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Le quotazioni sono offerte da Investing.com Italia.

SINTESI DELLA GIORNATA FINANZIARIA DEL 16 APRILE 2014



Piazza Affari ha centrato il rimbalzo dopo la deludente performance di ieri e l’indice Ftse Mib ha chiuso con un balzo del 3,44% a 21.534 punti. Gli acquisti sono tornati sostenuti sui titoli del comparto bancario che hanno sfruttato il nuovo minimo storico per il rendimento del Btp decennale, sceso sul mercato secondario sotto quota 3,10%. Il collocamento del Btp Italia per la clientela retail si è concluso in anticipo con una raccolta di poco superiore ai 10 miliardi di euro. L’avvio era già stato promettente dopo il Pil cinese del primo trimestre, cresciuto del 7,4% contro attese che indicavano un aumento del 7,3%. L’accelerazione decisiva è arrivata nel pomeriggio dopo il dato sulla produzione industriale negli Stati Uniti, che a marzo ha mostrato un rialzo dello 0,7%, meglio delle attese degli analisti che indicavano un aumento dello 0,5 per cento.

Gli acquisti sono tornati a fare capolino sui titoli del comparto bancario, in particolare sulle popolari: Banco Popolare ha guadagnato il 7,89% a 15,72 euro, Popolare dell’Emilia Romagna l’8,59% a 8,465 euro, Popolare di Milano il 6,49% a 0,656 euro, Ubi Banca il 7,56% a 6,965 euro. Rialzi sostenuti anche per i due principali gruppi bancari del Paesi: Unicredit è avanzata del 5,87% a 6,49 euro, mentre Intesa SanPaolo ha mostrato un progresso del 4,52% a 2,404 euro. Dopo la seduta non convincente di ieri Eni (+1,63% a 18,69 euro) e Enel (+4,29% a 4,084 euro) si sono riscattate a due giorni dal ricambio dei vertici. Nel settore energetico bene anche Saipem (+3,44% a 18,62 euro) che si è aggiudicata da Total due contratti in Angola per un valore complessivo superiore ai 4 miliardi di dollari. Luxottica (+2,13% a 41,11 euro) ha confermato di avere firmato un nuovo accordo di licenza in esclusiva per le collezioni di occhiali a marchio Michael Kors Collection e MICHAEL Michael Kors. Brillante Fiat (+3,85% a 8,63 euro) nel giorno del debutto della 4C al Salone dell’Auto di New York.
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YAHOO: I CONTI DEL PRIMO TRIMESTRE SUPERANO LE ATTESE
Il 2014 è iniziato con il piede giusto per Yahoo, che dopo quattro trimestri consecutivi di cali, ha archiviato i primi tre mesi dell'anno in crescita. I ricavi del colosso di internet (al netto di commissioni pagate a partner per il traffico Web) sono saliti dell'1% su base annuale a 1,09 miliardi di dollari, superando le stime degli analisti ferme a 1,08 miliardi. L'utile netto si è attestato a 312 milioni di dollari, in calo rispetto ai 390 milioni dell'anno prima (anche se sul risultato hanno pesato poste straordinarie legate alla ristrutturazione). Tuttavia, escluse le poste straordinarie l'utile netto si è attestato a 0,38 dollari per azione, superando anche in questo caso le stime del mercato pari a 0,37 dollari.

Guardando nel dettaglio le voci di ricavo, emerge che forse gli sforzi fatti finora da Marissa Mayer iniziano a dare i primi frutti. Nel primo trimestre del 2014, infatti, il giro d'affari generato dalla pubblicità ospitata sulle pagine internet (escluse le stesse commissioni) ha evidenziato un progresso del 2% a 409 milioni di dollari. Seppur lieve, si tratta del primo rialzo annuale dal luglio 2012. Non solo. Il numero di spazi venduti per la pubblicità è cresciuto di circa il 7%. "Sono davvero felice della performance del primo trimestre, che segna il nostro miglior risultato sul piano dei ricavi relativi ai primi tre mesi dell'anno dal 2010", ha commentato la Mayer. 
Per quanto riguarda il futuro Yahoo prevede di realizzare nel secondo trimestre ricavi compresi tra 1,06 e 1,1 miliardi di dollari, in linea con le stime degli analisti che scommettono su ricavi pari a 1,08 miliardi. 

Il titolo vola nell'after-hours, ma grazie anche ad Alibaba
I conti diffusi ieri sera a mercato chiuso hanno messo le ali al titolo, che aveva chiuso la seduta sulla Borsa di New York con un +2,29% a 34,21 dollari. Nella sessione after-hours di Wall Street l'azione Yahoo ha infatti mostrato un progresso di quasi 7 punti percentuali, dopo un balzo iniziale del 10%. L'impennata è stata però innescata dalla trimestrale strepitosa di Alibaba. Il sito di e-commerce cinese, di cui Yahoo detiene il 24%, ha infatti chiuso il primo trimestre del 2014 con ricavi in crescita del 66% e utili saliti a tripla cifra. Con questi numeri, sale l'attesa per l'Ipo di Alibaba negli Stati Uniti.
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DA PIL CINA UN AIUTO ALLE BORSE
La Cina rallenta, ma meno del previsto. Piazza Affari accoglie con favore i dati diffusi oggi da Pechino con il Ftse Mib che si riporta di slancio sopra i 21mila punti (+1,60% a 21.150 punti alle ore 9.41).
La lettura del primo trimestre 2014 segna per la Cina un incremento trimestrale pari all'1,4%, leggermente sotto il +1,5% previsto dagli analisti. Su base annua la crescita si ferma al +7,4% dal +7,7% del trimestre precedente, comunque leggermente meglio del +7,3% atteso dal mercato. Si tratta della crescita del Pil più bassa degli ultimi 6 trimestri. 

Oggi intanto il Tesoro provvederà alla chiusura anticipata alle ore 14 dell'offerta per il pubblico retail del nuovo Btp Italia a sei anni. La decisione è stata presa in considerazione dell'andamento del collocamento della prima e seconda giornata con gli ordinativi che sono stati di 9,463 miliardi di euro.

Rally di Ubi in scia accordo con Aviva
Spicca il balzo di oltre il 4% di Ubi Banca che ha sottoscritto con il gruppo Aviva una serie di accordi aventi a oggetto il complessivo riassetto della joint venture esistente nel settore della distribuzione di prodotti assicurativi nei rami vita.

