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SINTESI DELLA GIORNATA FINANZIARIA DEL 14 MARZO 2014



Piazza Affari ha chiuso in ribasso ma lontano dai minimi di seduta. L’indice Ftse Mib ha ceduto l’1,19% a 20.346 punti dopo aver toccato un minimo intraday a 20.111 punti. A pesare sull’umore dei mercati la crisi in Ucraina alla vigilia di un weekend che si preannuncia tesissimo per via del referendum in Crimea, in programma domenica 16 marzo. Negli scorsi giorni il Parlamento della penisola aveva approvato la dichiarazione d’indipendenza e domenica la Crimea si appresta a votare l’annessione alla Russia. Il mercato, inoltre, non ha ancora digerito gli ultimi deludenti dati cinesi. Questa mattina la Banca d’Italia ha certificato che il debito pubblico tricolore è tornato a salire: in gennaio il debito è aumentato di 20,5 miliardi attestandosi a 2.089,5 miliardi di euro. Secondo Fitch il Pil italiano crescerà quest’anno dello 0,6% per poi salire all’1% nel 2015.

Le vendite hanno colpito il comparto bancario: Banco Popolare ha ceduto l’1,42% a 17,29 euro, Popolare dell’Emilia Romagna il 2,11% a 8,11 euro, Intesa SanPaolo il 2,80% a 2,152 euro, Mediobanca il 2,20% a 7,55 euro, Ubi Banca il 3,33% a 6,37 euro, Unicredit l’1,44% a 6,16 euro. In decisa controtendenza il Montepaschi che ha svettato sul Ftse Mib con un progresso del 2,02% a 0,231 euro. Il titolo della banca senese ha sfruttato le indiscrezioni riportate questa mattina da Il Messaggero secondo cui il fondo statunitense JC Flowers sarebbe intenzionato a rilevare fino al 20% di Rocca Salimbeni. Male A2A (-3,90% a 0,961 euro) che ha chiuso il 2013 con un utile netto pari a 62 milioni di euro, in deciso calo rispetto ai 260 milioni dell’esercizio precedente. Positiva Saipem (+1,01% a 16,97 euro) che ha accelerato dopo che Gazprom ha reso noto che la controllata di Eni ha ricevuto dal consorzio South Stream un contratto da 2 miliardi di euro per la realizzazione del primo tratto del gasdotto sottomarino nel Mar Nero.
Finanza.com

BLACKROCK DIVENTA PRIMO AZIONISTA DI UNICREDIT
BlackRock, il più grande gestore di fondi al mondo, continua a pescare tra le banche italiane e diviene il primo azionista di Unicredit. Secondo l'ultimo aggiornamento Consob il fondo statunitense detiene indirettamente attraverso proprie società il 5,246% di Unicredit risultando così il primo azionista della principale banca italiana. L'operazione è datata 7 marzo. La quota è detenuta indirettamente in "gestione non discrezionale del risparmio". 

La precedente partecipazione di BlackRock in Unicredit non è stata resa nota in quanto, rimarca la Consob, il colosso Usa aveva optato per una deroga per rivelare quote comprese tra il 2 per cento e il 5 per cento.

Ora BlackRock risulta, di poco, il primo azionista di Unicredit davanti ad Aabar Luxembourg che ha il 5,089% e a Pamplona Capital Management LLP che ha il 5,009%. 

L'ascesa in Unicredit segue di poche settimane quella nell'altra big bancaria italiana, Intesa Sanpaolo. BlackRock lo scorso mese è infatti diventato il secondo azionista di Intesa Sanpaolo con in mano una quota del 5,004% del capitale di Ca'de Sass, alle spalle della Compagnia San Paolo, primo azionista con una partecipazione del 9,713%, ma davanti alla Fondazione Cariplo che controlla il 4,946%.

In generale BlackRock è presente in Italia con oltre 10 miliardi di euro investiti in alcune delle principali blue chips milanesi: Telecom Italia, Atlantia, Prysmian, Azimut, Monte dei Paschi e Banco Popolare.

Azionariato Unicredit al 13 marzo 2014: 
                      Azionista                            
Azioni ordinarie
% di possesso 
1. BlackRock Inc.
303.710.575
5,25%
2. Aabar Luxembourg S.A.R.L.
294.600.000
5,09%
3. PGFF Luxembourg S.A.R.L.
290.000.000
5,01%
4. Fondazione Cassa di Risparmio Verona, Vicenza, Belluno e Ancona
204.508.472
3,53%
5. Delfin S.A.R.L.
173.685.000
3,00%
 168.529.755
 2,911%
7. Capital Research and Management Company
158.097.471
2,73%
Diritto di voto a titolo di gestione discrezionale del risparmio
8. Fondazione Cassa di Risparmio di Torino
145.099.006
2,51%
-di cui è prestatore per: 21.152.127 pari allo 0,365%
9. Carimonte Holding S.p.A.
131.213.277
2,27%
126.492.329
 2,185%

Fonte: Unicredit
Finanza.com

FITCH: RIPRESA DEBOLE IN ITALIA CON 0,6% DI PIL E MASSIMA DISOCCUPAZIONE
La ripresa dell'economia in Italia sarà ancora lenta e modesta, con le esportazioni che dovrebbero rappresentare il principale motore di crescita nel 2014, in attesa di una ripresa più equilibrata a partire dal 2015. Sono queste le previsioni di Fitch sull'Italia contenute nel "Global Economic Outlook" di marzo, in cui si prevede un Prodotto interno lordo (Pil) pari allo 0,6% per l'anno in corso e dell'1% il successivo. Con questi numeri l’agenzia americana si allinea così alle previsioni fornite dalla Commissione europea. "Prevediamo consumi privati invariati nel 2014 - osservano gli esperti dell'agenzia di rating - Gli sviluppi del mercato del lavoro non sosterranno la crescita dei consumi di quest'anno". 

Secondo le previsioni snocciolate da Fitch quest'anno anche "l'attività di investimento in Italia sarà modesta, con attese di un forte recupero in 2015". "Le condizioni di credito rimangono stringenti per le imprese e la normalizzazione delle condizioni finanziarie nel settore privato rimane lenta. La ripresa nella zona euro guiderà la crescita delle esportazioni, che potrebbe contribuire a migliorare la fiducia delle imprese", nel capitolo del "Global Economic Outlook” dedicato all’Italia.

Quanto al mercato del lavoro gli esperti dell'agenzia di rating pronosticano per l'Italia una disoccupazione ancora elevata, con un picco nel 2014, prima di una moderata discesa al 12,2% nel 2015. 

