non sono ne' in educazione ne' in formazione (i cosiddetti 'Neet') è aumentata di 5 punti tra il 2007 e il 2012, arrivando al 21,1%. Il dato italiano e' il terzo più elevato tra i Paesi aderenti all'organizzazione, dopo Turchia (26,7%) e Grecia (27,3%).

L'Italia era arrivata alla crisi finanziaria "con un sistema di previdenza sociale scarsamente preparato" al boom di povertà e disoccupazione, ma "le recenti proposte di riforma del mercato del lavoro e l'estensione del sistema di previdenza sociale rappresentano degli importanti passi nella giusta direzione". Con il sistema attuale, scrive l'organizzazione parigina, "meno di 4 disoccupati su 10 ricevono un sussidio", e l'Italia è la sola in Europa insieme alla Grecia non avere "un comprensivo sistema nazionale di sussidi a basso reddito". C'è quindi il rischio che "le difficoltà economiche e le disuguaglianze diventino radicate nella società". Uno degli effetti di questa "mancanza di un efficace sistema di previdenza sociale". dice ancora l'Ocse, si riscontra nella distribuzione della perdita di reddito tra le diverse fasce della popolazione. Tra il 2007 e il 2010, il 10% più povero ha perso in media il 6% all'anno del proprio reddito disponibile, mentre il 10% più ricco ha perso solo l'1%. (ANSA)
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LA CORTE COSTITUZIONALE TEDESCA DICE SI’ AL FONDO SALVA STATI

ROMA (WSI) - La Corte Costituzionale della Germania ha definitivamente avallato, per parte tedesca, il fondo anticrisi permanente europeo Esm (Europea stablility mechanism).

La Borsa di Milano avanza di oltre l'1% dopo la notizia. Euro ai massimi di due anni e mezzo: la soglia di $1,40 non è poi così lontana.

Detto questo, ritenendo che è concepito in maniera tale da "preservare l'autonomia di bilancio del Bundestag", i giudici costituzionali hanno però nuovamente imposto al governo di coinvolgere strettamente il Parlamento sulle questioni attinenti a questa materie.

Anzi hanno chiaramente stabilito che i versamenti effettuati al Esm dovranno essere inseriti nelle previsioni delle leggi di Bilancio, escludendo così che possano essere fatti passare tramite procedure di urgenza senza voti assembleari.

"Il Bundestag resta l'istituzione dove si decidono entrate e uscite, anche per quanto attiene agli impegni internazionali ed europei", ha affermato il presidente dell Consulta teutonica, Andreas Vosskulhe.

Con 190 miliardi di euro la Germania, prima economia dell'Unione europea, è il primo contributore a questo fondo anticrisi, che a regime avrà una capacità operativa da 500 miliardi di euro e che in parte è stato già utilizzato per il salvataggio delle banche spagnole.

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La Corte costituzionale tedesca rigetta i ricorsi avanzati contro il Meccanismo di stabilità europea Esm, ovvero il Fondo Salva-stati. La Corte costituzionale aveva già dato un sostanziale semaforo verde all'Esm, nel settembre 2012, oggi il giudizio ''da' il via libero definitivo'' ha spiegato il presidente dei giudici di Karlsruhe. Oltre diecimila cittadini tedeschi, fra partiti politici e associazioni e privati, avevano impugnato il meccanismo europeo durante la fase più drammatica della crisi del'euro, contestando una lesa autonomia del Bundestag sul bilancio nazionale. La corte costituzionale tedesca ha sottolineato che l'autonomia del Bundestag tedesco rimane sufficientemente garantita, sulle questioni di bilancio, pur stabilendo che l'Esm sia legittimo. Con lo stesso giudizio si stabilisce anche che il Patto di Bilancio europeo sia conforme alla costituzionale tedesca. Il giudice ha ricordato che la questione dell'Outrights Monetary Transactions - lo scudo antispread promosso dalla Bce - è stata scorporata e rimandata al giudizio della Corte di giustizia europea.
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LA CURA COTTARELLI CONTRO GLI SPRECHI

ROMA (WSI) - Molto più di una sforbiciata ai contestatissimi F35. Il piano Cottarelli per 7 miliardi di possibili risparmi già quest’anno, che dovrebbero diventare 18 l’anno prossimo e 33,9 nel 2016 è una caccia spietata ai soldi.

Cottarelli propone di recuperare subito 2 miliardi dagli aiuti alle imprese, alle società partecipate, al trasporto ferroviario.

Propone di risparmiare 2,2 miliardi dalle spese dirette dello Stato sull’acquisto di beni e servizi, sugli stipendi dei dirigenti, sulle auto blu, sui corsi di formazione.

Infine ipotizza altri 400 milioni di risparmio dalla Difesa e dalla Salute. Ci sarebbe stato anche un altro forte taglio sulle pensioni, per quasi 1,8 miliardi di euro, ma Renzi questo capitolo l’ha già cassato.

Comunque sarà dura. Lo stesso documento di Cottarelli, pubblicato in esclusiva ieri dal Il Tempo, è pieno di cautele. «I risparmi di spesa indicati - scrive - sono al lordo di possibili effetti sulle entrate».