Debutto amaro per Anima Holding
Prevalenza delle vendite nel giorno del ritorno a Piazza Affari di Anima. Il titolo del gruppo di risparmio gestito ha esordito oggi arrivando a cedere oltre il 5% per poi risalire a 4,06 (-3%). Oggi sulle azioni Anima non sarà consentita l’immissione di proposte senza limite di prezzo. 
L'OPV di Anima si è conclusa il 10 aprile con domanda pari a circa 5,4 volte il quantitativo di azioni offerte e il prezzo di collocamento è stato fissato a 4,20 euro per azione, nella parte alta della forchetta di prezzo indicata prima dell'inizio dell'offerta dalla società e che andava da 3,5 a 4,5 euro, per una valorizzazione di 1,259 miliardi di euro. 
Mps e Bpm resteranno azionisti dopo la quotazione di Anima Holding, rispettivamente con quote di partecipazione pari a 9,90% e 14,72%, mentre Lauro 42 (interamente controllata da Clessidra SGR) dopo la quotazione avrà una partecipazione pari all’8%. 
Finanza.com


BTP ITALIA: L‘OFFERTA RETAIL CHIUDE IN ANTICIPO

L'offerta dei nuovi Btp Italia a sei anni chiuderà anticipatamente domani alle 14. Lo ha annunciato il Ministero dell'economia in una nota. La decisione è stata presa "in considerazione –si legge nella nota di via XX settembre- dell'andamento del collocamento della prima e seconda giornata”. Oggi gli ordinativi si sono attestati a 2,741 miliardi di euro che, sommati ai 6,722 miliardi della prima giornata di sottoscrizione, portano il totale a 9,463 miliardi di euro.

"Saranno soddisfatte per intero tutte le proposte irrevocabili di acquisto di questo titolo immesse sul Mot che abbiano determinato la conclusione di contratti entro la data e l'ora di efficacia della chiusura anticipata”. Giovedì l'offerta sarà dedicata esclusivamente agli investitori istituzionali.

Confermata cedola semestrale e premio fedeltà
Nell'edizione 2014 è cambiata la durata (passata da 4 a 6 anni) e la modalità di collocamento (riservato ai piccoli risparmiatori nei primi tre giorni) mentre sono state confermate le altre caratteristiche portanti del Btp Italia. La struttura rimane di un titolo indicizzato all'inflazione italiana con cedole semestrali a cui si aggiunge il pagamento del recupero dell'inflazione maturata nel semestre. Il tasso cedolare (reale) annuo minimo garantito è pari a 1,65% mentre il tasso cedolare (reale) annuo definitivo sarà fissato al termine del periodo di raccolta degli ordini.

Ammontare fisso pari al 4 per mille lordo per il premio fedeltà corrisposto dal Mef esclusivamente agli investitori che abbiano acquistato il titolo durante la prima fase del periodo di collocamento e lo detengono fino alla scadenza (23 aprile 2020).

Come acquistare il BTP Italia
Per quanto riguarda le modalità di acquisto da parte dei risparmiatori, il Btp Italia può essere acquistato tramite la banca dove è detenuto il deposito titoli, via sportello, via home banking oppure tramite gli uffici postali. Il regime fiscale è del 12,5 per cento, come per tutti i titoli di Stato.
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BANCHE: A FEBBRAIO SOFFERENZE SALITE A 162 MILIARDI
"A seguito del perdurare della crisi e dei suoi effetti, la rischiosità dei prestiti in Italia è ulteriormente cresciuta". E' quanto si legge nel Rapporto mensile dell'Abi, secondo cui le sofferenze lorde sono risultate a febbraio 2014 pari a 162 miliardi, da 160,4 miliardi di gennaio". Il rapporto sofferenze lorde su impieghi è dell’8,5% a febbraio, livello questo che non veniva toccato dal dicembre del 1998 (6,5% un anno prima; 2,8% a fine 2007), valore che raggiunge il 14,4% per i piccoli operatori economici (12,1% a febbraio 2013; 7,1% a fine 2007), il 13,7% per le imprese (9,9% un anno prima: 3,6% a fine 2007) ed il 6,4% per le famiglie consumatrici (5,8% a febbraio 2013; 2,9% a fine 2007).
Se si considerano le sofferenze nette, si registra una riduzione dai 79,2 miliardi di euro di gennaio ai 78,2 miliardi di febbraio, a seguito di operazioni di cessione di prestiti in sofferenza. Il rapporto sofferenze nette su impieghi totali è quindi in diminuzione: 4,27% a febbraio dal 4,31% di gennaio 2014 (3,23% a febbraio 2013; 0,86%, prima dell’inizio della crisi). Il Rapporto fa notare inoltre che a marzo l'ammontare dei prestiti alla clientela erogati dalle banche operanti in Italia, 1.850 miliardi di euro è nettamente superiore all'ammontare complessivo della raccolta da clientela, 1.724 miliardi di euro.
Prestiti bancari in lieve recupero
A marzo 2014 si è registrato un lieve recupero della dinamica dei prestiti bancari. Il complesso dei finanziamenti registra un’ulteriore attenuazione della variazione negativa su base annua (-3,2% dal -3,4% del mese precedente). Anche i finanziamenti a famiglie e imprese si posizionano sul -1,9% come variazione annua a marzo 2014, era -2,6% il mese precedente e -4,5% a novembre 2013. Su base mensile l’ammontare del complesso dei finanziamenti aumenta di oltre 2 miliardi di euro.
A questi primi segnali di recupero, spiega l'Abi, contribuiscono sia i finanziamenti per l’acquisto di abitazione sia i finanziamenti erogati alle piccole imprese. La quota di nuove prestiti erogati alle imprese di importo fino a 1 milione di euro è stata pari al 43% a febbraio 2014, era del 39% un anno prima ed era del 32% a fine 2011. Dalla fine del 2007, prima dell’inizio della crisi, ad oggi i prestiti all’economia sono passati da 1.673 a 1.850 miliardi di euro, quelli a famiglie e imprese da 1.279 a 1.434 miliardi di euro.
Raccolta complessiva a marzo in calo dell'1,9% annuo
In Italia diminuisce fortemente, su base annua, la raccolta a medio e lungo termine
cioè tramite obbligazioni, (a marzo 2014: -8,3%, segnando una diminuzione su base annua in valore assoluto di quasi 46 miliardi di euro) il che penalizza l’erogazione dei prestiti a medio e lungo termine. Mentre i depositi aumentano – sempre a marzo 2014 - di circa 12 miliardi di euro rispetto all’anno precedente (su base annua, +1% contro +1,5% di gennaio 2014).
L’andamento della raccolta complessiva (depositi da clientela residente + obbligazioni) registra a marzo 2014 un aumento di 6,5 miliardi rispetto al mese precedente e una diminuzione di circa 34 miliardi di euro rispetto ad un anno prima, manifestando una variazione su base annua di -1,9% (-2,2% a febbraio), risentendo della dinamica negativa della raccolta a medio e lungo termine. Dalla fine del 2007, prima dell’inizio della crisi, ad oggi la raccolta da clientela è passata da 1.513 a 1.724 miliardi di euro, segnando un aumento – in valore assoluto - di oltre 211 miliardi.
Tassi d'interessi in flessione, quello sui mutui è sui minimi da settembre 2011
Sempre a marzo 2014, i tassi di interesse sui prestiti si sono assestati in Italia su livelli storicamente molto bassi. Il tasso medio sulle nuove operazioni di finanziamento alle imprese si è posizionato al 3,31% in sensibile diminuzione rispetto al 3,48% di febbraio 2014 (5,48% a fine 2007). Il tasso medio sulle nuove operazioni per acquisto di abitazioni si è posizionato al 3,43% (lo stesso valore del mese precedente e segnando il valore più basso da settembre 2011; 5,72% a fine 2007). Il tasso medio sul totale dei prestiti è risultato pari al 3,86% (3,89% il mese precedente; 6,18% a fine 2007).
Finanza.com