Per la zona euro Fitch parla di una "graduale ripresa". "Ci attendiamo che la ripresa nella zona euro continuerà, con il Pil in cresciuta dell'1,1% nel 2014 e dell'1,4% nel 2014, dopo la contrazione dello 0,4% del 2013", osservano gli esperti, sottolineando che è tuttavia improbabile che l'Eurozona entri in una fase di deflazione.
Finanza.com

BANCA D’ITALIA: DEBITO RIPARTE A 2089 MILIARDI
Il debito pubblico italiano è tornato a salire. Dopo il calo registrato a dicembre il debito pubblico aumentato a gennaio a 2.089,5 miliardi di euro, in crescita di 20,5 miliardi dai 2.068,9 registrati a fine 2013. E' Banca d'Italia a renderlo noto nel supplemento al Bollettino statistico "Finanza pubblica, fabbisogno e debito". L'incremento è dovuto essenzialmente all'aumento (20,3 miliardi) delle disponibilità liquide del Tesoro, pari a fine gennaio a 57,9 miliardi (68,1 a gennaio del 2013).
Con riferimento alla ripartizione per sottosettori, il debito delle amministrazioni centrali è aumentato di 18,9 miliardi, quello delle amministrazioni locali è salito di 1,5 miliardi e quello degli enti di previdenza è rimasto sostanzialmente invariato.
Le entrate tributarie contabilizzate nel bilancio dello Stato sono state pari in gennaio a 31 miliardi, in linea col valore registrato nello stesso mese del 2013 (30,8 miliardi). Il dato è in realtà poco significativo perché riferito ad un solo mese.
Finanza.com

REFERENDUM IN CRIMEA SPAVENTA I MERCATI. MALE LE BORSE
La crisi in Ucraina torna ad agitare i mercati azionari alla vigilia di un weekend che si preannuncia tesissimo per via del referendum in Crimea, in programma domenica 16 marzo. Negli scorsi giorni il Parlamento della penisola aveva approvato la dichiarazione d’indipendenza e domenica la Crimea si appresta a votare l’annessione alla Russia. La tensione è al massimo anche dopo i fatti di Donetsk, una delle province russofone dell’Ucraina che ieri è stata teatro dell’uccisione di due manifestanti. "La Russia è pronta a invadere l’Ucraina”, è il grido d’allarme lanciato dal presidente ucraino, Oleksander Turchinov.

Secondo le principali agenzie di stampa, Mosca avrebbe lanciato nuove esercitazioni militari nelle zone confinanti con l’Ucraina. In attesa del referendum la Borsa di Mosca viaggia in profondo rosso con l’indice Micex che mostra un tonfo di oltre 3 punti percentuali. Il segretario di Stato statunitense, John Kerry, ha fatto sapere che se il referendum sulla Crimea dovesse procedere lunedì gli Stati Uniti e l’Europa sono pronti per intraprendere sanzioni forti contro la Russia.

In questa delicata situazione le vendite hanno colpito i principali listini azionari a partire da Wall Street, dove il Dow Jones e l’S&P 500 hanno lasciato sul parterre oltre 1 punto percentuale, e da Tokyo, dove l’indice Nikkei ha mostrato una flessione di oltre 3 punti percentuali. Debole anche i listini del Vecchio Continente anche se a Piazza Affari l’indice Ftse Mib limita i danni lasciando sul parterre lo 0,30% in area 20.500 punti.
Finanza.com

RIMBORSI IVA PIU’ RAPIDI CON L’ANALISI DEL RISCHIO
Con la circolare n. 5/E, l’Agenzia delle Entrate detta agli uffici le linee guida per razionalizzare le attività di verifica sui rimborsi. Per ogni istanza di rimborso, viene introdotta una misura del livello del rischio (risk score), vengono standardizzati i documenti richiesti, e l’attività di controllo, preliminare al pagamento del rimborso, viene graduata sulla base del livello di rischio.
Il risk score è determinato sulla base di parametri predefiniti, come la continuità aziendale, la regolarità delle dichiarazioni e dei versamenti, l’assenza di accertamenti e verifiche o di frodi e violazioni penali tributarie, la “conoscenza” del soggetto da parte dell’ufficio, in quanto fisiologicamente a credito.
Per evitare duplicazioni dei controlli, restano fuori da queste analisi le istanze presentate dai grandi contribuenti, per i quali sono previste apposite forme di tutoraggio. Un basso risk score consentirà all’Agenzia di limitare al minimo i controlli e le richieste di documenti per ridurre i tempi di erogazione, ottimizzando anche le risorse e concentrando l’attenzione sulle posizioni a più alto rischio.
Finanzainchiaro

CINA IN CRISI MA OPPORTUNITA’ DALLE MID E SMALL CAP
La Cina rallenta il passo, ma continua a offrire diverse opportunità di investimento. A parlare è Alex Ricchebuono, head South east Europe international business development del gruppo La Francaise Am, che spiega che “sui mercati cinesi c'è alta volatilità per dati macro che hanno disatteso le aspettative, ma grandi opportunità di investimento tra le mid & small cap private dei settori biomedicale, farmaceutico, consumi e produzione agricola”. Il motivo risiede nel fatto che negli ultimi anni oltre 250 milioni di persone si sono trasferite dalla campagna alle città e ora necessitano di cibi, medicine, vestiti ect.

“Gli indici azionari cinesi sono composti per circa il 75% da titoli energetici, finanziari e telecom, ma gli altri comparti, che pesano solo per il 25%,hanno contribuito per oltre il 70% alla crescita del Pil degli ultimi due anni”, prosegue Ricchebuono, che ricorda che la Cina, nonostante abbia visto l'export scendere del 18% e crescere l'import del 10%, ha un Pil di 18.000 miliardi di dollari, che la colloca al secondo posto dietro gli Stati Uniti, con stime di crescita quest'anno del 7-7,5%.
Eppure dalla Cina arrivano segnali allarmanti. L'ultimo colpo è stato il default di Chaori Solar, gruppo di Shanghai attivo nel settore dell'energia solare che ha dichiarato il fallimento qualche giorno fa. E' stato il primo default nel mercato dei corporate bond cinesi dal 1997, da quando cioè la banca centrale ha iniziato a regolamentare il settore.
E la conseguenza è stata un'impennata dei Credit default swap (Cds), derivati che servono per coprirsi da rischi finanziari (in questo caso dal fallimento di una società) che sono passati in tre mesi da 64 a 98 punti. “Oggi assicurarsi contro il fallimento di una società cinese costa il doppio di una società australiana e un terzo in più rispetto a una società sud-coreana”, spiega un operatore.
Tornando ai dati deludenti, si è appreso che a febbraio, la produzione industriale in Cina ha mostrato un aumento dell'8,6% su base annua rispetto al +9,5% indicato dal consenso Bloomberg, mentre le vendite al dettaglio cinesi sono aumentate dell'11,8% rispetto al +13,5% pronosticato dagli analisti. E in precedenza erano stati diffusi dati deludenti dati sull’export cinese di febbraio che hanno causato un deficit della bilancia commerciale di Pechino.
Ma nonostante i timori di rallentamento, c'è qualcuno che ha fiducia nell'economia cinese.
Si tratta di Daimler, che proprio oggi ha annunciato di aver collocato un bond da 500 milioni di renminbi, pari a circa 81,5 milioni di dollari Usa, a investitori cinesi, con un tasso di interesse del 5,2%. L'aspetto curioso è che quella della società che controlla il marchio Mercedes Benz e Smart è la prima emissione da parte di un gruppo estera non finanziaria sul mercato domestico cinese.
Professionefinanza