Ci sarà poi da fare i conti con le proteste. Piaceranno molto all’opinione pubblica i 400 milioni che dovrebbero venire dai minori costi della politica e di Quirinale, Parlamento e Corte costituzionale.

Più arduo il taglio dell’8/12% allo stipendio per i dirigenti pubblici, magistrati compresi. E tecnicamente complesso s’annuncia l’intervento sulle pensioni d’oro, già colpite da Letta con il blocco dell’indicizzazione.

Altre proposte più strutturali sono all’esame da anni e mai realizzate. Cottarelli, ad esempio, ha aperto la riflessione sulle forze dell’ordine: mantenere cinque corpi di polizia ha ancora un senso? Peraltro s’interrogava così già il suo predecessore Piero Giarda due anni fa e nulla è accaduto. Molto cautamente, Cottarelli chiede al Viminale di recuperare, tramite «sinergie» tra le forze di polizia, 800 milioni l’anno prossimo e 1,7 miliardi nel 2016. Al ministro Alfano il difficile compito.

In effetti al ministero dell’Interno c’è già in piano in discussione: prevede la chiusura di circa 300 presidi di polizia ferroviaria, postale, stradale, più qualche commissariato, e 50 squadre nautiche. Molti uffici dovranno trasferirsi in sedi demaniali e smetterla di pagare l’affitto. Il sindacato di polizia Sap, però, è assolutamente critico: «Ipotizzano risparmi inesistenti. I presidi che vogliono chiudere sono quasi tutti ospiti di enti, dalle ferrovie alle autostrade, alle autorità portuali, ai Comuni. In qualche caso ci pagano persino la luce. Ci costano pochissimo. Alla fine, sarà solo un modo per spostare 3000 agenti e mettere una pezza al mancato turn-over».

Anche i carabinieri sono chiamati a fare la loro parte. L’Arma ipotizza la chiusura di 17 stazioni e di 7 compagnie. Può evitare chiusure più drastiche perché il comandante generale Leonardo Gallitelli ha dimostrato di avere recuperato già 10 mila unità, raschiando ogni sacca di improduttività.

A questo punto, però, sono i numeri stessi delle forze di polizia a far discutere: in servizio ci sono 95 mila agenti di Ps, 105 mila carabinieri, 60 mila finanzieri. Nel giro di due anni saranno ancora meno: 238 mila; dovrebbero essere 296 mila. E allora ecco la provocazione del Sap: «Occorrono scelte coraggiose. Alfano faccia assorbire dalle due forze di polizia maggiori gli altri, ossia Forestale, Penitenziaria e Finanza. E poi si proceda con direzione unitaria al Viminale, sale operative comuni e centrale unica degli acquisti. Risparmieremmo sul serio. Almeno 2 miliardi».
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IL VENETO VUOLE LA SECESSIONE COME CRIMEA E SCOZIA

VENEZIA (WSI) - Dal 16 marzo è infatti on line il referendum per l'indipendenza del Veneto così come anticipato a Libero dal governatore della regione Luca Zaia. Il 21 marzo, ultimo giorno per aderire all'iniziativa, ci sarà lo spoglio in piazza dei Signori a Treviso.

Nell'intervista il presidente leghista parla di una iniziativa che si chiama appunto "Plebiscito 2013", costola di un altro partito, "Indipendenza veneta". "Bisogna fare delle riflessioni, dice Zaia. E in merito alle motivazioni di questo plebiscito, dice che molte persone vogliono l’indipendenza "perché, strangolate dalla crisi, chiedono tassazioni più basse". Poi si lascia andare e aggiunge: "Mi piacerebbe che pensassero all’indipendenza come movimento culturale, tipo Catalogna o Scozia".

Se Barcellona ottiene indipendenza, anche Venezia potrebbe ottenerla

Zaia prende come fonte di ispirazione quello che sta accadendo in Catalogna, il referendum omologo di Artur Mas. "Dobbiamo capire - dice - se sull’indipendenza riescono ad aprirci un varco. La loro deadline è il 9 novembre 2014. Se l’indipendenza la ottiene Barcellona, seguendo il loro metodo potrebbe ottenerla Venezia".

Renzi non crede nelle Regioni, è un neocentralista

E a Renzi dice: "Il fermento indipendentista è sempre più forte, e non dipende dalla gente del nord sempre più strozzata, dipende da Roma. Matteo l’ha detto chiaramente di non credere alle Regioni, anzi fosse per lui le abolirebbe. É un neocentralista che ha un ideale di sviluppo fordista; noi siamo quelli del distretto industriale diffuso. Fosse per Renzi la Bavaria industriale autonoma non esisterebbe".

La prima giornata di voti per il referendum per l'indipendenza del Veneto si e' conclusa cosi': alle 22 di domenica avevano votato 492 mila persone. In testa la provincia di Vicenza con oltre 121.700 voti. Al secondo posto c'è Treviso con 118.300 voti domenica sera. Seguono Padova (105.300), Venezia (oltre 50 mila), Verona 827.800), Belluno (3.300) e Rovigo (3.100).