PENSIONI, ESODATI, BONUS: SETTIMANA DECISIVA
Esodati, pensioni quota 96 e welfare: quella alle battute iniziali ha tutta l’aria di una settimana che lascerà il segno, forse, per qualcuno, addirittura quello più atteso e decisivo. Dopo ben due mesi dal suo insediamento a palazzo Chigi, infatti, sembra che il premier Renzi abbia finalmente deciso che è giunta l’ora di occuparsi del comparto previdenziale, con le tante, e drammatiche, situazioni ancora irrisolte, nonostante le continue proteste di sindacati e cittadini.
Nei giorni scorsi, infatti, si sono susseguite una serie di dichiarazioni che lasciano intendere come gli impegni presi per i prossimi giorni dovrebbero essere mantenuti, quantomeno nel rispetto delle scadenze prefissate, che vedono appuntamenti di assoluta rilevanza per le prossime ore in Parlamento.
Nelle scorse settimane, non a caso, si era paventata la possibilità che già oggi potesse arrivare in aula una proposta definitiva sul fronte degli esodati: il proposito, forse fin troppo ottimistico, ha trovato conferma, però, nelle recenti interviste del ministro del Lavoro Giuliano Poletti e dello stesso presidente della Camera Laura Boldrini. Il successore di Enrico Giovannini ha rivelato che i tecnici del Ministero sarebbero al lavoro per individuare la possibilità di mettere a punto uno scivolo per coloro che siano ancora senza lavoro e senza trattamento pensionistico.
In sintesi, dovrebbe trattarsi dell’attesa “soluzione definitiva” auspicata a più riprese dal presidente della Commissione Lavoro alla Camera, Cesare Damiano, anch’egli predecessore di Giuliano Poletti al Ministero del Lavoro. Consci degli ostacoli che le proposte del passato hanno incontrato – basti, a questo proposito, rammentare i regolari stop della Ragioneria di Stato sulla carenza cronica di coperture necessarie – l’attuale responsabile del dicastero ha assicurato che si sta cercando di mettere sul piatto una legge in grado di incontrare il beneplacito delle istituzioni contabili e concedere, così, a tutto gli esodati l’agognato rientro nel welfare, dopo decenni di contributi versati e l’improvvisa scomparsa delle tutele statali.
Situazione non troppo dissimile agli esodati, è quella che coinvolge le migliaia di persone appartenenti alla famosa categoria dei “quota 96″, coloro, cioè che, pur avendo maturato 60 anni anagrafici e 36 di contributi – oppure 61 e 35 – non hanno ancora ottenuto l’accesso alla pensione per via del meccanismo diabolico dell’entrata in vigore della riforma Fornero che, sciaguratamente, dimenticò come, per i lavoratori della scuola, il calendario lavorativo finisca al 31 agosto invece del 31 dicembre. Così, professori, insegnanti e personale Ata con i requisiti maturati nei termini di legge, non è potuto ancora andare in pensione, per un’impedronabile lacuna nella normativa, tuttora non colmata. Anche qui, il problema resta sempre quello delle coperture, ma stavolta l’occasione propizia arriva dal Def 2014, presentato nei giorni scorsi. Proprio in previsione dell’esame del Documento, al via stamattina, il presidente della Commissione Finanze Francesco Boccia ha voluto mettere le cose in chiaro:  “Se non troveremo risorse per i Quota 96 - ha affermato - significa che lo approveremo solo dopo averle inserite”. Insomma, forse ci troviamo di fronte all’ultimatum definitivo.
Quindi, per tutti i pensionati, da segnalare le parole del presidente del Consiglio in occasione dell’apertura della campagna elettorale per le imminenti elezioni europee. Di fronte alla platea de Partito democratico, Renzi ha assicurato che “quest’anno non ce la facciamo, ma il 2015 sarà l’anno dell’intervento sulle pensioni al di sotto dei 1000 euro”. Un intervento che avrebbe, davvero, le dimensioni di una riforma epocale, dal momento che dovrebbe chiamare in causa, secondo i dati Inps, quasi la metà dei pensionati italiani.
Finanzainchiaro

5 DOMANDE DA FARE AL VOSTRO CONSULENTE
Partendo ovviamente sempre dal presupposto che i soldi che lui dice di investire e sui quali pontifica, sono i nostri e non i suoi. Perciò invece del solito "Ciao, come stai?" si potrebbe andare oltre i soliti convenevoli e puntare a sapere qualcosa di più concreto su lui come professionista.
Magari iniziando a lasciare da parte la filosofia del "pare brutto se glielo chiedo" e farsi largo, anche a gomitate se necessario, verso il fulcro di verità (o ciò che potrebbe sembrarci tale) che in alcuni casi potrebbe essere meglio per lui che noi non scoprissimo.
5) Quanti clienti ha?
Si, diretti. Infatti secondo un'indagine di PriceMetrix, nel 2013 la media era di 156 famiglie. Tante? Non proprio se si pensa che nel 2011 erano 165.Calo fisiologico, dovuto anche al clima di sfiducia che molti scandali hanno creato intorno alla figura del consulente e spesso anche del trader, ma a volte anche dettato da un'ignoranza (ammettiamolo) sulla professionalità vera che contraddistingue la maggior parte dei rappresentanti della categoria.
4) Quanto guadagna?
Si, solitamente non si chiede, anche perchè una sorta di strano pudore avvolge il denaro soprattutto nel momento in cui diventa argomento di discussione: ci si vanta di averne, di spenderlo anche in maniera spesso scriteriata (quasi con un pizzico di orgoglio), non si vede l'ora di vantarsi con gli amici di investimenti, previsioni, affari importanti ottimamente conclusi, ma nel momento in cui ci si inoltra nel campo del "denaro guadagnato" subentra la buona educazione, quella meravigliosa dote ormai rara (se non estinta) che spesso si confonde con la più volgare ipocrisia, complice anche un passo, fin troppo breve, che separa le due cose. Ma qui ci troviamo da un professionista che si occupa di questo e come noi siamo, giocoforza, obbligati a rivelare ogni nostra esigenza anche per permettergli di calibrare le sue analisi, così, una tantum siamo in diritto di affrontare l'argomento scottante. In fondo è un po' come dal medico... e se un medico ci consiglia di smettere di fumare (giustamente) e nel frattempo passa da una Marlboro all'altra allora c'è da chiedersi se...
3) Chi la paga?
No, anche in questo caso bando ai falsi pudori. I consulenti finanziari possono tranquillamente essere al di sopra di ogni conflitto di interesse, ma si dà il caso che altre volte non vadano oltre il ruolo di semplice stipendiato da parte di banche, società di servizi finanziari, assicurazioni e quant'altro che non lesinano bonus ai loro dipendenti come anche premi produzione a seconda della quantità di "pacchetti" venduti... a noi...
2) Come viene pagato solitamente?
E questa non è domanda da farsi, in realtà, anche perchè invadente persino per una polemista come la mano che sta scrivendo. Anni fa, i promotori finanziari erano semplicemente brokers: vendevano il titolo e venivano pagati con una commissione. Adesso le cose sono differenti: parcelle di base, commissioni, servizi vari ed extra che possono rientrare nella parcella e non sempre sono richiesti. C'è poi da capire la "composizione" di questa parcella, quindi le singole voci, oltre a quanto invece dovuto, genericamente, sotto forma di tassazione.
1) Anche lei investe nello stesso progetto?
E qui casca l'asino. In realtà si potrebbe anche sospettare che, considerando l'investimento come qualcosa di estremamente personale non è detto che per forza di cose chi ci consiglia debba aver messo i suoi soldi proprio lì... ma a questo punto lecito chiedersi: se l'investimento rende, l'azione è (quasi) sicura perchè lui non ne approfitta anche solo in minima parte? Ecco allora che il dubbio sorge. Invece un consulente che agisce nel nostro interesse dovrebbe raccomandare la stessa soluzione che avrebbe dato a sua madre.
Inutile dire che chi opera con i soldi è naturalmente un essere umano e quindi può umanamente sbagliare. ma anche in questo caso il discriminante è utile: infatti se scopriamo che il nostro consulente ha investito di tasca propria non solo nello stesso affare che ha consigliato a noi, ma anche in altri (passati) che sono andati ugualmente a gambe all'aria, potremo anche stringergli la mano per la sua sincerità, ma sarà bene salutarlo, per sempre, per la sua non altrettanto ammirevole incapacità...
professionefinanza