PIAZZA AFFARI. TITOLI NEL MIRINO
Partenza negativa a Piazza Affari, dove l'attenzione è concentrata su Mps, Bpm, Telecom, Autogrill e Gtech. Ecco, secondo la rassegna Reuters, i principali possibili movimenti attesi.
Generali. Il titolo potrebbe reagire alle parole dell'ad Mario Greco che in un'intervista, riportata da MF, dice che la società potrebbe superare gli obiettivi del piano triennale e crede che la vendita di Bsi possa avvenire entro il 2014. Intanto, si è appreso che il Leone ha ridotto nel 2013 il portafoglio dei titoli di Stato italiani a 54,8 miliardi di euro da 58,5 miliardi di fine 2012 (-6%) e prevede ulteriori riduzioni anche nel 2014 allo scopo di diversificare gli investimenti. Lo si legge nelle slide di presentazione dei conti 2013 che hanno evidenziato il miglior utile degli ultimi sei anni e il raddoppio del dividendo nonostante le svalutazioni sulle partecipazioni Telco e Bsi, solo parzialmente compensate dalla rivalutazione della quota Bankitalia.
Unicredit. Titolo ancora sotto i riflettori. In un'intervista a Repubblica, l'ad Federico Ghizzoni dice che la banca è pronta ad acquistare dalle imprese i crediti verso la pubblica amministrazione, con un plafond di 10 miliardi, se le amministrazioni certificheranno i debiti.
Mps. Titolo ancora sugli scudi. Il Messaggero scrive che JC Flowers sta studiando il dossier Mps e avrebbe nel mirino il 20%, che rileverebbe dalla Fondazione.Il Corriere della Sera dice che il consorzio delle banche per concedere la garanzia all'aumento di capitale ha imposto il rinnovo di una clausola che prevede che Mps "abbia ottenuto le necessarie autorizzazioni per far fronte agli oneri correlati al coupon 2013, pagabile nel 2014, relativo ai Nuovi strumenti finanziari (i Monti bond) senza procedere all'emissione di ulteriori azioni".
Eni. Titolo in luce a Piazza Affari. Il Sole 24 Ore scrive che l'ad Paolo Scaroni vuole accelerare sulla rinegoziazione dei contratti "take or pay" e punta a chiudere entro aprile la partita con Gazprom sul gas 2014.
Telecom. Titolo sempre sotto i riflettori. Alcune fonti dicono che la holding Telco potrebbe essere vicina allo scioglimento, ma si troverà probabilmente a fare la parte del leone sulla nomina del nuovo consiglio, mentre Telefonica rimarrà nell'azionariato e proseguirà nel suo tentativo di uscire dall'impasse in Brasile. Intanto, Italtel, partecipata con una quota di minoranza da Telecom Italia, ha chiuso il 2013 con ricavi in rialzo del 13% a 374,2 milioni. Il primo margine, dato da ricavi meno costo del venduto, è salito a 127,5 milioni da 109,5 milioni del 2012. Il Sole 24 Ore scrive poi che per la presidenza della società, l'azionista Marco Fossati punta su Vito Gamberale, mentre Telco su una terna di nomi: Massimo Tononi, Francesco Profumo, Giuseppe Recchi. Il Messaggero dice che i soci del veicolo preferiscono Recchi. MF scrive che in pole c'è Tononi.
Fiat. Il titolo potrebbe muoversi in Borsa in scia alle parole dell'ad Sergio Marchionne che, da Ginevra, ha detto che il Lingotto dovrebbe chiudere il primo trimestre con un trading profit più alto dello stesso periodo del 2013. I giornali scrivono che Marchionne ha detto di puntare a vendere 5 milioni di auto nel 2016.
Finmeccanica. Il titolo potrebbe reagire in seguito alle dichiarazioni dell'attuale ad Alessandro Pansa che ha detto che la società non intende per il momento aprire un'azione di responsabilità contro l'ex-AD Giuseppe Orsi, ma si oppone alla richiesta dell'ex manager relativa al pagamento degli stipendi arretrati dal febbraio 2013, data del suo arresto nell'ambito di un'inchiesta su presunte tangenti per la vendita di 12 elicotteri all'India.
Bpm. Titolo ancora sotto i riflettori. Il segretario generale della Uilca Massimo Masi ha detto che le proposte di riforma della governance, prese dal consiglio di gestione martedì scorso, vanno nelle direzione auspicata in quanto tutelano il voto capitario e favoriscono l'ingresso di nuovi soci ma si può comunque fare ancora meglio. Intanto, MF sottolinea che con la nuova governance Athena capital potrebbe entrare in Cdg.
Banca Carige. Il titolo potrebbe muoversi in Borsa in seguito a un articolo del Sole 24 Ore che scrive che il processo di vendita delle attività assicurative sarebbe pronto a ripartire e che un certo interesse per gli asset sarebbe già arrivato dalla belga Ageas e da due fondi di private equity.
Ubi. Ha ricevuto l'autorizzazione da parte della Banca d'Italia al progetto di modifiche statutarie da sottoporre all'assemblea straordinaria dei soci che si prevede di convocare contestualmente all'assemblea ordinaria.
Autogrill. Il titolo potrebbe reagire alla notizia che la società per la crescita futura guarda sia all'Oriente, per svilupparsi in un'area dove è ancora poco presente, sia all'Europa e al Nord America, dove eventuali integrazioni potrebbero generare importanti sinergie , che ha archiviato il 2013 con ricavi ed Ebitda in calo ma sostanzialmente in linea con la guidance e che ha deciso che non distribuirà il dividendo. Nelle prime settimane del 2014 si registra però una ripresa, con vendite in crescita del 3,7%.
Mediaset. Alcuni giornali scrivono che Mediaset e Telefonica non hanno esercitato l'opzione d'acquisto sulla pay tv spagnola Digital+, sulla quale hanno comunque un diritto di prelazione.
Gtech. Il titolo potrebbe risentire del fatto che la società ha chiuso il 2013 con un utile netto in calo del 24,8% a 175,4 milioni, centra pienamente l'obiettivo di Ebitda adjusted e propone la distribuzione di un dividendo in crescita a 0,75 da 0,73 euro. Per il 2014 prevede risultati in crescita e preannuncia per il biennio una riduzione strutturale di costi di circa 50 milioni grazie ad una serie di iniziative già avviate.
Salini Impregilo. Titolo in luce a Piazza Affari, dopo la notizia che il consorzio di costruttori ha firmato questa notte con l'autorità del Canale di Panama l'accordo per proseguire il completamento dei lavori del Nuovo canale di Panama. E' quanto fa sapere lo stesso consorzio in una nota in cui precisa che l'accordo stabilisce il cofinanziamento dei lavori.
A2A. Il titolo potrebbe reagire alla notizia che la società ha ottenuto un finanziamento dalla Banca Europea per gli investimenti (Bei) per 115 milioni di euro a sostegno del piano di investimenti della multiutility.
Maire Tecnimont. Il titolo potrebbe muoversi in scia alla notizia che la società è tornata in utile nel 2013 con un risultato netto per 17,3 milioni di euro rispetto alla perdita 2012 di 207,6 milioni grazie alla rifocalizzazione sul core business e a progetti ad alta marginalità a fronte di volumi inferiori.
Banco Desio. Titolo nel mirino di Piazza Affari. Mentre è in corsa per la Popolare di Spoleto, la società ha annunciato di aver archiviato il 2013 in perdita per 5 milioni di euro rispetto all'utile netto di 20,2 milioni dell'esercizio precedente, un risultato penalizzato da un aumento di rettifiche su crediti del 53% a 136,9 milioni, da un accantonamento straordinario di 16,8 milioni per il piano di esodo del personale e della perdita per 9,2 milioni della controllata elvetica Credito Privato Commerciale SA in liquidazione.
Risanamento. Titolo in luce in Borsa. In attesa del comunicato ufficiale, il Messaggero anticipa che la società ha perfezionato la vendita del portafoglio francese a Chelsfield-Olayan.
Biancamano. Ha ottenuto l'affidamento dei servizi di igiene urbana nella città di Brindisi per il periodo dal primo aprile al 30 settembre 2014 e comunque sino all'individuazione del nuovo aggiudicatario del servizio.
Enervit. Non sarà consentita l'immissione di ordini senza limite di prezzo sulle azioni ordinarie.
Professionefinanza