Per tutta la giornata di domenica, la prima per votare, le città venete si sono riempite di seggi. Si potrà votare fino a venerdì 21 marzo, giornata in cui in piazza dei Signori a Treviso, a partire dalle 21, in caso di vittoria del Sì, avverrà la proclamazione dei risultati del referendum con la dichiarazione di sovranità, come annunciato da Plebiscito.eu. L'affluenza al voto si sta dimostrando molto alta anche nella giornata di lunedì.

I cittadini veneti hanno tempo fino al 21 marzo per decidere se la regione deve diventare una repubblica indipendente. Secondo i sondaggi, il 64% dei settentrionali vuole l'indipendenza, crede di dar da mangiare al sud del Paese ed è profondamente insoddisfatto della politica inefficace di Roma.
(RaiNews 24-Treviso Today)
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SQUINZI SPIEGA A RENZI COME CREARE LAVORO

ROMA (WSI) - Giorgio Squinzi si è schierato pubblicamente a favore di una riduzione del costo aziendale del lavoro, inviando lo scorso 11 marzo una lettera aperta al Corriere della Sera.

Se il presidente del consiglio Matteo Renzi avrà a disposizione un tesoretto di 10 miliardi di euro, allora meglio investirlo per ridurre il cuneo fiscale nelle aziende e creare occupazione in Italia, è la tesi del numero uno degli industriali.

Ma quando si tratta di tutelare posti di lavoro che già ci sono, il presidente di Confindustria è il primo a non guardare in faccia nessuno.

Il gruppo editoriale Sole 24 Ore, che fa capo all’associazione degli industriali italiani, alla fine dello scorso gennaio ha perfezionato la cessione di 72 testate cartacee e internet della divisione Business Media all’editore Giuseppe Nardella di Tecniche Nuove, che ha prontamente individuato poi 41 esuberi sui 117 dipendenti e, con questa giustificazione, ha avviato un regime di solidarietà con decurtazione degli stipendi per due anni.

E dire che il gruppo confindustriale ha ceduto le riviste professionali, che si occupano per esempio di distribuzione nei supermercati o automazione industriale, al prezzo simbolico di un euro.

Però, come risulta fin dall’atto di cessione, lo stesso Gruppo 24 Ore "si impegna a prestare in favore della parte acquirente la massima collaborazione al fine di agevolare, per tutto quanto di sua competenza, la conclusione di contratti di solidarietà in favore del personale dipendente del ramo Business Media trasferito".

Ma come? Già da prima di firmare l’accordo, Gruppo 24 Ore e Tecniche Nuove hanno parlato di solidarietà e quindi di esuberi? A chiarire il dubbio per cui l’editrice di Confindustria abbia ceduto testate e dipendenti, pur conoscendo il rischio che avrebbero corso questi ultimi, è il sindacato dei giornalisti che ha contestato l’operazione, a livello nazionale e locale, perché "l’acquirente non è Tecniche Nuove, ma una società controllata (New Business Media, ndr) che fungerà da ‘parcheggio’ per un paio d’anni", hanno precisato a inizio febbraio la Federazione nazionale della stampa (Fnsi) e le associazioni territoriali Alg in Lombardia e Aser in Emilia Romagna.

"Solo i ‘cavalli di razza’ approderanno alla fine nella capogruppo, dice l’acquirente nell’indifferenza del venditore, mentre chi in questo periodo verrà classificato tra i ‘ronzini’ perderà plausibilmente il lavoro. La società controllata, ha preannunciato la proprietà, verrà interessata da una ristrutturazione in presenza di esuberi in tempi molto ravvicinati", continuava la nota sindacale.

Tanto più che a questa situazione si è arrivati dopo che, nel settembre 2006, il gruppo confindustriale aveva annunciato con un comunicato l’acquisizione di "GPP, azienda editoriale nata dal merger di quattro importanti realtà editoriali italiane (Agepe, Quasar, Jce, Faenza), con un fatturato 2005 di oltre 45 milioni di euro", e "leader di mercato nel segmento dell’editoria B2B" (business to business).

La strategia, rimarcava la nota dell’editrice, era "la creazione del primo operatore nazionale nel settore dell’editoria specializzata B2B con un fatturato di circa 80 milioni di euro e un portafoglio prodotti multimediale e multisettore ampio ed articolato".

Dopo questo allargamento del portafoglio, a fine 2007, il gruppo si è quotato in Borsa.

A fine 2013, il Gruppo 24 Ore ha cambiato posizione e ha deciso per la vendita di Business Media che si è "conclusa con un corrispettivo simbolico in ragione del contributo economico negativo dato al Gruppo 24 Ore negli ultimi esercizi" tanto da determinare una perdita (minusvalenza) di circa 12 milioni di euro, come ha precisato la stessa casa editrice sottolineando che la cessione è "conforme alla decisione del gruppo di razionalizzare la propria attività e concentrare i propri investimenti sul core business".