MPS: COSA C’E’ DIETRO L’AUMENTO DI CAPITALE A 5 MILIARDI
eri, il titolo MPS ha perso il 10,4%, scendendo a 0,22 euro e bruciando circa 410 milioni di euro di capitalizzazione, dopo l’indiscrezione per cui la banca starebbe discutendo di innalzare l’aumento di capitale dai 3 miliardi previsti e già approvati in assemblea a dicembre a 5 miliardi. E il presidente Alessandro Profumo non solo non ha smentito il rumor, ma ha, anzi, aggiunto che Siena ci starebbe pensando. 
Sta di fatto che è passato di mano l’8,9% del capitale, tanto che la Consob ha vietato sin da ieri le vendite allo scoperto del titolo per due giorni. 
In attesa di verificare cosa accadrà oggi, è evidente che i movimenti in borsa delle azioni MPS siano conseguenti alla maggiore diluizione a cui gli azionisti andranno incontro, qualora l’innalzamento fosse approvato. E risente anche dello slittamento a giugno della ricapitalizzazione, quando inizialmente era stata prevista, addirittura, per gennaio, poi, rinviata a maggio dalla Fondazione, che bocciò a dicembre in assemblea la proposta del cda.
Vista la cedola molto onerosa dei Monti-bond, un mese in più di tempo pesa sui conti di MPS e per almeno un paio di decine di milioni di euro.
Le spiegazioni ufficiose sulle ragioni dell’innalzamento del tetto dell’aumento sono sostanzialmente le seguenti: MPS potrà rimborsare 3 dei 4,07 miliardi di Monti-bond entro fine anno, restando con 2 miliardi di margine da fare valere durante gli “Asset Quality Review” e gli stress-test; il mercato sembra adesso in grado di assorbire anche il maggiore aumento, grazie al ritorno degli investitori stranieri in Italia. 
Il retroscena
Tutto vero. Manca un dettaglio: a dicembre si consumava uno scontro durissimo tra i vertici della banca (presidente Alessandro Profumo e ad Fabrizio Viola) e la Fondazione. Quest’ultima aveva la necessità di vendere gran parte della quota per saldare i 340 milioni di euro di debiti, prima che si desse vita all’aumento. Profumo-Viola scalpitavano per una ricapitalizzazione immediata, ma la loro proposta fu bocciata in assemblea. Nel frattempo, l’Ente è sceso al 3,1%, legando il 2,5% a un patto para-sociale con BTG Pactual e Fintech Advisory Inc, grazie al quale ci sarà un nucleo del 9% di capitale in grado di influire in futuro sulle nomine in cda e sulla politica dell’istituto.
Adesso, con l’aumento di 5 miliardi, anziché di 3, la Fondazione dovrebbe sborsare 125 milioni e non più 75 milioni per non diluirsi e i due fondi del patto dovrebbero mettere sul piatto altri 325 milioni, anziché i 195 milioni preventivati. C’è il rischio che l’accordo salti o che debba essere rinegoziato; di certo, sarà più oneroso rispettarlo. Che si tratti di un dispetto di Rocca Salimbeni verso il suo ex azionista di maggioranza, al fine di metterlo definitivamente nell’angolo?
di Giuseppe Timpone
Investireoggi


I BTP RENDONO POCO. SU COSA SI SCOMMETTE

Boom Time for Italian Asset Managers, ovvero "tempi boom per i gestori di asset italiani". E' il titolo di un articolo pubblicato sul Wall Street Journal, che parla di "ammontari record di flussi" che si stanno riversando nelle casse dei fondi che gestiscono asset in Italia.

Lo scorso anno, stando ai dati forniti da Assogestioni, i flussi netti nel settore della gestione degli asset italiani sono stati di 48 miliardi di euro, al valore migliore in 14 anni. Soltanto a febbraio, i flussi si sono attestati al record di 12 miliardi, e il balzo ha portato il valore complessivo degli asset gestiti a 1.362 miliardi di euro.

E il potenziale di crescita è rilevante, dal momento che, "stando a Goldman Sachs, l'industria in Italia che gestisce gli asset è equivalente al 20% circa del Pil italiano, contro il 30% in Francia e il 40% nel Regno Unito".

Gli italiani, scrive il WSJ, sono tra "i più grandi risparmiatori al mondo" e, nonostante "gli effetti della crisi dell'Eurozona, che ancora si protraggono, risparmiano quasi il 13% del loro reddito disponibile, contro il 5,2% degli inglesi e l'11%, in media, dell'Unione europea", stando ai dati di Eurostat relativi al terzo trimestre del 2013.

La loro scelta, a livello di investimenti, è ricaduta soprattutto sui depositi bancari e sui bond, che incidono sui risparmi di metà circa delle famiglie, contro 1/3 in Francia e Inghilterra e 1/5 negli Stati Uniti, secondo i numeri di Assogestioni.

Tuttavia, ora che soprattutto bot e BTP non rendono più come un tempo, gli stessi italiani stanno guardando ad altre fonti di investimento. Basti pensare che il tasso dei bond governativi italiani a due anni si aggirava al picco della crisi di fine 2011 al 7%, e ora è inferiore all'1%. E gli stessi depositi bancari rendono poco più dell'1%. Le banche offrono di conseguenza diversi prodotti, invogliando i clienti a scommettere su strumenti finanziari caratterizzati da rendimenti più elevati.