BRUXELLES POTREBBE IMPORRE A RENZI UNA PATRIMONIALE
Tira aria di tassa patrimoniale in Italia, anche se il premier Matteo Renzi ha smentito solo due giorni fa e vorrebbe forse sinceramente farne a meno. La promessa del presidente del consiglio di tagliare le tasse sui lavoratori per una cifra di mille euro all’anno per stipendi netti di 1.500 euro al mese avrà fatto contente moltissime famiglie italiane, ma rischia di essere l’ennesimo calcolo senza l’oste. Già dalla conferenza stampa di mercoledì si è notata un’incertezza di fondo sulle coperture, che giorno dopo giorno diventa realtà. 
I conti di Renzi non tornano
Il taglio dell’Irpef vale 10 miliardi, a cui si aggiungono i 2,6 miliardi per tagliare il 10% dell’Irap. E già c’è un conto che non quadra: il 10% dell’Irap varrebbe 3,5 miliardi, quasi un miliardo in più dei 2,6 miliardi che il governo Renzi ha previsto dal maggiore gettito derivante dall’aumento della tassazione sulle rendite finanziarie al 26%. E sempre che questo si tradurrà in effettivo: l’aumento delle aliquote porta sempre a un calo della base imponibile. Due esempi: il governo Monti doveva incassare un miliardo dalla Tobin Tax e ne ha raccolti meno di 300 milioni. Lo stesso governo aveva messo in conto 4 miliardi dall’aumento dell’IVA dal 20% al 21%, ma a consuntivo ha verificato che i quattro miliardi sono stati di minori entrate. Probabile che lo stesso accadrà con le rendite finanziarie.
Per il resto, le coperture sembrano ancora più fumose: la “spending review” di Carlo Cottarelli dovrebbe portare a risparmi per 3 miliardi sul 2014 e 5 miliardi dal 2015. Altri 2,5 miliardi dovrebbero arrivare dai risparmi sugli interessi sul debito, grazie al calo dello spread e alla riduzione dei rendimenti sui titoli di stato. Peccato, però, che la cifra non possa essere iscritta a bilancio, in quanto trattasi di una pura previsione di risparmio. E ancora: secondo Renzi, la UE ci darebbe la possibilità di spendere altri 6 miliardi, consentendoci di mantenere il deficit al 3% del pil. Peccato anche in questo caso che Bruxelles non ne sappia nulla.
Insomma, le uniche coperture certe per il taglio delle tasse sul lavoro sono di tre miliardi, quelli della “spending review”. Restano 7 miliardi da “coprire” in qualche modo.
E sarà un caso, ma in pochi giorni arrivano gli alert di Commissione UE e BCE sulla mancanza di misure in Italia per ridurre il deficit e il debito. E oggi, il Bollettino mensile della Banca d’Italia conferma che il debito pubblico a gennaio è salito di 20,5 miliardi di euro su dicembre, attestandosi a 2.089,5 miliardi. Nulla di inatteso, ma fa comunque impressione.
La posizione di UE e BCE
Per questo, quando Renzi e il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, si presenteranno a Bruxelles a presentare le misure fiscali (e prima ancora a Berlino, davanti alla cancelliera Angela Merkel), è molto probabile che si sentiranno rispondere che il taglio delle tasse potrebbe anche passare, a patto che sia coperto in modo strutturale. Come? Con una tassa patrimoniale, che la Germania propugna da tempo per il nostro paese.
Si tratterebbe di un prelievo una tantum sulla ricchezza liquida degli italiani (depositi, etc.) e/o un’imposizione straordinaria su tutti i patrimoni privati. La misura non avrebbe carattere strutturale, ma porterebbe nell’immediato al calo del debito, che preoccupa tanto l’Unione Europea. Che anche questo calo sia destinato ad essere temporaneo (vedi Alesina e Giavazzi) è un altro conto. A Renzi sarà chiesto un atto di fede. 
di Giuseppe Timpone
investireoggi


MERCATI: NESSUN TERREMOTO A BREVE MA BANDO ALL’EUFORIA
NEW YORK (WSI) - Il benedettino Anselmo si rivolge all’ateo. Tu sei capace di concepire, gli dice, quella cosa di cui nulla può pensarsi più grande. Dio, quindi, è nel tuo intelletto. Quello che neghi, dunque, è solo che Dio esista nella realtà esterna. Ma se è come dici tu, allora sei in contraddizione, perché implicitamente ammetti che un Dio esistente nella realtà esterna sarebbe più grande (in quanto esistente davvero) di quello che hai pensato tu, che dunque non è il più grande. L’Essere davvero più grande deve quindi anche esistere. Questa argomentazione fulminante, per la quale Anselmo d’Aosta sarà proclamato Doctor Magnificus da Clemente XI nel 1720, è contenuta nel Proslogion del 1077. Cartesio, Spinoza, Leibniz e Hegel la faranno loro, Hume e Kant cercheranno di confutarla. L’ateo Bertrand Russell, nel XX secolo, la definirà ammirevole, insigne e degna di grande rispetto.

Derivare l’essere dal pensiero dell’essere, invertendo l’ordine dell’esperienza quotidiana, contraddistingue anche i bull market azionari nella fase di maturità. Nella prima fase, infatti, il rialzo di borsa corre dietro alla realtà e cerca di rispecchiarla in ritardo. Nella seconda fase è la realtà che deve rincorrere il rialzo di borsa e diventarne degna.

Nell’inverno tra il 1999 e il 2000 i mercati ebbero una visione (con tratti allucinatori evidenti) in cui una nuova era di spettacolare accelerazione tecnologica avrebbe portato, oltre al benessere universale, margini di profitto di latte e miele là dove, per il momento, c’era solo un immenso falò di ricchezza. Un decennio più tardi un cultore di Religious Studies, Robert Geraci, pubblicherà un libro intitolato Apocalyptic Artificial Intelligence e metterà in evidenza le radici mistiche, alchemiche, golemiche e apocalittiche delle teorie singolaritariane e transumaniste che sono state la base ideologica della bolla di Internet e che ancora oggi ispirano influenti personaggi di Silicon Valley.

Come ben sappiamo, il pensiero utopico e messianico del 1999-2000 non riuscì a produrre una realtà alla sua altezza. Come era accaduto dopo i quattro Grandi Risvegli religiosi vissuti dall’America nei due secoli passati, alla febbre della Nuova Era subentrò un periodo di depressione. Il rialzo azionario del 2003-2008 lenì la delusione ma fu completamente privo di afflato mistico. Fu e fu vissuto come il mero prodotto di politiche monetarie espansive e di una globalizzazione ormai matura. Premiò settori prosaici e terragni come case, miniere ed energia e continuò a punire gli assalti al cielo di Internet 1.0. Il crollo del 2008 fu una classica crisi bancaria, amplificata dall’eccesso di leva nel sistema. Grande, grandissimo fenomeno, ma non grandioso.

Oggi, dopo il quinto compleanno del rialzo, ci troviamo in una situazione psicologica a metà strada tra il 1999-2000 e il 2003-2008. Internet 2.0 fa di nuovo sognare e Facebook spende 19 miliardi per comprare una app e le 50 persone che le stanno dietro. I multipli delle stampanti 3D, delle auto elettriche, dei social network e delle piattaforme di scambio al dettaglio e tra aziende sono di nuovo stellari, mentre le miniere, l’acciaio e i comparti della prima rivoluzione industriale (ferrovie escluse) tornano a soffrire. È un 1998, ma senza enfasi, in tono minore e con società che talvolta fanno anche utili, o almeno si propongono seriamente di farli.

È un 1998, e non un 1999, anche perché tutto avviene tra istituzionali. Gli investitori individuali non sono ancora nel mercato se non attraverso fondi. Non c’è l’atmosfera malsana e febbrile della sala giochi. Chi ha un lavoro se lo tiene ben stretto e non lo abbandona per dedicarsi al trading da casa.