Vale a dire che nel giro di sette anni, al di là della crisi economica, il gruppo degli industriali italiani ha perso un business di circa una cinquantina di milioni.

Non solo. Dalla stessa nota sindacale di fine febbraio emerge un’ulteriore denuncia del sindacato dei giornalisti che insinua neanche troppo velatamente che l’intera operazione abbia finito col coniugare "felicemente" l’intenzione di dismettere un’attività con la volontà di disfarsi anche di un po’ di dipendenti del quotidiano di Roberto Napoletano.

"Il cosiddetto ramo d’azienda viene definito in maniera arbitraria da venditore e acquirente, inserendo nel perimetro almeno sei giornalisti che in realtà dovrebbero rimanere al Sole per continuare a svolgere le proprie mansioni", scrivevano i sindacati. E intanto lasciata la casa confindustriale, la New Business Media sta iniziando ora a integrarsi nella nuova proprietà. Ha tempo due anni (quelli del contratto di solidarietà) per cercare di funzionare bene prima che la spada di Damocle dei tagli riprenda a oscillare sopra la testa dei suoi dipendenti.
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MERKEL STREGATA DA RENZI: PIANO AMBIZIOSO

BERLINO (WSI) - Con l'incontro faccia a faccia tra Matteo Renzi e la Cancelliera tedesca Angela Merkel ha preso il via il vertice italo-tedesco a Berlino. Insieme al premier ci sono il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan, del Lavoro, Giuliano Poletti, dello Sviluppo economico Federica Guidi, dei Trasporti, Maurizio Lupi e della Difesa, Roberta Pinotti. Il vertice si concluderà con una cena alla Cancelleria.

"Sono rimasta veramente impressionata, si tratta di un cambiamento strutturale". Lo ha detto la cancelliera Angela Merkel in conferenza stampa a Berlino. "Abbiamo esaminato tutti gli aspetti delle riforme e devo dire che gli auguro molta fortuna e coraggio, è un messaggio di cui ci rallegriamo tutti", ha detto Angela Merkel dopo l'incontro con Matteo Renzi. "Anche per me è chiaro che l'Italia tiene conto della stabilità ma anche delle due componenti crescita e occupazione", ha aggiunto la cancelliera. "So bene che l'Italia per quel che riguarda il patto di stabilità e di crescita lo rispetterà": così Angela Merkel a Berlino. "Renzi ha detto che le regole del patto di stabilità hanno validità. Non ne dubito e sono certa che sarà realizzato giorno per giorno". Così la cancelliera tedesca Angela Merkel sulle garanzie offerte da Matteo Renzi sul rispetto dei parametri.

"E' stata un'occasione per illustrare un processo di riforme molto ambizioso e coraggioso": così il premier Matteo Renzi in conferenza stampa a Berlino. "Siamo convinti che l'Italia deve fare le riforme" ma anche "restituire ai propri cittadini la possibilità di credere che l'Ue non è la causa ma la soluzione dei problemi. Quei partiti che lo dicono sbagliano". "Non misure una tantum, ma misure irreversibili di cambiamento", ha detto il premier che ha descritto gli interventi in cantiere in conferenza con la cancelliera Merkel. "Il percorso che ci attende cambierà il livello istituzionale in Italia. Le riforme devono essere fatte subito anche se il governo ha come orizzonte il 2018". "Le regole ce le siamo date insieme e sono importanti ma occorre avere la forza di investire sul grande problema dell'Italia - ha detto Renzi -: con le misure di questi anni il rapporto debito/pil è cresciuto al 132% perchè, nonostante l'avanzo primario, il nostro problema è la mancata crescita".

I due leader si sono incontrati e hanno ascoltato i rispettivi inni nazionali. Il premier italiano Matteo Renzi saluta Angela Merkel, prima di essere accolto dagli onori militari nell'atrio della cancelleria, e ai giornalisti che lo chiamano risponde scherzando: "Chi siete? Siete italiani?...". Subito dopo Renzi e la cancelliera si sono lasciati immortalare da fotografi e operatori.

Schaeuble, ok accelerazione Renzi, no rinvii su rigore - Il ministro delle Finanze tedesco Wolfang Schaeuble promuove l'obiettivo del nuovo governo italiano di accelerare il tempo delle riforme per aumentare produttività e crescita in Italia, ma mette in guardia da rinvii sul consolidamento delle finanze statali. Lo si legge in un comunicato dato all'ANSA dopo il bilaterale con Padoan. "Il colloquio tra i due ministri delle Finanze si è svolto in un'atmosfera costruttiva", si legge nella nota. "Il ministro tedesco ha salutato favorevolmente l'obiettivo del governo italiano di accelerare il tempo delle riforme per aumentare produttività e crescita e ridurre l'altra disoccupazione giovanile. E' però anche giusto - conclude la nota - che il consolidamento delle Finanze statali attraverso le riforme strutturali non sia rinviato

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«Sono rimasta veramente impressionata dal cambiamento strutturale in Italia» ha detto la cancelliera tedesca Angela Merkel nel corso della conferenza stampa tenuta a conclusione del faccia a faccia a Berlino con il presidente del Consiglio Matteo Renzi.