"Con gli spread sui bond sovrani che crollano, gli investitori stanno guardando a diverse opportunità", conferma Piermario Motta, ceo di Banca Generali.
Wallstreetitalia


ANIMA SBARCA A PIAZZA A FFARI NEGATIVAMENTE

MILANO (WSI) - Al via l'Ipo del giorno di Piazza Affari, che vedeprotagonista il debutto della società di risparmio gestito Anima Holding, società di partecipazioni che controlla Anima Sgr. Lo sbarco parte male, il titolo registra una perdita fino a -4,86% a 3,996 euro.

Il prezzo di collocamento è di 4,2 euro: le richieste sono state di 1.049.821.709 azioni, di cui 87.057.750 azioni raccolte nell'ambito dell’offerta pubblica, da parte di 25.567 richiedenti e 962.763.959 azioni nell'ambito del collocamento istituzionale, da parte di 242 richiedenti (38 investitori qualificati in Italia e 204 investitori istituzionali all'estero).

Assegnate in base alle richieste 189.626.112 azioni, pari al 63,25% del capitale sociale di cui l’86,95% messo in vendita dagli azionisti venditori e il restante 13% rinveniente dall'esercizio integrale dell'opzione di sovra-allocazione.

A vendere le partecipazioni sono state le banche Bpm, Mps e Clessidra; a seguito del collocamento, la partecipazione detenuta da Bpm è scesa dal 35,29% al 14,72%, quella di Lauro 42 (Clessidra) dal 34,69% all'8%, quella di Mps dal 21,63% al 9,90%, mentre Prima Holding ha azzerato la sua quota dal precedente 4,26%.

La valorizzazione del gruppo del risparmio gestito, calcolata sulla base del prezzo dell'offerta, è pari a 1,259 miliardi di euro. Non sono mancate critiche negli ultimi giorni: come quella della giornalista Carlotta Scozzari, che ha messo in evidenza che "le azioni della società che saranno negoziate a Piazza Affari saranno esclusivamente quelle ora in mano ai soci venditori. Nelle tasche dei quali, perciò, finirà l'intero ricavato dell'Ipo". Insomma: "nemmeno una minima parte di questa cifra sarà reinvestita nella società che già mercoledì 16 aprile sbarcherà in Borsa".

E dunque: "Chi è che approfitta dell'Ipo per fare cassa e vendere azioni? Gran parte di questi 672 milioni, vale a dire quasi 350, finirà nelle casse del fondo di private equity Clessidra capitanato da Claudio Sposito, che attraverso il veicolo Lauro 42 passerà dall'attuale 34,7% di Anima al 10,4% dopo l'offerta globale di vendita e potrebbe scendere all'8% al termine dell'intero processo di quotazione (compresa l'opzione cosiddetta greenshoe). Gli altri due soci venditori sono Mps e Bpm, guarda caso due delle banche italiane alle prese con due aumenti di capitale rispettivamente da 3 miliardi di euro (l'articolo è stato scritto qualche giorno, prima dei rumor sulla necessità di un aumento di capitale superiore per Monte dei Paschi di Siena), e da 500 milioni. Due gruppi per i quali qualche milione di euro in arrivo grazie ad Anima non potrà che fare comodo".

***

Nei giorni scorsi ha scritto Gabriele Bellelli –www.bellelli.biz

"Scendono con volumi i titoli del settore del "risparmio gestito", ossia Azimut e Mediolanum. Stesso destino anche per Banca Generali, che però non fa parte del Ftse Mib.

I casi sono due:

O il mercato ha iniziato ad alleggerire e quindi i titoli sono entrati in una fase di distribuzione; oppure i gestori hanno venduto questi titoli per far spazio nei portafoglio al titolo Anima che ritornerà a piazza Affari nei prossimi giorni".
Wallstreetitalia


POLETTI: FLESSIBILITA’ PER CHI PERDE IL LAVORO

ROMA (WSI) - Il governo Renzi sta lavorando su misure per esodati e contratti. Lo conferma il ministro del Lavoro Poletti. C'è "un'ipotesi di flessibilizzazione del pensionamento per chi perde il posto", spiega a un videoforum a Repubblica.it e si pensa a "una soluzione per tutti gli esodati".

Poletti annuncia anche un confronto con Commissioni Lavoro e Inps. Sul Jobs Act, questo potrebbe essere operativo nei primi 6 mesi del 2015, se il Parlamento sarà veloce.

"Vogliamo riscrivere l'intero codice, il contratto a termine deve costare il 10% in più dell'indeterminato". "I contratti a termine stanno nella legge delega perché abbiamo un'idea di riforma radicale che riguarda gli ammortizzatori sociali e i servizi per l'impiego. Se il parlamento lavora, noi chiudiamo la partita in 6 mesi. Il parlamento può chiudere entro fine anno la parte che gli compete, e noi entro i primi mesi del 2015 faremo la nostra parte".

La riforma dei contratti a termine "è una parte di un disegno, questo governo sa bene che il cambiamento profondo riguarda prima di tutto l'aspettativa per il futuro dell'economia. Gli interventi importanti sono il taglio delle tasse, gli interventi sulle scuole. Avere una regola che rende più tranquillo un imprenditore quando assume è una norma 'accessoria' che aiuta quell'imprenditore che, se accoglie il dato che l'economia italiana cambierà in positivo, allora sa che può assumere".

"Noi - continua il ministro - non abbiamo un elenco dei contratti da eliminare. Avremmo bisogno di un contratto temporaneo, di un contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti - e questo è previsto -, le tipologie poi dovranno essere tra loro in equilibrio. Il tempo indeterminato deve costare di meno nella fase di avvio rispetto a quello determinato: oggi un contratto a termine costa l'1,4% in più di un indeterminato, se non arriviamo al 10% non è significativo. Bisogna dare al datore di lavoro la possibilità di scegliere: scelgo questo perché mi costa meno o quello perché mi lascia più libero".

Infine, "ci dovrebbe essere una regola per cui ci sia un rapporto fra lo stipendio di un manager e quello di un lavoratore. Bisogna ricostruire un altro senso di equità, col meccanismo dei bonus abbiamo distrutto le imprese. Si tratta di errori strategici che bisogna evitare".
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NON PROFIT: ECCO QUANTO CRESCE IN ITALIA

ROMA (WSI) - Al 31 dicembre 2011 le organizzazioni non profit attive in Italia sono 301.191, il 28% in più rispetto al 2001 (anno dell'ultima rilevazione censuaria sul settore), con una crescita del personale dipendente pari al 39,4%. Sono i dati sul no-profit diffusi dall'Istat.

La parte più "imprenditoriale" del non profit, quella relativa alle istituzioni con addetti, ha registrato un aumento più contenuto, ma ampiamente positivo (+9,5%). Le unità locali delle istituzioni non profit sono 347.602 (+37,3% sul 2001).