L’attività di fusioni e acquisizioni è abbastanza vivace ma, con l’eccezione di aree limitate di Internet 2.0, rimane rigorosamente nei limiti del buon senso. Le banche ricapitalizzano e riducono l’attivo. I mutui sono praticamente nazionalizzati in America e ridotti al lumicino in Europa. Ci si scandalizza per i prestiti auto in forte espansione (peraltro già terminata) perché non c’è niente di più serio per cui scandalizzarsi.

L’analogia con la seconda parte del rialzo 2003-2008, sul piano psicologico, sta invece nel fatto che il mercato, a questo punto, si sente, come allora, pienamente in diritto di stare al livello in cui sta, per quanto alto questo possa apparire. La differenza è nella giustificazione di questo atteggiamento.

A partire dal 2005 e fino al crash del 2008 il rialzo viene razionalizzato guardando al passato. È la teoria della Grande Moderazione. Abbiamo imparato una volta per tutte, ci si ripete ogni giorno in quegli anni, a crescere senza inflazione e senza eccessivi disavanzi pubblici. Poiché la moderazione è qui per restare, non avremo i classici fenomeni di surriscaldamento che tradizionalmente mettono fine a un ciclo espansivo. Quindi la crescita economica e il rialzo azionario dureranno fino a che uno shock esogeno non li interromperà.

Oggi la razionalizzazione viene fatta guardando al futuro e non più pensando a uno stato stabile e nirvanico come quello della Grande Moderazione ma ipotizzando un percorso dinamico di redenzione e rinascita. Abbiamo sofferto, ci si dice, sotto il peso del deleveraging e dell’austerità, abbiamo attraversato questi anni disintossicandoci con fatica dagli eccessi del decennio scorso (quello in cui ci si sentiva così moderati). Ora la fase di espiazione volge al termine e possiamo godere, nei prossimi anni, del frutto di questi sacrifici. La crescita globale sta per accelerare in modo sincronizzato (con l’eccezione di alcuni emergenti e con qualche sbavatura in Cina) e senza inflazione. Il bello, quindi, deve ancora arrivare.

Il mercato crede così tanto nella tesi dell’accelerazione sincronizzata che rifiuta di considerare pericolosi il rallentamento americano in questo trimestre, la fragilità europea evidente in alcuni dati recenti e la recessione, breve ma intensa, che il Giappone subirà nel secondo trimestre. Nemmeno la questione ucraina, il tipico potenziale shock esogeno, scuote le certezze con la sola eccezione, finora, della borsa tedesca. La tesi dell’accelerazione è insomma così bella, solida e perfetta che deve per forza avere dignità di esistenza, avrebbe detto Anselmo, anche nella realtà esterna.

Siamo allora di fronte a un mercato cieco e arrogante che andrà per forza incontro ad amare delusioni? Non necessariamente. Una volta tanto si pensa in modo strutturale e razionale. Gli ingredienti per l’accelerazione ci sono tutti, a partire da un’ampia creazione globale di liquidità anche in questo 2014.

Ci sono poi politiche fiscali meno restrittive che fanno davvero pensare a un’accelerazione della domanda aggregata per quest’anno e per il prossimo. D’altra parte, alla solida consapevolezza del proprio diritto a rimanere in alta quota non corrisponde, nelle borse, un atteggiamento euforico. L’SP 500 è in rialzo dell’uno per cento dall’inizio dell’anno, il Dax è in ribasso del 4 e il Nikkei del 9.

Quanto all’Ucraina, l’escalation dello scontro tra Occidente e Russia toccherà probabilmente un picco la settimana prossima. Dopo il referendum in Crimea e dopo avere introdotto sanzioni reciproche ci si fermerà. Andare oltre sarà infatti troppo costoso e rischioso per tutti. Putin si terrà la Crimea e l’Occidente si terrà un’Ucraina finlandizzata con un forte grado di autonomia per le regioni russofone.

Superficie agitata, dunque, e acque profonde calme. Andando ancora più giù, tuttavia, la placca tettonica sottostante, quella che si muove molto lentamente e che è però dotata di formidabile energia, si muove inerzialmente nella direzione sbagliata.

La Banca dei Regolamenti Internazionali, che sorveglia la placca come suo compito istituzionale, ci ricorda che il debito globale, dalla crisi a oggi è salito da 70 a 100 trilioni. Il prossimo terremoto è ancora lontano, certo, ma ogni tanto ricordiamoci che non siamo diventati invincibili.

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INVESTITORI LASCIANO IN MASSA LA RUSSIA
NEW YORK (WSI) - Wall Street in ribasso, all'indomani del peggior calo sofferto in cinque settimane.

I sell hanno avuto un effetto domino sui mercati europei e asiatici.

Tassi sui Treasuries a 10 anni -0,31% al 2,64%.

In attesa della pubblicazione dell'indice della fiducia, reso noto l'indice della produzione Usa, che ha messo in evidenza il peggior calo dal luglio del 2013 della componente core, pari a -0,2% su base mensile, nel mese di marzo.

Market mover: i timori sul rallentamento economico della Cina e le tensioni geopolitiche che vedono protagoniste la Russia e la Crimea. Trepidazione per il referendum in Crimea con cui si deciderà per l'annessione o meno alla Russia.

Occhio alla decisione di Bank of America-Merrill Lynch di tagliare l'outlook sulla crescita economica del paese, prevedendo per il 2014 una crescita del Pil +7,3%, contro il +8% atteso in precedenza. Per Société Générale una prospettiva probabile è quella di una crescita del prodotto interno lordo al di sopra del 7%.

Alert fuga di capitali dalla Russia, con Goldman Sachs che ha reso noto che dall'inizio dell'anno gli smobilizzi sono ammontati a $45 miliardi, in rialzo +60% dal primo trimestre del 2013. L'indice azionario russo MICEX è scivolato fino a -5% testando il minimo in quattro anni e mezzo, ovvero dall'ottobre del 2009.

In ambito valutario, l’euro +0,06% a $1,3877; dollaro/yen -0,52% a JPY 101,29: euro/yen -0,47% a JPY 140,61.

I commodities, i futures sul petrolio +0,51% a $98,70 al barile, mentre le quotazioni dell'oro +0,10% a $1.373,80 l'oncia.
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CINA: FONDI IN FUGA
NEW YORK (WSI) - I ribassisti stanno maltrattando i mercati globali e gli operatori di Borsa stanno assistendo a una massiccia fuga dei fondi dalla Cina. Ormai è chiaro a tutti che la seconda economia mondiale subirà una brusca frenata.

Nei primi due mesi dell'anno, investimenti, vendite al dettaglio e produzione sono scesi sui minimi da qualche anno a questa parte. Una performance inaspettatamente debole che alimenta lo spettro di un più profondo rallentamento del paese.

Una serie di banche, in prima linea JP Morgan e Bank of America, ha rivisto al ribasso le previsioni della crescita cinese al 7,2% da un range compreso tra il 7,4 e il 7,6%.

Un'altra notizia che ha messo in subbuglio i mercati nella notte è stata la decisione della banca centrale cinese di interrompere alcuni tipi di pagamento elettronici.

Ad essere state bloccate sono le operazioni effettuate con le carte di credito virtuali di Alipay e Tencent. I titoli di quest'ultima sono in calo di oltre il 5%, mentre China CITIC viene tartassata dalla vendite e sospesa più volte per eccesso di ribasso.

Anche Yahoo perde quota nel preborsa: Alipay è infatti uno dei servizi di punta di Alibaba, che a sua volta è controllata al 24% dal gruppo americano.