«Abbiamo esaminato tutti gli aspetti delle riforme e devo dire che gli auguro molta fortuna e coraggio, è un messaggio di cui ci rallegriamo tutti».

«Noi vogliamo puntare in alto con riforme strutturali» risponde Matteo Renzi. «Non misure una tantum, ma misure irreversibili di cambiamento. L’Italia non chiede di sforare i limiti di Maastricht», ma intende «rispettare tutti i limiti» ha ribadito il premier. L’Italia assieme alla Germania puntano a realizzare un «nuovo rinascimento industriale europeo» ha sottolineato Renzi.

Con l’incontro faccia a faccia tra Matteo Renzi e la Cancelliera tedesca Angela Merkel ha preso il via il vertice italo-tedesco a Berlino.

Un confronto a testa alta, tra pari. Tra due Paesi chiave per l’Europa, che hanno bisogno l’uno dell’altro. Mettendo definitivamente in soffitta il complesso di chi deve fare i compiti a casa, perché l’Italia «non è un alunno somaro da mettere dietro la lavagna». Dopo aver rottamato buona parte dei politici italiani, ora per il premier Matteo Renzi è arrivato il banco di prova più difficile.

La stampa tedesca accoglie Renzi con scetticismo

Il Die Welt, la stampa tedesca, però ha accolto l'Italia e il premier con un titolo chiaro: «Il premier italiano provoca Merkel con l’anti-rigore». «Renzi vuol fare altri debiti e spingere fino ai limiti del trattato di Maastricht», si legge nel sottotitolo. Il «punto delicato» della visita di insediamento del premier, consiste nel fatto che voglia «finanziare il suo programma congiunturale coi debiti»: una «dichiarazione di guerra alla politica europea tredesca». Per fare questo «ha bisogno dell’autorizzazione di Berlino e Bruxelles.

Otterrà il semaforo verde dalla cancelliera?», è la domanda. Sottolineando che Renzi è il premier «più giovane» della storia italiana, Welt lo descrive come «deciso, spesso irriverente e anche temerario». Un «outsider» rispetto a Mario Monti ed Enrico Letta, che si sono attenuti «alle prescrizioni europee».

«Lo schock Renzi fa scattare l’allarme a Berlino, Francoforte e alla Bce», prosegue. Voler finanziare col deficit le promesse fatte agli italiani è «manovra rischiosa» secondo il giornale, che rammenta che il debito pubblico italiano sia già al 133% del pil. Anche il Tagesspiegel dedica un lungo articolo alla bilaterale di oggi: «Cari saluti da Firenze», titola.

Il quotidiano scrive che certamente alla cancelliera piacerà il regalo di Renzi, e cioè la maglietta firmata da Mario Gomez. «Altri regali potrebbero essere invece accolti con scetticismo», scrive. Tuttavia, è la constatazione, in vista del test delle europee, «Renzi ha bisogno di un’accoglienza calda a Berlino».

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«Il premier italiano provoca Merkel con l’anti-rigore». È questo il titolo di Die Welt, sulla bilaterale di oggi a Berlino fra il premier italiano e la cancelliera. «Renzi vuol fare altri debiti e spingere fino ai limiti del trattato di Maastricht», si legge nel sottotitolo.

Il «punto delicato» della visita di insediamento del premier, consiste nel fatto che voglia «finanziare il suo programma congiunturale coi debiti»: una «dichiarazione di guerra alla politica europea tredesca». Per fare questo «ha bisogno dell’autorizzazione di Berlino e Bruxelles.

Otterrà il semaforo verde dalla cancelliera?», è la domanda. Sottolineando che Renzi è il premier «più giovane» della storia italiana, Welt lo descrive come «deciso, spesso irriverente e anche temerario». Un «outsider» rispetto a Mario Monti ed Enrico Letta, che si sono attenuti «alle prescrizioni europee».

«Lo schock Renzi fa scattare l’allarme a Berlino, Francoforte e alla Bce», prosegue. Voler finanziare col deficit le promesse fatte agli italiani è «manovra rischiosa» secondo il giornale, che rammenta che il debito pubblico italiano sia già al 133% del pil. Anche il Tagesspiegel dedica un lungo articolo alla bilaterale di oggi: «Cari saluti da Firenze», titola.

Il quotidiano scrive che certamente alla cancelliera piacerà il regalo di Renzi, e cioè la maglietta firmata da Mario Gomez. «Altri regali potrebbero essere invece accolti con scetticismo», scrive. Tuttavia, è la constatazione, in vista del test delle europee, «Renzi ha bisogno di un’accoglienza calda a Berlino».

Non ha né la statura dell’economista di fama come Mario Monti, che debuttò da premier in Europa ricevuto in pompa magna a Bruxelles da Angela Merkel e Nicolas Sarkozy, né l’expertise di Enrico Letta che a 32 anni era già ministro per le Politiche comunitarie. A differenza dei suoi due predecessori, però, il presidente del Consiglio Matteo Renzi ha il comando del Partito democratico, che governa a briglia molto stretta, gode di un significativo sostegno popolare e ha fama di pragmatico e decisionista. A Roma come a Berlino, gli osservatori si chiedono se questa dote tutta politica basterà all’ex sindaco di Firenze per convincere la leader più pragmatica d’Europa, Angela Merkel, della bontà dei propri piani fiscali per far ripartire la corsa dell’Italia.