In base ai dati del Censimento delle istituzioni non profit, il settore conta sul contributo lavorativo di 4,7 milioni di volontari (il 43,5% in più rispetto al 2001), 681 mila dipendenti, 270 mila lavoratori esterni, 5 mila lavoratori temporanei. Sono inoltre presenti altre tipologie di risorse umane che prestano a vario titolo la loro attività nelle istituzioni rilevate: 19 mila lavoratori comandati/distaccati, 40 mila religiosi e 19 mila giovani del servizio civile.

Al 31 dicembre 2011 l'universo femminile del settore non profit è costituito da 1,8 milioni di volontarie, 494 mila dipendenti, 142 mila lavoratrici esterne, 3 mila lavoratrici temporanee, 9 mila lavoratrici comandate/distaccate, 26 mila religiose e 10 mila giovani del servizio civile. Le donne si confermano la componente principale dei lavoratori retribuiti (dipendenti ed esterni) con una quota pari al 67%. La prevalenza "rosa" si conferma anche a livello territoriale e settoriale: in tutte le regioni la quota delle donne tra i lavoratori retribuiti è infatti superiore a quella degli uomini; fra i settori di attività, con l'eccezione della Protezione dell'ambiente (con 4 lavoratrici su 10 lavoratori), delle Attività sportive (8 su 10) e della Protezione degli animali (9 su 10), tutti gli altri vedono una maggioranza di lavoratrici rispetto ai lavoratori.

"Occorre costruire - ha detto il ministro del lavoro e delle politiche sociali Giuliano Poletti, commentando il 9° Censimento Generale dell'Industria, dei Servizi e delle Istituzioni Non Profit dell'Istat - attorno all'economia sociale e solidale il futuro del Paese, puntando su imprese cooperative, imprese sociali, cooperative di comunita', e ogni altra forma di economia sociale e associativa che metta al centro la persona e non la finanza, i bisogni dei soci e della comunita' e non la remunerazione del capitale".

"E' essenziale attivare un percorso di radicale cambiamento che - ha aggiunto Poletti - dovrebbe partire dalla partecipazione responsabile, dall'impegno comune, dal superamento delle divisioni e dei particolarismi, cercando di massimizzare il coinvolgimento, il protagonismo attivo e la responsabilità di ogni cittadino. All'economia solidale il compito di promuoverli e organizzarli: perché noi vogliamo che nessun cittadino resti a casa senza avere nulla da fare, per questo ad ogni italiano deve essere data una ragione per saltar giù dal letto e mettersi in moto ogni mattina".
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PADOAN ALL’UE: PAREGGIO DI BILANCIO SLITTA DI UN ANNO

ROMA (WSI) - Il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan ha inviato a Bruxelles una lettera di notifica del rinvio al 2016 dell'obiettivo di pareggio strutturale, come la procedura impone formalmente.

Tuttavia, ha tenuto a puntualizzare il ministro rivendicando in pieno la linea del governo malgrado (come fatto notare dal suo predecessore Tremonti) nella comunicazione manchi la sua firma, lo scostamento non compromette il raggiungimento dei target e il rispetto delle regole del fiscal compact.

"Il governo - ha chiarito - si impegna a rispettare il piano di rientro del debito con il raggiungimento dell'obiettivo pieno nel 2016 e sostanziale nel 2015". Quest'anno il debito aumenterà al 134,9% ma già dall'anno prossimo il rapporto con il Pil "inizierà a scendere. La regola sul debito sarebbe quindi rispettata nello scenario programmatico", ha evidenziato.

Se nel 2014 un aumento ci sarà, sarà dovuto al finanziamento dei fondi europei anti-crisi, allo scarso livello di crescita nominale e al pagamento dei debiti p.a. che il governo intende comunque portare avanti per dare spinta alla crescita.

Il rimborso rientra infatti tra quegli interventi e quelle riforme (costituzionali, della p.a., di spending review, del lavoro, della giustizia) che il governo giudica essenziali per rilanciare l'economia e che avranno "un impatto permanente sulla capacità di crescita del Paese", quantificato in 0,3 punti percentuali di Pil nel 2014 e in 2,25 punti in più nel 2018.

Numeri apparentemente "modesti" ma che in realtà, considerato lo scarso ritmo di crescita tipico italiano e la recessione degli ultimi anni (-9 punti di Pil dal 2007 al 2013), e la caratteristica di strutturalità, sono da giudicare estremamente importanti.

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''La caduta cumulata del pil, dall'inizio della crisi, è stata di nove punti''. Lo afferma il ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, in audizione nelle commissioni riunite Bilancio di Camera e Senato. La situazione in cui si è trovata l'Italia, dal 2007 al 2013, ''è un caso di recessione profonda''. La crisi non ha interessato solo l'Italia ma, sottolinea il ministro, ''nel nostro caso è stata particolarmente rilevante e da' un'idea dei costi strutturali che la crisi ha portato nel paese''.
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FALLIMENTI BANCARI: A PAGARE SARANNO AZIONISTI, CREDITORI E CORRENTISTI

ROMA (WSI) - La plenaria del Parlamento europeo a Strasburgo ha definitivamente approvato, a larghissima maggioranza, il meccanismo unico di risoluzione bancaria che costituisce il secondo "pilastro" dell"Unione bancaria (il primo è il ruolo di supervisione della Bce sugli istituti di credito dell’Unione).

La sua entrata in vigore sarà una garanzia per i contribuenti europei, che non dovranno più sostenere i costi di eventuali future crisi bancarie: a pagare saranno gli stessi istituti di credito, i cui contributi – obbligatori – alimenteranno il fondo. Nel caso una banca arrivi al fallimento, le perdite ricadranno su azionisti e creditori e, in ultima istanza, sui correntisti con depositi superiori ai 100mila euro (come successo a Cipro).

A regime, le risorse a disposizione del meccanismo unico (in inglese Single resolution mechanism, Srm) ammonteranno a 55 miliardi di euro, ma per arrivarci ci vorranno otto anni. Il primo nucleo sarà costituito dalla messa in comune dei fondi predisposti dagli Stati membri. Durante il primo anno di operatività, il 40% di quelle somme sarà messo in comune. La percentuale salirà poi al 60% dopo due anni e al 70% dopo tre. Alcuni Paesi avevano chiesto che, nel frattempo, fosse previsto un "paracadute" di emergenza, ma la proposta – avversata da Berlino – è stata bocciata. I voti a favore, a Bruxelles, sono stati comunque 570, i no 88, gli astenuti 13. La presidenza greca ha annunciato che il fondo costituito grazie all’accordo intergovernativo sarà "operativo dal gennaio 2016?.

A dare il via al processo sarà la Banca centrale europea, ma la gestione della crisi e la decisione sulle modalità di coinvolgimento del fondo saranno affidate a un comitato unico composto da rappresentanti della Bce, della Commissione europea e delle autorità nazionali competenti (quelle del Paese in cui si trovano la sede centrale e le succursali della banca). Sul destino finale dell’istituti decideranno insieme Commissione e governi.
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GESTORI: E’ IL MOMENTO DI CAMBIARE STRATEGIA

MILANO (WSI) - Il 7 marzo 2014 la comunità mondiale degli investitori ha appreso che la società cinese Chaori Solar Energy Science & Technology Company non avrebbe pagato la cedola dell’8,98% sulle obbligazioni rimborsabili in yuan con scadenza 2017. Questo evento, il primo caso di insolvenza di un’obbligazione societaria cinese, unitamente alla dichiarazione del Primo Ministro Li Keqiang, che ha annunciato che il governo non è in grado di escludere il verificarsi di altri casi analoghi, hanno eroso la fiducia degli investitori.