"Non c'è più dubbio che l'economia cinese attraverserà un rallentamento strutturale", ha dichiarato a Bloomberg Matthew Sherwood. "Gli investitori stanno esprimendo la loro frustrazione vendendo titoli azionari e riducendo la loro esposizione dopo un rally molto buono che si è protratto per sei settimane".

È aperta la caccia agli asset rifugio, come oro, yen e bond governativi meno rischiosi, tra cui i Treasuries Usa.

Nel frattempo in Europa l'Ucraina è vicina al fallimento. Ben un miliardo di prestiti sono a rischio: con ogni probabilità le linee di credito promesse non saranno approvate nelle prossime settimane.

Le nuove autorità ucraine puntano a ricevere un pacchetto di aiuti da 15 miliardi di dollari dal FMI, con cui poter "rimpiazzare" quello promesso dalla Russia e poi sospeso con lo spodestamento di Viktor Yanukovich e la svolta filo-occidentale a Kiev.

I contabili ucraini si trovano davanti una montagna di pagamenti da rimborsare. E i prezzi di gas saranno molto alti per i prossimi due anni.

Risultato delle tensioni: il tasso legato ai credit default swaps a cinque anni della Russia è salito di 11 punti base, avvicinandosi all'area di 248 punti base. Il debito sovrano russo denominato in dollari, con scadenza 2043, ha ceduto 1,4 punti a quota 94,255, il minimo da settembre 2013.
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RENZI: LE PENSIONI NON SI TOCCANO
ROMA (WSI) - Matteo Renzi fa la sua scommessa con gli italiani e promette il taglio dell'Irpef, più soldi in busta paga, di non toccare le pensioni sotto i 3.000 euro e nessuna patrimoniale. Se non sarà così lo stesso premier si definirà un "buffone".

"Ascoltiamo tutti, ma decidiamo noi: se si sbaglia pago io - ha ribadito parlando della sua posizione rispetto alle parti sociali - Non possono pensare i soggetti che stanno ai tavoli di palazzo Chigi, che possono decidere loro. Noi ascoltiamo tutti, ma poi decidiamo noi. Ci pagano per decidere, non per fare riunioni. Che senso ha fare i tavoli nella Sala Verde? Noi non facciamo tavoli, noi risolviamo i problemi: mi mandassero una mail dettagliata".

Il premier ha annunciato: "Se il 27 maggio questa roba non arriva allora vuol dire che Renzi è un buffone". E poi: "Certo che i soldi ci sono, il punto è dove si mettono. Sono anni che la politica allarga il proprio raggio d'azione e i cittadini pagano, ora noi stiamo proponendo di far stringere un po la cinghia alla politica e dal mese di maggio ci saranno 80 euro in più nelle buste paga. Purché la politica faccia la sua parte".

"Quello che stiamo immaginando di fare - ha aggiunto - è rendere visibile il bonus in busta paga, qualcosa per dire 'questo è il bonus del governo'. Mi diranno che sto facendo un'operazione di marketing: certo, anche questo".

Renzi è poi tornato a scherzare sul "contratto" con Vespa, secondo il quale se il governo pagherà i debiti P.A. entro l'estate, il conduttore di Porta a Porta andrà in pellegrinaggio al santuario di Monte Senario: "Se perdo io la scommessa, potete immaginare dove mi manderanno gli italiani... Non sarà a Monte Senario". Il premier ha inoltre detto che "con la riforma della Pubblica Amministrazione di aprile metteremo on line tutti i dati: open government".

Il governo Renzi, infine, non toccherà ulteriormente le pensioni. Smentita, quindi, l'ipotesi avanzata dal commissario alla spending review Carlo Cottarelli, che aveva parlato di chiedere un contributo a chi prende oltre 2.500 euro di pensione: "Sta cosa non c'è, c'è per Cottarelli, forse, ma non c'è per il governo della Repubblica. L'idea che chi prende 2000-2500 euro al mese sia chiamato a dare un contributo, non esiste. Le cose fatte dal governo prima? Mi sembra una cosa di buon senso".

"Le coperture di Renzi sui 10 miliardi appaiono "acrobatiche", ha affermato durante l'ultima punta di Servizio Pubblico Gianni Dragoni, il quale ha ripercorso le proposte di Matteo Renzi e osserva che il 15% delle pensioni significa 2 milioni di persone. E mostra i miliardi da ricavare dal margine tra il 2,6 e il 3% del rapporto deficit/Pil. Guarda il video dell'intervento a Servizio Pubblico.
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EUROZONA: ONDATE DI CAUSE DA PARTE DEGLI SPECULATORI
ROMA (WSI) - Gli investitori stanno reclamando più di 1,7 miliardi di euro alla Grecia, la Spagna e Cipro, come pegno per il pacchetto di aiuti internazionali che ha permesso ai tre Paesi di resistere ai venti della crisi del debito.

Il fenomeno potrebbe aggravarsi sempre di più con gli speculatori che potrebbero approfittare dell'accordo di partnership transatlantico con gli Stati Uniti. L'intesa deve essere ancora ratificata.

Il gruppo del CEO (Osservatorio dell'Europa industriale) e il Transnational institute (TNI) hanno pubblicato un rapporto intitolato proprio "Approfittare della crisi", mentre l'UE ha dato il via a una consulenza pubblica sulle conseguenza a livello di controlli e supervisioni che potrebbe portare a un accordo tra Ue e Usa.

Il documento rivela una "ondata crescente" di cause legali lanciate dagli investitori speculativi a rischio per gli effetti della crisi economica europea, contro gli Stati membri più in difficoltà.

Il tutto mentre la ripresa non riesce a prendere slancio. Anzi. In Irlanda nel quarto trimestre il Pil ha subito un'inattesa contrazione del 2,3%.
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RENDIMENTI. STATE LONTANO DA TENTAZIONI PERICOLOSE
NEW YORK (WSI) - Gli investimenti sono un campo minato. Quando una soluzione appare semplice, meglio diffidare. Prendiamo i rendimenti offerti in Italia: sono davvero bassi, soprattutto volendo evitare titoli più o meno lunghi. Per dare un'idea andiamo dallo 0,7% dei Bot annuali al 2% dei Btp quinquennali, sempre lordi. Perché non risolvere il problema spostandosi su altre valute, con tassi nettamente superiori? È la tentazione di parecchi risparmiatori.

Furbamente qualcuno - e in particolare Intesa-Sanpaolo tramite Banca Imi - da alcuni mesi propone tassi allettanti. Come recentemente un'obbligazione al 5,2% annuo in dollari australiani o un'altra comunque al 3,55% in corone norvegesi. Non che siano prodotti truffaldini.

Sono anzi meglio della roba normalmente rifilata agli sportelli: fondi comuni o pensione e altre trappole previdenziali come le tremende assicurazioni a vita intera ecc.

Però in tal modo si sfrutta e fomenta l'illusione di poter risolvere così il problema dei tassi bassi. Fosse così semplice! In realtà con tali titoli si rischia forte, perché espongono a possibili svalutazioni ben maggiori del vantaggio delle cedole più alte. Vedi per la stessa serie le Banca Imi in rubli (codice IT0004938129) del luglio 2013 all'8,3%, accolte dal giornalismo italiano coi soliti applausi a comando. Da allora il cambio è passato da 42,8 a 50 con una perdita del 14% che ha già annichilito i maggiori interessi di due anni.