La tre volte cancelliera tedesca non ha alcun pregiudizio contro il giovane premier italiano. Anzi, intuita l’inarrestabilità della sua corsa da Firenze a Roma, fu lei a volerlo conoscere lo scorso luglio. È vero però che al di là della simpatia umana, Renzi vuole dare ossigeno al Belpaese allargando la cintura del deficit per riportarlo dal 2,6% verso la soglia limite del 3% del Pil. Un’operazione di segno opposto a quelle fin qua sostenute in Europa da Frau Merkel e dal suo arcigno ministro delle Finanze, Wolfgang Schaeuble.

Gli ottimisti però non mancano. "Durante la campagne per le primarie Renzi aveva chiamato il patto di stabilità ‘patto di stupidità’ e diceva che in cambio di riforme strutturali l’Italia avrebbe anche potuto sfondare il tetto del 3 per cento", ricorda al Velino Michael Braun, direttore della rappresentanza italiana della Fondazione Friedrich Ebert, storico pensatoio legato alla SPD tedesca e intitolato al primo presidente socialdemocratico eletto democraticamente agli albori della Repubblica di Weimar.

"Oggi i toni di Renzi sono diversi e Berlino ha preso atto del cambio di registro. Ecco perché – riprende Braun – credo che si troverà un punto di incontro soprattutto con il vicecancelliere socialdemocratico Sigmar Gabriel. Al pari dei socialdemocratici tedeschi, Renzi non vuole mandare i parametri europei al macero ma solo evitare di usarli come una camicia di forza".

La presenza importante dell’Spd nel governo di grosse Koalition dovrebbe quindi aiutare Renzi nella sua missione. Eppure in molti negli ultimi mesi hanno criticato il primo partito della sinistra tedesca per aver abbandonato il tradizionale fervore europeista. "È vero che l’Spd è stata molto tiepida sull’Europa prima delle legislative nel 2013 ed è tiepida oggi in vista delle Europee", riconosce Braun.

"La parola ‘eurobond’ è sparita dal loro vocabolario ma anche Martin Schultz (il candidato Spd alla guida della Commissione, ndr) sa che il nodo andrà affrontato: oggi come oggi, però, il tema non è spendibile. Da un lato gli stessi elettori tedeschi di sinistra riconoscono a Merkel la capacità di difendere bene gli interessi della Germania sul piano europeo; dall’altro, stiamo assistendo a una corsa degli euroscettici in tutto il Continente. Alba Dorata, Tzipras e i Cinque stelle preoccupano Berlino". Anche nella Repubblica federale non mancano voci contro la moneta comune, a cominciare da Alternative für Deutschland, il partito che vuole abolire l’euro e che i sondaggisti accreditano dell’8%.

"Ecco perché – conclude Braun – sono abbastanza sicuro che Merkel vorrà dimostrarsi benevola con Renzi. Salvo ovviamente vedere la realizzazione del programma promesso. A cominciare da una vera rimodulazione della spesa pubblica".

L'incontro con la cancelliera Angela Merkel sarà il crocevia per inviare a Bruxelles un nuovo messaggio, ma il premier dovrà anche ottenere dei risultati concreti. A partire da una eventuale condivisione del debito attraverso l'emissione di Eurobond, strumento su cui la Germania ha sempre mostrato la sua più profonda avversione". Lo dichiara il segretario dell'Udc Lorenzo Cesa.

"L'Europa - prosegue - è un progetto ambizioso, ma non si può continuare a galleggiare su una griglia di regole imperfette.

Bisogna far capire a Berlino che i paesi più 'virtuosi' hanno l'obbligo morale, in termini di costo del debito, di sostenere gli Stati membri in difficoltà. L'equazione - conclude Cesa - porterebbe benefici a tutta la zona monetaria".
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LA GERMANIA SALVA L’EUROPA? NEANCHE PER SOGNO