Il sentiment ha risentito anche delle affermazioni di diversi esponenti politici in Europa e negli Stati Uniti su eventuali drastiche sanzioni economiche legate all’annessione russa della penisola della Crimea. In un tale contesto non stupisce che alcuni operatori si siano chiesti quanto fossero ancora realistiche le stime di crescita finora espresse per il 2014 e il 2015.

Enfasi sui settori difensivi

Oltre ai problemi inizialmente menzionati, anche la debolezza di USD, GBP e CAD ha penalizzato il rendimento complessivo del segmento azioni mondiali (Svizzera esclusa). Un andamento analogo è stato registrato anche dalle principali valute emergenti, ad eccezione di quelle indiana, indonesiana, thailandese e brasiliana. I settori difensivi dei servizi di pubblica utilità e della salute sono stati gli unici a mettere a segno performance assolute positive nel periodo in rassegna.

Il rendimento assoluto peggiore è stato registrato dai servizi di telecomunicazione.

Inoltre, nel segmento delle azioni estere, i titoli danesi, italiani, irlandesi e portoghesi hanno conseguito rendimenti aggiuntivi eccezionalmente elevati. Sul versante dei mercati emergenti, anche la Grecia ha esibito rendimenti elevati.

Dividend yield interessante

L’andamento dei mercati azionari nel trimestre in rassegna potrebbe rappresentare il preludio di ulteriori sviluppi nel corso dell’anno. Segmenti finora evitati potrebbero rapidamente incontrare il favore degli investitori anche in mancanza di una sostanziale variazione di valore del mercato nel suo complesso.

Sebbene il rapporto prezzo/utili (P/E) dei mercati sviluppati, pari a 17-18, si collochi attualmente attorno ai livelli medi dalla fine degli anni Ottanta, è possibile ravvisare cospicue differenze di valutazione. Soprattutto i settori della salute (P/E = 23) e dei servizi di telecomunicazione (P/E = 20) esibiscono valutazioni relativamente elevate in termini storici, se si prescinde dalle distorsioni estreme degli anni 1998-2002.

Un aspetto positivo è che attualmente gli azionisti vengono ricompensati dell’attesa di quotazioni migliori con un dividend yield relativamente alto al netto delle ritenute alla fonte, pari al 2,4% circa.
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UN ANNO PIENO DI SCOSSONI

La tentazione di proclamare lo stato di emergenza sulle borse di mezzo mondo è forte anche considerando il crollo di Piazza Affari che ha chiuso a -2,33%. Catastrofismi predicati da tempo si stanno forse realizzando? Come detto più volte, statisticamente, prevedere catastrofismi è relativamente comodo perchè il negativo tende ad essere ricordato più facilmente e in momenti come questi vengono alla luce dei ricordi tutta una serie di allarmi firmati Roubini (nel passato remoto, visto che adesso lui ha iniziato un percorso relativamente meno orso), Faber (che solo qualche giorno fa parlava di un - 30% su Wall Street) et similia. Eppure è proprio quando i mercati sono in calo che bisogna essere avidi, come il grande Buffett insegna.
Selloff
Anche perchè la storia ricorda le guerre e non i periodi di pace…E anche in questo caso la chiamata alle armi potrebbe provocare un sell off isterico, ancora prima che effettivo. Ma dal momento che si è citata la storia allora è bene ricordare che un selloff è dichiarato tale, così come anche un crollo, solo dopo il suo verificarsi e solo dopo che ne è stata accuratamente quantificata la perdita. Anche perchè il sell off in realtà è un’occasione ottima per fare acquisti: infatti a differenza di quanto fa la gente comune il bravo investitore non vende. Compra.
Gli analisti
In attesa di un trend che, sempre statisticamente, ha visto il mercato vincere sempre. James Paulsen, di Wells Capital ad esempio, consiglia di comprare al di là dell’oceano per la crescita made in Usa data ormai per certa e a +3% nel 2014 aiutata dai dati macro che negli ultimi report sono stati incoraggianti. Nel momento in cui la fiducia che nei consumatori è già stata registrata come alta dovesse trasmettersi anche agli operatori a Wall Street e confermare un 2,5% se non di più allora la partenza per un nuovo rally sarebbe assicurata, facendo diventare questo sell off solo un episodio momentaneo.
Correzione forte, ma pur sempre correzione, invece per Sam Stovall, di S&P Capital che parlò a suo tempo di un - 10/20% per inizio anno, spostato ora al secondo trimestre. Il motivo è semplice: la media per una correzione è di 18 mesi, termine entro il quale solitamente si presenta. Adesso invece ci troviamo a 30 mesi e nulla è ancora accaduto: anomalia che potrebbe presto essere pagata cara. Anche da un punto di vista statistico, la correzione in atto è avvalorata da un particolare: l’anno delle elezioni di medio termine, che registrano cali e volatilità sui mercati per un motivo molto semplice: il terzo mandato residenziale è quello che deve preparare il conto per la fine, quindi la politica ricomincerà a fare i conti con l’elettorato.
Non solo, ma sempre Stovall ricorda come il secondo semestre è di gran lunga il peggiore ormai dalle graduatorie risalenti alla Seconda Guerra mondiale.
Rossana Prezioso per Trend-online


BANCA AKROS: TEMPI DURI PER CARIGE

Per Banca Akros il capitale è il problema più urgente che Banca Carige deve affrontare dal momento che un Core Tier1 al 5,1% corrisponde ad appena il 4,8% del Common Equity. Il rafforzamento del patrimonio di vigilanza si basa su un immediato aumento di capitale, sulle dismissioni di attività non-core e sulla potenziale validazione dei modelli avanzati di IRB.

Il cda di Banca Carige ha deliberato di esercitare la delega ad aumentare il capitale per un massimo di 800 milioni di euro che rappresenta circa 390 punti base di capitale supplementare. L'aumento di capitale dovrebbe essere lanciato il prossimo giugno. Banca Carige attualmente è scambiata a quasi 20 volte il multiplo prezzo/utile stimato per il 2015, molto più in alto della media dei competitor (13,7 volte).

Ai prezzi attuali di mercato (l'azione oggi in borsa passa di mano a 0,522 euro, +1,06%), un tale aumento di capitale determinerebbe un enorme diluizione per gli azionisti con l'emissione di 1,5 miliardi di nuove azioni e un aumento del 41% del totale delle azioni ordinarie. La Fondazione Carige, che attualmente detiene una quota del 45% della banca, si diluirebbe a circa il 26,5%.