A voler accettare i rischi di cambio, esiste un'impostazione diversa dalla rincorsa perigliosa degli alti tassi. È quella di chi si costruisce un giardinetto di emissioni in valute estere pensando a scenari improbabili, ma non esclusi al 1000 per mille: crac dell'Italia e/o sua uscita dall'eurozona o la fine stessa dell'euro. In tal caso non si affiderà certo a un gruppo bancario stracarico di Btp, Cct ecc., oltre ai crediti incagliati. Punterà invece direttamente su titoli di stati esteri dalle finanze sufficientemente sane e tassati al 12,5% anziché al 20%. E magari cercherà titoli reali, ovvero agganciati a indici dei prezzi, per una maggiore sicurezza a medio-lungo termine.
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COSTO INTERESSI SUL DEBITO AL MASSIMO DA DIECI ANNI
ROMA (WSI) - L'Italia è costretta a pagare i tassi di interesse sul debito pubblico fra i più alti in Europa. Nel grafico a fianco si può notare come l'aumento del monte interessi a carico dello Stato sia costante da qualche anno a questa parte.

Con un fardello pubblico che è tornato a salire in gennaio, schizzando a 2.089,5 miliardi di euro, le cose non sembrano migliorare per le casse statali.

Il debito delle Amministrazioni pubbliche è aumentato a gennaio di 20,5 miliardi, a 2.089,5 miliardi. L`incremento è dovuto essenzialmente all`aumento (20,3 miliardi) delle disponibilità liquide del Tesoro, pari a fine gennaio a 57,9 miliardi (68,1 a gennaio del 2013). E' quanto indicato da Bankitalia nel Supplemento al Bollettino statistico "Finanza pubblica, fabbisogno e debito".

Con riferimento alla ripartizione per sottosettori, il debito delle Amministrazioni centrali è aumentato di 18,9 miliardi, quello delle Amministrazioni locali è aumentato di 1,5 miliardi e quello degli Enti di previdenza è rimasto sostanzialmente invariato.

Le entrate tributarie contabilizzate nel bilancio dello Stato a gennaio sono state pari a 31 miliardi, in linea col valore registrato nello stesso mese del 2013 (30,8 miliardi). E' quanto indicato da Bankitalia nel Supplemento al Bollettino statistico "Finanza pubblica, fabbisogno e debito".

Bankitalia ricorda che la significatività dei dati del mese di gennaio è limitata da disomogeneità nei tempi e nelle modalità di contabilizzazione di alcune entrate (la difformità temporale riguarda prevalentemente anticipi/slittamenti fra i mesi di dicembre e di gennaio).
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L’ENORME STUPIDITA’ DELLA TASSA SULLE RENDITE FINANZIARIE
Non si placa la polemica contro la tassazione sui "rendimenti finanziari da plusvalenza" anche perchè al di là delle parole, non è altro che un diretto attacco ai risparmi privati, come sottolinea Giancarlo Dall'Aglio, esperto nel settore delle Commodities.
Tasse sui rendimenti. L'ultima trovata del governo Renzi e del suo stile da imbonitore. Ma non doveva essere il nuovo che avanza?
La strategia di puntare ai risparmi privati era ormai chiara da tempo e ne avevo già parlato da tempo nonostante l’informazione “ufficiale” (o se vogliamo “di regime”) lo nascondesse, per ovvi motivi. Già da tempo Renzi aveva parlato di rendite finanziarie, con lo scopo, secondo lui, di creare un guadagno su somme che giacciono in un cassetto e che di fatto sono inutilizzate. In realtà le rendite finanziarie, nonostante il termine altisonante, altro non sono che i risparmi degli italiani, accumulati nel tempo, anche nel corso di generazioni, che hanno costituito, poi, anche un grande ammortizzatore sociale in questi anni di crisi. Infatti, con una pressione fiscale ai massimi storici, forse anche a livello mondiale, con un tasso di disoccupazione giovanile e matura ormai a livelli insostenibili, gli italiani sono stati salvati dai risparmi accantonati dai propri genitori o da chi ha lavorato nel recente passato, quando invece la situazione era meno critica di oggi. Non solo, ma non dimentichiamo che l’Italia è un paese di risparmiatori, molto più della Germania, che viene tanto osannata, che vanta il maggior numero di proprietari di abitazioni in Europa. Ebbene, sistematicamente la strategia messa in atto ha previsto di aggredire prima il lavoro, con imposizione fiscale su imprese e lavoratori, spolpato quest’osso, si è invece passati al mattone con l’Imu, vera e propria patrimoniale (a sua volta aggravata da altre imposizioni come la Tasi). per passare, adesso alle “rendite finanziarie” ovvero risparmi privati.
La notizia sarebbe un ulteriore innalzamento della tassazione sulle plusvalenze da investimenti finanziari dal 20 al 26%. Ricordiamo che l’Italia, prima, era ferma al 12,50% e il primo aumento voluto da Monti al 20% significava quasi un raddoppiamento della tassa stessa. In realtà, stando alle dichiarazioni del neo primo ministro, non si sta facendo altro che avvicinarsi alla media europea. E sia. Ma a questo punto è bene che se media europea dev’essere, lo sia, coerentemente, anche sul resto delle voci. Prima fra tutte quelle sulla casa e sui risparmi privati. Partiamo da questi ultimi sui quali vige una vera a propria patrimoniale che è l’imposta di bolo dello 0,20% annuo, imposta fissa che non dipende dall’eventuale plusvalenza. Non solo, ma l’Italia è l’unico paese a pagare una tassa sulle transazioni finanziarie, tra l’altro una tassa anche piuttosto pesante visto che punisce, letteralmente chiunque negozi in borsa anche sui derivati (la Francia l’aveva adottata ma in maniera annacquata mentre l’Italia ha scelto di aggravarla). In pratica è una tassa che non va più sugli utili, am sul controvalore che noi andiamo a toccare indipendentemente dal fatto che questa operazione un guadagno o a una perdita.
Alla fine, quindi abbiamo tre situazioni
1) tobin Tax
2) imposta di bollo
3) imposta su plusvalenze da investimenti finanziari
Tanto per cominciare, la finanza che specula e decide sui rendimenti dei titoli di stato, sulla borsa et similia, non si trova di certo in Italia, perchè è una finanza che ha delocalizzato da tempo verso paradisi fiscali.
Supponiamo di avere 100mila euro in semplici obbligazioni, quindi niente di speculativo. Poniamo il caso che questo frutti il 3% annuo lordo ovvero 3mila euro cui va tolta la ritenuta fiscale (al 26%). Resterebbero 2.220 euro di rendimento netto. Ma il patrimonio finanziario di 100mila euro viene tassato a sua volta dello 0,20%, a prescindere dal fatto che sia impiegato o meno su operazioni finanziarie. Quindi altre perdite, senza contare l’inflazione che, mediamente è intorno al 2,5%. Alla fine di tutto, in pratica il rendimento fine anno sarà negativo.
Sempre che i 100mila restino tali perchè se fossero anche solo mille in più, depositati, magari in una banca in difficoltà ricadremmo in un pericolo maggiore
E qui entriamo nel campo dell’Unione Bancaria, con le sue nuove regole per affrontare i vari default degli istituti di credito. Queste regole prevedono il bail in e cioè il fatto di vedere perdite consistenti prima da parte degli obbligazionisti, poi da parte degli azionisti e poi dei correntisti. La “scusa” sarebbe quella di evitare ai governi l’onere dei salvataggi bancari con fondi pubblici ma di coinvolgere i risparmi al momento per i conti sopra i 100mila euro. Al momento.
Si prendono i soldi dove ci sono ma non si creano, alla fine? E le tanto proclamate battaglie contro l'evasione?
Non bastano le decine di aziende che ormai chiudono ogni giorno, costellati da suicidi di stato senza che nessuno degli esponenti di governo abbia speso una sola parola. Mente invece si parla e si continua a rimarcare l’accento sull’evasione fiscale. Giusto. Ma anche in questo caso guardiamo bene i dettagli. Punto primo la loro precisione: visto che tutto si sa a quanto pare, sulla provenienza dei capitali evasi, perchè non si provvede a prenderli? La risposta è semplice: dei 180 miliardi presunti di evasione fiscale dichiarati dai vari enti statistici italiani, 100miliardi apparterrebbero alla malavita e alal criminalità organizzata.
Punto secondo, 22 miliardi apparterrebbero a banche e assicurazioni, ovviamente intoccabili. 32 miliardi farebbero capo alle grandissime aziende, parlo di S.p.A, collegate con diramazioni, soprattuto all’estero. Solo 8 miliardi apparterrebbero ad artigiani e partite Iva di piccole e medie imprese. Gli unici che lo stato cerca di combattere e che spesso è frutto solo di una evasione di sopravvivenza.
Per questo affermo che da tempo che c’è un disegno preciso, criminale, che vuole depauperare l’Italia, colpendo i vari settori del lavoro, delle imprese e adesso, del risparmio privato. In cambio? Qualche spicciolo nelle tasche dei dipendenti, spicciolo nel vero senso della parola visto che la cifra sarà spesa per pagare gli aumenti della benzina, le tasse sulla casa e le tasse sui risparmi, tasse imposte su capitali che a loro volta sono già stati tassati alla fonte, perchè, ovviamente, se si trovano su un conto corrente, anno già subito tutta la trafila delle imposizioni fiscali. Il risultato? Un appiattimento verso il basso che porterà sempre più povertà e disperazione. Un gioco che giova allo stato più forte, quella Germania che sta combattendo una guerra senza armi (o per lo meno quelle classiche) preferendo il ricatto finanziario spalleggiato dai poteri forti. Quali? Un Draghi inerte contro la forza dell’euro, una forza che distrugge l’Italia con una sopravvalutazione del 30% dell’euro, mentre la Germania si sta allinenando ai livelli core, perchè ricordiamo che, rispetto al suo marco au cambio sottovalutato del 20%.
Rossana Prezioso per Trend-online