L'Europa è salva? Forse da un punto di vista “legale” considerando che la Corte Costituzionale tedesca ha detto si al piano salvastati messo a punto dalla Bce, ma non certo da quello economico. E la conferma non è il solito stuolo di dati negativi che basterebbe pescare alla cieca in qualsiasi punto del Continente, ma proprio da quella Germania che adesso approva il piano. E non certo per solidarietà.
La decisione
Ma procediamo con ordine. Secondo il presidente della Corte Costituzionale, gli oltre 35 mila ricorsi contro il fondo creato all’indomani della crisi dell’euro a metà del 2012, non compromette la sovranità della carta costituzionale tedesca. Deo gratias, anche perchè senza il pilastro tedesco l’intera impalcatura non aveva altro che Italia, Spagna, Francia come ulteriori rappresentanti di una certa caratura (il che è tutto dire). Infatti se il limite dei 190 miliardi da sborsare per la Germania era stato superato, chiedendo quindi l’intervento del Parlamento, questo aveva votato il nulla osta così come, sempre il parlamento tedesco continua ad avere piena conoscenza in caso di richiesta di chiarimenti. Ma il seguito della storia non è altrettanto lineare.
Zew
Si perchè ci sono altri due nodi particolarmente importanti: prima di tutti la pubblicazione del dato sull'indice Zew sulle aspettative economiche tedesche. Il dato registra 46,6 punti contro i 55,7 precedenti e contro un 52 degli analisti. In altre parole si vede un calo che non solo erra già stato pronosticato, bensì, poi, si è dimostrato anche peggio del previsto. E se l'euro si calmerà nella sua corsa, sarà solo per qualche ora. Certo è che si allontanano sempre di più le prospettive di una ripresa certa per l’Europa, anche perchè la Germania era l’unico punto fermo finora tangibile. E in realtà lo sarebbe ancora, con un quadro generale comunque ancora solido anche se, come è accaduto per tanti altri scenari, le prospettive, seppur positive, tendono ad essere ridimensionate.
La vera bomba, però, potrebbe essere un’altra
Sulla scia di un antieuropeismo disordinato, mosso più dall’insofferenza delle imposizioni che da un disegno politico organico, aumenta il consenso contro l’Ue anche al di fuori dell’area euro. Dopo il 19% di Marine Le Pen in Francia, primo possibile partito, di qualche giorno fa la notizia che in Gb l’Ukip, secondo alcuni sondaggi sarebbe al primo posto tra le preferenze degli inglesi con il 30% dei voti mentre i conservatori di Cameron arriverebbero solo al terzo posto con meno del 21%. Ma chi è a capo del partito Ukip? Nigel Farage, lo stesso che qualche tempo fa disse: ritirate i vostri soldi dalle banche. Come dargli torto?
Rossana Prezioso per trend-online

CROLLA IL REDDITO ITALIANO. L’OCSE CHIEDE PIU’ RIFORME
L'Ocse torna a bacchettare l'Italia su reddito e occupazione. Il reddito medio delle famiglie nel Bel Paese ha infatti subito una diminuzione di circa 2.400 euro dal 2007 al 2012. Si tratta di una delle riduzioni in termini reali più significative nell'Eurozona: in media la diminuzione nei redditi nei Paesi dell'Eurozona è stata pari a 1.100 euro.

Una flessione dovuta soprattutto al deterioramento delle condizioni nel mercato del lavoro per tutte le fasce della popolazione, i giovani in particolare. Con un livello del 55%, la percentuale di persone in età lavorativa occupate è la quarta più bassa tra i 34 Paesi dell'Ocse. Tra il 2007 e il 2013, la disoccupazione è aumentata a un tasso di 5.100 lavoratori per settimana e più di un quinto dell'aumento totale della disoccupazione nell'Eurozona è dovuto all'Italia.

Ma la diminuzione dei redditi in Italia, ha spiegato l'Ocse, riflette anche la debolezza del sistema di previdenza sociale nel rispondere alle necessità di quanti hanno perso il lavoro o hanno visto il loro reddito da lavoro contrarsi. Con un tasso di disoccupazione sopra la media, il Paese ha una spesa di circa un terzo inferiore alla media degli altri Paesi europei e Ocse per trasferimenti sociali ai cittadini in età lavorativa (ad esempio, assegni di disoccupazione o sussidi alle famiglie).

Allo stesso modo, la spesa per servizi rivolti agli stessi gruppi, come ad esempio corsi di formazione e assistenza nel cercare lavoro, è circa la metà della media europea e Ocse, e si è ridotta ulteriormente tra il 2007 e il 2009. In un'indagine del 2013, 7 italiani su 10 hanno dichiarato che la spesa sociale dovrebbe essere mantenuta o aumentata.

Oggi meno di 4 disoccupati su 10 ricevono un sussidio di disoccupazione e con la Grecia l'Italia condivide il triste primato in Europa di non avere un sistema comprensivo nazionale di sussidi a favore dei gruppi a basso reddito. Al contempo le famiglie relativamente più abbienti hanno un maggior accesso ai benefici dal sistema di protezione sociale rispetto ad ogni altro Paese in Europa. Il risultato è che con una diminuzione dei redditi del 12% in totale tra il 2008 e il 2010, il 10% più svantaggiato della popolazione ha subito perdite maggiori rispetto al 10% più ricco, che ha perso solo il 2%.

Alla luce di questi dati, per l'Organizzazione di Parigi la ripresa economica e la creazione di posti di lavoro non saranno probabilmente sufficienti per porre fine alla profonda crisi sociale e del mercato del lavoro che colpisce attualmente il Paese. Agli sforzi per una crescita economica solida e duratura occorre infatti affiancare investimenti per un sistema di protezione sociale più efficace che permetta di evitare che le difficoltà economiche diventino sempre più radicate nella società.