Banca Carige ha inoltre previsto di finalizzare alcune cessioni di attività non-core, ovvero: il business di assicurazione vita del valore di circa 300-350 milioni di euro; l'attività assicurativa P&C del valore di circa 100 milioni di euro; la partecipazione del 20% in un operatore autostradale (valore di carico di circa 90 milioni). Banca Carige ha cercato di vendere questi asset nel corso dell'ultimo anno, ma senza successo a causa del difficile contesto e della situazione particolare di questi asset.

Ad esempio, l'attività assicurativa P&C è stata ripulita e ricapitalizzata per 92 milioni di euro. Grazie alla normalizzazione del contesto economico e alle azioni intraprese per stabilizzare le compagnie di assicurazione, la banca, secondo gli analisti di Banca Akros, dovrebbe essere in grado di procedere con queste cessioni e potenzialmente aumentare il Common Equity ratio di ben 90 punti base.

L'istituto ligure si è anche preposto di raggiungere una delle riduzioni più ambiziose nel rapporto costi/ricavi tra i competitor italiani: il 14,2% nei primi tre anni e quasi il 21% in cinque anni. Solo Mps è stata più aggressiva. Gli analisti di Banca Akros pensano che il riequilibrio del gap a livello di funding intaccherà la crescita del margine di interesse, visto scendere del 5% quest'anno e salire solo del 3% nel 2015 e del 4% nel 2016, con la crescita dei ricavi che dovrebbe essere sostenuta dalle entrate non da interessi. In più la raccolta indiretta è stimata in crescita del 4% l'anno, con l'asset under management in aumento dal 22% al 30% del totale, e dovrebbe sostenere le entrate da commissioni.

Il business plan di Banca Carige prevede anche una riorganizzazione con 1.200 dipendenti in uscita su 5.400 (22%), di questi la metà andrà in pensione o sarà incentivata a lasciare la banca. Circa 80-90 filiali (12-13% della rete di distribuzione) saranno chiuse e le restanti saranno riorganizzate, lasciando solo 220 filiali (37% del totale) a pieno titolo. L'obiettivo finale è quello di ridurre i costi operativi del 2,8% all'anno tra il 2013 e il 2016, e del 1,1% annuo in cinque anni, un taglio molto più forte rispetto ai competitor italiani.

Dopo la presentazione del piano industriale 2014-2018, Banca Akros ha alzato il target price di Banca Carige da 0,45 a 0,50 euro e ribadito la raccomandazione hold poiché il piano affronta tre problemi prioritari per una banca nel contesto attuale: capitale maggiore e migliore, liquidità riequilibrata e ritorno a una redditività sostenibile. Tuttavia gli analisti della banca d'affari ritengono che il titolo non sia a buon mercato in vista dell'aumento di capitale.

La speranza di Cesare Castelbarco e Piero Montani, rispettivamente presidente e ad di Banca Carige, è che alla fine dell'aumento di capitale si possa creare un nucleo di azionisti decisi a supportare la banca nel suo percorso di sviluppo, anche insieme alla Fondazione. Quanto a un eventuale ingresso di soci italiani come Andrea C. Bonomi "non mi dispacerebbe", ha ammesso Montani. La banca che verrà sarà "forse un po' più piccola, ma molto più efficiente di oggi".

Soffermaodosi, infine, sul piano industriale i due manager hanno precisato che ci sarà la fusione tra la neonata Carige Italia nella capogruppo e successivamente, nell'arco del piano, non hanno escluso l'integrazione delle Casse di Carrara e Savona e della Banca Monte di Lucca, mentre la Banca Cesare Ponti diventerà il polo del private banking.
Milano Finanza


COMMENTO IN CHIUSURA

Piazza Affari ha centrato il rimbalzo dopo la deludente performance di ieri e l´indice Ftse Mib ha chiuso con un balzo del 3,44% a 21.534 punti. Gli acquisti sono tornati sostenuti sui titoli del comparto bancario che hanno sfruttato il nuovo minimo storico per il rendimento del Btp decennale, sceso sul mercato secondario sotto quota 3,10%. Il collocamento del Btp Italia per la clientela retail si è concluso in anticipo con una raccolta di poco superiore ai 10 miliardi di euro. L´avvio era già stato promettente dopo il Pil cinese del primo trimestre, cresciuto del 7,4% contro attese che indicavano un aumento del 7,3%. L´accelerazione decisiva è arrivata nel pomeriggio dopo il dato sulla produzione industriale negli Stati Uniti, che a marzo ha mostrato un rialzo dello 0,7%, meglio delle attese degli analisti che indicavano un aumento dello 0,5 per cento. Gli acquisti sono tornati a fare capolino sui titoli del comparto bancario, in particolare sulle popolari: Banco Popolare ha guadagnato il 7,89% a 15,72 euro, Popolare dell´Emilia Romagna l´8,59% a 8,465 euro, Popolare di Milano il 6,49% a 0,656 euro, Ubi Banca il 7,56% a 6,965 euro. Rialzi sostenuti anche per i due principali gruppi bancari del Paesi: Unicredit è avanzata del 5,87% a 6,49 euro, mentre Intesa SanPaolo ha mostrato un progresso del 4,52% a 2,404 euro. Sotto i riflettori il Montepaschi (+2,75% a 0,231 euro): secondo le principali agenzie di stampa domani sarebbe stato convocato il Consiglio di amministrazione dell´istituto senese per esaminare la proposta di alzare la taglia dell´aumento di capitale a 5 miliardi di euro dai 3 miliardi previsti finora. Dopo la seduta non convincente di ieri Eni (+1,63% a 18,69 euro) e Enel (+4,29% a 4,084 euro) si sono riscattate a due giorni dal ricambio dei vertici. Alla guida del colosso petrolifero è stato designato Claudio Descalzi, che prenderà il posto di Paolo Scaroni, mentre al vertice di Enel arriverà Francesco Starace al posto di Fulvio Conti. Nel settore energetico bene anche Saipem (+3,44% a 18,62 euro) che si è aggiudicata da Total due contratti in Angola per un valore complessivo superiore ai 4 miliardi di dollari. Luxottica (+2,13% a 41,11 euro) ha confermato di avere firmato un nuovo accordo di licenza in esclusiva per le collezioni di occhiali a marchio Michael Kors Collection e MICHAEL Michael Kors. Secondo le stime di Banca Akros la portata della licenza potrebbe raggiungere il valore di 100 milioni di dollari. Brillante Fiat (+3,85% a 8,63 euro) nel giorno del debutto della 4C al Salone dell´Auto di New York. Dopo 22 anni Alfa Romeo torna quindi nella Grande Mela con l´ultima nata in casa del Biscione. La due posti sportiva verrà venduta in Nord America in 1.500 unità con le prime consegne che scatteranno entro la fine dell´anno. Il New York International Auto Show 2014 aprirà con due giornate riservate alla stampa il 16 e il 17 aprile, per poi aprire ufficialmente i battenti al pubblico il 18 aprile. L´azione non ha risentito del riavvio della copertura a sell con target price a 7 euro giunto questa mattina da parte di Deutsche Bank.
Finanzaonline