ASSOGESTIONI: ORA MENO TASSE SUI PIANI DI RISPARMIO

Assogestioni torna a chiedere al governo incentivi fiscali per aiutare le famiglie a risparmiare di più per il lungo termine. "L'annuncio del governo Renzi di avviare una rimodulazione del regime fiscale applicato agli strumenti di investimento, con l'eccezione dei titoli di stato italiani ed europei, può tradursi in un'occasione per introdurre nuove forme di incentivo al risparmio di lungo termine", sottolinea in una nota l'associazione italiana del risparmio gestito.

L'auspicio di Assogestioni è che il termine rimodulazione non sia stato usato a caso e che il provvedimento non si traduca in un mero aumento dell'aliquota d'imposta dal 20% al 26%, andando a gravare in maniera importante sui piccoli risparmiatori, ma che "costituisca l'occasione per introdurre anche in Italia i Piani individuali di risparmio, forme di incentivo al risparmio di lungo termine che vigono negli paesi europei e le cui linee guida sono state definite già nel 2011, rimanendo finora solo sulla carta".

Francia e Regno Unito hanno introdotto da molti anni tali agevolazioni con i Plan d'Epargne en Actions (PEA) e gli Individual Savings Accounts. "L'intervento annunciato dal governo Renzi può essere occasione per allinearci alla media europea, come è stato ricordato, non solo per le aliquote, ma anche per quel complesso di norme che tutelano e incentivano il risparmio di lungo termine", sottolinea Assogestioni.

Secondo l'associazione, inoltre, è parimenti necessario e sempre nel solco delle indicazioni dell’Unione Europea, abolire il prelievo del 11% sulla maturazione dei rendimenti delle forme previdenziali. Tale prelievo è in diretto contrasto con l’indicazione dell’Unione di esentare il rendimento nella fase di accumulo. Questo allineamento all’Europa è ancora più necessario dopo la riforma della previdenza che ha ulteriormente ridotto la copertura previdenziale di primo pilastro. Siamo certamente d’accordo ad essere più europei, ma non solo quando l'imposizione fiscale viene aumentata".
Milano Finanza


COMMENTO IN CHIUSURA

Piazza Affari ha chiuso in ribasso ma lontano dai minimi di seduta. L´indice Ftse Mib ha ceduto l´1,19% a 20.346 punti dopo aver toccato un minimo intraday a 20.111 punti. A pesare sull´umore dei mercati la crisi in Ucraina alla vigilia di un weekend che si preannuncia tesissimo per via del referendum in Crimea, in programma domenica 16 marzo. Negli scorsi giorni il Parlamento della penisola aveva approvato la dichiarazione d´indipendenza e domenica la Crimea si appresta a votare l´annessione alla Russia. Il mercato, inoltre, non ha ancora digerito gli ultimi deludenti dati cinesi. Questa mattina la Banca d´Italia ha certificato che il debito pubblico tricolore è tornato a salire: in gennaio il debito è aumentato di 20,5 miliardi attestandosi a 2.089,5 miliardi di euro. Secondo Fitch il Pil italiano crescerà quest´anno dello 0,6% per poi salire all´1% nel 2015.

Le vendite hanno colpito il comparto bancario: Banco Popolare ha ceduto l´1,42% a 17,29 euro, Popolare dell´Emilia Romagna il 2,11% a 8,11 euro, Intesa SanPaolo il 2,80% a 2,152 euro, Mediobanca il 2,20% a 7,55 euro, Ubi Banca il 3,33% a 6,37 euro, Unicredit l´1,44% a 6,16 euro. In decisa controtendenza il Montepaschi che ha svettato sul Ftse Mib con un progresso del 2,02% a 0,231 euro. Il titolo della banca senese ha sfruttato le indiscrezioni riportate questa mattina da Il Messaggero secondo cui il fondo statunitense JC Flowers sarebbe intenzionato a rilevare fino al 20% di Rocca Salimbeni mettendo in campo una cordata che comprende anche Blackstone. Il Montepaschi ha sfruttato anche la promozione arrivata da Credit Suisse che ha alzato il giudizio sulla banca toscana a outperform dal precedente neutral.

Male A2A (-3,90% a 0,961 euro) che ha chiuso il 2013 con un utile netto pari a 62 milioni di euro, in deciso calo rispetto ai 260 milioni dell´esercizio precedente, in scia a svalutazioni di asset termoelettrici per 267 milioni di euro. L´utile netto della gestione ordinaria è invece cresciuto del 34,5% a 156 milioni di euro. Telecom Italia (-1,85% a 0,792 euro) è finita sotto la lente degli analisti di Equita dopo che il management di Generali ha manifestato l´intenzione di uscire dal patto di Telco entro febbraio 2015 o già a giugno di quest´anno. "Vediamo questa situazione come un catalyst positivo speculativo su Telecom Italia - hanno commentato gli esperti di Equita -. Infatti all´eventuale scioglimento di Telco il controllo di Telefonica si limiterebbe al 15% circa di Telecom".

Positiva Saipem (+1,01% a 16,97 euro) che ha accelerato dopo che Gazprom ha reso noto che la controllata di Eni ha ricevuto dal consorzio South Stream un contratto da 2 miliardi di euro per la realizzazione del primo tratto del gasdotto sottomarino nel Mar Nero. La controllante Eni ha limitato i danni con un ribasso dello 0,40% a 17,13 euro. Restando nel comparto energetico le vendite sono state più sostenute su Enel che ha lasciato sul parterre l´1,16% a 3,894 euro.
Finanzaonline


 

TitoloPrezzo%
5.935000+10.83
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