E' dunque necessario implementare in Italia le proposte su un sussidio di disoccupazione universale e sul reddito minimo garantito. La riforma del lavoro del 2012 ha fatto un importante passo avanti nel primo caso con l'introduzione dell'Aspi e l'attuale governo ha proposto un ulteriore passo verso un sussidio veramente universale. Naturalmente, oltre ai cambiamenti legislativi, l'implementazione di questi provvedimenti richiede risorse adeguate e la necessaria capacità amministrativa e di erogazione dei sussidi necessaria ad assicurare che i richiedenti ricevano supporto nei giusti tempi.

A preoccupare, infine, l'Ocse è il profilo demografico: il tasso di fertilità resta a 1,4 figli per donna, ben al di sotto del tasso di rimpiazzo della popolazione pari a 2,1 figli. Aggrava il quadro il nuovo fenomeno dell'emigrazione che vede l'Italia al quarto posto tra i Paesi industrializzati: dall'inizio della crisi è aumentato del 50% il numero dei cittadini italiani che si trasferisce verso altri Paesi. In cerca di lavoro e di un futuro.
Milano Finanza

COMMENTO IN CHIUSURA
Piazza Affari ha chiuso in rialzo con l´indice Ftse Mib che ha conquistato la soglia dei 21.000 punti, che non veniva violata da fine maggio del 2011. E´ stata una giornata ricca di sviluppi intorno alla crisi in Ucraina: Putin ha firmato l´annessione alla Russia della Crimea e la Casa Bianca ha annunciato che la prossima settimana si riunirà il G7 a L´Aia per fornire ulteriori mosse dopo le ultime mosse di Mosca. Domani l´attesa sarà invece rivolta alla riunione della Federal Reserve che dovrebbe ridurre a 55 miliardi di dollari il suo piano mensile di acquisto asset. Il listino milanese ha snobbato l´indice tedesco Zew di marzo sceso a 46,6 punti, il livello più basso dallo scorso agosto. Sul mercato secondario il rendimento del bond decennale italiano ha aggiornato i nuovi minimi dal 2006. In questo quadro a Piazza Affari l´indice Ftse Mib ha chiuso con un rialzo dello 0,86% a 21.038 punti.

Contrastato il comparto bancario. Il Montepaschi (+2,71% a 0,246 euro) ha sfruttato la promozione di Citigroup che questa mattina ha alzato il giudizio a neutral da sell. "Gli ultimi trend suggeriscono che la banca ha il potenziale per recuperare la profittabilità", hanno spiegato gli esperti di Citi. Gli acquisti hanno premiato anche Intesa SanPaolo (+3,22% a euro), Mediobanca (+2,02% a 7,825 euro) e Unicredit (+0,46% a 6,53 euro). Debole Ubi Banca (-1,15% a 6,43 euro) dopo la bocciatura di Cheuvreux a hold dal precedente buy. "Ci attendiamo che Ubi Banca continui a comportarsi bene nella ristrutturazione", hanno spiegato gli esperti sottolineando che la banca può svolgere un ruolo attivo nel consolidamento "che potrebbe aggiungere valore nel medio termine". In territorio negativo è finita anche la Popolare di Milano che ha lasciato sul parterre l´1,45% a 0,68 euro.

Ben comprata Azimut (+2,01% a 24,38 euro) che ha beneficiato della mossa di questa mattina da parte degli analisti di Goldman Sachs che hanno alzato il target price a 30,7 euro dal precedente 28 euro, confermando il titolo nella loro "conviction buy list". Ancora positiva Finmeccanica (+0,79% a 7,015 euro) dopo l´exploit di ieri alla vigilia della presentazione dei conti dell´esercizio 2013. Telecom Italia ha guadagnato l´1,94% a 0,839 euro con Blackrock che ha ridotto la propria quota al 4,813% dal 7,789% a cui era salita lo scorso dicembre. Ora la struttura azionaria del gruppo tlc vede dietro a Telco, primo azionista con il 22,3%, Findim Group con il 5,004% e in terza piazza BlackRock. Pirelli (-3,56% a 11,35 euro) ha proseguito la strada del ribasso dopo che Rosneft è entrata nel capitale della Biccocca, mentre dall´azionariato è uscito il fondo Clessidra.

Debole Fiat (-0,56% a 7,995 euro) dopo il dato sulle immatricolazioni in Europa. Il Lingotto ha fatto peggio del mercato, che ha messo a segno un progresso delle immatricolazione dell´8% a 861.058 unità, registrando a febbraio un incremento delle immatricolazioni in Europa del 5,6% a 58.050 veicoli. Nel frattempo BofA Merrill Lynch ha riavviato la copertura sul titolo della casa automobilistica con rating underperform e con prezzo obiettivo fissato a 6 euro a causa della debolezza della generazione di cassa. Le vendite hanno colpito anche Yoox (-3,33% a 28,13 euro) in scia al taglio delle stime sui margini per il 2014 e il 2015 deciso dalla britannica Asos. Asos ha inoltre visto la crescita dei ricavi rallentare a +26% nei primi due mesi del 2014 rispetto al +38% medio degli ultimi 4 mesi del 2013.
Finanzaonline



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