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Suona ancora l'orchestra del Titanic?


Paesi in fuga e banche pronte a fronteggiare eventuali emergenze e preparano cambio in escudo, lira e dracma, Paesi dell'Est non lo vogliono.

 IL GRANDE ESODO dall'euro è già iniziato. L’euro, nato con l’intento di tener testa al dollaro anch’esso in declino ma supportato da un sistema di tutele e cuscinetti più efficace, è diventato ormai una trappola. I problemi sono nati tutti dalle difficoltà dell'Eurozona e della sua politica, immobilizzata dal menefreghismo interessato di Berlino ogni volta che c’è da prendere decisioni importanti. 

IL RISULTATO È che lo spread dei titoli di Stato dei paesi in crisi continua a crescere in maniera spropositata e gli stessi paesi,  Italia in testa, sono costretti a sottomettersi a sacrifici difficili da sostenere e, probabilmente, inutili.  E oggi, anche gli stati che, da sempre hanno sognato di entrare nel mondo della moneta unica, si sono resi conto che la politica europea è una trappola. 

IN PRIMIS LA POLONIA, dove secondo recenti sondaggi, quasi i tre quarti della popolazione è fortemente contraria all’abbandono dello zloty, la moneta di Stato

LA REPUBBLICA CECA, dove la maggior parte dei cittadini non vuole abbandonare la corona. La Bulgaria, che avrebbe tutte le carte in regola per entrare nell'euro già dal prossimo anno, ma il cui governo ha dichiarato di non voler entrare a far parte della zona euro. 

PERFINO GLI STATI DELL'EST, che dopo più di 20 anni dalla caduta dell'Urss iniziano ad avere economie floride e dinamiche, oggi snobbano i cosiddetti 'grandi', da cui preferiscono prendere le distanze. Bisogna tener conto che lo scetticismo dei paesi dell'est che l'euro lo hanno già adottato, senza trarne alcun beneficio, come  Estonia, Slovacchia e Slovenia guardano con rammarico, alla forte crescita della Polonia, che senza euro stanno più che bene.

MA LE INCERTEZZE sulla tenuta dell’euro non sono soltanto dei paesi che si defilano ancor prima di entrarvi, ma anche, e soprattutto,le preoccupazioni attanagliano il mondo delle banche che si stanno preparando al collasso del sistema e al ritorno alle vecchie divise. 

LO SEGNALA IL WALL STREET Journal, che parla di almeno due istituti che stanno riattivando il sistema di cambio basato sulla dracma, l'escudo e la nostra vecchia lira, le tre vecchie monete dei tre Paesi più a rischio, rispettivamente Grecia, Portogallo e Italia. 

LE BANCHE hanno contattato Swift, il consorzio con sede in Belgio che gestisce transazioni finanziarie internazionali, per sapere se i codici delle vecchie divise siano ancora attivi o almeno utilizzabili in caso di emergenza. 

SE LA RISPOSTA DOVESSE essere positiva, potrebbero iniziare fin da subito a lavorare ad un sistema di cambio alternativo a quello dell'euro in grado di entrare a regime con intraprendenza nel caso in cui i Paesi in questione ne dovessero uscire. 
E non va dimenticato che la stessa Germania sta facendo stampare marchi in Svizzera.

 ENNIO DORIS, presidente di Banca Mediolanum, è nettamente positivo, “Nessuno può dire se Atene uscirà dall’euro. Potrebbe uscire e  fare default, ma in quel caso non mangerà i soldi a noi, ma all’Fmi e alla Bce perché i privati hanno già pagato caro. Io finanzio i miei concorrenti, presto soldi alle famiglie e compro titoli di Stato italiani”.
 
IL PROBLEMA DELLA CRISI è molto serio, soprattutto perché la speculazione scommette molto sull’incapacità dei politici europei nel trovare una volta per tutte una soluzione per proteggere l’euro. La percezione, dei big spender italiani, è che alla fine qualcosa succederà in quanto questo accanimento finanziario non può durare per sempre.
 
IN PRIMO LUOGO perché ci vogliono soldi anche per comprare al ribasso, e non sono infiniti. E in secondo luogo, perché la Bce non ha ancora usato tutto ciò di cui sarebbe in grado di disporre. I finanziamenti a tre anni che hanno fatto respirare le banche sono niente in confronto a quello che la Fed mette in pratica da quattro anni a questa parte. Certo, bisogna convincere la Merkel nell’accelerare con gli eurobond. Lei continua a non voler mollare ma è questione di tempo.  
 
LE PRESSIONI DI OBAMA, del Fondo Monetario Internazionale e di Cameron  sono sempre più forti. Sono soprattutto gli americani a stare addosso alla Cancelliera, se salta l’euro, saltano le centinaia di miliardi di dollari in derivati che sono nelle banche Usa. Il che significherebbe default degli Stati Uniti.
 
E UN’ITALIA FUORI DALL’EURO significherebbe la fine dell’export tedesco, in quanto anche se in difficoltà riempirebbe il mondo con i suoi prodotti. Ma sicuramente prima di arrivare a questo scenario la Bce ci ricoprirà di liquidità. Non sarebbe idilliaco, ovvio, ma neppure infernale.
Fonte: professionefinanza.com